Il petrolio iraniano a Londra per evitare le sanzioni americane

#29Leaks

Il petrolio iraniano a Londra per evitare le sanzioni americane

Lorenzo Bagnoli
Matteo Civillini
Gianluca Paolucci

«La società petrolifera nazionale iraniana, un uomo d’affari turco-iraniano vicino al presidente Recep Tayyip Erdogan, le sanzioni Usa verso Teheran. E sulla sfondo, l’avvocato di Donald Trump, Rudy Giuliani, e le tensioni tra i due paesi per l’estradizione ad Ankara di Fethullah Gulen, il clerico accusato di essere la mente dietro al tentato colpo di Stato del 2016 contro Erdogan.

I documenti del leak di Formations House dimostrano come anche questa vicenda passa dagli uffici al 29 di Harley Street, nel cuore di Londra. Tra i documenti del leak c’è infatti il registro degli azionisti di una società, la Nico Ltd (Naftiran Intertrade Company). Dove compare, come soggetto che esercita il controllo, la National Iranian Oil Company, ovvero la compagnia petrolifera statale iraniana. E nel suo consiglio d’amministrazione, cinque cittadini iraniani. Nel 2016, a Miami, viene arrestato Reza Zarrab. Di origini iraniane ma con passaporto turco, secondo le autorità Usa aveva cercato, passando da una banca turca e da istituti di credito statunitensi, di vendere oro (il suo settore) in cambio di gas e petrolio iraniano, passando proprio dalla Nico Ltd.
Number 29 leaks: gli eredi di Riina, gli Hell’s Angels e il petrolio iraniano allo stesso indirizzo nel cuore di Londra.

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I legami con Erdogan

Ma Zarrab non è un tipo qualunque: amico del presidente Recep Tayyip Erdogan, nel 2013 è stato arrestato in Turchia nell’ambito dell’Operazione Grande Tangente, con l’accusa di far parte di un’associazione a delinquere insieme ai figli di alcuni dei più importanti ministri del governo Erdogan. L’episodio sarebbe stato tra le cause scatenanti del tentato golpe del 2016 che ha dato il via alle purghe di Erdogan contro i suoi oppositori.

A marzo 2017 Zarrab assolda come legale, per un breve periodo, Rudolph Giuliani, oggi avvocato personale di Trump, per difenderlo nella causa giudiziaria di Miami. Giuliani sarà uno di quelli che cercherà di persuadere il presidente americano ad estradare Fetullah Gulen, l’oppositore di Erdogan considerato in Turchia come l’artefice del golpe. Lo stesso Giuliani ha anche definito l’ayatollah Hassan Rohani «un malato di mente» e il suo entourage «maniaci omicidi-suicidi». La stessa Repubblica islamica che ha ingaggiato il suo assistito. Alla fine l’imprenditore iraniano ha patteggiato nel 2017.

Non è la prima volta che la Nico Ltd viene attenzionata dalle autorità Usa. Nel 2013 gli Stati Uniti mettono sotto sanzione un imprenditore iraniano, Babak Zanjani, perché aveva cercato di aiutare a muovere «decine di miliardi di dollari» verso la Nico, che le autorità statunitensi definiscono «società delle Guardie islamiche rivoluzionarie».

Racconta McClatchy, partner australiano del consorzio che ha lavorato al leak – per l’Italia La Stampa e Irpi -, che Formations House entra in questa vicenda ancora prima, nel 2014, quando la Nico cerca di cambiare indirizzo di residenza. La società di Harley Street 29 è in grado di offrire una soluzione in Gambia, dove il governo di Yayha Jammeh le ha affidato lo sviluppo di una «zona economica speciale».

Il cuore in Pakistan

Gli interlocutori della società iraniana sono in contatto con la numero uno di Formations House, Charlotte Pawar, e con un certo Oliver Hartmann, un dipendente. Come scoperto dai giornalisti di The News, partner pakistano del consorzio, Oliver Hartmann altri non è che Syed Rizwan Ahmed, cittadino pachistano. Lo conferma lui stesso. Oliver Hartmann era il suo nome d’arte per gli affari: il suono tedesco dava maggiore sicurezza negli affari. Un’operazione di marketing che dà i suoi frutti: una mail di uno dei tanti imprenditori italiani a caccia d’opportunità in Gambia – settore in cui Oliver è tra i consulenti più utilizzati – si rivolge a lui in questo modo: «Posso contare sulla tua efficienza teutonica?».

