Ciconte: «Mai recisi i rapporti con gli operatori economici sul territorio, anche dopo il maxi-processo Aemilia. La società civile non abbassi la guardia»
Il gigante delle Coop
Stefano Chianese
Mattia De Cristofaro
Rita Martone
Giovanni Soini
Dai primi anni del 2000 la multiservizi registra una crescita inarrestabile, arrivando a fatturare oltre un miliardo di euro all’anno. Ma la sua ascesa non è priva di ombre: sono infatti molti i processi in cui la cooperativa è stata implicata, con accuse che vanno dalla corruzione alla turbativa d’asta, e le vertenze collettive fatte dai lavoratori e dalle lavoratrici del gruppo, che denunciano spesso condizioni di lavoro pessime.
L'inchiesta in breve
- Sanificazione, vigilanza privata, logistica. Il gigante Coopservice, cooperativa emiliana di servizi, dai primi anni del 2000 registra una crescita inarrestabile, in tutti i settori, ma la sua ascesa non è priva di ombre.
- A Bologna Coopservice vince un maxi appalto da 123 milioni di euro per la fornitura di servizi all’ospedale Sant’Orsola. Il 20 agosto 2020 il Consiglio di Stato annulla l’appalto per conflitto di interessi.
- A gennaio 2022 inizia Silence, un processo che tratta le vicende avvenute all’interno del principale ospedale di Cosenza.
- Anche qui Coopservice aveva in gestione da agosto 2014 i servizi di pulizia e servizi integrativi. Le accuse sono molto pesanti: truffa aggravata ai danni dello stato, falso e frode in pubbliche forniture.
- Una persona dipendente della Coopservice, della quale tuteliamo l’anonimato, ha raccontato le sue condizioni lavorative. Una sola divisa in piena seconda ondata covid, straordinari non retribuiti, mansioni diverse da quelle stabilite nel contratto e falsificazioni delle tempistiche registrate.
- Marco Righi, segretario provinciale della Cgil di Reggio Emilia, racconta del riconteggio delle buste paga di 260 lavoratori dal 2016 al 2021. Quasi 800 mila euro di retribuzioni dovute e non corrisposte dalla cooperativa ai lavoratori e alle lavoratrici.
I presunti comportamenti illeciti contestati alla Coopservice nelle diverse indagini seguono uno schema comune ma, nonostante ci siano diversi processi ancora in corso, molte operazioni giudiziarie del passato si sono concluse in prescrizione, oppure con l’assoluzione degli imputati. Una delle più recenti e importanti che vede protagonista Coopservice prende il via il 20 agosto 2020, quando il Consiglio di Stato revoca alla cooperativa un maxi appalto da 123 milioni di euro, vinto per la fornitura di servizi di supporto alla persona dell’ospedale Sant’Orsola di Bologna.
L’appalto era stato indetto a dicembre 2017 e vinto nel gennaio 2019. Un anno dopo, con l’inizio della pandemia da Coronavirus, i servizi forniti da Coopservice erano più richiesti e importanti che mai. Coopservice vince l’appalto, superando la concorrenza delle cooperative Dussmann e Reekep, entrando così nell’ospedale Sant’Orsola-Malpighi, il maggiore istituto di ricovero e cura dell’intera regione.
L’appalto al Sant’Orsola di Bologna
Che ci fossero delle particolarità sospette attorno a questo appalto poteva essere evidente fin dal principio. Il progetto di gara era stato ideato e coordinato dal dottor Marco Storchi, dirigente del Sant’Orsola e legato da stretta parentela alla Coopservice. Roberto Olivi infatti, presidente della Coopservice, è il cognato di Storchi, e quest’ultimo è stato anche dipendente della stessa cooperativa dal 1998 al 2004.
La vicenda prende una svolta decisiva quando il 20 agosto 2020 il Consiglio di Stato annulla il maxi appalto per conflitto di interessi e lo affida quindi alla terza classificata, la cooperativa Reekep. Chiara Gibertoni, direttrice generale del policlinico, che all’epoca dell’aggiudicazione dell’appalto non era ancora a capo della struttura, in un’intervista del 6 giugno 2022 spiega che Marco Storchi lavorava per l’ospedale già dal 2012, e che, nonostante non si fosse mai occupato di sanificazione, si propose di coordinare il progetto di gara.
