Il conflitto d’interesse che fa scricchiolare il nuovo ponte di Albiano
06 Maggio 2022 | di Simone Olivelli
«Concretezza, trasparenza e velocità. Il modello Albiano è la via maestra da seguire per la revisione del codice degli appalti». La frase, una delle tante che sabato 30 aprile hanno adornato l’inaugurazione del nuovo ponte sul fiume Magra, dopo il crollo dell’8 aprile 2020, è stata pronunciata dal viceministro alle infrastrutture Alessandro Morelli. L’esponente leghista del governo Draghi è solo uno dei politici che hanno commentato la realizzazione di un’opera che, come ha sottolineato il presidente del Consiglio regionale della Toscana Antonio Mazzeo, consentirà a Toscana e Liguria di «tornare a essere più vicine».
Dopo il Morandi, con i suoi 288 metri ripartiti in quattro campate, il ponte di Albiano Magra – piccola frazione di Aulla, in provincia di Massa Carrara – è il nuovo simbolo dell’Italia che sa rimettersi in sesto. Frutto di appena 13 mesi di lavoro, l’opera è nata sotto l’egida di una gestione straordinaria. «Ulteriore conferma di come commissariamenti con team operativi permettano di raggiungere obiettivi che devono essere la normalità in vista del Pnrr e delle Olimpiadi 2026», ha aggiunto il viceministro Morelli.
Anas come commissario straordinario
Tra chi ha dato lustro al risultato raggiunto c’è stata anche Anas, l’Azienda Nazionale Autonoma delle Strade, la società del Gruppo Ferrovie dello Stato incaricata di gestire strade e autostrade. Presieduta da Edoardo Valente, Anas è stata il soggetto attuatore della ricostruzione, una veste attribuitale in prima battuta dall’ex presidente della Regione Enrico Rossi e poi confermata da Fulvio Soccodato, quando, a novembre del 2020, l’allora premier Giuseppe Conte decise di trasferire i poteri commissariali da Rossi al referente dell’assetto infrastrutturale della rete Anas. Una scelta che per la società ha significato un’attestazione di fiducia: proprio Anas, infatti, era finita nel mirino delle critiche per il crollo. Non il primo in giro per il Paese.
Subito dopo il cedimento, che causò soltanto due feriti perché avvenuto in pieno lockdown, con le strade pressoché deserte, in molti ricordarono tutte le volte in cui il sindaco di Aulla, Roberto Valettini, aveva segnalato possibili problemi alla struttura. Timori che non erano stati condivisi da Anas. «Esattamente il 4 novembre (2019, ndr) ho segnalato, per la seconda volta a distanza di quattro mesi, le criticità del ponte – dichiarò il primo cittadino all’indomani del crollo a La Stampa -. C’era una grossa fessurazione che mi era stata fatta notare con grande preoccupazione dai cittadini. Anas mi ha risposto allegandomi la fotocopia della missiva che mi era stata inviata ad agosto. In sostanza mi è stato ripetuto che il viadotto non presentava criticità tali da comprometterne la funzionalità statica».
Per quei fatti molto probabilmente si celebrerà un processo: tra dipendenti della società e funzionari della Provincia sono otto le persone che, a febbraio scorso, hanno ricevuto dalla procura di Massa Carrara l’avviso di chiusura delle indagini. I reati ipotizzati sono crollo e lesioni colpose.
L’Anas di Pietro Ciucci
Attraverso la piattaforma di segnalazioni anonime di IrpiLeaks, nel 2014 IRPI ha ricostruito su Il Fatto Quotidiano la vicenda di un dipendente Anas licenziato a seguito di denunce di malversazioni. La vittima è un geologo e direttore operativo di un cantiere lungo la direttrice Terni-Rieti che aveva scoperto parcelle pagate prima della fine dei lavori al capo dipartimento e al direttore dei lavori. I diretti interessati erano stati informati della sua denuncia dalla Direzione generale di Anas, stando a una lettera ricevuta dall’avvocato del geologo licenziato.
Mazzette e malversazioni in quegli anni sono finite al centro di diverse indagini giudiziarie che riguardavano i vertici di Anas. Il supermanager Pietro Ciucci è stato in carica dal 2006 al 2015, anno in cui ha presentato le dimissioni ed è diventato un pensionato d’oro. Report aveva raccontato le testimonianze di operai che avevano dichiarato di aver costruito le infrastrutture con meno materiale di quanto fosse necessario.
Un doppio conflitto di interessi
La storia del ponte di Albiano Magra, tuttavia, rischia di arricchirsi di un nuovo capitolo. Riguarda l’affidamento dei lavori per la realizzazione della sovrastruttura stradale. A occuparsene sono state due ditte: la romana Sales e la ItalScavi di Scandicci, centro che negli anni Ottanta per lungo tempo finì suo malgrado al centro dell’attenzione per essere stato teatro di uno dei delitti legati al mostro di Firenze. A destare interesse è la ItalScavi e il motivo è presto detto: l’impresa è di proprietà dei fratelli Dario e Danila Pratelli. Quest’ultima, socia che detiene 49% delle quote, è la responsabile per l’intera Toscana dell’ufficio legale di Anas.
