Una mappa dell’opacità societaria in Europa
12 Ottobre 2021 | a cura di Transcrime – Università Cattolica di Milano
Un’impresa su cento, in Europa, ha soci provenienti da Paesi inclusi in una blacklist o grey list in ambito antiriciclaggio e cooperazione fiscale. Un valore ben più alto si osserva in Paesi come il Lussemburgo (8,7% delle imprese), Cipro (8,5%) e Malta (5,1%). In molti casi, queste imprese presentano anche una struttura proprietaria particolarmente complessa, magari con la presenza di trust, fiduciarie o fondazioni che rendono ulteriormente difficile l’identificazione del titolare effettivo. Ma perché è importante studiare l’opacità societaria delle imprese? È presto detto: l’evidenza empirica dimostra che le imprese con queste caratteristiche hanno una probabilità oltre dieci volte maggiore di essere coinvolte in reati o di essere colpite da sanzioni.
Questi sono alcuni dei risultati che emergono da Datacros, un progetto europeo che ha studiato l’opacità societaria di 56 milioni di aziende in 29 Paesi europei, e sviluppato il primo software per le autorità pubbliche capace di identificare le aziende a rischio di coinvolgimento in casi di corruzione o riciclaggio di denaro.
Il progetto Datacros è stato coordinato dal centro di ricerca Transcrime – Università Cattolica del Sacro Cuore, co-finanziato dall’ Internal Security Fund – Police dell’Unione Europea, e realizzato con la partecipazione dei giornalisti di IrpiMedia, dell’Autorità anticorruzione francese (Agence Française Anticorruption), e della Polizia Spagnola (Cuerpo Nacional de la Policia). Il report con i risultati finali del progetto è disponibile sul sito di Transcrime.
Le imprese: un ruolo chiave nel crimine finanziario
Negli ultimi anni, diverse indagini su reati finanziari hanno dimostrato che sempre più spesso i gruppi criminali utilizzano imprese regolarmente registrate per nascondere schemi di riciclaggio, corruzione o frode fiscale. Le imprese vengono utilizzate per creare uno “schermo” che renda particolarmente difficile risalire alla reale identità degli individui che le controllano in ultima istanza – i cosiddetti titolari effettivi, o beneficial owner.
A livello europeo, si sta cercando di facilitare l’identificazione dei beneficial owner con la costituzione dei registri dei titolari effettivi, introdotti dalla quarta (e poi quinta) Direttiva antiriciclaggio. Ma per avere una panoramica completa dei possibili rischi, spesso non basta sapere chi controlla un’impresa: serve anche capire come avviene il controllo. Quale assetto di azionariato è utilizzato, quali veicoli societari sono coinvolti, quali giurisdizioni sono attraversate e con quale grado di complessità.
Nonostante gli sforzi in questo ambito, le autorità pubbliche faticano ancora a tenere il passo dei criminali: secondo le stime di Europol, in UE sono confiscati annualmente solo l’1,1% dei profitti illeciti. In particolare, le autorità pubbliche sembrano patire la mancanza di strumenti di screening del rischio delle imprese che siano specificamente progettati per il settore pubblico. Datacros ha rivelato che il 60% delle autorità pubbliche nell’UE non utilizza software per le indagini finanziarie, ma il 78% di esse vorrebbe disporre di strumenti per tracciare e valutare il rischio delle imprese.
Lo scarso utilizzo di strumenti per la valutazione dei rischi
Risultati di sintesi della survey sull’uso di software per il risk assessment di imprese da parte di autorità pubbliche. Rispondenti: 37 autorità in 19 Paesi europei
Per supportare le autorità pubbliche in questo ambito, Transcrime ha sviluppato una metodologia innovativa per misurare l’opacità societaria, sfruttando le informazioni fornite dai registri delle imprese e da altri fornitori di dati camerali (come la banca dati Orbis di Bureau van Dijk). Gli algoritmi sviluppati consentono di ricostruire l’intera catena azionaria di un’impresa (anche quando attraversa più volte i confini nazionali), individuando la presenza di potenziali red-flags o anomalie che possono segnalare il collegamento dell’impresa con schemi illeciti.
In Lussemburgo i maggiori legami con Paesi a rischio
Per esempio, aziende registrate in territori con bassi livelli di trasparenza finanziaria e societaria possono essere utilizzate per nascondere i proventi di reati finanziari. Per i criminali è conveniente – e spesso relativamente facile – registrare aziende in queste giurisdizioni, o fare uso di prestanome formalmente residenti in questi territori, per nascondere più agevolmente la loro reale identità.
