IACP è una sigla sconosciuta eppure per anni ha organizzato eventi e preparato discorsi per contrastare le sanzioni contro la Russia e trovare politici pro Mosca in Europa
Dollari, petrolio, costruzioni e think tank: la campagna d’Italia della diplomazia finanziaria russa
#OperazioneMatrioska
Lorenzo Bagnoli
Conoscere Eurasia è l’associazione culturale con sede a Verona che organizza il Forum Economico Eurasiatico, principale appuntamento in Italia in cui si sviluppano le relazioni commerciali tra Russia e Italia. A differenza di altri anni, nel 2019 l’appuntamento è stato completamente snobbato dalla politica. Il presidente Antonio Fallico, amministratore delegato di Banca Intesa in Russia, parlando con il Corriere della Sera, si augurava che si trattasse solo di disattenzione e non del polverone montato sull’affaire Metropol, cioè la presunta trattativa avvenuta il 18 ottobre 2018 all’hotel di Mosca tra uomini della Lega e imprenditori russi che avrebbe avuto come scopo quello di finanziare il partito di Matteo Salvini attraverso una compravendita di gas.
Fallico, a caldo, ha dichiarato di voler trasformare il forum in un «un vero e proprio movimento apartitico che promuoverà quella che chiamiamo “diplomazia del business”». Questa esternazione è dettata più dal fastidio del momento che dalla realtà: sono infatti almeno dieci anni che Conoscere Eurasia è tra i think tank di punta delle relazioni politiche ed economiche tra Italia e Russia; da quando nel 2010, fresco di nomina a console onorario della Russia a Verona in seguito alla creazione in città di una succursale di Gazprom, lo stesso Fallico ne è diventato il presidente.
Fallico è un “diplomatico del business” di lungo corso. Le sue relazioni più strette, in Russia, portano direttamente al gruppo di interessi costituitosi negli anni intorno a Rosneft, l’azienda petrolifera controllata dallo Stato, il corrispettivo della nostra Eni. Come Eni, è considerata uno dei ministeri degli esteri “paralleli” di Mosca: gli accordi con Rosneft, di conseguenza, non sono mai solo di ordine commerciale, ma anche geopolitico. Da un lato, il gigante a maggioranza statale conduce i propri affari con la zavorra, a partire dal 2014, delle sanzioni da parte di Stati Uniti e Unione europea. Dall’altro, esistono una serie di affari “sotterranei”, in cui non si legge mai il nome di Rosneft, ma i cui beneficiari ultimi sono uomini legati all’azienda che dalla diplomazia finanziaria ricavano anche dei guadagni personali. I loro investimenti all’estero sono un argomento sensibile anche in Russia da quando a luglio del 2013 è stato pubblicato il decreto presidenziale Questioni in materia di prevenzione della corruzione.
Secondo l’ong britannica Article 19, che si occupa di accesso alle informazioni e libertà di espressione, nel decreto «si stabilisce una procedura per la pubblicazione su siti ufficiali del governo federale, agenzie governative e regioni russe delle informazioni in merito a stipendi, spese, proprietà e obblighi correlati alle proprietà di gruppi specifici di persone e dei loro familiari». «Secondo la legge russa Rosneft è “un’organizzazione creata per eseguire ordini dell’autorità federale” – spiega ad iStories, partner di questa inchiesta, l’avvocato di Transparency International Russia Grigory Mashanov -. Secondo la legge se un manager di una di queste organizzazioni ha mai avuto anche il minimo livello di accesso a contratti, procedure di appalti o audit riservati, non può avere conti correnti all’estero, né lui, né i suoi familiari». L’esperto prosegue precisando che «non ci sono restrizioni in merito a proprietà immobiliari fuori dalla Russia, ma è molto difficile averne senza un conto corrente all’estero».
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La battaglia del gruppo Rosneft sulle sanzioni
Dal 31 luglio 2014 Rosneft è stata inserita dall’Unione europea nella lista di entità e soggetti sotto sanzione. Il punto di vista europeo è che la Crimea, regione dell’Ucraina, a febbraio 2014 sia stata invasa dalla Russia dopo un referendum-farsa per annetersi alla Russia. Nel caso dei gruppi petroliferi, le sanzioni hanno l’obiettivo di impedire in particolare il trading, fonte del 50% degli introiti delle società, e l’accesso a forme di finanziamento (dalle obbligazioni ai prestiti e alle fideiussioni) e azionisti in Europa. Il comparto petrolifero è tra i principali motori del “sistema Paese” russo, un sistema in cui i grossi gruppi industriali a controllo pubblico si muovono in sincrono con banche e istituti finanziari che hanno partecipazioni pubbliche. È definito “capitalismo di Stato”. Criterio fondamentale per decidere l’inclusione o meno nella lista delle sanzioni era proprio l’appartenenza a questo sistema.