Un doppio ruolo, quello della 47enne, che rischia di sollevare interrogativi che vanno oltre il piano di una intuitiva questione di opportunità. Sia il codice degli appalti – in questi mesi in fase di nuova riscrittura e da due anni a questa parte condizionato da una pioggia di deroghe introdotte dai decreti Semplificazioni e giustificate dal governo con la necessità di sollecitare la ripartenza post-Covid – sia il codice etico di Anas ravvisano criticità. Nel primo caso è l’articolo 42 ad affermare che «si ha conflitto d’interesse quando il personale di una stazione appaltante (…) ha, direttamente o indirettamente, un interesse finanziario, economico o altro interesse personale che può essere percepito come una minaccia alla sua imparzialità e indipendenza nel contesto della procedura di appalto o di concessione».
Il codice etico interno prevede invece che i dipendenti della società non debbano «esercitare alcuna attività che contrasti con il corretto adempimento dei compiti d’ufficio e devono astenersi dal partecipare a qualsiasi attività che possa generare o far apparire un conflitto d’interesse». Lo stesso codice specifica che l’obbligo di astenersi vige anche nei casi in cui una decisione possa toccare «interessi di parenti e affini entro il secondo grado».
Tutte possibilità che nel caso di Pratelli, in quanto responsabile dell’ufficio legale, non si sarebbero potute escludere: nel mondo dei lavori pubblici, le controversie legali tra stazione appaltante e imprese sono sempre dietro l’angolo sia nella fase di cantiere che dopo il completamento dell’opera.
Partecipazioni in eredità
«Questa era l’impresa di mio padre e lo era quando ItalScavi vinse la gara. Mio padre purtroppo è morto e si è aperta la successione. Io sono entrata in società per patti familiari, ma è mio fratello il legale rappresentante», commenta Danila Pratelli, raggiunta telefonicamente da IrpiMedia, prima di rimandare all’ufficio stampa Anas per ulteriori chiarimenti.
Dalla visura camerale dell’impresa, che a fine anni Duemila finì al centro di una vicenda giudiziaria, conclusasi con la prescrizione e nata dall’accusa di fare parte di un cartello d’imprese che pilotava le gare d’appalto, emerge che la professionista ha fatto il proprio ingresso nella compagine sociale a fine 2019. Circa 18 mesi prima dell’avvio del cantiere, ma anche un anno dopo rispetto alla gara d’appalto a cui si è fatto riferimento per individuare le ditte da incaricare per la ricostruzione del ponte. Anas, infatti, ha deciso di non indire una procedura ad hoc per selezionare le imprese, ma ha attinto da un accordo quadro precedentemente bandito per affidare la manutenzione programmata di alcune strade di propria competenza. In altre parole quindi, Sales e ItalScavi – e con loro altre due imprese – si erano aggiudicate una gara per lavori diversi dalla ricostruzione del ponte, che d’altra parte all’epoca era ancora in piedi.
«La scelta del tipo di selezione è rimessa ad uffici diversi da quelli dove presta servizio la dipendente Pratelli – fanno sapere dall’ufficio stampa Anas a IrpiMedia -. Fatta questa premessa, esigenze di urgenza e necessità, connesse alle istanze dei territori di potersi riappropriare in tempi brevi di una cruciale via di comunicazione, hanno spinto ad avvalersi di un accordo quadro già esistente, che avrebbe garantito tempi più efficienti e veloci rispetto all’esperimento di una procedura negoziata». Decisioni prese pur considerando la riduzione delle tempistiche introdotte già con i decreti Semplificazioni e nonostante in passato l’Autorità nazionale anticorruzione (Anac) abbia più volte contestato il ricorso all’accordo quadro quando in ballo c’è la realizzazione di nuove opere.
Le inchieste precedenti sulla presunta corruzione nel mondo Anas
A coordinare i lavori per la ricostruzione del ponte sul fiume Magra è stata la struttura di Anas guidata da Stefano Liani. Dirigente di lungo corso in Anas, Liani, 62 anni, in passato è stato coinvolto nell’indagine sul maxi-scandalo corruzione Dama Nera e citato nelle carte dell’inchiesta sul sistema che ruotava attorno a Ercole Incalza. Quest’ultimo è stato un importante dirigente del ministero delle Infrastrutture, imputato e successivamente assolto per corruzione in diversi procedimenti penali a partire dal 2013.
