Con l’arrivo di Andrzej Duda al potere in Polonia salta l’accordo del precedente governo con la francese Airbus per la vendita di elicotteri militari. Il nuovo appalto viene vinto da Leonardo. Tra i due eventi, le lettere di Mario Benotti e Zygmunt Zimowski
Guerra in Libia, i “legami invisibili” di Airbus e Dassault Systèmes
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Gli stessi leader, però, chiudono un occhio sui propri campioni nazionali dell’industria bellica che, con il loro supporto tecnico-logistico, giocano un ruolo chiave in questo conflitto per procura. Un’inchiesta internazionale coordinata da Lighthouse Reports rivela come aziende – tra cui Airbus (franco-tedesca) e Dassault Systèmes (francese) – continuino a fornire manutenzione, aggiornamenti e addestramento agli eserciti coinvolti in Libia. Nonostante le ripetute violazioni documentate dalle Nazioni Unite, che giudicano l’embargo «totalmente inefficace»: inefficace per colpa della Turchia, che con i suoi aerei da trasporto Airbus A400m porta mezzi militari, munizioni e uomini nel Paese nordafricano; inefficace a causa degli Emirati Arabi Uniti, che sulla Libia hanno fatto piovere bombe sganciate dai loro Mirage 2000-9, caccia costruiti e appoggiati da un consorzio guidato dalla francese Dassault Systèmes.
Secondo gli esperti di diritto internazionale sentiti da Lighthouse Reports, i servizi forniti dalle società europee agli eserciti coinvolti nella guerra in Libia costituiscono palesi violazioni delle norme sulle esportazioni di armi. Queste, infatti, vietano espressamente la vendita all’estero di prodotti o assistenza tecnica che possono facilitare la contravvenzione di accordi internazionali, come appunto l’embargo sulle armi.
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Il contesto normativo internazionale
Secondo le analisi legali del tema che lavora con Lighthouse Reports, «leggi e regolamenti di alcuni dei principali Paesi esportatori europei li hanno resi invisibili». Solo poche autorità che danno la licenza alle esportazioni – in Italia è l’Unità per le autorizzazioni dei materiali di armamento (Uama), che dipende dal ministero degli Esteri – autorizzano a parte i servizi di post-vendita. Questo quadro normativo così lontano dallo scopo che si propone rende difficili i contenziosi legali in merito, per quanto siano evidenti le conseguenze.
Il Consiglio di Sicurezza impose questa misura nel febbraio 2011. A guidare la Libia era ancora Muammar Gheddafi che tentava di reprimere nel sangue il crescente tumulto della popolazione. Come noto, l’autocrate perse poi il potere e fu brutalmente ucciso dai ribelli nell’ottobre dello stesso anno. Da allora la Libia si è trasformata in una polveriera. A distanza di nove anni è ancora estremamente frammentata, con due fazioni rivali che si contendono la possibilità di cercare, a fatica, di unire il Paese. Da un lato, c’è il Governo di accordo nazionale (Gna) di Tripoli, riconosciuto a livello internazionale e guidato da Fayez al-Sarraj; dall’altro il Parlamento di Tobruk, esautorato da Tripoli nel 2014, che si riconosce nelle autoproclamato Esercito nazionale libico (Lna) guidato dal generale Khalifa Haftar.
Entrambi gli schieramenti sono sostenuti militarmente da forze straniere: il Gna da Turchia e Qatar; Haftar da Russia, Emirati Arabi Uniti e Egitto. Tutti soggetti accusati a più riprese da enti e osservatori internazionali di aver violato le disposizioni dell’embargo. Con conseguenze tragiche per la popolazione libica, e per chi dal Paese è costretto a transitarci.
A Tajoura, gli Emirati sganciano bombe sui migranti da aerei made in Francia
Nella notte del 2 luglio 2019 sembra regnare la calma nel centro di detenzione migranti a Tajoura, nei pressi di Tripoli. Le telecamere di sicurezza riprendono alcuni ufficiali libici passeggiare su un piazzale, quando all’improvviso irrompe un bagliore di luce seguito da una cortina di fumo. Dieci minuti più tardi la stessa scena si ripete. Un attacco aereo ha colpito l’edificio dove sono rinchiusi i migranti. Le conseguenze sono devastanti: le autorità locali contano 53 vittime.
Entrambi gli schieramenti sono sostenuti militarmente da forze straniere: il Gna da Turchia e Qatar; Haftar da Russia, Emirati Arabi Uniti e Egitto. Tutti soggetti accusati a più riprese da enti e osservatori internazionali di aver violato le disposizioni dell’embargo. Con conseguenze tragiche per la popolazione libica, e per chi dal Paese è costretto a transitarci
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Venduti dalla Francia negli anni ‘90, i Mirage 2000-9 rimangono il fiore all’occhiello dell’esercito emiratino. E ancora oggi diverse aziende europee hanno in carico la loro manutenzione, apportano migliorie e addestrano i piloti chiamati a guidarli. Prime fra tutte le francesi Dassault Systèmes e Thales, e il consorzio Mbda (di cui fa parte anche l’italiana Leonardo).
L’Onu condanna l’attacco di Tajoura come una violazione dei diritti umani. Quattro mesi più tardi, nel novembre 2019, gli Emirati firmano nuovi contratti per l’ammodernamento della loro flotta di Mirage 2000-9 dal valore di diverse centinaia di milioni di euro. A beneficiarne sono sempre i colossi dell’industria bellica europea. Come documentato da Lighthouse Reports, decine di tecnici di Dassault e dei suoi subappaltatori forniscono assistenza diretta ai Mirage 2000-9 in una base nei pressi di Abu Dhabi.