Restano fuori dal perimetro le società d’investimento e di amministrazione che fanno capo al gruppo Region, di cui abbiamo parlato nel pezzo precedente per le loro connessioni con i manager di Rosneft. L’azienda petrolifera russa ha fatto causa al Consiglio dell’Unione europea perché, secondo Rosneft, non ha spiegato all’azienda i motivi delle sanzioni, né concesso un diritto di replica, violando al contempo il principio dell’equo trattamento e della proporzionalità delle misure. Tutti i reclami sono stati giudicati inammissibili dalla Corte europea, anche a seguito dell’appello di Rosneft, che si è concluso a novembre 2020.
A seguito dell’affaire Metropol, l’Unità di informazioni finanziarie della Banca d’Italia (Uif) ha raccolto le segnalazioni di operazioni sospette che hanno coinvolto uomini vicini a Conoscere Eurasia (estranea all’inchiesta) e le ha inoltrate alla procura di Milano, che sta indagando sulla vicenda. A prescindere da quale sarà l’esito giudiziario la ricostruzione dei flussi di denaro dell’Uif permette di scavare tra gli affari della rete diplomatico-finanziaria russa “sotterranea”, in cui gli uomini di Rosneft ci sono ma non si vedono.
A Conoscere Eurasia abbiamo chiesto di avere un’intervista in merito alle sanzioni contro la Russia che però non ci è stata concessa.
Galina Lazareva, l’intermediaria immobiliare
Secondo l’Ufficio di informazione finanziaria della Banca d’Italia, da novembre 2016 a maggio 2018 sui conti correnti italiani di Galina Lazareva, moglie del capo dell’ufficio finanziario di Rosneft Petr Lazarev, sono stati movimentati 17,9 milioni di euro di origine sospetta. Il timore è che queste come le altre operazioni incluse nel rapporto possano essere state usate per riciclare denaro sporco. La donna, secondo il documento, afferma di svolgere la professione di intermediaria in operazioni immobiliari. Le operazioni sospette testimoniano l’esistenza di conti correnti in Italia dei coniugi. Circostanza che secondo la legge russa non sarebbe permessa ai manager a capo dei dipartimenti finanziari di aziende a controllo pubblico come Rosneft e ai loro famigliari. Rosneft, contattata, non ha risposto né alle richieste di spiegazioni di iStories, né a quelle di IrpiMedia.
Le segnalazioni di attività sospette si concentrano in tre diversi periodo di tempo: dal settembre 2016 all’agosto 2017, dal novembre 2017 a gennaio 2018 e infine nel maggio del 2018. Nell’ultimo periodo Lazareva ha spostato 3,5 milioni di euro dalla Russia all’Italia, fornendo una versione sull’origine del denaro che non coincide con quanto la stessa ha dichiarato al professionista russo che si è occupato delle operazioni.
Tra il settembre 2016 e l’agosto 2017 le movimentazioni Russia-Italia sui conti di Lazareva hanno totalizzato 9 milioni di euro. Un bonifico, emesso il 22 settembre 2016, ha come causale un generico “regalo” da parte del marito, il top manager di Rosneft Petr Lazarev. È partito da Banca Intesa Russia, di cui Fallico è presidente, ed è arrivato a un istituto italiano il cui nome – come altri menzionati nel report – è omissato.
Nello stesso lasso di tempo la professionista ha incassato la stessa cifra, vale a dire circa 3 milioni di euro – come «controvalore di dividendi percepiti» dalla Winkler Limited, fiduciaria con sede nel paradiso fiscale di Gibilterra. Proprietarie della Winkler sono altre due fiduciarie gestite dalla Anglo Swiss Limited, sempre sede a Gibilterra. Dato l’ammontare dei dividendi incassati da Lazareva, è ipotizzabile che la donna sia l’unica proprietaria della Winkler: sommando i bilanci dal 2015 al 2017, infatti, si arriva in tutto a 3,1 milioni di euro di dividendi erogati «ai proprietari».