La dottoressa aggiunge che una volta terminata la progettazione, Storchi sarebbe stato estromesso dal DEC, la direzione esecutiva dell’appalto, a causa del potenziale conflitto d’interessi con il presidente della cooperativa, vedendosi affidare l’incarico di direttore della ristorazione. Il Servizio Acquisti Metropolitani dell’Ausl di Bologna, ossia l’organo che indice le gare d’appalto per l’azienda ospedaliera però, secondo la sentenza del Consiglio di Stato, rimosse Storchi solo dopo l’aggiudicazione della gara, quando il 27 febbraio del 2019 il progettista dichiarò il potenziale conflitto d’interessi.
Per quanto riguarda invece il passato lavorativo nella cooperativa, nella sentenza del Consiglio di Stato si evince come il curriculum del dirigente, pubblicato sul sito istituzionale dell’Azienda, nulla riferisca sul suo passato a Coopservice, che non emerge neppure nelle dichiarazioni rese in corso di gara dalla Coopservice stessa. Una faccenda complessa, che è costata alla cooperativa il subentro della concorrente Reekep da luglio 2022, e l’apertura di un’indagine da parte della Procura bolognese. Abbiamo contattato la Coopservice per avere chiarimenti sulla vicenda ma purtroppo le nostre domande non hanno ottenuto risposte.
Ma mentre i due giganti della cooperazione si fronteggiavano a colpi di ricorsi, i lavoratori dell’appalto lamentavano una situazione ai margini della legalità. Una persona dipendente della Coopservice, della quale tuteliamo l’anonimato, ha raccontato le sue condizioni lavorative e quelle di alcuni suoi colleghi. Nel pieno della seconda ondata di Coronavirus, si sono dovuti accontentare di una sola divisa fornita dalla Coopservice. Hanno dovuto effettuare straordinari non retribuiti, mansioni che non corrispondevano a quelle stabilite nel contratto e falsificazioni delle Sla (service level agreement) ovvero le tempistiche che un fornitore deve rispettare secondo quanto stabilito con l’ente appaltatore. Queste sono alcune delle denunce fatte dalla persona intervistata che descrive anche le pessime condizioni strutturali di un tunnel sotterraneo del Policlinico di Bologna utilizzato per trasportare i pazienti su piccoli veicoli elettrici.
Il processo Silence a Cosenza
Il caso del Sant’Orsola non è l’unico che la cooperativa deve affrontare. A gennaio 2022 inizia infatti Silence, un processo tuttora in corso che tratta le vicende avvenute all’interno dell’Annunziata, il principale ospedale di Cosenza. Anche qui Coopservice aveva in gestione da agosto 2014 i servizi di pulizia e servizi integrativi per gli ospedali di Cosenza e della vicina Rogliano, per un appalto indetto dalla regione Calabria.
Le accuse sono molto pesanti: truffa aggravata ai danni dello stato, falso e frode in pubbliche forniture. Secondo l’indagine iniziata nell’aprile 2018, la Coopservice avrebbe chiesto e ottenuto il pagamento di ore di lavoro mai effettuate: un illecito profitto tratto dal denaro pubblico stimato intorno ai 3 milioni di euro.
Nello specifico la cooperativa è accusata di aver fornito false rendicontazioni in merito all’effettuazione delle ore di lavoro: sarebbero stati compilati i prospetti con dati non veritieri circa il numero delle ore giornaliere effettuate dal personale della società appaltatrice Coopservice e dalla società sub-appaltatrice Multiservice Sud, con i corrispondenti importi di denaro per un ammontare complessivo pari a € 3.092.416,04.
Venivano svolti servizi di pulizia del tutto inadeguati, scarsi e insufficienti sul piano qualitativo e quantitativo, e comunque non conformi a quelli contrattualmente pattuiti. Si impiegavano, per le mansioni di cura e igiene alla persona, personale addetto ai servizi di pulizia e non inquadrato contrattualmente nella categoria degli Operatori Socio Sanitari (O.S.S.).
Tra i tredici indagati c’è Monica Fabris, dirigente della Coopservice. Secondo l’accusa la dirigente e quattro colleghi della cooperativa non avrebbero controllato che il servizio di sanificazione venisse effettivamente erogato.
Nel febbraio 2019 i Nas di Cosenza intercettano una telefonata tra Monica Fabris e il compagno.
