“Uniti contiamo, contiamoci insieme”
17 Giugno 2020 | di Redazione
Acta, l’associazione che rappresenta i freelance in Italia, e Slow News, il primo progetto italiano di slow journalism, sono felici di presentare i risultati di “Uniti contiamo, contiamoci insieme”, il sondaggio sulle criticità e le reali condizioni di lavoro di una categoria di professionisti troppo spesso priva di strumenti di tutela e di concrete strategie di sostenibilità: i freelance dell’informazione e della comunicazione. La rilevazione, che non ha finalità statistiche*, è stata condotta dal 3 al 20 aprile 2020 tramite indagine anonima online su un campione di 609 intervistati in tutta Italia appartenenti al mondo del giornalismo e della comunicazione ed è consultabile a questo link.
L’indagine, a cura di Acta e Slow News, conta sul supporto di IRPI e Fior di Risorse-Senza Filtro.
Il contesto
In Italia i professionisti della comunicazione e dell’informazione sono migliaia, ma di difficile stima. Per quanto riguarda l’informazione, ad esempio, su oltre 40 mila iscritti alla previdenza giornalistica – la cassa INPGI – nel 2017-2018, solo poco più di 15 mila profili erano inquadrati come lavoratori con contratto a tempo indeterminato e quindi assunti all’interno di realtà editoriali, giornali, testate, radio, tv (qui i dati più aggiornati, fonte INPGI). Nella comunicazione si stima siano oltre 10 mila gli addetti stampa e i comunicatori (dati Agenda del Giornalista 2019). Ma il mercato si è arricchito di professionalità nuove e altamente competenti che però raramente possono contare su un riconoscimento o un inquadramento contrattuale del proprio ruolo: social media manager, esperti di marketing e consulenti editoriali, addetti stampa con competenze digitali avanzate.
Ciò significa che oggi il precariato e l’attività freelance nel settore non sono eccezione, ma regola e occorrono misure urgenti per tutelare queste professionalità.
I risultati
L’indagine è stata suddivisa in due filoni:
- un sondaggio rivolto a giornalisti o comunque collaboratori di realtà giornalistiche, tanto redattori quanto fotografi, illustratori o consulenti;
- un sondaggio rivolto invece a chi lavora principalmente all’interno di aziende o come ufficio stampa, addetto/a stampa, social media manager e consulente in comunicazione e marketing.
Sono state raccolte in tutto 609 risposte, 408 per il sondaggio giornalisti e 201 per il sondaggio comunicatori.
Su 609 rispondenti, il 44% ha 30 anni mentre solo il 14% ha dai 50 anni in su e la maggioranza è donna. I livelli di istruzione sono elevati: i due terzi dei rispondenti ha almeno una laurea magistrale.
Per quanto riguarda i giornalisti:
- Oltre il 40% dei giornalisti intervistati ha una partita Iva e oltre il 35% viene pagato con collaborazioni occasionali e diritto d’autore. Inoltre il 29% degli intervistati dichiara di lavorare per 1 sola testata o committente o il 28% con due.
- Il 52,7% degli intervistati svolge esclusivamente la professione di giornalista;
- Il 41,2 svolge anche altre attività per necessità economica, diversificazione del rischio e ricerca di varietà;
- Il 66% dei giornalisti del campione viene pagato solo se il servizio/pezzo o prodotto editoriale – es. vignetta o foto – è effettivamente pubblicata;
- Il 42% riceve meno di 5.000 euro lordi annui;
- Il 68,1% degli intervistati porta a casa meno di 10 mila euro lorde all’anno.
Per quanto riguarda i comunicatori:
- Solo l’8% di coloro che hanno risposto al questionario sono specializzati in una sola attività o strumento di comunicazione;
- Il 25% degli intervistati svolge oltre 5 mansioni contemporaneamente, mentre mediamente chi lavora nella comunicazione svolge almeno 4 mansioni diverse;
- L’attività più diffusa, svolta dall’80% degli intervistati è quella di social media e content management;
- Il 55% riceve un compenso fisso mensile, il 35% viene pagato in base alle ore di lavoro svolte o all’impegno effettivamente impiegato e il restante 10% al raggiungimento degli obiettivi;
- Il 32,8% dei casi guadagna meno di 10 mila euro lordi all’anno, mentre circa il 25% riesce ad assestarsi tra i 10 mila e i 20 mila euro.