Tra novembre 2017 e gennaio 2018 sui conti di Lazareva sono entrati ulteriori 5,4 milioni di dollari; una parte dei quali, si legge nel report, «dal coniuge Lazarev» come provvista per la vendita di un immobile in Finlandia. L’acquirente è una società cipriota: Sarafanex Holdings Limited. Quest’ultima appartiene a Sergey Korol, imprenditore che appartiene alla rete del Gruppo Region di cui abbiamo parlato in precedenza.
Quanto guadagna un top manager in Russia
Da anni sui media russi ci sono varie speculazioni in merito a guadagni e proprietà dei top manager russi. Con il “capitalismo di Stato” si guadagna bene. L’ultima stima credibile è stata realizzata dal quotidiano finanziario Kommersant nel 2016, che ha calcolato uno stipendio annuale di circa 5 milioni di euro per i top manager. La possibilità o meno di possedere conti correnti e proprietà all’estero è un tema controverso in Russia perché è esclusa per coloro che hanno avuto accesso ai «segreti di Stato».
Allea Group, Sova Capital, ICT Holding e la partita su Tiscali
Il resort che Sarafanex Holdings ha acquistato da Lazareva si trova a sette chilometri da Sulkava, paesino di 2.800 abitanti immerso nella taiga e bagnato dai laghi che chiazzano di azzurro la mappa della Finlandia centro-orientale. Kukkapää è un luogo di villeggiatura esclusivo, composto da 21 cottage indipendenti. Nel 2008, secondo il tabloid finlandese Ilta Sanomat, è stato acquistato dai Lazarev per 1,2 milioni di euro. Il giornale riporta che i coniugi russi, come altri connazionali, avevano cominciato ad acquistare ville e strutture alberghiere nella regione, con l’intento di sviluppare ulteriormente l’industria turistica locale. Nel caso dei Lazarev, però, a giudicare dalle cronache locali l’investimento non è andato a buon fine: nel 2016 si parlava di stato di abbandono del resort. La svolta è arrivata l’anno successivo, quando a Lazareva è subentrata la Sarafanex Holdings, una delle società cipriote di Sergey Korol.
Korol non è noto per importanti investimenti prima di allora. Eppure dal 2015, anno in cui ha iniziato ad aprire le sue società a Cipro, il suo business si è sviluppato molto in fretta. I suoi affari si sviluppano tra Austria, dove possiede un’immobiliare che ha in pancia la gestione di diversi resort di lusso (incluso Kukkapää), fino a Lussemburgo, dove la società detiene diversi fondi immobiliari e Cipro, paradiso fiscale dove hanno sede le holding, le società che controllano l’intero gruppo, che tra i suoi obiettivi strategici ha anche l’espansione in Italia. A curare le relazioni in Italia del suo gruppo immobiliare, stando al suo profilo LinkedIn, è stato fino a gennaio 2021 Hari Sokolovski, che nel sito di Conoscere Eurasia è responsabile dei rapporti con l’Austria. Il suo nuovo impiego è quello di responsabile in Italia del gruppo Region, ossia il principale nodo della “rete dei prestanome di Stato” di cui abbiamo scritto nella puntata precedente. Sergey Sudarikov, il beneficiario ultimo del gruppo è anche nel board di Conoscere Eurasia.
Korol è legato all’Italia anche dalla partecipazione in un fondo di Sova Capital, società finanziaria e piccola azionista di Pirelli. Insieme a lui compare un finanziere con base operativa tra Londra e Cipro, titolare di un codice fiscale italiano, Nikolay Katorzhov. Nato nel 1984, Katorzhov è socio al 9,9% di Rossium Concern, dove tra gli azionisti c’è anche l’altro “russo d’Italia”, Sergey Sudarikov dal 2020. Attraverso Lunaray Investment Ltd, Katorzhov, è anche comproprietario della Sova Capital insieme a Roman Avdeev (altro azionista di Pirelli e della Credit Bank of Moscow). Dal 2007 al 2018 Sova Capital si chiamava Otkritie Capital International Limited ed era la controllata britannica della banca Otkritie. L’istituto di credito è stato nazionalizzato nel 2017 a seguito del declino di uno dei comproprietari, l’oligarca Boris Mints, e come accaduto in precedenza con il gruppo petrolifero Yukos, i vari asset sono stati dati in gestione a uomini vicini a Rosneft. Tra i nuovi azionisti, c’è anche la finanziaria Rossium Concern Llc, che ha messo sul piatto, riporta Reuters, 453 milioni di dollari.
