NarcoFiles

NarcoFiles

#NarcoFiles

Il traffico di cocaina è uno dei business meglio costruiti, meglio organizzati e più efficienti del mondo moderno. Innestato con successo nelle strutture portanti dell’economia globale è ormai impossibile da fermare. Sfrutta a suo favore la costante gara di velocità in cui sono impegnati i porti e tutta la logistica del commercio globale, si nasconde senza timore negli enormi flussi di denaro anonimo ma legale che passa per i vari fondi di investimento internazionali, spende i suoi profitti in corruzione e li reinveste nel traffico stesso, creando strutture criminali invisibili ma potentissime.

Di narcotraffico scriviamo da sempre, ma fino ad oggi mancava su Irpimedia, una serie, una “casa” per queste nostre storie, e il progetto #NarcoFiles è proprio l’occasione che aspettavamo.

Coordinato da Occrp e nato dall’analisi di un leak di cinque terabytes di email della Procura Generale Colombiana, con questa nuova serie riusciamo non solo ad organizzare tutta la nostra “memoria” sul tema in un’unica pagina, ma riusciamo ad offrire uno spaccato importante di come questo business sia diventato veramente globale.

Infatti, nelle tre inchieste in arrivo questa settimana (prime di molte altre), vi racconteremo prima di come sia nato il più importante e fondante accordo che ha permesso al traffico di cocaina di diventare globale, quello fra le AUC (oggi clan del golfo, in Colombia) e i latifondisti bananieri colombiani, analizzeremo poi l’evoluzione di un altro accordo storico di primaria importanza, quello fra il clan del golfo e la ‘ndrangheta, che ha fatto crescere la mafia calabrese in tutto il mondo. Infine, racconteremo di come, oggi e nei prossimi anni, la mappa del narcotraffico stia cambiando profondamente, con nuovi attori, ma anche con nuovi paesi produttori e laboratori di raffinazione sparsi in tutto il mondo.

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I narco Mori

I narco Mori

Per oltre vent’anni la criminalità sarda e la ‘ndrangheta hanno stretto solidi rapporti di affari, con l’obiettivo di trasformare l’isola in una centrale del commercio di droga nel Mediterraneo

Atachahua: dalle Ande alla Calabria, storia di un narco fantasma

Atachahua: dalle Ande alla Calabria, storia di un narco fantasma

Per decenni, Carlos Atachahua avrebbe controllato un impero criminale di narcotraffico e riciclaggio di denaro. La sua droga ha raggiunto la ‘ndrangheta e altri gruppi criminali, mentre i soldi sono passati per servizi di money-transfer a Milano.

Maluferru, il narco dei tre continenti

Maluferru, il narco dei tre continenti

Da San Luca ai porti di mezzo mondo: la rete di Giuseppe Romeo in vent’anni di carriera criminale è stata una delle più importanti del narcotraffico internazionale per la ‘ndrangheta

I tentacoli del cartello di Sinaloa in Italia

I tentacoli del cartello di Sinaloa in Italia

A gennaio 2020 i narcos hanno portato 400 chili di cocaina in Sicilia. Cercavano di aprire una nuova rotta aerea. Un segnale della campagna per la conquista del mercato europeo

Scorte e nuove rotte: i narcos alla prova del lockdown

Scorte e nuove rotte: i narcos alla prova del lockdown

I trafficanti di cocaina si sono adattati alle limitazioni imposte dall’emergenza Covid. Dalle coltivazioni alle piazze di spaccio, il mercato criminale è sempre florido. Lo dimostrano i sequestri

Frutta Connection

Frutta Connection

Come le Fiandre sono diventate un hub internazionale del traffico di cocaina: un filo rosso tra Colombia, Calabria, Belgio, Olanda e Slovacchia

CREDITI

Autori

IrpiMedia

In partnership con

Occrp
De Tijd
Knack Magazine
Voragine

Infografiche

Lorenzo Bodrero

Foto di copertina

Occrp

Come funzionano le carceri per chi è nato con il passaporto sbagliato

Come funzionano le carceri per chi è nato con il passaporto sbagliato

#CprSpa

ICentri di permanenza per il rimpatrio (Cpr) sono strutture di detenzione amministrativa per persone che non hanno commesso alcun reato. Nati per far fronte a mere esigenze di tipo organizzativo, sono diventati presto un sistema punitivo destinato ai cittadini stranieri irregolari. Dalla loro creazione, nel 1998, queste vere e proprie carceri sono state gestite per alcuni anni dalla Croce Rossa e già all’epoca erano emerse gravi violazioni dei diritti, che avevano portato la Commissione parlamentare De Mistura a chiedere di superare questo sistema. Al contrario, però, si è assistito al suo potenziamento e a un’evoluzione nella gestione, diventata privata perché meno costosa.

Sono state prima le società e le cooperative e poi anche le multinazionali ad aggiudicarsi appalti da milioni di euro di fondi pubblici con la logica dell’offerta economicamente più vantaggiosa.

#CprSpa affronta questa evoluzione dedicando una serie di inchieste ad alcuni tra i soggetti più importanti del settore. Tra questi c’è Engel, società salernitana nel mondo dell’accoglienza dal 2014, oggi in stato di crisi, che continua a gestire il Cpr di Milano con un altro nome, Martinina. Oppure Ekene, erede di due cooperative che hanno dominato il settore in Veneto, gestore del centro di Gradisca d’Isonzo, dove dalla sua riapertura nel 2019 sono morte quattro persone. E infine Ors, multinazionale svizzera acquisita da Serco, colosso britannico con interessi anche nell’aviazione, nella sicurezza stradale e nei contratti di armi nucleari. Indagheremo inoltre le responsabilità delle istituzioni, incaricate di vigilare sul rispetto del capitolato d’appalto, nel corso di 25 anni di violazioni dei diritti e denunce rimaste spesso inascoltate.

La collaborazione

Questa serie di articoli nasce dalla collaborazione con la Coalizione italiana libertà e diritti civili (Cild), che ha pubblicato il rapporto L’Affare Cpr. Il profitto sulla pelle delle persone migranti, a cura di Federica Borlizzi, Eleonora Costa, Marika Ikonomu, Alessandro Leone, Simone Manda, Oiza Q. Obasuyi.

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Serco, quando la detenzione diventa un business mondiale

Serco, quando la detenzione diventa un business mondiale

Da decenni l’azienda è partner dei governi per l’esternalizzazione dei servizi pubblici in settori come sanità, difesa, trasporti, ma soprattutto nelle strutture detentive per le persone migranti. Nel 2022 ha acquisito Ors con l’idea di esportare il suo modello anche in Italia

Ors, la multinazionale della detenzione amministrativa sbarca in Italia

Ors, la multinazionale della detenzione amministrativa sbarca in Italia

Con alle spalle denunce di malagestione, la multinazionale arriva in Italia nel 2018 vincendo i primi appalti da società inattiva. Al suo interno, ex politici e imprenditori contribuiscono al suo ruolo come leader nel settore dell’accoglienza. Oggi gestisce il Cpr di Roma, dopo la chiusura di quello di Torino

Il sistema delle “coop pigliatutto” 

Il sistema delle “coop pigliatutto” 

Per anni hanno dominato il settore dell’accoglienza in Veneto prima di sbarcare nella detenzione amministrativa. Oggi gestiscono due Cpr, tra cui quello di Gradisca d’Isonzo, dove dalla sua riapertura sono morte quattro persone

CREDITI

Autori

Marika Ikonomu
Alessandro Leone
Simone Manda

Editing

Lorenzo Bagnoli
Francesca Cicculli

Foto di copertina

Un fermo immagine del Cpr di Torino, chiuso a marzo 2023, dal documentario Sulla loro pelle

Infografiche

Lorenzo Bodrero

In partnership con

Coalizione italiana libertà e diritti civili

Contro i dittatori di tutto il mondo

Contro i dittatori di tutto il mondo

#GiudiziUniversali

No all’impunità. La Giurisdizione Universale è l’ultima speranza delle vittime è il titolo di un libro che ha scritto il giudice Baltasar Garzón, pioniere in Spagna nell’applicazione dei criteri della giurisdizione universale. Questo principio giuridico risiede nella capacità del sistema giudiziario di un Paese di indagare e perseguire persone che hanno commesso crimini di guerra o contro l’umanità, anche se sono stati commessi al di fuori del suo territorio e non da un suo cittadino.

L’azione di Garzón contro l’ex dittatore Pinochet è stata fondamentale per le vittime di gravi crimini compiuti sistematicamente in tutto il mondo, ed è stato l’inizio di un lungo percorso che dalla fine degli anni ‘90 è passata per diversi angoli del pianeta, tra cui il Ciad, la Siria e il Gambia.

Con l’invasione russa dell’Ucraina nel febbraio del 2022 abbiamo assistito a una mobilitazione internazionale senza precedenti e sui media mainstream vediamo molti più riferimenti alla giurisdizione universale da parte delle istituzioni internazionali. Come, però, può la giurisdizione universale essere impugnata come strumento contro l’impunità oggi?

#GiudiziUniversali è un’inchiesta in quattro puntate che ripercorre l’origine e il percorso della giurisdizione universale, i suoi protagonisti, come è cambiata nel tempo e soprattutto che direzione sta prendendo alla luce dei processi più recenti che si sono svolti sul suolo europeo.

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Il lungo cammino verso la giustizia dei siriani

Il lungo cammino verso la giustizia dei siriani

Storia del processo che ha portato alla sbarra uno dei responsabili dei sistematici omicidi dei detenuti politici siriani. Celebrato in Germania, è stato reso possibile dal lavoro di vittime e difensori dei diritti umani. E dalla giurisdizione universale

Professione: cacciatori di dittatori

Professione: cacciatori di dittatori

Wolfgang Kaleck e Reed Brody sono avvocati. Hanno cercato di mettere alla sbarra dittatori africani ed ex vertici di Paesi occidentali. I risultati ottenuti sono stati molto diversi. Colpa del “doppio standard”

CREDITI

Autori

Marta Bellingreri
Costanza Spocci

Editing

Lorenzo Bagnoli

Foto di copertina

Adolf Eichmann, nel gabbiotto a sinistra, ascolta il verdetto di condanna a morte il 15 dicembre 1961 nel processo celebrato a Gerusalemme
(Bettmann/Getty)

L’isola che non c’è (più)

L’isola che non c’è (più)

#LisolaCheNonCèPiù

Nell’Unione europea, 20 milioni di persone vivono su delle isole. Si va dalle grandi isole del Mediterraneo fino a scogli con poche decine di abitanti nel Mare del Nord. Molte sono mete turistiche ambite e prese d’assalto durante la stagione estiva. Dietro le immagini da cartolina, ci sono però comunità che spesso combattono contro politiche inadeguate, che spingono molti isolani a trasferirsi sulla terraferma, innescando un processo di desertificazione demografica difficile da interrompere.

La mancanza di istituti scolastici, di personale sanitario, di trasporti efficienti, di connessione internet e di opportunità professionali, fanno sì che le isole perdano popolazione più rapidamente del resto del continente.

Lo stesso turismo di massa, risorsa fondamentale per molte economie locali, distorce spesso il mercato immobiliare, rendendo insostenibile vivere nella laguna veneziana come negli arcipelaghi del nord della Scozia.

Per la serie #LisolaCheNonCèPiù, IrpiMedia ha collaborato con la testata irlandese Noteworthy e il media d’inchiesta scozzese The Ferret, raccogliendo dati, testimonianze e analisi, per capire cosa le istituzioni non stanno facendo, e cosa potrebbero fare, per dare un futuro alle comunità isolane in Europa.

Sardegna fantasma

Sardegna fantasma

Nonostante le case a un euro, l’arrivo delle telecamere di reality show internazionali, milioni di euro per rifare le case, l’entroterra sardo si sta spopolando. La cronica assenza di servizi base non si risolve con politiche spot

Veneziani in via d’estinzione

Veneziani in via d’estinzione

Le isole della laguna veneziana si stanno spopolando. La città è divisa tra chi difende il turismo, unica forma di ricchezza cittadina, e chi lo indica coma la causa della situazione odierna

In Europa le politiche per le isole arrivano troppo tardi

In Europa le politiche per le isole arrivano troppo tardi

Per secoli, gli abitanti di migliaia di isole, dal Mare del Nord al Mediterraneo, hanno contribuito alla storia europea. Oggi i loro problemi restano fuori dalle politiche pubbliche, e intere comunità rischiano di scomparire

CREDITI

Autori

Jamie Mann
Niall Sargent
Giacomo Zandonini

Editing

Lorenzo Bagnoli

In partnership con

Noteworthy
The Ferret

Foto

Angela Catlin
Daniela Sala
Niall Sargent

Infografiche & Mappe

Lorenzo Bodrero

Con il sostegno di

Deforestazione Spa

Deforestazione Spa

#DeforestazioneSpa

La deforestazione è forse uno degli aspetti più visibili dell’impatto umano sul pianeta, l’unico forse iniziato ben prima della rivoluzione industriale. Gli scienziati concordano che contribuisca al 10% delle emissioni climalteranti, ma la perdita di biodiversità, l’indebolimento del terreno con rischio di frane e allagamenti, e l’aumento del rischio di pandemie sono conseguenze dirette della deforestazione che ancora non riusciamo a misurare.

