Sotto l’occhio di Bankitalia 91 miliardi di transazioni a rischio riciclaggio
Gli ispettori dell’Unità di informazione finanziaria (Uif): «Difficile individuare linee di demarcazione nette tra criminalità organizzata, corruzione ed evasione»
19 Agosto 2020

Lorenzo Bodrero
Matteo Civillini

Novantuno miliardi di euro. A tanto ammontano le segnalazioni raccolte nel 2019 dalla Banca d’Italia su operazioni finanziarie sospette, ovvero potenzialmente riconducibili ad attività di riciclaggio di denaro e di finanziamento al terrorismo. È un incremento del 28% rispetto al 2018 quando i miliardi scrutinati dagli analisti dell’Unità di informazione finanziaria (Uif) erano stati 71. A farla da padrone è la Lombardia da cui sono arrivate quasi un quinto delle segnalazioni, seguita da Campania, Lazio, Veneto ed Emilia Romagna. Pressoché la totalità di queste riguarda sospetti di riciclaggio (105 mila) mentre una minima parte coinvolge possibili finanziamenti al terrorismo (770) e programmi di proliferazione di armi di distruzione di massa (86).

Il report stilato da Bankitalia conferma che le aree a maggiore rischio riciclaggio sono rappresentate dalla criminalità organizzata, dalla corruzione e dall’evasione fiscale. Aree che, scrivono gli ispettori «si intersecano tra loro rendendo impossibile individuare linee di demarcazione nette». Per le mafie, in particolare, scrive l’Uif «è ricorrente il ricorso allo strumentario tipico dell’evasione fiscale sia per realizzare operazioni di riciclaggio», sia per costituire i fondi necessari per la corruzione di amministratori e funzionari pubblici.

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I settori più vulnerabili e il nervo scoperto dei money transfer

Fatturazioni false, intenso uso di bonifici, di carte prepagate e di contante sono tra gli strumenti maggiormente utilizzati dalle mafie nostrane – a cui sono riconducibili il 10% di tutte le segnalazioni raccolte – e sono pressoché sovrapponibili a quelli tipici del settore privato, a dimostrazione della loro ormai consolidata penetrazione nei settori imprenditoriali. Tra quelli più vulnerabili, e quindi più utili nel riciclare denaro, vi sono i settori dei servizi alle imprese, del commercio di carburanti, dell’automotive, dei trasporti e del facchinaggio. Inoltre, scrive ancora l’Uif, «si evidenziano palesi irregolarità nella gestione di fondi pubblici ottenuti tramite contratti di appalto», settore Onlus compreso. La maggioranza delle imprese segnalate come potenzialmente a rischio è localizzata in Campania (19,3%), Lombardia (18,8%) e Lazio (14,5%).

Storico delle segnalazioni ricevute dall’UIF – Fonte: Rapporto Annuale 2019 Unità di Informazione Finanziaria per l’Italia
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Come si casca nella Fabbrica delle Frodi

Le pubblicità fanno leva sull’emozione e le vittime sono il più delle volte già state bersaglio di altre truffe: ecco perché questo sistema è tanto difficile da interrompere

Sebbene più rudimentale di quelle utilizzate dalle mafie autoctone, la modalità in capo alla criminalità nigeriana ha attirato l’attenzione degli ispettori di Bankitalia. La sua diffusione è tale che gli stessi la descrivono come «attiva su tutto il territorio nazionale (italiano, ndr)», a riprova di un più profondo radicamento rispetto ad altre mafie straniere. Una miriade di soggetti funge da collettore di fondi provenienti sia dall’Italia sia dall’estero attraverso bonifici e ricariche di carte prepagate. A disporre le ricariche, perlopiù in contanti o tramite bonifici riportanti le causali “aiuti” o “prestiti”, sono quasi tutti soggetti nigeriani che utilizzano intermediari bancari localizzati in Europa. In un ristretto arco di tempo, poi, con le carte prepagate destinatarie dei fondi vengono effettuati prelievi presso sportelli Bancomat ubicati nell’Africa subsahariana. Secondo gli analisti, l’ingente volume di movimentazioni di questo tipo suggerisce l’esistenza di «una struttura organizzata» riconducibile «a un numero ristretto di persone, potenzialmente ai vertici dell’organizzazione».

Altro storico canale privilegiato dalle organizzazioni criminali straniere per sospette attività di riciclaggio è quello dei money transfer – dove spesso emergono complicità dei gestori delle agenzie negli illeciti. A fine luglio, per esempio, la Guardia di finanza di Roma ha sequestrato sei agenzie di money transfer gestite da cittadini bangladesi, ritenuti responsabili di ripetute violazioni delle normative antiriciclaggio. I finanzieri hanno ricostruito trasferimenti illeciti per un totale di 20 milioni di euro, frutto di evasione fiscale, attraverso un metodo collaudato: per aggirare la soglia di mille euro prevista per i money transfer e sottrarsi a più rigidi controlli, le somme da trasferire in Bangladesh venivano frazionate in più importi. A gestire il traffico sarebbe stato un gruppo criminale di cittadini bangladesi con lo scopo di garantire la permanenza illegale sul territorio italiano dei propri connazionali.

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Fonte: Rapporto Annuale 2019 Unità di Informazione Finanziaria per l’Italia

Giù le segnalazione per finanziamento del terrorismo

Sono invece diminuite le segnalazioni relative al finanziamento del terrorismo. In tutto, alla Uif ne sono pervenute 770 che riguardano 62 mila operazioni finanziarie. La sproporzione tra i due dati è dovuta al fatto che in una singola segnalazione è inclusa l’operatività non solo di chi la dispone ma anche di coloro che contribuiscono a realizzarla, indice spesso della numerosità dei soggetti coinvolti. Il dato complessivo è comunque in calo rispetto al 2019, quando le segnalazioni pervenute erano state 1.066, dovuto da un lato al ridimensionamento militare del cosiddetto Stato Islamico e, dall’altro, a una maggiore selettività dei contesti giudicati a rischio. Il terrorismo «rimane principalmente un fenomeno sociale che può lasciare tracce finanziarie, piuttosto che un fenomeno intrinsecamente finanziario come il riciclaggio».

