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Così Malta mette in vendita la cittadinanza europea ai ricchi del mondo
#PiratiDelMediterraneo
Lorenzo Bagnoli
LA VALLETTA
«Sono più che infastidita dal fatto che un’azienda si senta autorizzata a vendere la cittadinanza di un Paese contro la volontà dei suoi cittadini, dopo un subdolo accordo sottoscritto con un governo che non ha avuto, su questo, alcun mandato». Le parole sono di Daphne Caruana Galizia. Era il 12 maggio 2017, e in un post del suo blog Running Commentary scriveva a Christian Kalin, presidente della società di consulenza Henley&Partners. Una società specializzata nel costruire sistemi per attrarre ricchi che vogliono acquistare una seconda cittadinanza europea. Il governo di La Valletta ha un contratto con loro che scadrà nel 2019. Ma non sono i soli: Henley&Partners lavora da decenni in tutto il mondo, e da due anni spinge per l’introduzione di un sistema simile anche in Italia.
Le domande che Daphne si poneva erano semplici: chi sono i nuovi cittadini maltesi? Caruana Galizia aveva trovato alcune risposte. Il consorzio Daphne Project è partito dal suo lavoro per scavare più a fondo sulle conseguenze di questo sistema e sull’azienda che lo ha lanciato a Malta.
Dal 2014 (anno d’inizio del programma) ad oggi, circa mille stranieri hanno ottenuto la cittadinanza maltese, al costo minimo di un milione di euro: 650 mila per depositare la domanda principale (quella del capofamiglia. Gli altri componenti del nucleo familiare pagano invece meno), a cui se ne aggiungono 150 mila, per almeno cinque anni, da investire in bond o azioni di aziende maltesi. Da ultimo, è necessario comprare abitazioni dal valore di almeno 350 mila euro, o pagare almeno 80 mila euro di affitto per cinque anni. Da un conto fatto gli unici a trovare “conveniente” un investimento di questo tipo sono persone con un patrimonio personale da non meno di 5 milioni di euro.
Non incassa però tutto Malta. Dall’ultimo rapporto dell’autorità maltese responsabile del programma di vendita delle cittadinanze è Henley che ha incassato fin qui non meno di 20 milioni di euro. E non è l’unico ingresso: Henley incassa anche sugli investimenti immobiliari. Il contratto tra Henley&Partners e il governo maltese prevede la possibilità di mettere in vendita fino a 1.800 cittadinanze.
Nel caso in cui si arrivi a 1.200, la percentuale corrisposta all’azienda di Kalin su ogni domanda principale salirà dal 4 al 4,5%, secondo fonti del consorzio non smentite dall’azienda. Nel caso in cui si superassero le 1.900, quindi oltre il tetto previsto dal contratto, il tasso salirebbe al 5%. Il governo laburista ha già in programma di rinnovare, visti i risultati: ha indetto delle consultazioni online chiuse il 28 febbraio, delle quali ancora non sono stati resi pubblici i risultati.
Una parte del tesoro prodotto dall’industria della cittadinanza è diventato uno dei pilastri su cui si poggia parte del welfare del Paese: pesa per circa il 2,5% del Pil. Ormai l’economia maltese ne è dipendente: “A Malta si investe solo in costruzioni e passaporti”, spiega Michael Briguglio, sociologo e consigliere d’opposizione del partito nazionalista a Sliema.
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I segreti Offshore di Henley & Partners
Si diceva che soltanto da Malta, Henley & Partners ha incassato almeno 20 milioni di euro di provvigioni per le domande di cittadinanza, in cui vanno considerati anche più 70 mila euro “flat” su ogni singola domanda di ogni singolo capofamiglia. Almeno. La cifra non tiene conto, però, di un altro 4% che Henley ottiene sul valore dell’investimento immobiliare che il cliente è tenuto a fare sull’isola.
