La passione del calcio italiano per Olanda, Lussemburgo e Delaware
30 Aprile 2021 | di Lorenzo Bodrero
La mappa delle proprietà delle società calcistiche italiane porta sempre più spesso nei paradisi fiscali. Non importa se i club militano in serie A o in serie C, la tendenza è diffusa ovunque. La Juventus sta di casa in Olanda, centro nevralgico da cui i proprietari – la famiglia Agnelli-Elkann – gestisce buona parte dei propri affari. In Lussemburgo si trovano invece le società che controllano Milan, Inter e Udinese. Un pezzo del Milan è anche in Delaware, in un edificio condiviso con Fiorentina, Roma e Venezia. Sempre nel principale paradiso fiscale degli Stati Uniti, questa volta però via Lussemburgo, si arriva anche a scovare la società proprietaria del Bologna. Come tutte le principali multinazionali, anche le squadre di calcio hanno cercato di trovare condizioni fiscali più favorevoli offshore.
Tra le residenze più ambite per la propria società-madre c’è il Lussemburgo, cuore finanziario dell’Europa a partire almeno dal crollo della Borsa di New York del 1929 e già al centro di un’ampia inchiesta di IrpiMedia, OpenLux. Nell’arco di un secolo, il Granducato è diventato il luogo ideale dove registrare società e istituti di credito. Ad oggi, il 94% delle banche registrate in Lussemburgo ha la propria sede principale all’estero mentre i fondi d’investimento di base nel Granducato gestiscono un patrimonio netto di 4.500 miliardi di euro, secondo solo a quelli dei fondi statunitensi. La prassi più comune, per il piccolo stato nel cuore dell’Europa, è di registrare qui società che detengono quote di altre società – le cosiddette holding – le quali di fatto non generano né profitti né utili.
Oltreoceano, c’è invece il Delaware, il paradiso per le Limited Liability Company, le società a responsabilità limitata degli Stati Uniti. Non richiede un capitale da versare in fase di registrazione, non esiste un registro pubblico delle cariche sociali, le tasse sulle società sono a zero, inesistenti gli obblighi contabili, consente l’occultamento dei titolari effettivi e mette al riparo beni e proprietari da eventuali responsabilità penali e amministrative. Ma soprattutto prevede una tassazione agevolata dei profitti generati al di fuori degli Stati Uniti.
Inter
A tirare le fila delle sorti nerazzurre ci sono società registrate in tre Paesi che compaiono nei primi sei posti del Financial Secrecy Index 2020, la classifica stilata dal centro Tax Justice Network che dal 2009 misura il grado di trasparenza di centinaia di giurisdizioni. Il 68,5% dell’Fc Internazionale Milano Spa è infatti in mano alla lussemburghese Great Horizon, a sua volta controllata dalla casa madre Suning Sports International Limited di base a Hong Kong. I due Paesi si classificano rispettivamente al sesto e al quarto posto nel Financial Secrecy Index. Un altro 31,1% è invece detenuto dal fondo di private equity Lionrock Zuqiu Limited delle Isole Cayman attraverso l’italiana International Sports Capital Spa. Le Cayman rappresentano forse il più noto paradiso fiscale al mondo, famoso – tra le altre cose – per non avere imposte sulle società né sui redditi generati al di fuori del suo territorio.
Cos’è il Financial Secrecy Index
L’indice di segretezza finanziaria è una classifica che misura il grado di opacità delle singole giurisdizioni e la loro attrattività per capitali occulti. È elaborato ogni due anni dal Tax Justice Network, think tank sulla finanza illecita di base a Londra, e la prima edizione risale al 2009 con l’analisi di 60 giurisdizioni. L’ultima, del 2020 e che è ripresa all’interno di questo articolo, ne ha analizzate 133.
L’indice è il risultato di due variabili: la prima calcola il grado di trasparenza delle politiche finanziarie del singolo Paese con un punteggio da 0 a 100, dove zero rappresenta la totale trasparenza e cento la massima segretezza; il secondo misura invece il volume di transazioni finanziarie all’interno di quel Paese fatte da non residenti. La combinazione dei due valori costituisce l’indice: più alto è l’indice di un Paese e più questo contribuisce all’occultamento di capitali, al riciclaggio di denaro, all’evasione fiscale, a operazioni bancarie segrete e all’anonimato di società e proprietà mobili e immobili.
Uno dei vantaggi del piccolo arcipelago caraibico è la tassazione nulla sui profitti, dettaglio particolarmente allettante nella compravendita di società. In Italia, ad esempio, se si acquista un’attività per 1.000 euro e la si rivende poi a 1.500 euro, si pagano le tasse sui 500 euro di profitto. Se però la proprietà dell’attività è intestata a una società registrata alle Cayman e invece di vendere l’attività italiana si vende la società nel paradiso fiscale allora quei 500 euro di profitti saranno netti.