L’inchiesta internazionale Deforestation Inc, progetto che vede la collaborazione di 39 media internazionali e che è guidato dall’International Consortium of Investigative Journalists (ICIJ), si interroga su cosa si stia facendo per mettere un freno a questa distruzione.

I risultati delle ricerche hanno fatto emergere il ruolo delle aziende delle certificazioni di sostenibilità, parte di un business miliardario che però non garantisce che i prodotti forestali siano effettivamente frutto di una gestione sostenibile dei boschi. Sono stati infatti rilevati oltre 340 casi di aziende certificate “verdi” che tuttavia stanno causando un grave danno ambientale, fra produttori di legname, carta, mobili e altro.

CREDITI

Autori

Edoardo Anziano
Fabio Papetti
Giulio Rubino

Ha collaborato

Scilla Alecci
Paolo Biondani
Gloria Riva
Leo Sisti

In partnership con

Editing

Lorenzo Bagnoli

Foto di copertina

Ricardo Weibezahn/ICIJ

Assassini di storie

Assassini di storie

#StoryKillers

Nella mitologia greca, l’idra è un velenosissimo serpente a molte teste. Quando Ercole l’ha combattuta nel Peloponneso, durante la sua seconda fatica, ogni volta che le mozzava una testa, ne ricrescevano due. Ha dovuto farsi aiutare, cauterizzare ogni ferita inferta all’animale, per riuscire finalmente a ucciderla.

La disinformazione è un’idra contemporanea di cui ancora non si conosce il modo per evitare che ricrescano le sue teste. In tanti cercano di sconfiggerla, ma sembra che sia sempre capace di moltiplicare le fake news. Le teste dell’idra della disinformazione sono le fabbriche di troll che rilanciano notizie false, agenzie che rimuovono con metodi fraudolenti contenuti dal web, gruppi di professionisti in grado di boicottare campagne elettorali.

Ogni volta che se ne scopre una, ne nascono altre due. Per quanto sembrino muoversi senza alcuna regia, in realtà c’è un unico corpo a cui rispondono, un’unica strategia che mette a repentaglio la stessa tenuta democratica. La collaborazione tra fruitori e fornitori delle informazioni, la creazione di un nuovo ecosistema delle notizie è forse l’unico modo per sconfiggerla o almeno costringerla a ritirarsi.

#StoryKillers è una collaborazione internazionale coordinata da Forbidden Stories, nata dall’omicidio di una giornalista che ha sfidato l’idra in India.

CREDITI

Autori

Raffaele Angius
Lorenzo Bagnoli
Riccardo Coluccini

Ha collaborato

Rita Martone
Simone Olivelli

Editing

Giulio Rubino

Illustrazioni

Claudio Capellini
Forbidden Stories

Infografiche

Lorenzo Bodrero

In partnership con

The Guardian
The Observer
Le Monde
The Washington Post
Der Spiegel
ZDF
Paper Trail Media
Die Zeit
Radio France
Proceso
Occrp
Knack
Le Soir
Haaretz
The Marker
El Pais
SverigesTelevision
Radio Télévision Suisse
Folha
Confluence Media
IrpiMedia
IStories
Armando Info
Code for Africa
Bird
Tempo Media Group
El Espectador
Der Standard
Tamedia
Krik

I Signori del grano

I Signori del grano

#Grainkeepers

Icereali sono il nuovo petrolio, i terreni agricoli le nuove cisterne e le navi cariche di grano i nuovi oleodotti. Con l’aumento del valore dei raccolti, ogni Paese in possesso di questa risorsa si trova in una posizione di potere e ogni trasporto diventa un’operazione politicamente sensibile.

Nel XX secolo le nazioni che sfruttavano le loro riserve di petrolio hanno approfittato del boom della domanda di idrocarburi, aprendo un divario tra Stati ricchi e poveri in Medio Oriente, Europa e Africa. Il presente rischia un nuovo squilibrio, tra i Paesi e le multinazionali che controllano le terre fertili, il raccolto e la vendita dei prodotti, e quelli che non hanno alcun potere in questa catena di approvvigionamento.

L’invasione russa dell’Ucraina nel febbraio 2022 ha esacerbato questo “divario del grano”, provocando un’impennata dei prezzi di molti cereali, interrompendo molte rotte e mettendo a rischio la vita di milioni di persone in quei Paesi che non possono più permettersi di importare del cibo.

Questa crisi ha messo in evidenza i vincitori e i vinti nella lotta per l’accesso ai cereali, che analizziamo nel progetto giornalistico transfrontaliero The Grainkeepers, con il sostegno del Journalism Fund.

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Quel che sarà dell’agricoltura italiana

Quel che sarà dell’agricoltura italiana

Il 2022 dell’agricoltura italiana è stato duro. Con il 2023 prende il via la nuova Politica Agricola Comune Ue. Ma il rischio è che a farne le spese sarà l’ambiente

CREDITI

Autori

Michael Bird
Ana Maria Luca
Vlad Odobescu
Paolo Riva
Razvan Zamfira

In partnership con

Editing

Lorenzo Bagnoli

Infografiche & Mappe

Lorenzo Bodrero

Foto di copertina

Christian Ender/Getty

Con il sostegno di

Il Grande muro, la nuova frontiera dell’Europa

Il Grande muro, la nuova frontiera dell’Europa

#TheBigWall

Dal 2015 fermare gli sbarchi è una delle ossessioni dell’Europa. L’Italia, in quanto Paese di frontiera, è stata l’apripista delle politiche europee in materia di flussi migratori, in particolare con il Nord Africa. Il tema migranti, negli anni, è servito anche a consolidare la presenza italiana nel Mediterraneo e a chiedere all’Europa sia aiuti finanziari sia solidarietà nella gestione (quest’ultima pervenuta poco o niente).

Grazie all’impegno di diverse organizzazioni, tra le quali ActionAid, è stato possibile ricostruire la spesa previsionale per le frontiere esterne europee, in primis calcolando lo sforzo economico italiano (spesso con il sostegno finanziario anche europeo). Non è però chiaro quanto di quei progetti su carta sia stato implementato, né dove effettivamente siano finiti i soldi allocati inizialmente.

Dopo la mappatura dello scorso anno, nel 2022 ActionAid ha cominciato una partnership con IrpiMedia per analizzare i flussi economici dedicati alla gestione dei confini, con l’obiettivo di ricostruire transazioni che altrimenti restano opache e parcellizzate nella rendicontazione pubblica.

Il progetto The Big Wall

Da quest’anno IrpiMedia collabora con ActionAid nella realizzazione di inchieste che nascono da The Big Wall, osservatorio sull’esternalizzazione della spesa per gestire i flussi migratori diretti all’Italia. Questo lavoro raccoglie anche spunti dalle richieste di accesso agli atti di Asgi – Associazione per gli studi giuridici sull’immigrazione.

L’agenzia europea che costruisce le frontiere in Tunisia

L’agenzia europea che costruisce le frontiere in Tunisia

A metà luglio è stato siglato il Memorandum of understanding tra Ue e Tunisia, con al centro il tema migratorio. Le esigenze di Tunisi sono rappresentate all’Europa anche da un’agenzia austriaca, l’Icmpd, di un cui un documento interno svela alcuni segreti

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Libia, la battaglia del Fezzan

Libia, la battaglia del Fezzan

Nel Nordafrica affamato, la regione meridionale libica potrebbe offrire cibo e lavoro. I progetti di cooperazione non mancano, ma nella regione c’è un clima teso

Crisi economica e rimpatri: cosa stanno negoziando Ue e Tunisia

Crisi economica e rimpatri: cosa stanno negoziando Ue e Tunisia

Con l’economia del Paese nordafricano sempre più in difficoltà, l’intreccio tra sostegno finanziario ed esternalizzazione delle frontiere si fa sempre più stretto. E ora spunta una nuova ipotesi: rimpatriare in Tunisia anche cittadini di altri Paesi

La fortezza Europa colpisce ancora

La fortezza Europa colpisce ancora

Il controllo delle migrazioni è tornato al centro della politica dell’Ue, Italia in testa. Dalle novità del Piano Mattei e del Decreto ong, fino alle missioni militari: cronistoria di 15 anni di (immutabili) politiche in Libia

Il mare di sabbia tra Libia ed Egitto

Il mare di sabbia tra Libia ed Egitto

La vicenda di 287 migranti egiziani bloccati a Tobruk, nell’Est della Libia, apre uno squarcio su come funziona il traffico di esseri umani in Cirenaica

Tunisia, il muro della guardia costiera

Tunisia, il muro della guardia costiera

Da anni l’Italia paga Tunisi per militarizzare le frontiere e aumentare i rimpatri. Da ultimo attraverso il Fondo premialità, con una dotazione di 15 milioni di euro

CREDITI

Autori

Lorenzo Bagnoli
Matteo Garavoglia
Antonella Mautone
Fabio Papetti
Arianna Poletti

Ha collaborato

Antonella Mautone

In partnership con

Infografiche & Mappe

Lorenzo Bodrero

Editing

Lorenzo Bagnoli
Paolo Riva
Giulio Rubino

Foto di copertina

La Guardia costiera libica durante un’operazione di intercettazione nel Mediterraneo centrale
(Sara Creta)

‘Ndrangheta in Sardegna

‘Ndrangheta in Sardegna

#NdranghetaInSardegna

Per anni si è creduto che la Sardegna godesse di una speciale immunità nei confronti della criminalità organizzata, in particolare la ‘ndrangheta, che da Sud a Nord Italia ha intensificato traffici e affari rafforzando una posizione rilevantissima nel crimine internazionale. Eppure proprio sull’isola, negli ultimi venticinque anni, le cosche della Locride hanno coltivato rapporti privilegiati, stretto mani e contribuito a stabilire un asse del narcotraffico tra i più efficaci e preziosi. Marijuana in cambio di cocaina, soldi in cambio di armi, legami familiari in cambio di lealtà incondizionata.

Così la criminalità sarda è diventata «un mercato nel quale entrare, con la propria organizzazione e struttura logistica, per la vendita di sostanze stupefacenti e dove espandere i propri commerci illeciti, sia individuando nuovi canali di smercio sia iniziando ad effettuare importazioni di rilevanti quantitativi, creando quindi una nuova “rete” di affari”», scriveva la Direzione investigativa antimafia in una relazione al Parlamento del 2021.

Ma neppure i sardi si sono accorti della presenza della ‘ndrangheta in Sardegna. La vulgata è che «non chiederesti mai il pizzo a un sardo», come si suole ripetere dalla Barbagia al Campidano quando se ne parla. E difatti non è questo il caso. La ‘ndrangheta sull’isola arriva su invito e qui si sente a casa, per assonanza d’intenti e radici.

Un’alleanza criminale ormai solidissima che unisce due mondi del crimine molto diversi eppure legati da un filo, quello di venire da regioni poverissime in cui la pastorizia è spesso l’unica attività possibile e in cui, fortissimo, si sente un vuoto: l’assenza dello Stato.