Difficile stabilire il patrimonio complessivo della società. Così come la reale identità dei suoi azionisti (la società, sul punto, ha deciso di non rispondere al Daphne Project). Né sono a disposizione documenti di bilancio, con conti ben nascosti in forzieri offshore: il quartier generale di Henley è infatti a Jersey, mentre le sue sussidiarie sono alle Bahamas, a Panama, a Hong Kong, a Cipro, in Svizzera, a Singapore, in Gran Bretagna e, appunto, a Malta. Gli uffici sono in tutto 27 in tutto il mondo.
La Henley & Partners Holdings Plc di Jersey compare sui Panama Papers. I proprietari principali sono due trust, Devonport e Parula, che portano a un nome che sembra non avere alcuna traccia: Uma Sathia, una donna di Singapore, che secondo quanto dichiarato a un giornalista del consorzio da Henley & Partner è una familiare di Kalin.
Dalla pubblicazione dei Panama Papers, la società cambia struttura societaria. I giornalisti di Daphne Project hanno potuto riscontrare la situazione fino alla primavera del 2017. Il socio di maggioranza appare ancora lei, seppur con una quota più bassa. La società londinese ha smentito la ricostruzione dei giornalisti. Interessante, piuttosto, e perché alla luce del sole, osservare l’effetto dello schema messo in piedi da Henley su Malta.
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La Malta di Muscat tra Singapore e Dubai
Vista dall’altra sponda del Golfo di Valletta, Sliema è una selva di gru e palazzoni in costruzione. La marina dove approdano i traghetti da Valletta è perennemente punteggiata di gente che si sposta, chi per andare a locali, chi a fare shopping, chi per giocare d’azzardo. È uno dei distretti della nuova Malta “Dubaificata”, trasformata in una Dubai mediterranea. Il copyright della definizione è di Simon Busuttill, parlamentare nazionalista ostile all’introduzione della cittadinanza in vendita. Il primo ministro dell’isola, il socialista Joseph Muscat, prima di essere eletto aveva dichiarato di voler trasformare l’isola in una “Singapore del Mediterraneo”: un paradiso per le aziende di servizi finanziari, un centro di ritrovo per imprese emergenti, un porto d’approdo per i business più all’avanguardia, poco importa se controversi. Per quanto Muscat non abbia mai dichiarato in campagna elettorale, la trasformazione della cittadinanza in un bene di scambio è in piena sintonia con la sua visione.
Sliema è il posto dove abitano la maggior parte dei maltesi “nuovi maltesi”: secondo l’ultimo rapporto dell’ufficio statale maltese che controlla la vendita delle cittadinanze sono il 78% del totale. L’effetto – alla lunga – potrebbe farsi sentire sull’economia locale: il Fondo Monetario Internazionale riporta che per acquistare casa a Malta gli interessi sono sempre più alti, così come il prezzo.
Il programma di vendita dei passaporti è stato introdotto nel 2014 dopo un lungo negoziato con le istituzioni europee a cui ha partecipato anche Henley & Partners. Da un lato, la missione a Malta del Parlamento europeo guidata dalla socialista Ana Gomes a gennaio 2018 ha prodotto un rapporto molto critico nei confronti dei “passaporti in vendita”, definiti in modo così spregiativo dagli stessi europarlamentari. La missione, nel rapporto, scrive che il programma produce rischi d’infiltrazione della criminalità finanziaria, di riciclaggio, di evasione ed elusione fiscale. Dall’altro lato, però, il programma maltese è l’unico ad aver ottenuto, alla sua nascita, un via libera dalla Commissione europea. A patto che fossero introdotti alcuni requisiti, il più importante dei quali è l’esistenza di un effettivo “legame concreto” con l’isola. In altre parole, chi chiede la cittadinanza a Malta, deve averci risieduto almeno un anno.
Peccato non sia così. O, almeno, non sempre così.
Le case vuote
Vasim Vasilyev è diventato cittadino nel 2017. Di mestiere fa il vicepresidente del “Monaco”, il club calcistico del Principato di Montecarlo. Nato in Russia, a Malta ha investito, dopo aver ottenuto il passaporto, in un’azienda locale. “Sono fiero di condividere i valori maltesi”, spiega Vasilyev al consorzio. Non chiarisce però se a Malta risieda davvero o meno.