Udinese
Sempre in Lussemburgo porta la catena societaria che controlla l’Udinese, club di proprietà della famiglia Pozzo. Per capire l’organigramma della società friulana, e delle altre registrate nei paradisi fiscali, bisogna prima introdurre il concetto di “titolare effettivo”. È la figura che controlla effettivamente il patrimonio e le finanze di una società, la quale quasi mai coincide con la persona che quella società l’ha registrata e che ricopre invece il ruolo di legale rappresentante. Tendenzialmente, se un individuo detiene almeno il 25% delle azioni di una società allora questo è considerato come titolare effettivo che esercita un controllo di tipo “diretto”. È il caso, per esempio, della Diversify Sport Investment, società registrata in Lussemburgo e a cui è riconducibile Gino Pozzo, figlio dello storico presidente bianconero Giampaolo Pozzo. Questa ha in mano la totalità delle quote di un’altra società registrata sempre in Lussemburgo, la Kalmuna, che a sua volta detiene le quote dell’Udinese Calcio sulla quale, non essendo immediatamente identificabile il beneficiario ultimo fisico, esercita una proprietà di tipo “indiretto”.
Nel 2014 il club bianconero era finito sotto la lente della procura di Udine per presunte dichiarazioni fiscali fraudolente mediante operazioni inesistenti. Gli inquirenti avevano scoperto che i soci della holding Gesapar erano due società di comodo registrate a Panama e che attraverso queste il club friulano avrebbe spostato in modo ingiustificato 63 milioni di euro verso altre due società controllate dalla famiglia Pozzo, il Granada (Spagna) e il Watford (Inghilterra), con l’obiettivo di aggirare le tassazioni. A fronte di una richiesta di risarcimento di 18 milioni di euro per otto annualità tra il 2007 e il 2014, la vicenda si è chiusa con un accordo con l’Agenzia delle entrate e il pagamento da parte dell’Udinese di un milione di euro.
Bologna
Il club emiliano è riconducibile all’imprenditore canadese e di origini italiane Joey Saputo, che lo controlla sfruttando le larghe maglie sia del Lussemburgo sia del Delaware. Il piccolo stato della costa occidentale americana è uno dei motivi per i quali gli Stati Uniti occupano il secondo posto nel Financial Transparency Index, dietro solo alle Isole Cayman. Si spiega forse così la catena societaria che dal capoluogo emiliano porta alla Bfc 1909 Lux Spv in Lussemburgo che è a sua volta detenuta dalla Bfc 1909 Usa Spv registrata nel Delaware a un indirizzo sconosciuto.
«I paradisi fiscali non sono tutti uguali», afferma a IrpiMedia Marianna Vintiadis, esperta di business intelligence. «Esiste – spiega – una concorrenza fiscale tra loro, alla ricerca di incentivi sempre maggiori per attrarre individui e corporation a danno della concorrenza. E così le Isole Marshall convengono al mondo della finanza, la Liberia alla registrazione di imbarcazioni, le Isole Cayman per il regime fiscale, e così via in una sorta di corsa al ribasso» che danneggia il pubblico e favorisce un ristretto numero di individui. Offrire dati certi è impossibile ma si stima che i governi perdano ogni anno tra i 500 e i 600 miliardi di dollari in tasse non incassate a causa dei paradisi fiscali.
Attività offshore e beneficiari effettivi
Fare uso di giurisdizioni offshore non significa necessariamente commettere attività illegali. La segretezza che questi garantiscono è però indispensabile per facilitare flussi finanziari illeciti e un’ampia gamma di pratiche che vanno contro l’interesse pubblico. Una di queste è la mancanza di trasparenza per quanto riguarda i reali beneficiari. Una società, in questo caso un club calcistico, può infatti non essere direttamente riconducibile a una proprietà umana bensì, per esempio, a un trust il quale detiene il club per conto di uno o più individui. A questo punto gli eventuali utili del club verranno sì distribuiti ai trustees ma la responsabilità legale rimane al trust stesso, liberando i beneficiari da eventuali contraccolpi penali e la cui identità è ben schermata da quella segretezza contabile che i paradisi fiscali si contendono.
Una società registrata in italia può essere quindi detenuta da una registrata nel Delaware, ad esempio. Nel piccolo stato americano la pubblicazione dei bilanci e dei nomi dei proprietari non è obbligatoria, il pubblico quindi non può sapere cosa succede ai soldi una volta che questi lasciano l’Italia e se ci sono altri titolari effettivi oltre a quelli comunicati al pubblico.
Quella in uso nel calcio italiano si chiama spesso “esterovestizione”, ovvero la pratica di localizzare la residenza fiscale di una persona giuridica nelle giurisdizioni con regimi fiscali agevolati. Allo stesso tempo quelle medesime giurisdizioni «garantiscono l’anonimato e spesso proteggono i reali beneficiari da responsabilità penali e non impongono l’obbligo di depositare bilanci e altri documenti aziendali», conclude Vintiadis. Nel 2016 l’economista e avvocato americano James S. Henry stimava in 36mila miliardi di dollari la ricchezza stipata nei paradisi fiscali.