Armati fino ai denti

Armati fino ai denti

Durante lo scoppio della pandemia nasce un’alleanza criminale inedita per assaltare portavalori: armi della ‘ndrangheta, base in Corsica, rapinatori dalla Sardegna, escavatori della camorra. L’obiettivo è la Toscana

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Il salotto buono della ‘ndrina di Alghero

Il salotto buono della ‘ndrina di Alghero

Tra due carceri – a Sassari e Alghero – nasce la rete di relazioni e amicizie che porterà i calabresi della famiglia Boviciani a costruire una base operativa nel cuore della Barceloneta Sarda

La transumanza della polvere bianca

La transumanza della polvere bianca

Un matrimonio lega dei narcotrafficanti sardi al cuore della Locride, San Luca, da più di 40 anni. Un patto che ha garantito cocaina purissima alla Sardegna e che, dal 2019, faceva base tra gli ovili dell’isola

Il (verde) granaio di Roma

Il (verde) granaio di Roma

Un’inchiesta di IrpiMedia e Indip svela l’alleanza tra ‘ndrangheta e criminalità sarda che ha fatto dell’isola il principale produttore di marijuana in Italia, di cui detiene il record per numero di sequestri

I narco Mori

I narco Mori

Per oltre vent’anni la criminalità sarda e la ‘ndrangheta hanno stretto solidi rapporti di affari, con l’obiettivo di trasformare l’isola in una centrale del commercio di droga nel Mediterraneo

CREDITI

Autori

Cecilia Anesi
Raffaele Angius

Editing

Giulio Rubino

In partnership con

Illustrazioni

Foto

Michele Amoruso
Giulio Rubino

Infografiche & Mappe

Lorenzo Bodrero

Le mani sulla Ripartenza

Le mani sulla Ripartenza

#LeManiSullaRipartenza

Chi ci segue sa bene che il destino dei fondi messi in campo dall’Europa per il piano di ripresa e resilienza ci sta particolarmente a cuore. Abbiamo cominciato con la serie #Greenwashing, per analizzareo il rischio che il contenuto “verde” di questo grande piano si riduca a mera parvenza esteriore; continuiamo con #RecoveryFiles, dove assieme a molti partner internazionali indaghiamo la dimensione europea del problema, fra mancanza di trasparenza e lobbismo delle grandi aziende.

Adesso, con questa nuova serie di inchieste condotta in partnership con The Good Lobby, cominciamo ad entrare nei dettagli di quello che sta succedendo e succederà nel nostro Paese. Le mani sulla Ripartenza è un’inchiesta finanziata attraverso una raccolta fondi promossa da The Good Lobby e IrpiMedia che vuole fare luce su potenziali situazioni dubbie nella gestione del Recovery Fund, ben 191 miliardi stanziati dall’Europa per la sola Italia.

I rischi legati al mancato rispetto dei criteri di correttezza e imparzialità dei processi decisionali sono, per The Good Lobby e IrpiMedia, dietro l’angolo.

Moltissime questioni intorno al piano restano infatti ancora aperte, e ad oggi, nonostante le promesse fatte, c’è ancora molta poca chiarezza su dove saranno spesi di preciso questi fondi, e chi saranno i beneficiari più importanti.

A partire da oggi, una volta al mese, ci addentreremo nelle vicende più problematiche del nostro paese legate al Pnrr, nella convinzione che sia nostro dovere, come giornalisti d’inchiesta, mantenere alta la guardia.

Musei, una questione privata

Musei, una questione privata

Da anni gli ingressi sono gestiti da società private. Le rivendite non autorizzate e la gestione delle concessioni spingono per soluzioni diverse. Il Pnrr ha messo sul piatto milioni per una nuova piattaforma. I dubbi però restano su cosa potrà davvero migliorare

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CREDITI

Autori

Edoardo Anziano
Andrea Ballone
Lorenzo Buonarosa
Francesca Cicculli
Cecilia Fasciani
Andrea Giagnorio
Carlotta Indiano
Sofia Nardacchione
Stefano Nicoli
Chiara Spallino

Editing

Lorenzo Bagnoli
Francesca Cicculli
Giulio Rubino

In partnership con

The Good Lobby

Foto di copertina

Come si evolve la destra d’Europa

Come si evolve la destra d’Europa

#DisegnoNero

Il politologo olandese Cas Mudde la chiama «quarta ondata». È la fase di trasformazione della destra europea cominciata dopo l’11 settembre 2001. Sdoganata e normalizzata, la destra ha sfumato i confini tra le sue versioni “liberali” e quelle più estreme e radicali. Ci si abbevera tutti alla stessa narrazione, che finisce per alimentare politiche non molto dissimili. Al di là di quest’ascesa, però, restano delle differenze. Tanto che sembra improbabile la stessa esistenza di un’unica destra alle urne.

Di-segno nero è una serie che IrpiMedia realizza per Fondazione Feltrinelli in cui si delinea la direzione nella quale si muoveranno le destre d’Europa. In Francia, nonostante la sconfitta, Marine Le Pen è arrivata al 40% e mantiene enorme popolarità soprattutto in alcune classi sociali. In Germania Alternative für Deutschland (Afd) sembra destinata a rompere il tabù che è destinata solo a stare all’opposizione, almeno a livello locale.

In Polonia il partito Diritto e Giustizia macina consensi e rinsalda alleanze con il mondo conservatore-tradizionalista, per il quale è sempre più un Paese di riferimento. In Italia i sondaggi danno il centrodestra forza di maggioranza, ma Giorgia Meloni e Matteo Salvini appaiono sempre più in competizione per la leadership del campo della destra, con possibili ripercussioni in negativo alle prossime elezioni.

Gli autori

Paolo Riva: giornalista di base a Bruxelles, collaboratore di IrpiMedia su temi che riguardano le politiche europee. Ha iniziato a occuparsi dell’universo identitario insieme a Lorenzo Bagnoli tra il 2015 e il 2016.
Vincent Bresson: giornalista francese, si è infiltrato nel movimento giovanile a sostegno di Eric Zemmour per scrivere il libro Au coeur du Z.
Lorenzo Manfregola: giornalista freelance italo-tedesco. Si occupa principalmente di Germania, politica e geopolitica.
Fabio Turco: giornalista freelance, vive e lavora a Varsavia dal 2014. Si occupa di Polonia e dei Paesi della cosiddetta area Visegrád. Scrive per diverse testate e per la radio collabora con RSI Radiotelevisione svizzera. Nel 2018 ha cofondato Centrum Report.

Al di là di questi dati di fatto, però, ci sono fratture che si vanno sempre più approfondendo dopo la pandemia e l’invasione russa dell’Ucraina.

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Zemmour – Le Pen: due facce della stessa medaglia?

Zemmour – Le Pen: due facce della stessa medaglia?

Gli sfidanti erano gli stessi del 2017, ma le elezioni del 2022 in Francia saranno ricordate per un altro candidato: Éric Zemmour. Per la prima volta due candidati di estrema destra si sono sfidati per un posto al ballottaggio

CREDITI

Autori

Lorenzo Bagnoli
Vincent Bresson
Lorenzo Manfregola
Paolo Riva
Fabio Turco

Editing

Lorenzo Bagnoli
Giulio Rubino

In partnership con

Fondazione Feltrinelli

Foto di copertina

Matteo Salvini e Marine Le Pen scattano un selfie durante il comizio “Prima l’Italia! Il buon senso in Europa” a Milano, il 18 maggio 2019
(Marco Tacca/Getty)

Il tesoro degli oligarchi

Il tesoro degli oligarchi

#RussianAssetTracker

La guerra di Vladimir Putin in Ucraina, e le nuove vecchie paure che ha risvegliato in Occidente, sembrerebbero aver riportato in auge dei concetti politici che pensavamo crollati assieme al muro di Berlino. Ma le somiglianze con l’era tramontata dei blocchi contrapposti restano al livello delle analisi più superficiali.

La Russia di Putin, in un processo partito a gran velocità già dal giorno zero del crollo del comunismo, è oggi pienamente inserita nel sistema neoliberistico mondiale e le interdipendenze economiche fra di essa e il resto del mondo sono una rete ormai impossibile da sciogliere.

La particolarità del sistema russo però, è di aver portato ancor più all’estremo la concentrazione della ricchezza in pochissime, dispotiche mani.

La maggior parte di questa ricchezza è nascosta fuori dalla Russia, ed è uno dei bersagli principali della politica di sanzioni messa in atto dall’Occidente. Purtroppo è nascosta bene, difficile da individuare anche per gli investigatori più abili, sepolta sotto scatole societarie offshore in paradisi fiscali che garantiscono ai capitali degli oligarchi l’anonimato più totale.

È per questo che IrpiMedia, assieme a OCCRP, The Guardian e altri 23 partner, ha dato vita al progetto #RussianAssetTracker, che continueremo ad aggiornare costantemente nei prossimi mesi.

Nell’ultimo ventennio, un circolo ristretto di oligarchi ha sostituito la precedente generazione di “saccheggiatori” del patrimonio pubblico ex-sovietico, garantendosi un tenore di vita difficile anche da sognare, tra jet privati, ville di lusso, yacht grandi come palazzi.

L’inchiesta ha vinto lo European Press Prize Innovation Award 2023.

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Dalle stalle alle stelle, il miliardario prestanome di Putin

Dalle stalle alle stelle, il miliardario prestanome di Putin

Eduard Khudaynatov ha iniziato la sua carriera allevando maiali per poi entrare nel settore energetico. Ha una reggia a Mosca e Villa Altachiara a Portofino, tre yacht da capogiro, incluso la Scheherazade fermo a Massa Carrara

Costa Smeralda, per servirla

Costa Smeralda, per servirla

Da luogo di villeggiatura, la Costa Smeralda è diventata un’enclave per gli oligarchi russi, che da qui possono gestire i loro affari nella massima riservatezza, nel cuore dell’Europa

Gli effetti delle sanzioni sugli oligarchi

Gli effetti delle sanzioni sugli oligarchi

I patrimoni degli ultraricchi russi sono immensi, gli sforzi per “bloccarli” senza precedenti. Riusciranno però nell’obiettivo di interromprere l’invasione dell’Ucraina?

Oligarchi d’Italia

Oligarchi d’Italia

Chi sono gli uomini di Putin nel Belpaese. Alcuni sono già sotto sanzioni, altri no. I loro legami con l’Italia durano da più di un decennio

Oblast’ Smeralda

Oblast’ Smeralda

Chi sono gli oligarchi di Putin che frequentano da anni la Costa Smeralda. La zona più esclusiva della Sardegna sembra un oblast, una regione russa

CREDITI

Autori

Cecilia Anesi
Raffaele Angius
Lorenzo Bagnoli
Lorenzo Bodrero
Matteo Civillini
Giulio Rubino

In partnership con

OCCRP

Infografiche/Illustrazioni/Mappe

Lorenzo Bodrero
Lorenzo Dessì
OCCRP

Editing

Lorenzo Bagnoli
Giulio Rubino

Foto di copertina

OCCRP

Recovery Files

Recovery Files

#RecoveryFiles

Nel 2021 la Commissione europea ha approvato una serie di fondi e prestiti destinati agli Stati membri per far fronte alla crisi economica portata dalla pandemia. Un pacchetto di stimoli senza precedenti nel continente: 723,8 miliardi di euro.

Per potervi accedere, i Paesi membri hanno dovuto presentare dei piani, tanto dettagliati quanto ambiziosi.

Ma le prime ricerche dimostrano che tali piani sono stati redatti in modo molto poco trasparente, senza il contributo degli attori della società civile e, nella maggior parte dei paesi Ue, senza neppure quello dei Parlamenti eletti.

L’enorme spesa è finanziata aumentando il debito pubblico. La Corte dei conti europea ha sollevato l’allarme sulla necessità di «controlli efficaci su come il denaro venga speso in realtà». Una fonte interna alla Corte dei conti ha ammesso, sotto condizione di anonimato, che l’Europa non ha sufficienti risorse per fare controlli continui e dettagliati.

Ma cosa contengono effettivamente i piani dei vari Paesi, e come sono stati negoziati con la Commissione? Chi ne trarrà il maggior vantaggio e come assicurarsi che ci sia trasparenza su tutto il processo? Per rispondere a queste domande IrpiMedia partecipa al progetto #RecoveryFiles messo in piedi dai colleghi olandesi di Follow The Money, assieme a colleghi di altre 11 testate in tutto il continente.

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La trasparenza a fasi alterne del Recovery Fund

La trasparenza a fasi alterne del Recovery Fund

All’inizio sembrava che la messa a disposizione dei dati sui beneficiari dovesse prevenire la corruzione. Oggi il quadro è cambiato. Così i nomi restano un segreto in tutta Europa

Il Pnrr italiano trascura la transizione dell’automotive

Il Pnrr italiano trascura la transizione dell’automotive

I Piani di Ripresa Ue puntano sulla mobilità elettrica senza abbandonare l’ibrido, l’Italia considera anche i carburanti sintetici. Lo spazio per il green si riduce. Come sarà la transizione dell’automotive in Europa?