«Te lo dico qua al telefono tanto non me ne frega più niente. Coopservice ha pagato una tangente di 420mila euro. Se graffiano un pochino, con quella vicenda lì sono fottuti, non ne escono. Sono sicura che lì c’è l’inciucio. Cioè non sono… non sono entrati a Cosenza per merito di gara… questo voglio dire».
La mazzetta di cui parla la Fabris, secondo gli inquirenti, sarebbe la quota che la cooperativa emiliana avrebbe pagato per assicurarsi l’appalto cosentino.
Anche su questo punto le domande di Irpimedia non hanno ricevuto risposta da Coopservice.
Proprio a causa delle misure restrittive adottate dal gip di Cosenza a carico di figure apicali dell’azienda e a seguito dell’inchiesta cosentina, la Coopservice si sarebbe vista revocare un altro maxi appalto: secondo Il Fatto di Calabria, il Consiglio di Stato avrebbe infatti annullato al colosso emiliano un appalto per pulizie e sanificazione degli ospedali di tutta l’area centrale ligure.
La cooperativa friulana Idealservice, seconda classificata, avrebbe inizialmente perso il ricorso dinanzi al Tar della Liguria, ma non rassegnandosi avrebbe ottenuto ragione davanti al Consiglio di Stato, provocando l’annullamento del maxi appalto. Tra le argomentazioni, le diverse condotte morali discutibili a carico di Coopservice: il già citato processo Silence a Cosenza e l’appalto al Sant’Orsola di Bologna.
Ad ottobre 2021 interviene Giuseppe Busìa, presidente dell’Autorità nazionale anticorruzione (Anac), che propone al prefetto di Cosenza di applicare una misura di straordinaria e temporanea gestione dell’impresa per fatti corruttivi.
Viene così assegnato l’incarico temporaneo al commercialista Luca Littamè, che dal 28 gennaio al 28 aprile 2022 ha affiancato gli organi della società, al fine di agevolare il ritorno alla piena legalità. Una misura di monitoraggio che consente una revisione trasversale sotto il profilo organizzativo e gestionale della società nel suo complesso, anche in abbinamento con eventuali iniziative di revisione e di bonifica assunte autonomamente dall’organizzazione.
Il precedente al Policlinico di Modena e le condizioni dei lavoratori di Reggio Emilia
Le indagini su coopservice, tutte basate su accuse molto simili, sembrano mettere in luce un pattern di comportamenti costante e ripetuto. Anche andando indietro nel tempo, sembrerebbe che la prassi adottata dalla cooperativa sia sempre la stessa. L’indagine Last Business, infatti, avviata nel 2014, aveva già descritto un complesso sistema di appalti pilotati all’interno del sistema sanitario modenese tra il 2007 e il 2012. Fra le principali accusate, di nuovo Coopservice, la sua controllata Servizi Italia e una costellazione di altre aziende più piccole.
L’indagine viene avviata in una prima fase nel gennaio 2012, quando nell’ambito di un altro procedimento, vengono captate conversazioni inerenti a un presumibile sistema di tangenti. Al centro del meccanismo corruttivo sarebbe stata la figura del Direttore Generale del Policlinico di Modena, il dottor Stefano Cencetti, che l’accusa ritiene utilizzasse delle onlus per ricevere il pagamento di tangenti.
Il processo parte nel 2017 a Modena e coinvolge inizialmente 50 imputati, tra cui il presidente della Coopservice Roberto Olivi.
Oltre al presidente Olivi, di Coopservice e Servizi Italia sono stati imputati e prescritti gli ex dirigenti Reggiani, Facchini e Righi. Attualmente, il procedimento in corso resta in piedi solo per i soggetti accusati di riciclaggio.
Quanto emerge dalle indagini, è un quadro complesso che si ripercuote sulle lavoratrici e sui lavoratori, spesso costretti a ore di lavoro non pagate, fermi cantiere e permessi non retribuiti non richiesti dal lavoratore. E’ quanto viene evidenziato da Marco Righi della Cgil di Reggio Emilia. Sul territorio di sua competenza sono circa quattrocento i lavoratori della Coopservice. Lo scorso anno, più della metà di queste persone, ha unito le forze e insieme al sindacato ha portato avanti un’azione collettiva per il recupero di un’ingente somma di denaro, sottratta dalle buste paga dei lavoratori.