Perché se a Harley Street 29 c’è la sede e un ufficio di Formations House, il vero cuore operativo dell’azienda è in Pakistan, paese d’origine della famiglia di Charlotte Pawar, a capo dell’azienda dal 2014.

Pawar sostiene che i dati le siano stati rubati e i giornalisti, di conseguenza, sono «responsabili di una tentata estorsione e di un crimine», ha spiegato Pawar, senza però mai fornire le prove richieste. L’imprenditrice guida l’azienda dopo il patrigno, morto appena prima di cominciare le udienze di un processo in cui era accusato di aver favorito delle pratiche di riciclaggio.

Quando i reporter hanno chiesto alla responsabile come mai queste falle nel sistema di verifica delle identità dei clienti, Pawar ha risposto: «Non abbiamo controllo sulle azioni di aziende e direttori una volta che abbiamo fornito loro il servizio di formazione dell’azienda. Le aziende costituite da Formations House hanno passato un processo di due diligence».

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Gli eredi di Riina e i “colletti bianchi” nella casa londinese delle Mafie

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Gli eredi di Riina e i “colletti bianchi” nella casa londinese delle Mafie

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Gianluca Paolucci

Una palazzina elegante nel cuore di Londra è la sede delle attività degli eredi del “capo dei capi” della Mafia, di un faccendiere legato ai clan della Camorra e dei “colletti bianchi” coinvolti in una maxi inchiesta sulla ‘Ndrangheta. L’indirizzo, 29 Harley Street, è anche lo stesso utilizzato da politici corrotti di mezzo mondo, criminali comuni, aziende statali di Paesi sotto embargo.

È la sede di Formations House, l’entità che ha permesso di aprire oltre 400mila società in 15 anni. Via internet, da qualunque parte del mondo, con poche domande e nessuna formalità. La vicenda di Formations House è già emersa in Gran Bretagna. Ma solo oggi, grazie a questo leak, è possibile svelare l’ampiezza degli affari e la caratura dei personaggi coinvolti.

La pubblicità sul giornale

L’11 ottobre del 2008, sul Giornale di Sicilia, esce un annuncio pubblicitario: «Divorzio lampo (40 giorni)». Rimanda a uno «Studio legale internazionale» che si chiama T&T Corporation e promette procedure rapidissime per divorzi consensuali, da effettuarsi in Spagna. L’annuncio insospettisce la Guardia di finanza, che fa partire una serie di verifiche.

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Sarà l’inizio di un’inchiesta enorme che ha consentito di disegnare la rete di società create dalle Mafie partendo da una piccola palazzina nel cuore di Londra. La T&T Corporation, infatti, fa capo ad alcuni familiari di Totò Riina e ha la sede in un piccolo edificio nella capitale britannica, al numero 29 di Harley Street.

Nella stessa palazzina, si scoprirà qualche anno più tardi, non ci sono solo le attività della famiglia del “capo dei capi” della Mafia ma anche quelle di un faccendiere legato ai clan della Camorra e di un avvocato coinvolto in una maxinchiesta sulla ‘Ndrangheta. E ancora: politici corrotti di mezzo mondo, criminali comuni, aziende statali di Paesi sotto embargo. «Ci sono» è un modo di dire, perché al 29 di Harley Street c’è solo un piccolo ufficio per tutti quanti – oltre 400 mila società – che si limita a ricevere la posta e a incontrare qualche cliente. Gli “operativi” stanno a migliaia di chilometri di distanza: a Karachi, in Pakistan. Ma è grazie a quell’indirizzo nel cuore di Londra che Formations House può svolgere la sua attività: aprire società, via internet, da qualunque parte del mondo. Zero domande, zero controlli, zero formalità.