CREDITI

Autori

Francesca Cicculli
Carlotta Indiano
Giulio Rubino

In partnership con

Follow the Money (Paesi Bassi)
Rise (Romania)
ird.bg (Bulgaria)
Die Welt (Germania)
Denik (Repubblica Ceca)
Ostro (Slovenia)
Atlatszo (Ungheria)
Le Monde (Francia)
Euractiv.com, Onet.pl (Polonia)
DEO.dk (Danimarca/Svezia)

Infografiche

Lorenzo Bodrero

Editing

Lorenzo Bagnoli
Giulio Rubino

Foto

Il Parlamento europeo a Bruxelles
(Thierry Monasse/Getty)

Con il sostegno di

Suisse Secrets

Suisse Secrets

#SuisseSecrets

Politici corrotti, impiegati pubblici che hanno sottratto milioni dalle casse pubbliche di Paesi in via di sviluppo, narcotrafficanti e trafficanti di uomini, l’Obolo del papa destinato alle opere pie accanto a medi e grandi evasori italiani e delinquenti, anche in odore di ‘ndrangheta. Sono alcuni degli oscuri personaggi che hanno posseduto conti correnti in Credit Suisse, la seconda banca della Svizzera. Da almeno vent’anni l’istituto bancario promette una stretta su criminali e corrotti, prende tempo e patteggia con amministrazioni giudiziarie di Europa e Stati Uniti per omessi controlli sui loro clienti.

Suisse Secrets è un progetto di giornalismo collaborativo guidato dal Süddeutsche Zeitung e Occrp a cui partecipano 48 media partner da tutto il mondo e 163 giornalisti. Nato da un leak, una segnalazione anonima, contenente i dati di 18mila conti correnti e 30mila correntisti, Suisse Secret scardina i segreti di casseforti nascoste per decenni tra le Alpi.

E rivela un aspetto inquietante: nonostante il segreto bancario sia formalmente archiviato, la «cultura della segretezza» e la legge bancaria svizzera difendono ancora i patrimoni di chi possiede un conto presso una banca svizzera.

Hanno lavorato a Suisse Secrets

Oltre al team di IrpiMedia hanno lavorato al progetto più di 150 giornalisti da tutto il mondo distribuiti su 48 media partner. I loro nomi:

Aladin Abdagic, Mercedes Agüero R., Aaron Albright, Mark Anderson, Abdulwahed Al-Obaly, Mubarek Asani, Anna Babinecs, Antonio Baquero, Eric Barrett, Jérémie Baruch, Benjamin Barthe, Sophia Baumann, Rahma Behi, Massimo Bognanni, Natalia Abril Bonilla, Nina Bovensiepen, Romy van der Burgh, Denica Chadikovska, Luc Caregari, Lindita Cela, Umar Cheema, Martin Chulov, Romina Colman, Xavier Counasse, Shirsho Dasgupta, Antonio Delgado, Stevan Dojčinović, Jesse Drucker, Alex  Dziadosz, Joachim Dyfvermark, David Enrich, Jared Ferrie, Casey Frank, Brian Fitzpatrick , Misha Gagarin, Emilia Garbsch, Eduardo Goulart, Lena Gürtler, Lisa Maria Hagen, Kai Evans, Kevin Hall, Lyas Hallas, Luke Harding, Ben Hubbard, Maha All Rashid, Jelena Jevtić, Mathias J., Johannes Jolmes, Peter Jones, Josy Joseph, Volkmar Kabisch, Antonius Kempmann, Yanina Korniienko, Erin Klazar, Elena Kuch, Karlijn Kuijpers, Valentina Lares, Paul Lewis, Ilya Lozovsky, Kalyeena Makortoff, Joël Matriche, Walid Mejri, Stefan Melichar, Anne Michel, Hulda Miranda, Delfín Mocache, Eli Moskowitz, Mauritius Much, Hannes Munzinger, Will Neal, Michael Nikbakhsh, Ahmad Noorani, Frederik Obermaier, Bastian Obermayer, Stelios Orphanides, Miranda Patrucic, David Pegg, Micael Pereira, Dragana Pećo, Mirjana Popovic, Paul Radu, Manuel Rico, Iván Ruiz, Mariel Fitz Patrick, Sandra Crucianelli, Renata Radić Dragić, Hugo Alconada Mon, Thomas Saintourens, Rami Salim, Sana Sbouai, Khadija Sharife, Karina Shedrofsky, Laurent Schmit, Jörg Schmitt, Trifun Sitnikovski, Graham Stack, Tom Stocks, Jan Strozyk, Benedikt Strunz, Joan Tilouine, Beauregard Tromp, Alina Tsogoeva, Maxime Vaudano, Aris Velizelos, Faustine Vincent, Sharad Vyas, Julia Wacke, Julia Wallace, Jay Weaver, Laura Weffer, Ben Wieder, Ralf Wiegand, Johan Wikén, Jonny Wrate, Martin Young, Madjid Zerrouky, Amra Džonlić Zlatarević, Edik Baghdasaryan, Samson Martirosyan, Saska Cvetkovska, David Ilieski, Maja Jovanovska, Aleksandra Denkovska, Ivana Nasteska, Bojan Stojanovski, Rattanaporn Khamenkit, Yiamyut Sutthichaya, Mohamed Ebrahem , John-Allan Namu, Kira Zalan, David Dembele, Dapo Olorunyomi, Idris Akinbajo, Marr Nyang, Aderito Caldeira, Olgah Atellah, Juliet Atellah, Erin Klazar, Shinovene Immanuel, Dumisani Muleya, Moussa Aksar, Momar Dieng, James G. Wright, Ewald Scharfenberg, Joseph Poliszuk, Patricia Marcano, Roberto Deniz, Eldiyar Arykbaev, Metin Dzhumagulov, Alexandra Li, Kelly Bloss, Vyacheslav Abramov, Dmitriy Mazorenko, Michael Gibb, Matthew Kupfer, Olesya Shmagun, Nigar Isgandar, Aidan Iusubova , Renata Radić Dragić, Maria S.

I media partner

  • Norddeutscher Rundfunk (Germany)
  • Süddeutsche Zeitung (Germany)
  • The Guardian (UK)
  • Armando.info (Venezuela)
  • Center for Investigative Reporting (Bosnia and Herzegovina)
  • Infobae (Argentina)
  • Infolibre (Spain)
  • Investico (Nederlands)
  • IRL (Macedonia)
  • La Stampa (Italy)
  • Westdeutscher Rundfunk (Germany)
  • OCCRP
  • profil (Austria)
  • Slidstvo_info (Ukraine)
  • Expresso (Portugal)
  • Le Monde (France)
  • Le Soir (Belgium)
  • Efecto Cocuyo (Venezuela)
  • La Nación (Argentina)
  • Trece Costa Rica Noticias, (Costa Rica)
  • Confluence Media (India)
  • Kloop (Kyrgyzstan)
  • Vlast (Kazakhstan)
  • Turkmen News (Turkmenistan)
  • NewsHawks (Zimbabwe)
  • Hetq (Armenia)
  • Premium Times (Nigeria)
  • L’Evénement (Niger)
  • The News (Pakistan)
  • Africa Uncensored (Kenya)
  • Depeches du Mali (Mali)
  • Impact.sn (Senegal)
  • Twala.info (Algeria)
  • Alqatiba.com (Tunisia)
  • The Namibian (Namibia)
  • Fact Focus (Pakistan)
  • Miami Herald (USA)
  • Reporter.lu  (Luxembourg)
  • Shomrim (Israel)
  • Sveriges Television (Sweden)
  • Piaui (Brazil)
  • KRIK (Serbia)
  • Prachatai (Thailand)
  • The New York Times (USA)
  • Interferencia de Radioemisoras UCR (Costa Rica)
  • Verdade (Mozambique)
  • Diario Rombe (Equatorial Guinea)

Il lavoro di inchiesta di Suisse Secrets è durato oltre un anno. I giornalisti hanno analizzato migliaia di dati bancari e intervistato decine di banchieri, legislatori, procuratori, esperti e accademici. Per arrivare a raccontare ciò che i giornalisti svizzeri non possono, pena il carcere: anche per loro è reato violare il segreto bancario nel loro Paese.

«Ritengo le leggi sul segreto bancario svizzero immorali. Il pretesto di proteggere la privacy finanziaria è semplicemente una foglia di fico che nasconde il vergognoso ruolo delle banche svizzere quali collaboratrici degli evasori fiscali. Questa situazione facilita la corruzione e affama i Paesi in via di sviluppo che dovrebbero ricevere i proventi delle loro tasse. Sono i Paesi che più hanno sofferto del ruolo di Robin Hood invertito della Svizzera».

– Whistleblower Suisse Secrets

Credit Suisse è stata condannata per riciclaggio dei capitali della mafia bulgara

I professionisti della segretezza di Credit Suisse

Il processo a Patrice Lescaudron, le sanzioni agli oligarchi russi, i procedimenti di vecchi clienti contro la banca. Come lavorano i custodi della riservatezza dei clienti più abbienti

Guerra al segreto bancario svizzero

Guerra al segreto bancario svizzero

Dal 1932 ad oggi, storia degli assalti al privilegio della riservatezza svizzera. Tra compiacenze degli Stati europei e interessi americani nel grande mercato dell’evasione fiscale

Provate a prenderli, quei conti in Credit Suisse

Provate a prenderli, quei conti in Credit Suisse

Antonio Velardo è un “venture capitalist” del settore immobiliare cresciuto sotto l’ala di un ex-terrorista IRA. Hanno venduto centinaia di appartamenti del Gioiello del Mare in Calabria, oggi confiscato. Suisse Secrets ha scoperto i suoi sei conti correnti in Credit Suisse, là dove l’antimafia era stata fermata al confine

Suisse Secrets, i conti segreti da 88 miliardi di euro

Suisse Secrets, i conti segreti da 88 miliardi di euro

Dentro i patrimoni portati in Svizzera spesso all’insaputa delle autorità fiscali del proprio Paese. I correntisti di Credit Suisse a rischio sui quali la banca non ha fatto le verifiche necessarie

CREDITI

Autori

Cecilia Anesi
Lorenzo Bagnoli
Gianluca Paolucci
Luca Rinaldi
Giulio Rubino

In partnership con

Infografiche & Illustrazioni

Lorenzo Bodrero
Occrp

Editing

Luca Rinaldi
Giulio Rubino

Foto di copertina

Occrp

Le conseguenze dei pesticidi

Le conseguenze dei pesticidi

#PesticidiAlLavoro

Il settore agricolo produce l’1,3% del Prodotto interno lordo dell’Unione europea. Conta 10 milioni di aziende, 22 milioni di addetti e 3 milioni di lavoratori stagionali. Per mantenere questi numeri, molti agricoltori fanno uso di prodotti chimici per difendere le colture da insetti, funghi, erbe infestanti: i pesticidi. Prodotti che inquinano e che alla lunga, come dimostrano studi scientifici, possono provocare tumori, malattie del sistema nervoso e del sistema linfatico. Per proteggersi, gli agricoltori sono tenuti a indossare mascherine, guanti, tute e altro ma una fetta della comunità scientifica pensa che non siano nemmeno sufficienti.

«Ogni anno nell’Ue sono vendute oltre 350 mila tonnellate di sostanze attive utilizzate nei PPP (sigla che sta per “prodotti a protezione delle piante”, cioè pesticidi, ndr)», scriveva la Corte dei Conti europea nel 2020.

Lo stesso anno la Ue ha introdotto la strategia Farm to fork, una serie di politiche destinate a rendere più sostenibile la filiera alimentare prevedendo, tra le altre cose, il dimezzamento dell’uso di agenti chimici. Tuttavia, una parte consistente delle grandi aziende agricole non vuole (e per qualcuno non può) fare a meno dei fitofarmaci perché venduti attraverso il mercato nero, o perché approvati in deroga a emergenze oppure perché gli stessi principi attivi sono impiegati in prodotti con etichette diverse.

Alle evidenze epidemiologiche sugli effetti dei fitofarmaci fanno da contraltare gli scarsi dati sulle vittime, in particolare gli agricoltori. Un vuoto statistico che, da un lato, è preso come allarmistico e, dall’altro, è sottostimato dalle lobby del settore.