I giornalisti hanno visitato diversi degli indirizzi in cui si sa che abitano i “nuovi maltesi”. Non hanno mai trovato nessuno di loro.
Le luci degli appartamenti di Sliema, la sera, sono spente: in particolare a Fort Cambridge, una della più grandi operazioni immobiliari dell’isola. È un residence autosufficiente, che dà l’impressione a chi lo attraversa di poter vivere senza mescolarsi al resto della città. Come un’enorme villaggio vacanze, un po’ triste per il prezzo per cui i nuovi maltesi ne acquistano gli appartamenti.
Nel 2015 il New York Times citava uno degli agenti che procacciano i nuovi cittadini, Mark George Hyzler: “I nuovi maltesi si vedono due volte l’anno, una per prendere la residenza, l’altra per prendere il passaporto”. A questi agenti spettano i primi controlli sull’identità dei richiedenti, a cui seguono quelli dell’agenzia statale che stampa fisicamente i passaporti: Identity Malta. Anche per loro la grande industria della cittadinanza è una gallina dalle uova d’oro.
Del resto clienti liquidi non mancano.
L’armata di Putin
Prendete ad esempio Arkady Volozh, Boris Mints e Alexander Nesis. Sono tre russi che hanno in comune un secondo passaporto maltese, un conto in banca miliardario e una (presunta) stretta vicinanza a Vladimir Putin. Gli Stati Uniti li hanno inseriti in una lista, la Kremlin list, in cui sono inclusi miliardari russi ritenuti vicini al Cremlino. Per loro, la cittadinanza maltese è una carta da giocarsi nel caso in cui l’elenco si dovesse trasformare in effettive sanzioni. Secondo una ricerca interna di Henley & Partners, il motivo principale per cui gli imprenditori comprano la cittadinanza è la possibilità di viaggiare in tutta Europa senza visto. Una porta aperta in tutta l’Europa.
Volozh è l’inventore del Google russo, Yandex. In Ucraina la magistratura ha ordinato a maggio 2017 il sequestro degli uffici del motore di ricerca a Odessa e Kiev, con l’accusa di aver aiutato la Russia nel conflitto ucraino accumulando illegalmente dati degli utenti, per poi girarli ai servizi segreti russi. Ha confermato a media russi l’acquisto della cittadinanza maltese.
Boris Mints è il classico oligarca: un passato da politico, un presente da magnate della holding di investimenti Group 01. Dal 2010 è presidente della Confindustria russa, dopo che nel 2001 ha provato a fare opposizione a Putin. Alexander Nesis, il più ricco dei tre, con un patrimonio che Forbes ritiene essere di almeno 1,9 miliardi di dollari, è azionista di minoranza della società di Mints e co-proprietario della più grande banca privata russa, Otkritie Bank. Questi ultimi non hanno risposto alle domande dei giornalisti.
Il melting pot dei miliardari
Non ci sono solo russi, nel melting pot di miliardari con documento maltese. C’è una famiglia di banchieri dal Kenya, ex parlamentari dal Vietnam, imprenditori del petrolio nigeriani e moltissimi nomi di imprenditori cinesi a cui è difficile risalire, visto che la lista presentata dal governo una volta all’anno contiene solo nomi e cognomi di persone naturalizzate maltesi e di acquirenti della cittadinanza, senza date di nascita o indicazioni del Paese d’origine. Poi ci sono gli arabi, altrettanto difficili da rintracciare. Uno di questi è l’emiro Waleed al-Ibrahim, presidente ed ex proprietario della Middle East Broadcasting Center, una delle più grosse compagnie radiotelevisive di proprietà araba. È stato in arresto all’hotel Ritz Carlton di Riad con l’accusa di corruzione. Una delle 11 vittime illustri della purga ordinata dal principe ereditario Mohamed bin Salman.
CREDITI
Autori
Lorenzo Bagnoli
In partnership con
Forbidden Stories