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Tra il 2016 e il 2017 Katorzhov è stato membro del consiglio di amministrazione di Tiscali, la prima telco privata italiana costituita dopo la fine del monopolio di Telecom Italia. La parentesi russa nella gestione dell’impresa, fondata e sempre diretta dall’ex presidente della Regione Sardegna Renato Soru, si è chiusa, almeno a livello di consiglio di amministrazione, nel 2019. In realtà, però, a livello di pacchetto azionario, i russi mantengono un piede in azienda. Tra luglio e ottobre 2019, infatti, il fondo Sova ha convertito il proprio prestito di 5,3 milioni di euro in azioni. Nonostante il 30 gennaio si fosse impegnata a fare il contrario, l’altra azionista russa con sede a Cipro, la Investment Construction Technology (ICT) Holding Ltd, ha realizzato la stessa operazione, per lo stesso valore. Proprietario di ICT è Alexander Nesis, oligarca che ha avviato il suo impero nel settore energetico nel 1992, oggi cittadino maltese attraverso il programma Golden Visa.
ICT e Sova sono due entità che non c’entrano nulla l’una con l’altra, ma sembrano mosse sullo scacchiere della finanza internazionale dalla stessa mano, o perlomeno dallo stesso interesse. È una situazione analoga con quello che accade in Pirelli tra la stessa Sova e Tacticum Holding di cui abbiamo scritto. Per altro, come nel caso di Pirelli, gli ultimi mesi sono stati particolarmente movimentati e a gennaio 2021 gli azionisti russi hanno anche preso una piccola sanzione dalla Consob per un’infrazione nella comunicazione ai mercati dei cambi di assetto dell’azionario, che sono stati numerosi lo scorso anno.
Tornando a Tiscali a luglio 2020 ICT è infatti arrivata al 9,33% per poi scendere nel giro di due mesi al 2,1%, a seguito dell’ingresso di Tiscali in FiberCop, la partecipata di Tim (con quote del fondo americano KKR e Fastweb) nata allo scopo di realizzare la nuova fibra ottica domestica in Italia entro il 2025. Come nel caso di Pirelli, le quote della compagine russa non sono espresse da un solo investitore. In questo caso, però, i movimenti all’unisono hanno un’ulteriore particolarità: fino al 2017, il proprietario di ICT Nesis era il comproprietario anche della banca Otkritie.
Il monopolio russo in Italia
Nell’elenco di operazioni sospette censite dall’Unità d’informazioni finanziarie la famiglia di Sergey Sudarikov, il perno attorno a cui ruota la galassia del Gruppo Region, occupa circa una pagina. Terminale delle operazioni sospette sono le due figlie dell’imprenditore, residenti una a Verona e l’altra a Trieste, secondo le informazioni raccolte dall’Uif. Una delle due nel 2017, appena maggiorenne, «dopo aver ricevuto due bonifici da propri rapporti esteri per 500.000 dollari e 400.000 euro», ha emesso due assegni circolari all’azienda Rilke srl, che nel report non è identificata. Attraverso il proprio legale, la famiglia Sudarikov non smentisce l’esistenza di rapporti finanziari tra la famiglia e Rilke, ma fa sapere che «non esistono assegni circolari di tale ammontare emessi alla detta azienda».
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Come IrpiMedia ha potuto verificare, pare certo che la Rilke srl di cui si parla sia la società incaricata della gestione del progetto immobiliare Portopiccolo a Sistiana, inaugurato nel 2014 con l’obiettivo di realizzare un corrispettivo della Costa Smeralda nell’alto Adriatico. Come spiega l’ufficio marketing del borgo turistico, che precisa di non essere autorizzato a diffondere dati personali, i russi rappresentano il 6% della comunità internazionale che abita l’esclusivo villaggio turistico affacciato sul Golfo di Trieste. Delle 454 unità immobiliari, «circa la metà sono state vendute», scrivono nella nota. Da gennaio 2020 appartiene a un fondo d’investimento americano.