La zona grigia dell’agricoltura dei pesticidi

La zona grigia dell’agricoltura dei pesticidi

Personale insufficiente per i controlli, caporalato, mercato nero e scarse possibilità di successo nelle cause: le irregolarità nella gestione dei prodotti più pericolosi

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Le lobby agroalimentari contro la Farm to Fork

Le lobby agroalimentari contro la Farm to Fork

Il Parlamento Ue ha approvato il testo della strategia per un settore agroalimentare più sostenibile. Ma le lobby sono al lavoro per ammorbidirne gli obiettivi, dopo aver già modificato la Politica Agricola Comune

CREDITI

Autori

Edoardo Anziano
Lorenzo Bagnoli
Lorenzo Bodrero
Francesca Cicculli
Alessandro Leone
Simone Manda
Francesco Paolo Savatteri

Hanno collaborato

Stéphane Horel (Le Monde)
Marcos Garcia Rey
Eva Achinger (BR)
Daniel Drepper (Ippen Investigativ)
Katrin Langhans (Ippen Investigativ)
Staffan Dahllöf
Nils Mulvad (Investigative reporting Denmark)
Krzysztof Story (Tygodnik Powszechny)
Ante Pavić (Oštro Croazia)
Matej Zwitter (Oštro Slovenia)
Rasit Elibol (De Groene Amsterdammer)
Katharine Quarmby
Gaia Buono, Nicolò Benassi (Scomodo)

In partnership con

Scomodo (Italia)
Le Monde (Francia)
Ippen Investigativ (Germania)
BR (Germania)
Investigative reporting Denmark (Danimarca)
Oštro (Slovenia/Croazia)
Tygodnik Powszechny (Polonia)
TV2 (Danimarca)
De Groene Amsterdammer (Olanda)

Infografiche

Edoardo Anziano
Lorenzo Bodrero

Editing

Lorenzo Bagnoli
Luca Rinaldi

Foto di copertina

Con il sostegno di

Il conto della ripresa

Il conto della ripresa

#GaranzieDiCrisi

Dalla fine della crisi finanziaria cominciata nel 2008, il mantra è che non non esploderà più alcuna bolla finanziaria. Il mercato è più sano e l’epoca dei mutui subprime, mutui favorevoli concessi a tassi vantaggiosi con estrema facilità anche a chi non era in grado di ripagare il debito, è ormai chiusa. Un dato di fatto, certificato anche dalla Banca d’Italia, è che dal 2013 al 2020 le imprese italiane hanno fatto sempre più ricorso a obbligazioni al posto del credito delle banche.

In questa così delicata fase di ripresa, che ci si augura non sia effimera, si registra l’ennesimo ricorso al mercato per tentare di finanziare chi è in crisi anche da parte degli enti pubblici. In particolare nel settore degli Npl, i cosiddetti crediti non performanti. Sono soldi erogati a chi ormai non è più in grado di restiturli.

Possono diventare anche loro un prodotto da vendere sul mercato e promettono, in ordine a un alto rischio del capitale investito, di rendere bene. Che sia attraverso prestiti tradizionali o attraverso prodotti finanziari, serve la garanzia dello Stato perché siano credibili e ottengano la fiducia di investitori e istituti di credito. Così anche il comparto pubblico che si occupa di credito e garanzie in Italia e in Europa si sta esponendo sempre di più su un mercato dei prodotti derivati. L’obiettivo è di salvare il sistema e alimentare la ripresa, anche attraverso il mercato.

E se quest’ultimo non mantenesse le promesse? Cronache dal fronte finanziario della ripresa post-pandemia.

CREDITI

Autori

Lorenzo Bagnoli
Matteo Cavallito

In collaborazione con

Counter Balance
ReCommon

Editing

Lorenzo Bagnoli
Luca Rinaldi

Infografiche

Lorenzo Bodrero

Chi alimenta la sorveglianza

Chi alimenta la sorveglianza

#Sorveglianze

Il software più famoso si chiama Pegasus e l’ha prodotto una società israeliana, NSO. È stato utilizzato per spiare giornalisti, oppositori politici, attivisti. Lo scopo che ci si aspetta dai sistemi di sorveglianza è proteggere. Invece, a volte, i prodotti possono essere “offensivi”. Data la sensibilità delle materie che riguardano la sicurezza, spesso le informazioni sono poche e parziali. NSO è uno dei principali attori di questa industria e ha già attraversato una lunga serie di scandali.

Ma è tutta la filiera della sorveglianza, non solo quella strettamente legata ai software per le intercettazioni, che merita di essere costantemente sotto osservazione: dalle piattaforme per il monitoraggio delle attività sui social network fino alla sorveglianza biometrica negli spazi pubblici fatta tramite algoritmi.

Anche l’Italia ha attori di primo piano in questo settore, che spesso si intrecciano in vari modi a Leonardo, azienda le cui azioni appartengono per il 30% al Ministero delle finanze. E l’industria esiste anche grazie a un sistema di fondazioni e think tank che creano una rete di scambio di opinioni idee, e tecnologie con gli Stati. Un vero e proprio micelio sotterraneo di cui è spesso difficile comprendere l’estensione.

Questa serie indaga sulle diverse sfaccettature dell’industria della sorveglianza e della sua filiera, sui canali usati per espandere il controllo della propria fetta di mercato e sui prodotti che le aziende italiane cercano di introdurre per sfidare i competitor mondiali.

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L’eterna lotta tra il bene e il malware

L’eterna lotta tra il bene e il malware

L’Ue fatica a regolamentare l’export dei beni a duplice uso, e anche le inchieste giudiziarie sugli export illeciti non danno risultati. Parla il manager di Area spa: il suo caso insegna ancora molto

Europa, guerra alla crittografia

Europa, guerra alla crittografia

Documenti pubblicati dal governo olandese mostrano i tentativi di intercettare app di messaggistica criptate. Privacy vs indagini della magistratura: il conflitto è ovunque. Ma l’Italia sull’uso degli spyware ha una giurisprudenza tutta sua

CREDITI

Autori

Lorenzo Bagnoli
Riccarco Coluccini
Giacomo Zandonini
Apostolis Fotiadis
Ludek Stavinoha

In collaborazione con

Infografiche & Mappe

Lorenzo Bodrero

Editing

Raffaele Angius
Luca Rinaldi
Giulio Rubino

Life is a game

Life is a game

#LifeIsAGame

Le piattaforme digitali sono sempre più presenti nell’attività quotidiana: app di lavoro, consumo, tempo libero. Quando la pandemia da Covid-19 ha obbligato la chiusura delle città, una parte del processo di digitalizzazione che si sta imponendo nel contesto urbano è emersa prepotentemente in superficie. Le immagini dei rider che sfrecciano per consegnare cibo hanno reso l’idea di quanto ormai il loro lavoro sia diventato essenziale. Ad oggi però non ne conseguono tutele per i lavoratori, senza contrattazione nazionale, e governati da un processo decisionale e organizzativo automatizzato.

A sedere al tavolo dell’oligopolio delle piattaforme digitali non ci sono datori di lavoro veri e propri con obblighi legislativi o doveri fiscali, bensì start up multinazionali che erodono i costi del lavoro e prevedono scenari futuri grazie alla “datificazione” della città.

Ad uno sguardo più approfondito le piattaforme raccontano ben altro rispetto a quanto la narrazione aziendale vuole imporre: l’ascesa di un nuovo modello organizzativo fortemente improntato sull’utilizzo di tecnologie digitali, nonchè sull’estrazione di dati e informazioni.

Il valore è duplice: l’espansione nel mercato (della ristorazione) attraverso un’agguerrita concorrenza, colmando i vuoti laddove i dati indicano; e il controllo algoritmico dei lavoratori, effettuato attraverso la “gamificazione” (cioè l’utilizzo di elementi mutuati dai giochi in contesti non ludici) del lavoro che rende sempre più labile la separazione tra vita personale e professionale.

Il grande gioco delle piattaforme

Il grande gioco delle piattaforme

Hanno trasformato la percezione del possesso, della città, della ristorazione e del lavoro autonomo. Appaiono innovative e “intelligenti”, ma nella realtà sfruttano le disparità create dal capitalismo. L’editoriale

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Fattorini di tutta Europa, unitevi

Fattorini di tutta Europa, unitevi

La sfida comune è difendere i diritti dei rider nel contesto lavorativo creato dalla gig economy. Gli esempi di Bruxelles, Barcellona e Berlino, tra sindacati tradizionali ed esperienze dal basso

Nella città delle piattaforme

Nella città delle piattaforme

Sullo sfondo del lavoro precario del delivery ci sono parchi, piazze e marciapiedi: i luoghi di lavoro dei rider. Dimostrano la colonizzazione urbana operata dalle piattaforme

La promessa dei dieci minuti

La promessa dei dieci minuti

Le piattaforme di delivery stanno mangiando sempre di più lo spazio urbano delle città. Dall’ordine alla consegna della spesa veloce c’è in mezzo il dark store, il “vecchio” alimentari sotto casa

Fabbriche di cibo

Fabbriche di cibo

Come il mercato del delivery, tra brand virtuali e cucine laboratorio, sta inghiottendo il settore della ristorazione italiana. Non solo clienti e fattorini: ora anche le cucine lavorano con e per le piattaforme

Il decennio dei rider

Il decennio dei rider

La giungla del food delivery tra precarietà, algoritmi opachi, discriminazioni e violazioni della privacy

CREDITI

Autori

Laura Carrer

Foto

Luca Quagliato

Infografiche

Lorenzo Bodrero

Editing

Lorenzo Bagnoli
Luca Rinaldi
Paolo Riva

Con il sostegno di

European Cultural Foundation

L’industria del calcio

L’industria del calcio

#FuoriGioco

L’appeal romantico dello sport più seguito al mondo è stato ormai soppiantato da un business che solo in Italia nel 2019 ha fatturato 5 miliardi di euro. Dalla dimensione locale in cui la proprietà dei club e il bacino di tifosi erano individuabili all’interno del contesto geografico di appartenenza, oggi le società di calcio hanno sedi registrate in paradisi fiscali per mettere al riparo gli utili e i dividendi dal Fisco e in cui spesso è impossibile risalire ai reali beneficiari. Un’evoluzione al contrario che ha portato a cambiamenti epocali: prima la “sentenza Bosman”, che ha aperto le porte alla libera circolazione di calciatori stranieri e ha avviato l’iperbole dei prezzi dei giocatori e dei loro stipendi; l’arrivo degli agenti sportivi, acceleratori di costi ormai fuori controllo; l’entrata in gioco delle pay-tv, foriere di introiti per la trasmissione delle partite inimmaginabili prima, e competizioni sempre più numerose e sempre più ricche. In mezzo, gli atleti che, seppur ricchi, devono tenere il ritmo e portare il proprio corpo al limite per non cedere alla concorrenza o, peggio, all’oblio sportivo.

Il calcio è ormai un vero e proprio strumento finanziario e come tale accoglie al suo interno giochi di potere e conflitti di interesse. Quelli dei “super agenti” ma anche dei club più influenti e di imprenditori dal vizio per l’evasione fiscale e il riciclaggio di denaro. Non ne è immune l’organo di controllo globale, la Fifa, travolta dagli scandali nel 2015 e ancora incapace di rifarsi una reputazione.

Prima del Covid, l’indebitamento complessivo del calcio italiano ha raggiunto 4,6 miliardi di euro (9,3% rispetto alla stagione precedente) e meglio non va nel resto d’Europa. Per porvi rimedio, gli stakeholder del settore sembrano perseguire una strada opposta a quella della logica: più competizioni, più partite e quindi più introiti in quella che sembra più un’accelerazione verso il precipizio che una sosta per riflettere.

Con #FuoriGioco, IrpiMedia intende accendere i riflettori sugli angoli bui e i giochi di potere del mondo del pallone.