Le attività della figlia di Riina

Quando nel 2007 Maria Concetta Riina – figlia di Totò – e suo marito Antonino Ciavarello decidono di avviare la T&T Corporation – «In Italia non posso lavorare, devo andare all’estero», dirà Ciavarello contattato da La Stampa e Irpi -, scelgono Formations House lo fanno semplicemente perché all’epoca era in testa ai risultati delle ricerche su internet per la costituzione di società all’estero. Ciavarello sostiene di essere una vittima: «Io ho sempre lavorato in vita mia, è vero ho sposato “la figlia di”, ma mi stanno torturando per ciò». Dalla visura camerale italiana risulta che le sue società nel nostro Paese sono fallite o sotto sequestro.

Grazie ai servizi offerti da Formations House, la T&T gestisce – oltre ai “divorzi-lampo” – anche una lotteria web. «Non abbiamo mai mosso nemmeno una lira», dice Ciavarello. La Guardia di finanza però, grazie a quell’annuncio, scopre che con la figlia e il genero del “capo dei capi”, tra i direttori di T&T corporation compaiono anche le eredi di Vincenzo La Placa, boss di Ressuttana (Caltanissetta), Katia La Placa e la madre Maria Antonietta Dell’Edera. Dal leak si vede che è stata aperta attraverso l’email “info@ciavarello.eu”, all’epoca sito dell’officina di proprietà di Ciavarello.

Nel 2012, con l’operazione “Cane sciolto” la Finanza mette le mani sui beni dei Riina e dei La Placa. Valore del sequestro: 11 milioni di euro, tra immobili di lusso a Villasanta (Monza-Brianza) e beni sparsi tra Napoli, Palermo, Caltanissetta ed Enna. Nel 2013, secondo le indagini della Dda di Napoli, emerge che Katia La Placa, finita a processo per aver praticato illegalmente la professione di avvocato (mentre Maria Concetta Riina ne era estranea: è stata menzionata in quanto ex direttrice), intreccerebbe rapporti anche con uomini della Camorra, in particolare con Carlo Di Meo, reggente del clan La Torre di Mondragone. Ciavarello e La Placa vengono assolti per insufficienza di prove dall’accusa di esercizio illecito della professione legale. Non cambia però la loro posizione in Italia. L’ultima confisca subita da Ciavarello risale al 2019 e l’interessato spiega di attendere l’esito del suo appello.

Nonostante le inchieste e i sequestri, anche per il secondo tentativo di ricostruire la propria rete societaria, nel 2015, Maria Concetta e Antonino si rivolgono a Formations House. Il nome della nuova società non sembra scelto per nascondere i propri legami familiari: la Corleone Caffè Trading viene costituita e resta attiva un anno e mezzo. Maria Concetta Riina spiega che è rimasta solo un’idea e anche quella non ha movimentato nulla.

Fino all’agosto scorso era invece operativa la Business Bank Italy Ltd, che si presentava come una società di “Servizi finanziari per l’investitore globale”. Con un capitale sociale di dieci milioni di sterline, all’apparenza era una banca d’affari di tutto rispetto. Eppure, dalla sua fondazione nel 2008, la società non ha fatto registrare nessuna reale attività. La sede, ovviamente, è nell’ufficio di Formations House, al 29 di Harley Street.

La Camorra nel pallone

Tra la decina di amministratori che si è data il cambio in 11 anni di vita spicca un nome su tutti: Antonio Righi, 55enne napoletano ritenuto riciclatore di punta del clan camorristico Contini. Condannato a 16 anni e dieci mesi nel 2017, Tonino O’ Biondo – come noto negli ambienti criminali – aveva la gestione delle pizzerie come core business: la catena Pizza Ciro sarebbe stata la “lavanderia” dei proventi del clan. Ventotto ristoranti tra Roma e la Versilia, 80 milioni di euro di volume d’affari, finiti sotto sequestro nel 2016. Ma le ambizioni di Righi non si fermavano all’interno dei confini nazionali. Ed è proprio nella City di Londra che avrebbe trovato una comoda sponda per allargare i suoi affari.