Per entrambe le categorie, il dato più preoccupante riguarda la previdenza e il futuro pensionistico, con una elevata la percentuale di chi non ha alcuna cassa di riferimento in cui versare contributi: 14% dei comunicatori e 17,2% dei giornalisti (tra questi ultimi il 67% di chi non è iscritto all’albo giornalisti e il 12,9% dei pubblicisti).
In conclusione ci sono alcuni elementi che emergono con forza dai risultati:
- Degli intervistati, tra i giornalisti meno di 1/4 lavora in redazione o in un coworking ma solo il 5% non lavora mai da casa, per contro i 3/4 dei rispondenti non lavorano mai in redazione. Tra i comunicatori è più frequente il lavoro presso i clienti (il 56% vi lavora almeno un giorno la settimana) e anche il lavoro dai coworking (utilizzati dal 21%);
- Nonostante la richiesta di professionisti della comunicazione e dell’informazione da parte del mercato e nonostante l’aumento del carico di lavoro proprio nel periodo dell’emergenza Covid-19, i rispondenti segnalano un calo ulteriore dei compensi – già bassi – e un allungamento dei tempi di pagamento;
- Nell’attività giornalistica “classica” ormai i collaboratori non possono più svolgere la professione in modo esclusivo, ma svolgono attività di comunicazione collaterale – ad esempio come social media manager – per sostenersi.
Nasce il gruppo di lavoro per il settore media, comunicazione e informazione
Grazie al confronto tra freelance e ai risultati di questa indagine nasce Acta-media, un punto di riferimento interno ad Acta dedicato al lavoro nei media, nella comunicazione e nell’informazione.
“All’inizio del 2020, alcuni comunicatori e giornalisti, in gran parte esterni ad ACTA, hanno iniziato a riunirsi per confrontarsi sulle difficoltà della propria situazione lavorativa. Insieme hanno deciso di realizzare un sondaggio per ampliare il confronto. L’indagine, articolata in due parti, una rivolta ai giornalisti e l’altra ai comunicatori, ha aiutato a fotografare alcune specificità di attività che sono sempre più svolte da freelance, accomunati dall’avere pochi diritti e bassi compensi”, dichiara Anna Soru, presidente di Acta. “Il gruppo che ha promosso questa indagine ha continuato a confrontarsi attraverso la rete durante la crisi Covid e si è ora costituito in Acta-media, una sezione specifica di ACTA che ha l’obiettivo di elaborare delle proposte e delle strategie per valorizzare il lavoro dei freelance della comunicazione in quanto freelance, senza inseguire la strada della stabilizzazione dei contratti, che comunque non sarebbe accessibile ai più”.
“In un momento così difficile come quello che stiamo vivendo, la crisi economica che ci apprestiamo a vivere colpirà duro soprattutto le fasce più deboli del mondo del lavoro e, nel nostro settore, questa fascia debole sono i freelance”, dichiara la redazione di Slow News. “Per questo abbiamo organizzato questo sondaggio, ideato prima della crisi ma lanciato in piena quarantena: perché per unirsi e per agire serve contarsi, conoscersi, allearsi, ora più di prima. E questo vorrebbe essere il punto di partenza di un percorso di unità di cui tutti noi abbiamo bisogno per batterci per i nostri diritti. In Slow News siamo freelance atipici, piccoli imprenditori/autori/editori particolari, e conosciamo le varie problematiche del settore da moltissimi punti di vista. Per questo pensiamo anche di poter dare attivamente il nostro contributo”.
*Non avendo finalità statistiche non può essere presa come riferimento per l’universo dei comunicatori e giornalisti in Italia, ma solo del campione di intervistati effettivi