Inchieste come Panama Papers, Paradise Papers e OpenLux hanno portato alla luce innumerevoli esempi di questo tipo.
I risultati di Datacros mostrano che l’1% delle imprese in 29 Paesi europei (UE27, Regno Unito e Svizzera) ha legami azionari con altre aziende o individui provenienti da Paesi inclusi in una blacklist o grey list in ambito antiriciclaggio o fiscale (dell’Unione Europea o del FATF/GAFI). Le più alte percentuali di imprese con soci da Paesi a rischio si osservano in Lussemburgo (8,7%), Cipro (8,5%), e Malta (5,1%). Concentrazioni significative si osservano poi in aree specifiche del Belgio (Bruxelles e Liegi), dei Paesi Bassi (Olanda settentrionale e Utrecht) e del Regno Unito (Londra).
Un software per identificare le aziende a rischio
Le analisi del progetto Datacros hanno posto la base per lo sviluppo di un prototipo di software che consente di identificare in tempo reale le aziende ad alto rischio di corruzione o riciclaggio. Lo strumento, che è stato progettato da Transcrime insieme alle autorità pubbliche coinvolte e ai giornalisti di IrpiMedia, combina informazioni da diverse banche dati per calcolare in tempo reale diversi indicatori di rischio a livello di impresa. Inoltre, il prototipo include visualizzazioni di rete che consentono agli utenti di ricostruire collegamenti azionari complessi ed identificare gruppi di imprese sospette.
Nei test effettuati, lo strumento si è dimostrato in grado di identificare correttamente oltre l’83% delle aziende soggette a sanzioni e fino all’ 88% delle aziende controllate da individui colpiti da sanzioni o provvedimenti giudiziari.
Ma non è che un punto di partenza: è essenziale far progredire le conoscenze sul tema dell’opacità societaria e aumentare l’efficacia degli strumenti analitici sviluppati, anche alla luce dei nuovi schemi fraudolenti emersi in seguito alla pandemia di Covid-19. La crisi economica generata dall’emergenza sanitaria ha infatti messo a dura prova la sopravvivenza di molte imprese su tutto il territorio europeo (e non solo), fornendo molte occasioni alla criminalità organizzata per investire i propri capitali in aziende in difficoltà, o mettere le mani sulle risorse pubbliche destinate alla ripresa economica.
Nella seconda fase del progetto (Datacros II), che inizierà a gennaio 2022, il software verrà potenziato e testato sul campo da oltre 15 autorità europee in 7 paesi europei, tra cui Europol ed ANAC, oltre a diverse forze di polizia, unità di informazione finanziaria, agenzie anticorruzione, e autorità garanti della concorrenza.
Questi progetti si inseriscono nella linea ricerca di TOM-The Ownership Monitor, l’iniziativa congiunta recentemente lanciata da Transcrime in collaborazione con il proprio spin-off Crime&tech. TOM è l’osservatorio di riferimento per lo studio della struttura proprietaria delle imprese, e si pone l’obiettivo di ampliare la conoscenza su chi controlla le aziende, come questo controllo si realizza ed evolve, e come si relaziona con le forme e gli attori criminali.
In Italia i valori osservati sono al di sotto della media europea (0,3%), ma alcune province come Modena (0,9%) Milano e Trieste (0,8%) presentano concentrazioni significative, soprattutto in alcuni settori come l’immobiliare, la ristorazione e il gioco d’azzardo. Inoltre, nel nostro Paese questo fattore di rischio è in aumento in seguito alla pandemia di Covid-19. Uno studio di Transcrime pubblicato a maggio 2021 aveva mostrato che le aziende che hanno registrato un cambio di titolare effettivo nei 6 mesi successivi al primo lockdown (aprile-settembre 2020), hanno anche molti più legami con giurisdizioni a rischio (oltre 5 volte superiori ai valori pre-pandemia), soprattutto attraverso soci registrati alle Isole Cayman e Panama.
