Nel 2016 ha garantito all’istituto bancario 25 milioni di dollari di profitti. Nel febbraio 2018 si è dichiarato colpevole e conseguentemente è stato condannato dal tribunale di Ginevra a cinque anni di prigione per aver sottratto ai suoi clienti circa 150 milioni di dollari, reinvestiti attraverso operazioni mai autorizzate dai clienti in società e beni di lusso di cui era lui stesso il titolare effettivo. «Era considerato una star», ma «ha preso in giro i clienti e la banca», riporta la Reuters, citando il pronunciamento della sentenza. Per muovere il denaro, Lescaudron ha ammesso di aver distribuito bilanci e comunicazioni finanziarie con le firme falsificate dei suoi clienti. Durante il processo a Ginevra, il suo ex responsabile non ha saputo dare una spiegazione del perché nessuno in banca si sia accorto del comportamento dell’ex manager prodigio. Nel 2020 Lescaudron si è tolto la vita in carcere, poco dopo il suo 57esimo compleanno.
«Violate le norme di conformità»
La FINMA, L’Autorità federale svizzera di vigilanza sui mercati finanziari, tra il 2015 e il 2016 ha aperto due procedimenti contro Credit Suisse: il primo perché voleva chiarire la posizione della banca in alcuni importanti casi di presunta corruzione internazionale; il secondo incentrato su «un’importante relazione d’affari che la banca ha intrattenuto con una persona politicamente esposta», recitava il comunicato stampa del 2018. Il manager coinvolto era Lescaudron: anche se il nome non compare. Il comunicato si limita a identificare un «relationship manager» «che aveva un grande successo in termini di patrimonio in gestione» e che «ha violato le norme di conformità della banca ripetutamente e in modo documentato per un certo numero di anni.
Tuttavia, invece di disciplinare prontamente e proporzionalmente il manager dei clienti, la banca lo ha premiato con pagamenti elevati e valutazioni positive dei dipendenti. La supervisione del relationship manager era inadeguata a causa di questo status speciale». Emergeranno maggiori dettagli del report solo a seguito di una fuga di notizie di febbraio 2021, che ha sostanzialmente confermato come la banca non avesse preso le misure necessarie per interrompere le attività illecite di Lescaudron, che conosceva almeno dal 2011.
Questo caso è stato molto particolare nella storia degli scandali finanziari svizzeri. Come spiega l’ufficio stampa dell’autorità di vigilanza, «la FINMA non si esprime in merito ai singoli assoggettati o a eventuali accertamenti e procedimenti», a parte in casi eccezionali come appunto il caso Credit Suisse-Lescaudron. L’obiettivo della confidenzialità sta nel mandato della FINMA: mantenere una «situazione conforme», cioè dove tutti rispettano le regole. «La FINMA – spiega ancora l’ufficio stampa dell’autorità di vigilanza a IrpiMedia – esige che gli assoggettati gestiscano in modo adeguato i rischi, nello specifico sono tenuti a individuarli, valutarli e ridurli al minimo».
In generale i procedimenti della FINMA, spiega l’avvocato svizzero Paolo Bernasconi, sono molto temuti perché l’autorità può sospendere le licenze per operare nel mercato o all’estero, come accaduto nel caso di Ubs. Quando un’impresa commette un crimine o un delitto, invece, la multa massima prevista dal codice penale svizzero è di 5 milioni di franchi: un’inezia per un istituto di credito. La FINMA non ha potere di comminare multe, innescare procedimenti penali o arrestare, però può sporgere denuncia alla magistratura svizzera. I suoi «procedimenti di enforcement» vengono rispettati proprio per evitare sospensioni delle licenze di operare. I report sono molto dettagliati e le banche cercano sempre di impedire che vengano depositati a processo perché qualunque ente sotto la FINMA è obbligato a collaborare con l’autorità di vigilanza del mercato, che per questo ha accesso a un’enorme mole di prove. Con le procure invece non c’è alcuna collaborazione obbligatoria per lo stesso principio per cui un imputato a processo non è obbligato a dire la verità e accusarsi da solo.
Mentre il filone svizzero d’indagine su Lescaudron si è chiuso con l’ammissione di colpevolezza, quello sulle responsabilità della banca resta ancora aperto. Lescaudron può infatti essere stato un «caso isolato», come sostenuto dalla dirigenza della banca dell’epoca, oppure il sintomo di un problema più endemico, come ipotizzato da alcuni suoi clienti. Nel nostro ordinamento sarebbe proprio la banca a dover dimostrare che il caso non è ripetibile e che le procedure interne di controllo sono adeguate, in Svizzera invece resta un’ipotesi di alcuni clienti che il comportamento dei RM sia più endemico, e avallato dalla dirigenza dell’istituto.
Due ex clienti sono arrivati a chiedere per due volte, l’ultima alla Camera d’appello penale della Corte di giustizia di Ginevra, la ricusazione del magistrato che ha condotto le indagini su Lescaudron e Credit Suisse, Yves Bertossa. A loro parere in quattro anni non avrebbe investigato adeguatamente le responsabilità dell’istituto di credito. La Camera d’appello ha respinto la richiesta a luglio 2021, ma ha sottolineato la «riluttanza» del magistrato a istruire questo filone processuale e il fatto che «non si conoscono sviluppi significativi». Eppure Bertossa è uno dei magistrati che più si batte per velocizzare la giustizia svizzera nel contrasto alla criminalità economica e spesso è vittima di tentativi di ricusazione finalizzati solo a dilatare i tempi del processo, come lui stesso ha spiegato al sito d’informazione svizzero Naufraghi.