Milan
Ben radicato in Lussemburgo e nel Delaware è il Milan. Pressoché il totale delle azioni di AC Milan Spa è infatti in mano alla Rossoneri Sport Investment Sarl, a sua volta controllata dalla Project Redblacks Sarl, entrambe in Lussemburgo. Per risalire alla cima della piramide bisogna però passare per la King George Investments e la Genio Investments, due società di base nel piccolo stato americano del Delaware e controllate dal fondo Elliot, reale proprietario del Milan.
Juventus
Seppur quotata alla Borsa di Milano, l’azienda madre dei campioni d’Italia dal 2011 ha scelto l’Olanda quale sede finanziaria. La Exor, storica holding della famiglia Agnelli, con un fatturato che sfiora i 163 miliardi di dollari è la prima società in Italia per ricavi e la 28ma nella classifica di Fortune 500 nonché l’azionista di maggioranza della Juventus Football Club Spa. L’Olanda è un paradiso fiscale dagli anni ‘50 e occupa l’ottavo posto nella classifica 2020 del Financial Secrecy Index, in netto peggioramento rispetto all’edizione precedente che vedeva i Paesi Bassi occupare la 14ma posizione. Per capire l’opacità del Paese fiammingo, un dato su tutti: qui hanno trovato dimora 15.000 Special Financial Institutions (FSI), acronimo che indica l’anello di congiunzione tra le filiali nel Paese di “origine” e quello di “destinazione” di grosse corporation internazionali.
Sono tanti i motivi alla base di una tale attrattività ma i più irresistibili sono una tassazione minima sui dividendi, sugli interessi e sui flussi finanziari da e verso Paesi terzi, oltre alla totale esenzione dal pagamento di imposte sul reddito delle società con sede all’estero. Esistono anche termini più colloquiali per questo tipo di società, come “società di comodo” o “società cartiere”. Le FSI muovono attraverso l’Olanda circa 4.000 miliardi di euro ogni anno, un flusso costante di denaro che equivale a dieci volte il prodotto nazionale lordo dei Paesi Bassi. È un “Paese condotto” dunque, i flussi finanziari non si arrestano in Olanda bensì la attraversano: i primi tre Paesi per provenienza e destinazione occupano le prime sei posizioni del Financial Secrecy Index (Svizzera, Lussemburgo e Stati Uniti), rendendo l’Olanda una giurisdizione cruciale per la movimentazione di capitali occulti.
Roma e Fiorentina
È un piccolo anonimo edificio di un piano quello che nella città di Wilmington, Delaware, ospita la Corporation Trust Company, la società incaricata di custodire le holding di Fiorentina, Milan, Roma e Venezia le quali così, dal punto di vista fiscale, condividono lo stesso indirizzo. Con 970mila abitanti e 1,5 milioni di società registrate, il Delaware è la meta preferita per le grosse multinazionali. Il 68% delle società presenti nella classifica di Fortune 500 è registrata qui, nel piccolo stato-cuscinetto tra il Distretto di Washington e l’Oceano Atlantico.
Il club giallorosso ha cambiato proprietario nell’estate 2020 ma non sede: con il passaggio di mano da James Pallotta a Dan Friedkin, la Roma fa capo oggi alla Romulus and Remus Investments registrata nel Delaware attraverso il 50% di partecipazioni dell’italiana Neep Roma Holding Spa, portatrice dell’83,3% delle azioni del club capitolino.
Negli uffici della Corporation Trust Company è registrata anche la holding del patron viola Rocco Commisso. All’imprenditore italo-americano è infatti riconducibile la Columbia Soccer Ventures con la quale dal giugno 2019 è proprietario della Fiorentina.
La Corporation Trust Company è una cosiddetta company formation agent, una società che per conto dei propri clienti crea e registra altre società. Di loro si serve tipicamente chi in quel Paese non è residente e sono dunque particolarmente diffuse nelle giurisdizioni offshore a regime fiscale ridotto. Pensano a tutto loro. Per un compenso che va dalle poche decine alle poche centinaia di dollari si occupano della registrazione, di aprire un conto in banca collegato alla neo società e se necessario provvedono a dedicare un servizio di segreteria incaricato di rispondere al telefono e alle mail. In Stati come il Delaware, Nevada, Vermont e Wyoming le azioni di lobbying di queste società per il mantenimento dell’attrattività fiscale del singolo Stato sono tali che il Tax Justice Network li definisce dei «capture state», giurisdizioni in cui i poteri politico e legislativo sono ostaggio degli interessi privati. Alle maglie larghe di diversi singoli Stati si aggiunge, inoltre, il paradosso federale: sebbene gli USA siano oggi all’avanguardia nel contrasto all’utilizzo dei paradisi fiscali da parte dei propri cittadini, il Paese stesso rappresenta il rifugio ideale per flussi di denaro illecito e complessi schemi di evasione fiscale provenienti dall’estero che portano negli Stati Uniti un quinto delle quote del mercato globale della finanza offshore.
Foto: magliarossonera.it, inter.it, juventus.com | Editing: Lorenzo Bagnoli