In precedenza Rilke, l’immobiliare proprietaria del compendio immobiliare, ha fatto parte del gruppo Rizzani De Eccher spa, famosa impresa di costruzioni con base in Friuli-Venezia Giulia. Fino al 2016 il gruppo friulano ha controllato Rilke srl insieme a Serenissima Sgr, società di gestione del risparmio con sede a Verona, che oggi ha parzialmente smobilitato i suoi fondi immobiliari. Rizzani ha ceduto Rilke al fondo americano nel 2020 dopo aver registrato un passivo di bilancio da 46 milioni di euro nel 2018.
Dal catasto emerge che entrambe le figlie di Sudarikov possiedono appartamenti a Portopiccolo, come conferma lo stesso legale della famiglia Sudarikov. Anche Galina Lazareva, la moglie del supermanager Rosneft, ha proprietà nell’esclusivo villaggio triestino. Sempre a Trieste, Lazareva risulta anche proprietaria di una villa che nelle intenzioni doveva essere trasformata in agriturismo, ma è stata sequestrata dalla procura di Trieste a giugno 2020 per abuso edilizio. Affidataria dei lavori è una cittadina russa che gestisce come bed and breakfast diversi immobili di Galina Lazareva sia a Trieste, sia a Verona. Sentita per telefono, afferma di amministrare appartamenti per «una decina di proprietari», anche se per motivi di privacy ha detto di non poter commentare né rispetto alle proprietà di Lazareva, né rispetto a quelle delle due figlie di Sudarikov.
Non è chiaro se gli assegni di Sudarikova alla Rilke fossero finalizzati all’acquisto di immobili. Il gruppo De Eccher, allora proprietario della Rilke, non ha risposto alla nostra richiesta di commento, ma dalle visure risulta che gli atti di compravendita delle proprietà a Portopiccolo sono datati uno giugno e l’altro dicembre 2017. Rizzani De Eccher, la società che all’epoca guidava l’immobiliare di Portopiccolo, è legata alla Russia e ai Paesi ex sovietici da oltre trent’anni.
Qui il gruppo sta ottenendo alcune delle commesse migliori, l’ultima delle quali per una raffineria a Mosca con Saipem e Gazprom. Viste le trentennali relazioni commerciali con Mosca, i top manager della società si sono sempre dichiarati contrarissimi alle sanzioni. Tra gli ultimi lavori realizzati c’è la VTB Arena Park, complesso multifunzionale dal valore complessivo da 300 milioni di euro in cui è incluso anche lo stadio della Dynamo Mosca. VTB è la seconda banca russa, che secondo un’inchiesta del 2018 di Reuters ha finanziato surrettiziamente Rosneft attraverso un prestito alla QIA, il veicolo d’investimento del fondo del Qatar, il quale è entrato nella compagine azionaria nel 2016.
A seguito degli appalti vinti in Russia, in un’intervista con Il Piccolo di Trieste, a gennaio 2018 Marco de Eccher, amministratore delegato del gruppo, ha parlato della tentazione di trasferirsi all’estero, dove gli affari per l’azienda vanno certamente meglio. L’ultimo colpo è stata l’operazione Grande Tagliamento, indagine condotta dalla procura di Gorizia dove Marco de Eccher è indagato per turbativa d’asta. L’inchiesta, cominciata a novembre 2018, ha coinvolto alcuni dei maggiori gruppi edili del Paese, da Pizzarotti a De Eccher, oltre ad Anas, Autovie venete, Pedemontana veneta e diverse altre stazioni appaltanti. Secondo la procura di Gorizia tra Friuli e Veneto si era costruita un’associazione a delinquere finalizzata a spartirsi gli appalti.
Quello stesso settembre, mentre in Italia gli affari non procedono per il verso giusto, in una sala del lussuoso resort Falisia di Portopiccolo, la Rizzani De Eccher è stata tra i finanziatori del primo seminario italo-russo di Trieste, realizzato in collaborazione con l’associazione Conoscere Eurasia. Il legale della famiglia Sudarikov ha precisato che nessuno dei suoi assistiti ha partecipato al seminario e che Sergey Sudarikov non ha facilitato in alcun modo Rizzani De Eccher in Russia, azienda con la quale non ha all’attivo né progetti, né transazioni economiche.
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Autori
Lorenzo Bagnoli