L’esercito di hacker al soldo del Qatar

L’esercito di hacker al soldo del Qatar

Assoldati attraverso investigatori privati, hanno colpito chi voleva scavare nella tangente pagata dall’emirato alla Fifa in cambio dei Mondiali. Un’inchiesta del Sunday Times e del TBIJ

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Calcio e criptomonete: l’abbuffata della Serie A

Calcio e criptomonete: l’abbuffata della Serie A

Crescono le sponsorizzazioni delle monete digitali per i club di mezza Europa, ma tra società anonime e segnalazioni delle autorità di vigilanza il settore cripto è una giungla di rischi: il caso Napoli e Floki Inu

Plusvalenze, il doping dei bilanci del calcio

Plusvalenze, il doping dei bilanci del calcio

Da 20 anni i bilanci delle società calcistiche sono drogati da accorgimenti contabili. Oggi come allora, lo scandalo comincia dalla Juventus. Ma le squadre coinvolte sono tantissime, in ogni categoria

Super-agenti, i veri padroni del calcio mondiale

Super-agenti, i veri padroni del calcio mondiale

Rappresentano tutte le parti, in pieno conflitto di interessi. Gli inquirenti li indagano spesso ma restano intoccabili. Un report commissionato dall’Uefa ammette: sono fuori controllo

Football Leaks in tribunale

Football Leaks in tribunale

Hacker o whistleblower? Rui Pinto, che con Football Leaks aveva scoperchiato i segreti del calcio, è oggi a processo ma la collaborazione avviata con le autorità può aprire squarci giudiziari che vanno ben oltre il calcio

Cosa succede adesso con Football Leaks

Cosa succede adesso con Football Leaks

Un 26enne portoghese ha rivelato al mondo i segreti del calcio mondiale. Oggi è a un passo dall’essere estradato in Portogallo per accuse di estorsione e di accesso illecito a informazioni confidenziali

CREDITI

Autori

Raffaele Angius
Lorenzo Bodrero
Francesco Caremani
Matteo Civillini
Michele Luppi
Giulio Rubino

Infografiche & Mappe

Lorenzo Bodrero

Editing

Lorenzo Bagnoli

Foto di copertina

Città in affitto: indagine sui proprietari

Città in affitto: indagine sui proprietari

#CitiesForRent

Milano, in Italia, gode della fama di città in continua trasformazione. Si è rifatta il trucco con l’esposizione universale del 2015 e da allora continua a proporsi come la più europea – e di conseguenza la più moderna – tra le città italiane. La metamorfosi di ogni centro urbano almeno a partire dalla crisi del 2008, però, non avviene senza traumi. Guidata da enormi investimenti privati gestiti da fondi immobiliari, è il settore della casa quello che subisce gli stravolgimenti più importanti, con l’ingresso nel mercato di nuovi attori che guadagnano dall’affitto e non più dalla vendita del mattone.

L’Italia – e con lei Milano – conserva ad oggi la sua dimensione di Paese di proprietari di casa, ma fatica a offrire soluzioni degne per colmare la richiesta di abitazioni in affitto che è sempre più pressante. Il flusso di miliardi destinato a finanziare operazioni immobiliari confluisce su uffici e logistica, più che sul comparto residenziale. E gli investitori che si propongono assumono sempre più spesso il volto di fondi di investimento dietro cui è difficile sapere chi sia il vero burattinaio.

Città in affitto è una serie d’inchiesta che comincia dalla mappatura delle condizioni del mercato della locazione in Europa, con Milano come termine di paragone italiano, per poi indagare sulle dinamiche finanziarie che stanno trasformando le città europee.

La domanda di appartamenti, in Europa, ha prodotto un aumento esponenziale dei flussi di denaro tra il 2007 e il 2020: da 7,9 miliardi di euro investiti complessivamente, si è passati a 66,9 miliardi, secondo il centro studi specializzato Real Capital Analytics. Le città sono sempre più nelle mani dei privati che investono nelle loro trasformazioni, con strategie che non sempre combaciano con gli interessi del pubblico. La serie è parte del progetto europeo Cities for Rent: Investigating Corporate Landlords Across Europe progetto coordinato da Arena for Journalism in Europe con il sostegno di IJ4EU e in parte dalla fondazione Rosa Luxemburg, che ha finanziato parte della ricerca. Al progetto, durato sette mesi, hanno partecipato 25 giornalisti che hanno analizzato il mercato immobiliare di 16 città europee.

L’inchiesta #CitiesForRent ha vinto lo European Press Prize Innovation Award 2022.

L’industria degli studentati

L’industria degli studentati

In Europa le case per fuori sede sono sempre più care. Tanto da mettere a repentaglio il diritto allo studio. A dettare legge sono gli investitori privati, con il pubblico che fatica a contenere i rincari

Bologna non è una città per studenti

Bologna non è una città per studenti

Poche case, affitti cari. Il privato preferisce la locazione breve; il pubblico, in netto ritardo, cerca di arginare il problema come può. Cronaca di un’emergenza annunciata

IrpiMedia è gratuito

Ogni donazione è indispensabile per lo sviluppo di IrpiMedia

Sotto sfratto: storie dalle periferie di Milano

Sotto sfratto: storie dalle periferie di Milano

Younes, Diana, Sagar abitano in tre quartieri popolari. Vivono in appartamenti di cui non si possono permettere l’affitto ma non trovano un alloggio popolare. Il social housing per loro è troppo caro

A caccia dei titolari effettivi

A caccia dei titolari effettivi

Quali sono le principali operazioni di Milano degli ultimi anni. I timori di Transparency International e la fiscalità particolare dei fondi d’investimento

Milano, la città che aspetta il 2030

Milano, la città che aspetta il 2030

Nonostante la pandemia, il mercato immobiliare tiene. La città continua a promettere nuovi cambiamenti futuri. Il trend di crescita, però, non sempre tiene conto delle reali esigenze della comunità

Milano a confronto con l’Europa

Milano a confronto con l’Europa

Al di là del marketing sull’attrazione per nuovi investimenti, Milano è alle prese con fenomeni di trasformazione dell’abitare che durano da tempo in Europa

CREDITI

Autori

Lorenzo Bagnoli
Laura Carrer
Alice Facchini
Matteo Civillini

In partnership con

Arena for Journalism in Europe
Tagesspiegel (Germania)
Denik Referendum (Repubblica Ceca)
Apache (Belgio)
Mediapart (Francia)
Dublin Enquirer (Irlanda)
Gazeta Wyborcza (Polonia)
Telex (Ungheria)

Editing

Lorenzo Bagnoli
Giulio Rubino

Infografiche & Illustrazioni

Moritz Wienert per Cities for Rent
Tagesspiegel
Lorenzo Bodrero

Ha collaborato

Francesco Floris

Con il sostegno di

IJ4EU
Rosa-Luxemburg Stiftung
Stars4Media

‘Ndrangheta emiliana

‘Ndrangheta emiliana

#NdranghetaEmiliana

Negli anni Ottanta la ‘ndrangheta cutrese arriva in Emilia-Romagna: basta una persona – il boss Antonio Dragone, mandato con obbligo di dimora in provincia di Reggio Emilia – per creare quello che, in poco tempo, diventerà il clan più radicato in regione.

È una struttura che, di anno in anno, si espande e si rafforza, infiltrandosi in tutti i settori produttivi della fertile Emilia. Partendo dai classici business mafiosi del traffico di droga e delle estorsioni, la ‘ndrangheta emiliana diventa sempre più una mafia moderna, che si rimodella in base al territorio in cui è radicata:

una ‘ndrina autonoma e potente, che – tra Reggio Emilia, Modena, Parma e Piacenza – fa affari con imprenditori, professionisti e politici locali, senza lasciare da parte la violenza. Il protagonista di questa fondamentale fase è il boss Nicolino Grande Aracri.

Dopo più di trent’anni dall’arrivo di Dragone a Reggio Emilia, nel 2015 la ‘ndrangheta emiliana viene colpita dal più imponente procedimento giudiziario della storia italiana nei confronti delle mafie al Nord: Aemilia. Un processo da cui sono nati numerosi filoni d’indagine per far luce su di un clan che, nonostante arresti e processi, non si è mai fermato.

La paura della ‘ndrangheta emiliana

La paura della ‘ndrangheta emiliana

Il clan che si è radicato in Emilia-Romagna, nei decenni si è evoluto e modernizzato, senza mai lasciare da parte il suo carico di violenza, tra omicidi, minacce, incendi, sfruttamento e intimidazioni, anche dopo l’operazione Aemilia

IrpiMedia è gratuito

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Aemilia 1992, cronistoria di una sentenza

Aemilia 1992, cronistoria di una sentenza

Condanna all’ergastolo in primo grado per il boss Nicolino Grande Aracri. Assolti gli altri imputati. Una storia cominciata 28 anni fa, che si intreccia con uno dei principali processi sulla ‘ndrangheta al Nord

CREDITI

Autori

Sofia Nardacchione

Infografiche & Mappe

Lorenzo Bodrero

Editing

Luca Rinaldi

Le Mani su Siena

Le Mani su Siena

#LeManiSuSiena

LÈ dal 1125 che Siena è una repubblica. Da allora, ha sempre avuto una sua alterità dall’odiata Firenze e dal resto d’Italia, che fosse per le guarentigie di qualche imperatore venuto da lontano oppure, in tempi più recenti, per la potenza economica della banca locale. Dal 1339 l’Allegoria ed Effetti del Buono e del Cattivo Governo – ciclo di affreschi del maestro senese Ambrogio Lorenzetti che si trova nella Sala del Consiglio dei Nove al Palazzo Pubblico, sede del Municipio – predice i possibili governi della città.

Maneggiare il potere, a Siena, è stato spesso affare degli appartenenti all’Arte della Mercanzia, la corporazione che rappresentava il ceto produttivo.

Ci sono stati i Bonsignori, i “Rothschild del Duecento”, come li ha soprannominati qualche storico; i Piccolomini, nobili del Sacro Romano Impero che, al contempo, hanno infarcito le schiere degli alti prelati della Chiesa; i Tolomei, di cui la dolce ereditiera Pia – forse nominata da Dante nella Commedia – ha avuto in sorte di morire per mano del marito, il podestà di Volterra, che l’ha scaraventata dal balcone di un suo castello in Maremma per punirla di un presunto atto d’infedeltà oppure per liberarsi di una sposa non voluta.

Intrighi, soldi, misteri: la storia di allora si rispecchia nelle più recenti vicende del Monte dei Paschi di Siena, la banca crocevia dei destini della città, che naviga a vista dal dissesto del 2013. Senza i suoi denari, la città è diventata oggetto di scorribande di investitori rapaci, che hanno cercato – senza fortuna – di aggiudicarsi le sue ricchezze.

CREDITI

Autori

Lorenzo Bagnoli
Sara Lucaroni

Editing

Luca Rinaldi

Infografiche

Lorenzo Bodrero

I volti della transizione energetica

I volti della transizione energetica

#GreenWashing

Se ci sia luce in fondo al tunnel della pandemia non è ancora chiaro. Un anno dopo l’inizio della peggiore crisi sociale ed economica dei nostri tempi, l’idea di “recovery” e ricostruzione resta tuttora tanto vaga quanto urgente. Ma rispetto alla precedente crisi economica, dalla cui terribile gestione non ci siamo mai veramente ripresi, questa volta l’Europa, pur non senza incertezze e difficoltà, ha messo in campo uno sforzo economico senza precedenti, potenzialmente in grado non solo di rilanciare l’economia del continente, ma di dar nuova vita al suo progetto politico e alla sua visione del futuro.

Concordi nell’obiettivo, ci sono però in campo agende molto diverse per quanto riguarda le priorità. Appena prima che queste priorità venissero buttate all’aria dal Covid, infatti, l’Unione Europea aveva scelto di mettere la battaglia per il clima e la decarbonizzazione in cima alla lista, presentando giusto a dicembre 2019 il suo green deal, un ampio piano di investimenti che dovrebbe provare a dare risposta al crescente problema dei cambiamenti climatici.

Con i lockdown e il conseguente tracollo delle economie europee sembrava che l’ambizioso piano sarebbe stato messo in soffitta in attesa di tempi migliori, a favore di un approccio più tradizionale al motto di «prima l’economia poi il clima».

Alla fine però l’impegno a favore di un sistema economico più verde sembra aver prevalso, e l’ambizioso Next Generation Eu fund dovrebbe, almeno su carta, continuare in larga parte il processo delineato dal Green Deal.

Ma i settori industriali che più di tutti dovrebbero trasformarsi in questo processo, in particolare quello energetico, non si sono lasciati cogliere impreparati, e da molto tempo hanno iniziato un frenetico processo di lobbying teso a rendere il cambiamento il più gattopardesco possibile.

Il messaggio è semplice: convincere tutti che il cambiamento richiede una lunga fase di “transizione” che passi sempre attraverso le vecchie strutture (fonti fossili, gas metano, ecc.), e che queste strutture necessitino anche di ulteriori investimenti per favorirne la lenta transizione a un “verde” ancora del tutto ipotetico. Il rischio concreto è che la parte del leone dei nuovi finanziamenti europei finisca nelle stesse mani di sempre, a vantaggio di progetti dagli orizzonti ristretti il cui obiettivo è molto più salvare il presente che non preparare il futuro.

IrpiMedia, assieme ad altri partner europei, ha deciso di intraprendere una serie di inchieste sui progetti di greenwashing che tenteranno di accreditarsi in tutta Europa per ricevere fondi comunitari.