Nonostante i precedenti per traffico di droga e ricettazione risalenti ai primi anni 2000, Righi non ha problemi a partecipare alle compagini societarie domiciliate presso Formations House.

Nella Business Bank Italy Tonino entra come amministratore nel 2011, quando acquista azioni per un milione di sterline. Ma la società esisteva già da tre anni e ad aprirla era stato un suo compare: Alessandro della Chiesa, 78enne di Cesenatico, già condannato per bancarotta fraudolenta, entrato nel mirino dei Carabinieri per aver curato un investimento di Righi nel commercio del pesce all’ingrosso. Un rapporto di fiducia che sarebbe continuato anche nel Regno Unito. Della Chiesa infatti avrebbe coordinato la galassia di società inglesi in cui è comparso il nome di Righi. Tutte create dalla Formations House, con cui il cesenate gestiva i contatti.

La prima in ordine cronologico si chiamava Carrefur Ltd. Prende vita nel 2007 con Righi tra i suoi azionisti. L’azienda è una scatola vuota pronta ad essere utilizzata per le manovre finanziarie del riciclatore della Camorra. Pochi mesi dopo la sua fondazione, infatti, la Carrefur è il veicolo con cui Righi fa un investimento nel mondo del calcio: acquista la squadra ungherese FC Sopron, all’epoca militante nella seria A locale. Da neo-presidente Righi rilascia interviste roboanti, promettendo l’arrivo di top player e calcio spettacolo. Ma il sogno dura poco: qualche mese più tardi la federazione ungherese squalifica la squadra per mancati pagamenti ai dipendenti e al fisco. Lo storico club fallisce e scompare per sempre.

Il calcio è evidentemente una fissa di Righi. Nel settembre 2008 i suoi soci hanno usato la Finance & Mortgages Limited per cercare di acquisire la quota di maggioranza del Modena Calcio, sull’orlo del fallimento. Però le garanzie finanziarie presentate dal gruppo non hanno convinto il presidente uscente dei Canarini e l’affare è saltato.

La Carrefur riappare nuovamente un anno più tardi. Quando gli inquirenti intercettano una conversazione in cui Righi domanda al fidato dalla Chiesa se può attivarla per un affare che ha tra le mani. «Questa società com’è, buona?» domanda Righi. «C’hai un bel capitale», risponde il socio. «Due milioni di sterline», ricorda il napoletano a voce alta. Non entrano nei dettagli dell’operazione ma il giorno successivo Righi discute con un broker finanziario di un investimento da oltre 200mila euro in un fondo immobiliare della Credit Suisse.

Un affare che rivelerà il lato violento di Righi. Credendo di essere stato imbrogliato dal broker a cui aveva affidato le fortune del clan camorristico dei Contini, Tonino mostra di avere familiarità con i metodi mafiosi: «Noi siamo venuti stasera per ucciderti, forse tu non hai capito nulla», gli dice senza mezzi termini. «Contemporaneamente uccidiamo pure tuo figlio e tua moglie, vuoi capirlo o no?».

E sempre a Righi è associato il caso forse più clamoroso, già emerso sulla stampa britannica, che dimostra come Formations House fosse un “porto sicuro” per chiunque e qualunque tipo di attività. Il suo nome figura nelle carte della Magnolia Fundaction Uk Limited, gestita – accanto a persone reali – da «Ottavio detto Il Ladro di Galline». Come secretary è iscritta la «Banda Bassotti Company” con sede in «Via dei 40 Ladroni, Ali Babbà». Senza che nessuno battesse ciglio né a Formations House né al registro imprese britannico.

La banca più sporca del mondo

Tra i clienti italiani di Formations House c’era anche l’avvocato padovano Andrea Vianello, coinvolto nella maxi-operazione “Gambling” che nel 2015 ha svelato gli affari della ‘Ndrangheta nel gioco d’azzardo online. Considerato dalla procura il consulente legale del gruppo criminale, Vianello ha patteggiato in appello due anni per gioco d’azzardo e associazione a delinquere (caduti, invece, i reati di mafia e riciclaggio).