Estero: in Albania salta un ministro per un appalto
Nelle indagini che coinvolgono questa cooperativa, i nomi di dirigenti e manager compaiono anche all’estero. La vicenda che vede nuovamente coinvolta Servizi Italia, controllata di Coopservice, riguarda quella che sembrerebbe essere la più grande concessione in ambito medico del governo albanese, cioè quella riguardante la sterilizzazione di apparecchiature mediche di ospedali pubblici e convenzionati. La vincitrice è Saniservice, un consorzio di imprese composto da Investital LLC, la controllata di Coopservice Servizi Italia, e altre due aziende italiane, Tecnosanimed e U.Jet s.r.l.
Investital LLC, che fa parte del consorzio al 40%, avrebbe a disposizione un capitale sociale di soli 1000 euro e nel suo passato non avrebbe mai avuto a che fare con l’ambito medico. L’appalto, per un’azienda tanto piccola, sarebbe enorme: più di 100 milioni complessivi per una durata di 10 anni. Non è chiaro quale ruolo svolga la società Investital LLC nel consorzio, che avrebbe capitale minimo e nessuna esperienza nel campo della medicina.
Secondo la banca dati Opencorporates.al, il titolare effettivo della società è Ilir Rrapaj, cittadino albanese classe 1972, titolare anche di un’altra piccola azienda edile con sede a Perugia ed un solo dipendente.
Rrapaj verrà dichiarato nel 2015 il principale vincitore del contratto di concessione per la sterilizzazione. Gli altri titolari effettivi della società sarebbero Roberto Olivi, Presidente della Coopservice e del Consiglio di Amministrazione di Servizi Italia e altri due membri del Cda di Servizi Italia.
Dopo l’assegnazione dell’appalto sono arrivate le denunce del chirurgo albanese Artan Koni. Insieme ad una cordata di medici ha denunciato, anche in Tv, come la sterilizzazione di un set chirurgico costava 20,4 euro prima del nuovo appalto, mentre dopo il contratto costava 120 euro, ovvero 5 volte di più.
Il caso è diventato una questione nazionale in Albania, portando ad una serie di indagini da parte della polizia albanese. Non si è arrivati a processo, il caso però è stato riaperto dalla SPAK, la nuova polizia federale dell’Albania, nel gennaio 2020.
Gli interrogatori sono ancora in corso: nel luglio 2022 è stato sentito Beqaj, ormai ex ministro dal 2017, in un interrogatorio durato 9 ore.
Ad essere indagato sarebbe il presunto legame tra Ilir Rapaj, proprietario di Investital LLC nonchè principale titolare del consorzio, e ilir Beqaj, ministro della Salute ai tempi dell’assegnazione dell’appalto. L’idea di fornire la concessione infatti sarebbe stata presentata proprio dal ministro della Salute Ilir Beqaj nel 2014.
I primi sospetti sulla vicenda nascono dopo la vittoria del Partito Socialista alle elezioni del giugno 2013, quando Rrapaj torna in Albania e stabilisce un contatto con l’allora ministro della Salute Ilir Beqaj. I contatti proseguono con la visita da parte del ministro e del premier albanese Rama a Perugia.
Se dal punto di vista giudiziario la vicenda rimane aperta e non sono ancora stati riscontrati degli illeciti penali, è arrivata però una risposta da parte delle istituzioni: il governo albanese avrebbe deciso di diminuire il costo per la sanificazione delle apparecchiature mediche e Beqaj non è stato più riconfermato ministro della sanità.
Nel gennaio 2020 infatti, dopo l’avvio dell’istruttoria SPAK (polizia federale), esattamente un giorno dopo, il governo Rama, avrebbe deciso di ridurre del 25% il prezzo pagato alla società concessionaria. Questa revisione del contratto è stata commentata come una “correzione mirata” dopo l’avvio delle indagini. L’ex ministro Ilir Beqaj, che non ha potuto essere eletto deputato nel distretto di Scutari alle ultime elezioni, avrebbe dovuto assumere una posizione di rilievo nel nuovo parlamento. Il ritardo nella nomina ha sollevato sospetti che ciò sia accaduto a causa delle indagini.
CREDITI
Autori
Stefano Chianese
Mattia De Cristofaro
Rita Martone
Giovanni Soini
Editing
Giulio Rubino
In collaborazione con
Scuola di giornalismo Lelio Basso