Egitto, la svolta green è una farsa

Egitto, la svolta green è una farsa

Durante la Cop27, il Paese ha siglato accordi con l’Ue per forniture di energia verde. Ma resta impantanato nelle fonti fossili. A Sharm e dintorni, è una colata di (nuovo) cemento

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L’illusione verde

L’illusione verde

Dall’analisi dei fondi europei che dovrebbero avere stringenti politiche sulla sostenibilità emerge che quasi la metà investe nell’industria fossile o nelle compagnie aeree

Voto in bolletta

Voto in bolletta

La corsa europea alle nuove forniture di gas. Le posizioni dei partiti in vista delle elezioni del 25 settembre sulle politiche energetiche. Il quadro del fabbisogno italiano. Una guida in tre capitoli

Una questione che brucia

Una questione che brucia

L’industria dello scisto bituminoso in Estonia, un carburante ad alto impatto ambientale che blocca il paese baltico fra la transizione ecologica e l’eredità post-sovietica

Una chimera chiamata metano sintetico 

Una chimera chiamata metano sintetico 

Le lobby del gas e dell’auto dichiarano che non siamo “pronti” a passare all’elettrico, ma che servono “carburanti di transizione”. Italgas li studia e tali prodotti appaiono ancora meno pronti dell’elettrico stesso

Il compromesso politico sulla tassonomia europea

Il compromesso politico sulla tassonomia europea

Gas in cambio di nucleare: così la Francia e i Paesi dell’Est decidono sulla lista verde dell’Europa. La Commissione evita le consultazioni pubbliche e aggira il parere dei tecnici

Le lobby agroalimentari contro la Farm to Fork

Le lobby agroalimentari contro la Farm to Fork

Il Parlamento Ue ha approvato il testo della strategia per un settore agroalimentare più sostenibile. Ma le lobby sono al lavoro per ammorbidirne gli obiettivi, dopo aver già modificato la Politica Agricola Comune

Estremadura, terra di sacrificio

Estremadura, terra di sacrificio

La transizione ecologica, idea trainante per il Recovery Plan europeo, assieme alle opportunità di rinnovamento porta con sé anche grandi rischi di greenwashing, soprattutto per quelle regioni ricche di risorse chiave per questo processo

L’isola pioniera dell’industria estrattiva del futuro

L’isola pioniera dell’industria estrattiva del futuro

Nauru, nel Pacifico, è capofila tra le nazioni che vogliono estrarre metalli dai fondali oceanici. Diverse voci critiche, però, mettono in dubbio i vantaggi di quest’industria nella lotta ai cambiamenti climatici

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Tirreno Power, processo al carbone

Tirreno Power, processo al carbone

L’azienda è a processo per disastro ambientale e sanitario nel savonese. Dieci anni fa proponeva versioni “green” e tecnologiche di gas e carbone per combattere i cambiamenti climatici

Pnrr, tre versioni per un piano poco trasparente

Pnrr, tre versioni per un piano poco trasparente

Il piano di ripresa è stato pubblicato dal Governo senza allegati. La traduzione inglese si discosta da quella italiana per voci di spesa traghettate da una “missione” all’altra. Alla fine a guadagnarci è sempre l’industria del gas

La nuova corsa all’oro dell’industria estrattiva

La nuova corsa all’oro dell’industria estrattiva

È il deep sea mining: minare materiali chiave per l’industria high tech dai fondali marini. L’industria la considera un ponte verso la transizione energetica, la comunità scientifica avverte riguardo alle conseguenze

A tutto gas. La Sardegna (e l’Europa) a un bivio

A tutto gas. La Sardegna (e l’Europa) a un bivio

In Sardegna si scontrano due modelli di sviluppo energetico diametralmente opposti. Uno basato sulle rinnovabili, l’altro sui gasdotti, e le lobby del petrolio premono per il secondo

CREDITI

Autori

Raffaele Angius
Francesca Ciculli
Matteo Civillini
Aïda Delpuech
Sara Farolfi
Matteo Garavoglia
Carlotta Indiano
Alessandro Leone
Piero Loi
Simone Manda
Fabio Papetti
Arianna Poletti
Daniela Sala
Eleonora Vio

Riprese & montaggio

Daniela Sala

Editing

Cecilia Anesi
Lorenzo Bagnoli
Luca Rinaldi
Giulio Rubino

In collaborazione con

Infografiche & Mappe

Lorenzo Bodrero

Foto di copertina

OpenLux

OpenLux

#OpenLux

Negli anni Sessanta l’imprenditore americano Bernard Cornfeld guidava Investors Overseas Services, un fondo comune d’investimento panamense con sede anche in Lussemburgo. Nel 1973 è fallito clamorosamente mostrando al mondo come il Granducato fosse al centro della finanza speculativa globale. È stato il primo di un’interminabile serie di scandali finanziari.

#OpenLux è un’inchiesta collaborativa che parte da un database raccolto da Le Monde, reso ricercabile da Occrp sulle 124 mila società che popolano il registro delle imprese lussemburghese. Ha permesso di analizzare i nomi dei proprietari delle società registrate nel Granducato, finora schermati da prestanome e professionisti.

Non era mai stato possibile cercare società in Lussemburgo partendo dalle persone fisiche che le possiedono.

Politici, imprenditori, uomini legati alla criminalità organizzata: #OpenLux mette in fila più di 115 mila nomi. Per gli italiani, il Lussemburgo si dimostra un frequentato paradiso fiscale (sono oltre cinquemila i nomi italiani presenti nel registro) non riconosciuto dalle liste nere antiriciclaggio.

La parola: il titolare effettivo

Il concetto di titolare effettivo è diventato fondamentale nel contrasto alla criminalità economico-finanziaria. Tale figura è quella che controlla effettivamente il patrimonio e le finanze di una società: in molti casi non coincide con la persona che ha registrato la società e che figura come legale rappresentate.

Sebbene a oggi non esista una definizione universale di titolare effettivo o di beneficiario ultimo, questo è inteso, anche in Lussemburgo, come la persona fisica che possiede una percentuale maggiore o uguale al 25% in riferimento alle partecipazioni di un’azienda. In questo caso il controllo è di tipo diretto.

Possono ricoprire il ruolo di titolare effettivo anche altre società. In questo caso il controllo è definito di tipo indiretto. Queste società sono ovviamente controllate però da persone fisiche o da ulteriori società riconducibili comunque ad una persona fisica. La percentuale da detenere è sempre quella del 25%.

É dunque pacifico che il titolare effettivo coincida con le persone fisiche cui, in ultima istanza, è attribuibile la proprietà diretta o indiretta dell’ente o il relativo controllo. Non sempre però tale figura è facilmente individuabile, soprattutto in giurisdizioni quali proprio il Lussemburgo.

Almeno a partire dalle vicende del Banco Ambrosiano, passando per gli anni ruggenti in cui Silvio Berlusconi diventava il più ricco imprenditore d’Italia, finendo alle recenti e complesse strutture societarie dei maggiori gruppi industriali italiani. Infatti, nonostante i loro nomi e la loro fama siano noti in tutto il mondo, ancora molto poco si sa di come funzionino davvero i meccanismi interni dei cartelli o l’ampiezza della loro rete internazionale.

Baby-milionari in Lussemburgo

Baby-milionari in Lussemburgo

Nonostante siano minorenni, compaiono come titolari effettivi di ricche società. Sono figli di uomini d’affari che hanno conti in sospeso con la giustizia e cercano di nascondersi

La “nobilità” venezuelana che scava il mondo

La “nobilità” venezuelana che scava il mondo

Dalla devastazione delle piattaforme di Rubiales in Colombia alla miniera di Furtei in Sardegna: in comune lo stesso ricchissimo petroliere venezuelano, arroccato nei Caraibi, con proprietà a Siena e società in
Lussemburgo

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I segreti delle “lettere informative” fiscali

I segreti delle “lettere informative” fiscali

Sono l’ultimo strumento adottato in Lussemburgo per mantenere nascosti gli accordi fiscali con le multinazionali. Nonostante la pressione pubblica e le direttive europee per maggiore trasparenza

Problemi in paradiso

Problemi in paradiso

Tre mesi dopo Openlux da più parti arrivano richieste al Granducato e all’Unione Europea per maggior trasparenza e controllo nel sistema fiscale

I “furbetti” di Lussemburgo

I “furbetti” di Lussemburgo

Da Antonveneta ai diritti tv, passando per il calcio e l’immobiliare: l’eterno ritorno di trust e società dei “furbetti del quartierino”

Come la ‘ndrangheta è arrivata in Lussemburgo

Come la ‘ndrangheta è arrivata in Lussemburgo

Una rete di giovani imprenditori del sidernese legati a doppio filo alla ‘ndrangheta si è stabilita nel sud del Granducato. Apre locali appoggiandosi a famiglie italiane emigrate che rischiano di finire nel mirino delle cosche

Perché i criminali scelgono il Lussemburgo

Perché i criminali scelgono il Lussemburgo

Il Granducato è la casa di tutti: attori, cantanti, miliardari, sportivi, politici, multinazionali. Anche i criminali però, tra segretezza e fiscalità favorevole, lo hanno scelto

Lussemburgo, porto franco d’Europa

Lussemburgo, porto franco d’Europa

Cent’anni di privilegi fiscali. Ecco come il Granducato ha trovato il suo posto in Europa. La nuova fase della sua storia comincia nel 2014, l’anno di Luxleaks

CREDITI

Autori

Cecilia Anesi
Lorenzo Bagnoli
Lorenzo Bodrero
Matteo Civillini
Giulio Rubino

Infografiche & Mappe

Lorenzo Bodrero

Editing

Lorenzo Bagnoli
Luca Rinaldi

The Cartel Project

The Cartel Project

#TheCartelProject

Il Messico è il centro della mappa del narcotraffico mondiale. Lo è geograficamente, tra le vecchie rotte della cocaina dalla Colombia agli Stati Uniti, e quelle nuove dalla Cina e verso l’Europa, e lo è dal punto di vista criminale, come patria di decine di agguerriti cartelli che negli ultimi vent’anni hanno visto il loro potere e la loro influenza crescere incontrastati.

Qualsiasi sostanza stupefacente oggi è battuta all’asta dei cartelli Messicani, che nel fuoco incrociato dell’estrema competizione e della repressione internazionale – principalmente a regia statunitense – si sono evoluti a velocità da laboratorio, dimostrando adattabilità, intraprendenza, ma soprattutto capacità di mettere in campo una violenza senza fine.

Infatti, nonostante i loro nomi e la loro fama siano noti in tutto il mondo, ancora molto poco si sa di come funzionino davvero i meccanismi interni dei cartelli o l’ampiezza della loro rete internazionale.

Chi prova ad accendere una candela, spesso paga il prezzo più alto. Dal 2000 ad oggi, 119 giornalisti sono stati uccisi in Messico.
The Cartel Project, l'inchiesta

The Cartel Project è un progetto d’inchiesta collaborativo coordinata da Forbidden Stories che ha coinvolto 60 giornalisti di 25 media in 18 paesi e copre vari aspetti dei cartelli messicani, inclusa la violenza e gli omicidi di molti giornalisti nello stato di Veracruz. IrpiMedia è l’unico partner italiano. Forbidden Stories è un centro di giornalismo nonprofit il cui obiettivo è continuare il lavoro dei giornalisti uccisi.

Per combattere i cartelli messicani, bisogna guardare oltre la loro immagine di pistoleri, seguire i loro infiniti capitali nel mondo e indagare una delle più profonde commistioni fra politica e criminalità di sempre, tanto che gli esperti sono in dubbio se siano i politici al servizio dei cartelli, o viceversa.

The Cartel Project ha provato a cercare delle risposte, e a guardare da vicino il mondo dei narcos messicani a Veracruz, Sinaloa ma anche in Cina e Europa.