Quanto alle modalità, è da notare l’incremento delle operazioni effettuate con carte di pagamento che insieme all’uso del contante corrispondono alla metà del totale delle operazioni passibili di finanziamento al terrorismo. Tali operazioni, notano gli analisti di Bankitalia, rendono possibili fenomeni illeciti che indirettamente vanno a finanziare attività terroristiche, come il traffico di migranti e lo sfruttamento di esseri umani. Come per il 2018, la distribuzione delle segnalazioni risulta prevalente nel Centro Nord, dovuta alla maggiore presenza di insediamenti e comunità originarie di Stati legati a vario titolo con il jihadismo.

Come per il 2018, la distribuzione delle segnalazioni risulta prevalente nel Centro Nord, dovuta alla maggiore presenza di insediamenti e comunità originarie di Stati legati a vario titolo con il jihadismo

L’abuso di fondi pubblici

Altra area di notevole rischio evidenziata dalla Banca d’Italia è quella dell’abuso dei fondi pubblici. Spesso a braccetto con la corruzione di esponenti politici o dirigenti della pubblica amministrazione. Anomalie frequenti sono state riscontrate all’interno dei sistema dei centri di accoglienza dei migranti. In numerosi casi i soggetti beneficiari si rivelano essere “cavalli di Troia” dalla faccia pulita che operano per conto di aziende colpite da interdittive antimafia o persone sotto indagine. Soggetti esclusi dalle gare pubbliche che, tuttavia riescono a drenare consistenti fondi pubblici. Agiva in questo modo un’organizzazione composta anche da pregiudicati legati alla ‘ndrangheta che aveva in mano la gestione di mille migranti nelle province di Lodi, Pavia e Parma. Quattro finte cooperative sociali hanno beneficiato di oltre sette milioni di euro tra il 2014 e il 2019, prima di essere smascherate dalla Guardia di Finanza. Una volta ricevuti i fondi dalle Prefetture, gli indagati li facevano sparire, ricaricando carte prepagate, prelevandoli in contanti o girando assegni tra di loro.

Anche l’erogazione dei fondi regionali per lo sviluppo delle Pmi nel settore terziario è oggetto di frequenti manovre finanziarie sospette. Gli ispettori dell’Uif hanno evidenziato uno schema di frode collaudato: il primo livello consiste nella creazione di società funzionali alla partecipazione a bandi pubblici con progetti poi risultati fittizi. Una volta aggiudicati, i fondi vengono trasferiti tramite fatture false a favore di scatole vuote nell’Est europeo intestate a prestanome ma riconducibili agli stessi soggetti italiani. Infine, dopo vari passaggi, i contributi vengono fatti rientrare in Italia e finiscono nelle tasche degli ideatori della frode.

Fonte: Rapporto Annuale 2019 Unità di Informazione Finanziaria per l’Italia

Lo schema delle frodi

Un altro schema simile è quello delle frodi carosello: il complesso meccanismo di evasione dell’IVA che solo in Italia sottrae al Fisco circa 35 miliardi di euro l’anno. Anche in questo caso viene effettuata una serie di bonifici verso imprese apparentemente non collegate tra loro, cui fa seguito il trasferimento delle somme a favore di controparti estere comuni, localizzate soprattutto nell’Europa Nord-Orientale. Queste, a loro volta, trasferiscono nuovamente le somme verso altre società riconducibili a soggetti italiani e intestatarie di rapporti bancari presso un altro paese dell’Europa orientale. Numerosi “filtri” vengono utilizzati per schermare gli ideatori dello schema. Alla fine del circuito i fondi sono utilizzati per disporre bonifici, giustificati come pagamenti di fatture a favore delle stesse società italiane da cui avevano tratto origine i flussi finanziari segnalati.

Il rimpatrio in Italia di fondi provenienti da frodi fiscali avviene inoltre tramite prelievi di contanti agli sportelli automatici, spesso effettuati con carte di credito estere. Da un’analisi condotta dall’Uif su segnalazioni relative a prelievi effettuati in Italia tra maggio e settembre 2019, è emerso che le carte emesse da banche ungheresi hanno fatto registrare prelievi per oltre 46 milioni di euro; seguono quelle slovacche per 2,8 milioni di euro e le banche polacche per 1,1 milioni di euro.

E quale è stato l’impatto del lockdown sulle possibili operazioni di riciclaggio? Seppure i dati diano un quadro necessariamente parziale, l’Uif ha raccolto oltre 200 segnalazioni di operazioni sospette collegate alla pandemia tra gennaio e aprile. La crisi di liquidità delle imprese rappresenta infatti un terreno fertile per prestiti usurai e acquisizioni predatorie di ampie porzioni del sistema produttivo. I rischi sono collegati anche alle forme di sussidi destinati a cittadini e alle aziende, con possibilità di corruzione di funzionari pubblici e di truffe ai danni dello Stato. In questo ambito, il comparto sanitario risulta quello maggiormente esposto, in particolare per le frodi nell’acquisizione di forniture legate all’emergenza. Le truffe non risparmiano neanche il settore privato, con l’offerta di materiale contraffatto e la creazione di fondi di beneficenza che spesso destinano le donazioni verso fini diversi da quelli dichiarati.

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Autori

Lorenzo Bodrero
Matteo Civillini

Editing

Luca Rinaldi