«Sono imputato per abuso d’ufficio, nessuna accusa di corruzione», specifica Liani facendo riferimento al processo – attualmente in primo grado – nato dalla vicenda che ha avuto come principale protagonista la potente dirigente Antonella Accroglianò, la dama nera che ha dato il nome all’indagine che operava all’interno della direzione di Anas e che ha patteggiato una condanna per corruzione. Proprio Accroglianò nel 2015 parlò agli inquirenti di Liani come di un uomo la cui carriera aveva beneficiato in qualche modo di contatti con uomini vicini a Matteo Renzi, dall’ex ministro Graziano Delrio al sindaco di Firenze Dario Nardella. «La procura ha riscontrato come io non c’entrassi nulla», assicura Liani al telefono.
L’ingegnere, che nell’Anas targata Gianni Armani (manager apprezzato da Renzi) era stato promosso a direttore Progettazioni e realizzazioni, qualche anno fa si è trovato nella condizione di doversi districare da un presunto conflitto d’interessi: il fratello Marco – ex dipendente Anas diventato imprenditore una volta licenziato dalla società in seguito a una condanna per corruzione – nel 2014 ottenne un appalto nell’ambito di una procedura negoziata. «L’azienda doveva evitare il conflitto di interesse e non consentire questo tipo di appalto», aveva detto Armani intervistato da Report nel 2015. «Non so delle attività che ha mio fratello e ho appreso che questo lavoro è relativo a ordinaria manutenzione, non rientra tra i lavori sotto il mio controllo», era stata invece la replica di Liani. Che a IrpiMedia sottolinea: «L’appalto fu assegnato a Firenze dalla struttura territoriale, io all’epoca lavoravo a Roma».
Il patteggiamento di Marco Liani a Milano
Nel novembre 2005, Marco Liani – fratello minore di Stefano – patteggiò una pena di dieci mesi per il coinvolgimento in un’inchiesta della procura di Milano su un giro di corruzione legato al condizionamento delle gare d’appalto. Marco Liani era stato indagato nel ruolo di capo nucleo del centro manutentorio 1 del compartimento Anas di Milano. Il giro di mazzette aveva riguardato diversi dipendenti della società, uno scandalo che aveva portato al commissariamento del compartimento della Lombardia. Secondo un articolo del febbraio 2003 de l’Unità, Marco Liani avrebbe «fatto in modo» che un’azienda bergamasca «ottenesse appalti per oltre 800 mila euro».
Quella vicenda costò a Marco Liani il licenziamento da Anas. La società, già durante il processo, si era costituita parte civile ottenendo il risarcimento da parte degli imputati per i danni arrecati all’indagine. Allora 38enne, Liani cambiò vita dal punto di vista professionale, inserendosi nel mondo dell’imprenditoria. Oggi detiene quote di cinque società, alcune delle quali attive nel settore immobiliare ed edile. Tra queste c’è la Nuove Iniziative srl: Liani entra a farne parte nel 2007, sette anni dopo l’impresa finisce all’attenzione delle cronache per l’aggiudicazione di un lavoro bandito da Anas per circa 85 mila. L’appalto riguardava il territorio fiorentino, dove fino a pochi anni prima il fratello Stefano era stato capo compartimento. A succedergli era stato Antonio Mazzeo, ingegnere arrestato per corruzione nel 2015 e condannato l’anno scorso in abbreviato 2021 a cinque anni e quattro mesi.
La questione delle riserve
Secondo Anas, il conflitto d’interesse è da escludere anche nel caso di Danila Pratelli, avvocata della società e anche imprenditrice. «La gara – sottolineano dall’ufficio stampa Anas – è stata pubblicata il 19 dicembre 2018 con scadenza al 23 gennaio 2019, per cui all’epoca dei fatti Danila Pratelli non aveva nessun ruolo nell’impresa né ricopriva ruoli suscettibili di influenzare la procedura di evidenza pubblica».
La situazione, per Anas, sarebbe sotto controllo anche per quanto riguarda le cosiddette riserve, ossia gli strumenti che vengono messi in campo quando tra imprese e stazioni appaltanti sorgono contrasti relativi all’esecuzione dei lavori e alla loro contabilità. La disputa sulle riserve, che stando a quanto appreso da IrpiMedia sarebbero presenti nell’appalto per il ponte di Albiano, può passare da accordi bonari ma anche dalle aule dei tribunali. Dove inevitabilmente c’è bisogno di fare ricorso anche ai legali: «L’accordo bonario non è stato attivato in quanto da una preliminare valutazione delle stesse – fa sapere l’ufficio stampa Anas – si è verificato che gran parte delle riserve sono inammissibili e pertanto non si è raggiunto l’importo per l’attivazione dello stesso».
Negli anni scorsi, i casi di presunti conflitti d’interesse e i loro effetti sulle procedure di gara indette da Anas sono finiti all’attenzione della giustizia amministrativa. Nel 2019, per esempio, il Tar del Piemonte ha ritenuto infondato il ricorso di un’impresa a cui Anas aveva risolto in autotutela un contratto relativo a un appalto dopo avere ravvisato una violazione del codice etico. Si era scoperto, infatti, che l’amministratore delegato dell’impresa privata era anche un dipendente della direzione centrale di Anas.
Foto: carabinieri.it
Editing: Lorenzo Bagnoli