Cuochi messicani per la metanfetamina olandese

Cuochi messicani per la metanfetamina olandese

Laboratori di droga scoperti tra Belgio e Paesi Bassi sono gestiti da chimici venuti dal Messico. Li reclutano intermediari via EncroChat, un sistema di comunicazione (mal)ritenuto a prova di indagini

I tentacoli del cartello di Sinaloa in Italia

I tentacoli del cartello di Sinaloa in Italia

A gennaio 2020 i narcos hanno portato 400 chili di cocaina in Sicilia. Cercavano di aprire una nuova rotta aerea. Un segnale della campagna per la conquista del mercato europeo

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CREDITI

Autori

Cecilia Anesi
Raffaele Angius
Antonio Baquero (OCCRP)
Paloma DuPont de Dinechin (Forbidden Stories)
Nina Lakhani (The Guardian)
Dana Priest (The Washington Post)
Giulio Rubino

In partnership con

Editing & adattamento

Lorenzo Bagnoli
Luca Rinaldi

Infografiche & mappe

Lorenzo Bodrero

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Forbidden Stories

I soldi della Lega

I soldi della Lega

#LegaMoney

La Lega è il partito più “anziano” presente nel parlamento italiano. Costituita come coalizione nel dicembre del 1989 è divenuta partito nel gennaio del 1991. Passata indenne dai processi alla politica dei primi anni ‘90 e dopo significative giravolte ideologiche (dall’indipendentismo della fondazione, al nazionalismo maturato con l’ascesa di Matteo Salvini) che hanno fatto sparire pure la parola “nord” dal simbolo, oggi il partito sta attraversando, tra alti e bassi, ancora una fase di grande consenso.

Ha più volte espresso ministri all’interno dei governi di centro destra che si sono succeduti negli ultimi trent’anni e ha recuperato forza dopo la fase più delicata che ha rischiato di sfaldare la creatura voluta dal senatùr Umberto Bossi: l’inchiesta sulle spese private della famiglia Bossi coperte con denaro pubblico incassato dal partito come rimborso elettorale. È proprio in quel momento che finiscono sotto i riflettori i Bossi, ma anche le operazioni spericolate dell’allora tesoriere Francesco Belsito.

Le attenzioni della magistratura e delle autorità antiriciclaggio si posano dunque sulle casse del partito, arrivando a mettere nero su bianco che «la gestione della tesoreria del partito politico Lega Nord è avvenuta nella più completa opacità fin dal 2004 e comunque, per ciò che riguarda Belsito, fin da quando questi ha cominciato a ricoprire l’incarico di tesoriere. Egli ha alimentato la cassa con denaro non contabilizzato ed ha effettuato pagamenti e impieghi, anch’essi non contabilizzati o contabilizzati in modo inveritiero».

La vicenda dei 49 milioni
L’accusa ai danni della Lega è pesante e, unita alle altre presunte anomalie riscontrate nel corso del tempo sulla gestione delle casse del partito, porta a una sentenza spartiacque sui 49 milioni di euro indebitamente percepiti dalla Lega e da sequestrare. Quando però si dà avvio ai sequestri i magistrati trovano poco e niente: le gestioni dei nuovi segretari, Roberto Maroni prima e Matteo Salvini poi, hanno di fatto azzerato quel patrimonio. Tra qualche imbarazzo sostengono per l’attività politica, ma seguendo i soldi si arriva a un reticolo di società e professionisti che porta fino in Lussemburgo e sovente incrocia i percorsi tortuosi della criminalità organizzata. Per gli investigatori alcune di queste operazioni rispondono a logiche di riciclaggio di denaro. Il partito smentisce, ma la caccia ai 49 milioni rimane aperta.

Questa serie, analizzando bilanci, seguendo flussi di denaro e scandagliando le segnalazioni dell’antiriciclaggio ricostruisce le varie fasi che hanno caratterizzato questa vicenda che coinvolge il partito più longevo degli ultimi trent’anni di politica.

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Autori

Lorenzo Bagnoli
Luca Rinaldi

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Lorenzo Bodrero

Editing

Giulio Rubino

Our investigations for an international audience

Our investigations for an international audience

#inEnglish

Food factories

Food factories

From virtual brands to kitchen labs, the delivery market is swallowing up Italy’s food service industry. Even restaurants are now working for the platforms

Malea, l’indagine sulla locale di ‘ndrangheta tra Mammola e il Lussemburgo

Malea: the ‘Ndrangheta groups between Calabria and Luxembourg

Since the 1980s, a group of Calabrian entrepreneurs have been living in Luxembourg. Their sons now own pubs and restaurants. According to an investigation by the anti-Mafia prosecutor’s office, they are linked to a cosca from a small town in Calabria

Drones on the frontlines

Drones on the frontlines

In Ukraine, unmanned aircraft vehicles are weapons of propaganda. Volunteer organisations have altered drones to supply them to the army in Kyiv

Libia, la battaglia del Fezzan

Libya, the battle of Fezzan

With hunger on the rise in North Africa, Libya’s southern region could provide food and employment. There is no shortage of cooperation projects, but the atmosphere in Fezzan is volatile

Come l’Italia ha costruito le forze marittime della Libia

How Italy built Libya’s maritime forces

The Big Wall in the Mediterranean Sea was built upon contracts that are hard to track. Overall, the outsourcing of border control has cost over one billion euro. And the results have been underwhelming

When Mohammed Bello Adoke telephoned JP Morgan

When Mohammed Bello Adoke telephoned JP Morgan

Former Nigerian Attorney General in June 2011 telephoned JP Morgan to arrange transfer of OPL 245 funds from FGN account even though he was no longer a Minister, the Milan court records reveal

Inside the Sinaloa cartel’s move toward Europe

Inside the Sinaloa cartel’s move toward Europe

A recent Italian police investigation, code-named Operation Halcon, has provided the most in-depth look yet into how Mexico’s leading drug traffickers, the Sinaloa Cartel, do business in Europe

The unswept corners of Daphne’s murder

The unswept corners of Daphne’s murder

Three years after the assassination of Daphne Caruana Galizia, several clues point to the powerful businessman Yorgen Fenech as alleged mastermind. He denies involvement, but several revelations suggest otherwise.

Verified

Verified

This is not a story about victims. This is a story about women who fight back.

I lavoratori invisibili dell’agricoltura in Europa

I lavoratori invisibili dell’agricoltura in Europa

#InvisibleWorkers

Con l’emergenza coronavirus, si è ricominciato a parlare del lavoro nel comparto agricolo a livello continentale. Quando durante il lockdown i prodotti continuavano ad arrivare sugli scaffali dei supermercati, l’attenzione pubblica si è spostata sui lavoratori invisibili che hanno reso possibile tutto questo, domandandosi quali fossero le loro condizioni di lavoro. Intanto, però, in alcuni Paesi europei come Germania e Francia, nei campi e nei macelli scoppiavano nuovi focolai di coronavirus, a dispetto delle misure di distanziamento che si presumeva fossero adottate. In Italia, si è fatta una sanatoria che in realtà ha permesso di regolarizzare colf e badanti, più che braccianti agricoli, che si sono scontrati con il caporalato, lo sfruttamento e le irregolarità contrattuali.

Invisible workers è un’inchiesta coordinata da Lighthouse reports a cui partecipano Der Spiegel, Mediapart, Euronews e altri partner, tra cui IrpiMedia. È un’inchiesta sulle forme del lavoro grigio, tra sfruttamento e abuso dei diritti di lavoratori, questione irrisolta per l’Europa intera e non solo per l’Europa Meridionale, come a volte appare.

La serie ha una prima puntata europea ed esplora in seguito le diverse condizioni tra il grigio e lo sfruttamento, in tutte le sue sfumature, che esistono in Italia.

Le madri lontane

Le madri lontane

Le migliaia di braccianti rumene e bulgare che lavorano nei campi di Italia, Spagna e Germania devono separarsi dai figli per mesi. La lontananza e la “maternità delegata” segnano i figli per sempre

Il sapore amaro del kiwi

Il sapore amaro del kiwi

Dalla provincia di Latina arrivano i kiwi Zespri, esportati in tutta Europa. I lavoratori indiani impiegati nella raccolta sono sottopagati e senza tutele. Le aziende locali rimandano ogni responsabilità a enti terzi di controllo

Dal Punjab a Latina, pagare per diventare schiavo

Dal Punjab a Latina, pagare per diventare schiavo

Come, attraverso i debiti, una rete di intermediari che collega l’India all’agro pontino tiene sotto ricatto migliaia di lavoratori indiani, sfruttati in uno dei maggiori distretti ortofrutticoli d’Europa

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Da Latina alla Germania, il vero prezzo della frutta

Da Latina alla Germania, il vero prezzo della frutta

La grande distribuzione tedesca nella Ue è di fatto un monopolio: costringe i fornitori a produrre a prezzi sempre più bassi, creando sfruttamento dei lavoratori migranti più vulnerabili. Come nell’Agro pontino

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Autori

Charlotte Aagaard
Kusum Arora
Lorenzo Bagnoli
Francesca Cicculli
Matteo Civillini
Sara Manisera
Vlad Odobescu
Stefania Prandi
Paolo Riva
Daniela Sala

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Editing

Lorenzo Bagnoli
Luca Rinaldi
Giulio Rubino

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Lorenzo Bodrero

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Stephan Bernard/Unsplash

Con il sostegno di

The Daphne Project

The Daphne Project

#DaphneProject

Daphne Caruana Galizia è stata uccisa con un’autobomba il 16 ottobre 2017 di fronte alla sua casa di Bidnija, a Malta. Aveva un blog seguitissimo, Running Commentary, ed era la coscienza dell’isola. Denunciava già da anni come Malta fosse ormai fuorilegge, un buco nero in mezzo al Mediterraneo, un feudo nelle mani di corrotti e criminali. Sotto il governo laburista di Joseph Muscat, Malta è diventata la “Singapore del Mediterraneo”, il paradiso di ogni investitore. Dal gioco d’azzardo alla vendita dei passaporti, dalle società offshore mai dichiarate dai governanti all’approvvigionamento del gas sull’isola. Tutte piste che Caruana Galizia aveva cominciato a seguire, senza avere il tempo di portare a termine le sue indagini.

Ad aprile 2018 è uscito il primo pezzo di The Daphne Project, inchiesta collaborativa ancora in corso a cui partecipano 18 testate.

Da allora l’isola ha un nuovo premier, Robert Abela, e una società civile più vigile, che chiede rinnovamento.

Dal processo in corso per l’omicidio della giornalista è emerso anche il nome di un famoso imprenditore, Yorgen Fenech, come presunto mandante dell’omicidio. Mano a mano che l’inchiesta avanza, affiorano omertà, connivenze e affari sporchi che riguardano alcune delle personalità più influenti dell’isola.

Per il Daphne Project, Irpi si è occupata soprattutto del mondo di sotto a cui appartengono i contrabbandieri che operano tra l’isola, la Libia e l’Italia. Da questo milieu, infatti, provengono anche i presunti killer di Daphne. Questo filone d’inchiesta si è poi sviluppato fino ad abbracciare una rete di trafficanti mediterranea, che ha in Hurd’s Bank, la secca a largo di Malta, uno dei suoi principali luoghi di ritrovo.

Gli intoccabili, la bomba e la mafia

Gli intoccabili, la bomba e la mafia

C’è un gruppo di criminali a Malta, i Maksar, che gestisce i traffici più redditizi e può vantare contatti con cosa nostra. Secondo testimonianze inedite hanno fornito la bomba che ha ucciso la giornalista Daphne

Le nuove piste del caso Daphne

Le nuove piste del caso Daphne

Tre anni dopo l’omicidio della giornalista maltese, numerosi indizi puntano a un potente uomo d’affari come mandante, Yorgen Fenech. Quest’ultimo nega ogni coinvolgimento, ma nuovi elementi rivelati dal Daphne Project, mettono in discussione la sua versione

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Malta, il paradiso dei trafficanti

Malta, il paradiso dei trafficanti

Dietro l’omicidio di Daphne Caruana Galizia si è mosso un sistema criminale che va dal traffico di gasolio alla criminalità organizzata e si muove in una zona d’ombra ricca di complicità

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Autori

Cecilia Anesi
Edoardo Anziano
Lorenzo Bagnoli
Matteo Civillini
Giulio Rubino

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Forbidden Stories

Armi, droga, gasolio e migranti: indagini sui predoni del mare

Armi, droga, gasolio e migranti: indagini sui predoni del mare

#PiratiDelMediterraneo

L’estate 2016 è stata uno spartiacque per i traffici nel Mediterraneo. Il caso della nave Temeteron ha segnato un prima e un dopo nel contrabbando di gasolio. Si è spaccato il gruppo maltese di Darren e Gordon Debono, tra Malta, Italia e Libia i due nomi sulla bocca di tutti, investigatori e criminali. Ha perso il monopolio sul carburante di frodo. In Libia i loro partner storici sono diventati importanti attori di polizia marittima, riconosciuti dai governi europei, soprattutto a Malta e in Italia. Eppure, sotto l’abito da guardacoste, indossavano sempre la divisa delle milizie libiche. E continuavano a fare i pirati.

All’epoca c’è stato un contracc