In questo modo gli vengono restituiti beni e società sequestrati durante le indagini. L’avvocato padovano, dicono i magistrati, avrebbe aperto le porte dei paradisi fiscali, facilitando la creazione di società nella Isole Vergini Britanniche. Grazie alle email contenute nel leak si scopre che è stata proprio Formations House a contribuire alle attività di Vianello. La vicenda che spicca è quella della Elledi Immobiliary Ltd, citata nelle carte dell’inchiesta Gambling.

Tra le email del leak c’è la richiesta per ottenere una nuova carta di credito sul conto che la Elledi aveva acceso presso la First Bank of Middle East. Una banca registrata in Tanzania, ma che il grosso dei suoi affari li faceva a Cipro, dove è stata accusata di finanziare gruppi terroristici e organizzazioni criminali. Motivo per cui la Fbme, nota come «la banca più sporca del mondo», è stata chiusa nel 2017.

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«Alle organizzazioni criminali non serve andare nei paradisi fiscali, basta l’Europa»

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«Alle organizzazioni criminali non serve andare nei paradisi fiscali, basta l’Europa»

Lorenzo Bagnoli
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«Alle organizzazioni criminali non serve andare offshore oltreoceano. Basta spostarsi in Europa per nascondere il volto dei beneficiari ultimi di una società e rendersi difficilmente rintracciabili. È sufficiente sfruttare i controlli inadeguati di società come Formations House e le difficoltà investigative che impediscono collaborazioni tra polizie europee per continuare a fare affari indisturbati».

L’osservazione è di Michele Riccardi, senior researcher di Transcrime, centro studi dell’Università Cattolica che si occupa di criminalità organizzata e del suo impatto economico. «Sicuramente le mafie stanno sperimentando l’estero perché ormai in Italia si sequestra e confisca tutto e facilmente, mentre all’estero è molto più difficile», afferma. Eppure, a guardare l’analisi massiva svolta da Transcrime in questi anni su aziende sequestrate, interdittive antimafia e indagini delle nostre forze dell’ordine il quadro che emerge sembra diverso, a un primo sguardo: «L’estero non emerge in maniera preponderante, tutt’altro».

Delle spiegazioni però ci sono: i tempi troppo lunghi per portare a termine un sequestro, i vincoli giuridici che rendono più complessa congelare beni e aziende all’estero, la collaborazione tra polizie ancora poco sviluppata, persino entro i confini dell’Unione europea. Elementi che rendono quasi impossibile quantificare l’evoluzione all’estero delle società “legali” riconducibili a interessi mafiosi. Per questi motivi il leak di una società di servizi di Londra, il cuore finanziario dell’Europa, assume una grande rilevanza, soprattutto dal punto di vista dell’Italia: la Gran Bretagna è nella top 5 dei Paesi esteri coinvolti negli ultimi 20 anni in operazioni di riciclaggio dove compaiono organizzazioni criminali italiane (dopo Svizzera, Spagna, San Marino, Romania e Germania).

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«Attenzione però: il mito della colonizzazione delle mafie della City di Londra non ha riscontro, come pare infondata la credenza dei figli dei mafiosi diplomati nelle scuole di alta finanza inglese», avverte Riccardi. Il Regno Unito attrae soprattutto i grandi oligarchi, persone esposte sul piano politico, che da qui possono facilmente accedere alle isole della Manica come scrigno per nascondere il proprio patrimonio. «Chi muove contante, però, preferisce stare in area Schengen – prosegue il ricercatore – perché è più basso il rischio di essere fermati». Servizi come quelli forniti da aziende simili a Formations House, società che aprono società per conto terzi semplicemente via internet, a costi bassi e con poca burocrazia rendono l’Europa ancora più conveniente: «Non richiedono il coinvolgimento di professionisti con expertise specifiche come accade per chi va nelle Isole Vergini Britanniche o alle Bermuda. Questo diminuisce il rischio di leak e di finire coinvolti in una frode». È andata male a chi ha scelto proprio l’azienda al 29 di Harley Street.

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