Dopo l’attacco al centro migranti, le incursioni dei caccia emiratini nei cieli del Nordafrica non si sono fermate. Le immagini satellitari ci dicono che i Mirage 2000-9 hanno stazionato in diverse occasioni nella base di Sidi Barrani, non lontano dal confine. All’inizio di giugno scorso, invece, un aereo della flotta è stato avvistato su suolo libico, parcheggiato all’aeroporto militare Gamal Abdel Nasser di Tobruk, la roccaforte di Haftar.
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«Siccome gli Emirati Arabi Uniti sostengono una fazione in Libia, anche attraverso l’uso di questi armamenti, sulle società coinvolte ricade l’obbligo della due diligence»
Il governo francese, che autorizza questi contratti di manutenzione tramite licenze, ritiene che il suo operato non sia in conflitto con «il rispetto dei suoi impegni internazionali». Sentito da Mediapart, un portavoce del primo ministro Jean Castex dice che «le misure [dell’embargo] si applicano solo alle forniture di armi e attività di assistenza e formazione da o verso la Libia». Quindi, sostiene il governo transalpino, «i contratti stipulati tra aziende francesi e forze armate degli Emirati Arabi Uniti non rientrano nell’ambito della risoluzione Onu».
Secondo Frédéric Mégret, professore di diritto internazionale alla McGill University di Montreal, non è così semplice tracciare un confine netto tra i due ambiti: «Siccome gli Emirati Arabi Uniti sostengono una fazione in Libia, anche attraverso l’uso di questi armamenti, sulle società coinvolte ricade l’obbligo della due diligence», sostiene l’accademico. «È difficile tenere traccia dell’uso di tutti questi dispositivi. Ma devi stare attento, informarti e non nascondere la testa sotto la sabbia».
Dassault Systemes, Thales e Mbda non hanno risposto alle domande inviate dai partner di EUarms.
I voli degli Airbus A400m dalla Turchia alla Libia
La discesa in campo ufficiale della Turchia a fianco del governo di al-Sarraj risale a gennaio 2020. Un supporto chiave arrivato in un momento di difficoltà per una fazione che, da allora, ha potuto fare affidamento sui cargo pieni di veicoli militari, munizioni e combattenti spediti da Ankara.
Un’impresa logistica non da poco, resa possibile dalla sua flotta aerea di A400m, velivoli militari da trasporto prodotti da un consorzio europeo guidato da Airbus. Le immagini satellitari e i dati di volo analizzati da EUarms mostrano come gli A400m turchi facciano la spola tra gli aeroporti di Istanbul, Gaziantep e Kayseri e le città libiche di Misurata e Tripoli. Solamente tra giugno e agosto scorsi sono stati almeno dieci i voli effettuati dalla forze di Ankara su questa rotta.
Alcuni video pubblicati sui social media negli stessi luoghi e orari di partenza degli A400m identificati da EUarms mostrano truppe di uomini salire a bordo degli aerei. Come il 6 luglio, quando su Twitter è comparso il video di un gruppo di presunti mercenari siriani all’interno di un A400m che da lì a poco sarebbe decollato da Gaziantep facendo rotta verso la Libia.
Agli Stati che acquistano l’aereo da trasporto, Occar garantisce supporto post-vendita e manutenzione. Un servizio che sarà costato oltre 37 miliardi di euro quando l’ultimo modello sarà dismesso, secondo le stime del consorzio. A gestire l’appalto è Airbus, che nell’estate del 2019 ha siglato con Occar un nuovo contratto valevole fino al 2023.
In base a questo accordo, Airbus fornisce supporto logistico e assistenza tecnica anche agli A400m turchi che portano armi e uomini in Libia violando l’embargo delle Nazioni Unite. La manutenzione degli aerei avviene nella base militare di Kayseri, in Anatolia, dove il colosso franco-tedesco fa stazionare una ventina di meccanici e ingegneri pronti all’uso. A Siviglia, quartier generale di Airbus Defence and Space, invece, vengono addestrati i piloti degli A400m. Tutti i militari turchi che conducono i velivoli in Libia hanno frequentato corsi nella base spagnola, secondo le informazioni raccolte da Lighthouse Reports.
Valentina Azarova, esperta di diritto internazionale del Global Legal Action Network, dice che i Paesi e le aziende europee coinvolte dovrebbero essere consapevoli delle circostanze in cui la Turchia utilizza l’aereo A400M e del loro contributo alle violazioni del diritto internazionale. «Ci sono abbondanti informazioni pubbliche sulle violazioni turche dell’embargo Onu in Libia e sulle operazioni turche nel nord della Siria con questo stesso aereo», conclude Azarova.
Un portavoce di Airbus ha dichiarato a EUarms che tutte le consegne dell’A400m sono state effettuate «in conformità con le leggi applicabili», mentre si è rifiutato di commentare le «singole missioni» svolte dagli utilizzatori dell’aereo.
EuArms è un progetto d’inchiesta coordinato dalla piattaforma olandese Lighthouse Reports in collaborazione con Mediapart, ARD, Stern, Arte, El Diario
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CREDITI
Autori
Philippe Gruel (ARD)
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*Antton Rouget
*Hans-Martin Tillack