I rapporti delle aziende con Paesi a rischio
Legami con veicoli societari opachi: spicca il caso dell’Olanda
Non sempre è possibile identificare un titolare effettivo (persona fisica) al vertice di una catena azionaria. Quando non si sa chi controlla un’impresa, diventa essenziale capire come è strutturata la catena di controllo. A volte, ripercorrendo i collegamenti azionari è possibile identificare un trust, una fiduciaria, una fondazione o un altro istituto giuridico che funge da “schermo” tra l’azienda e gli individui che la controllano. Nonostante questi veicoli societari siano generalmente utilizzati per scopi legittimi (come la protezione patrimoniale), numerose evidenze hanno dimostrato che possono anche essere utilizzati per nascondere attività sospette e schemi di corruzione e riciclaggio.
Reti di trust e fondazioni erano al centro dello scandalo finanziario 1MDB che ha visto coinvolto l’ex premier malese Najib Razak, condannato per corruzione, riciclaggio di denaro e appropriazione indebita dal fondo sovrano malese – dal quale sparirono 4,5 miliardi di dollari tra il 2009 e il 2015.
L’utilizzo di una serie di trust registrati alle Seychelles, alle Isole Vergini Britanniche e alle Bahamas permise invece al politico nigeriano Diepreye S. P. Alamieyeseigha di nascondere alle autorità decine di milioni di dollari ottenuti nel 2005 da aziende nigeriane in cambio di appalti pubblici.
Dai risultati di Datacros, emerge che in Europa l’1,2% delle imprese presenta come beneficiario ultimo un trust, una fiduciaria o una fondazione per il quale non è possibile risalire ad un individuo con titolarità effettiva. In alcuni Paesi, come Olanda (25,6%), Lussemburgo (8,7%), e Austria (7,2%), la percentuale è sensibilmente più alta della media europea. I valori anomali osservati in Olanda, in particolare, sono dovuti all’ampio uso domestico degli stichting, veicoli societari simili alle fondazioni che vengono utilizzati anche per controllare società di capitali. Come sottolineato in passato dall’OCSE (2019), gli stichting hanno caratteristiche che li rendono particolarmente appetibili per nascondere l’identità dei titolari effettivi a fini illeciti.
Aziende opache
Percentuale di aziende domestiche aventi legami con veicoli societari opachi che non permettono di identificare un titolare effettivo (2019)
I dati ci raccontano anche che in Italia anche il ricorso a trust, fiduciarie e fondi per il controllo di imprese è in aumento in seguito alla pandemia di Covid-19. L’1.3% delle aziende che hanno cambiato titolare effettivo in seguito alla prima ondata della pandemia presenta come beneficiario ultimo uno di questi veicoli societari – il doppio rispetto al periodo pre-pandemico.
Orientarsi nella complessità
Livelli multipli di partecipazione azionaria, “scatole cinesi” con più collegamenti ad incastro, schemi di azionariato circolare, quote azionarie appena al di sotto delle soglie di identificazione del titolare effettivo: questi sono alcuni degli espedienti utilizzati dai criminali per nascondere la propria identità come titolari di imprese.
Le “scatole cinesi” sono ampiamente utilizzate per una serie di schemi di frode realizzati tramite società cartiere. Per esempio, nel 2017 l’inchiesta Security della DDA di Milano ha rivelato l’infiltrazione di un clan di cosa nostra in alcune imprese in Sicilia e Piemonte utilizzate per emettere fatture false ed evadere l’IVA. Il clan si serviva di una complessa rete di prestanome e società cartiere, caratterizzate da legami azionari interconnessi, frequenti cambiamenti di forma legale, denominazione e sede.
Schemi azionari complessi possono anche essere usati per nascondere legami fra imprese e falsare la concorrenza in gare d’appalti. Per esempio, nel 2018 l’operazione Comune Accordo ha scoperto nel comune di Corigliano Calabro un cartello di imprese formalmente indipendenti ma di fatto facenti capo allo stesso individuo, in grado di manipolare sistematicamente appalti pubblici per un valore totale di circa 9 milioni di euro.
Anche qui, capire come avviene il controllo di un’azienda può diventare importante tanto quando capire chi esercita il controllo.
A questo scopo, Datacros ha ricostruito la struttura societaria di 56 milioni di imprese europee, e il record di complessità rilevato va ad una (piccola) impresa di costruzioni a Bucarest, controllata dal titolare effettivo attraverso 28 livelli intermedi di azionariato. In Italia, lo schema di azionariato più complesso si osserva per un’azienda registrata nel centro di Milano, che riporta 27 livelli di azionariato consecutivi in 4 Paesi diversi (Olanda, Francia, Stati Uniti e l’Isola di Jersey, paradiso fiscale del Regno Unito).