Industriali, lobby e autofinanziamento: chi finanzia i partiti in Italia
23 Giugno 2020 | di Lorenzo Bodrero, Matteo Civillini
I numeri in crescita però non devono illudere. Vero è che, secondo OpenPolis, le entrate per i partiti sono tornate a crescere dal 2018, invertendo una tendenza in negativo che durava dal 2013, anno in cui venivano aboliti i rimborsi elettorali. Dall’altro lato, i due principali strumenti per il finanziamento dei partiti – il 2×1000 e le donazioni private – sono ancora in fase di rodaggio. Dal 2014, infatti, i contribuenti possono decidere se destinare il 2×1000 del proprio reddito ai partiti anziché allo Stato. Ma lo strumento è ben lontano dall’essere sfruttato pienamente: secondo il Ministero dell’economia, nel 2018 soltanto il 3,3% dei contribuenti ha deciso di destinarlo. Infine, le donazioni private, secondo l’osservatorio di Transparency, nell’88% dei casi arrivano dai parlamentari stessi.
Quest’ultima modalità è dunque di gran lunga la più sfruttata dai partiti italiani per affrontare le spese di gestione.
Alle donazioni dei propri parlamentari fa grande affidamento anche la Lega di Salvini. I finanziamenti entrati nelle casse della Lega sono calati l’anno scorso a 5,9 milioni di euro, dai 7,8 milioni del 2018. Circa il 98% dei contributi proviene da deputati e senatori del partito, chiamati a versare 3mila euro al mese. Una misura introdotta da Matteo Salvini all’indomani delle elezioni politiche del 2018 per rimpolpare un bilancio non proprio florido. Tra i soggetti privati, a farla da padrone con una donazione da 100mila euro non è un colosso dell’industria bensì una piccola-media impresa di Pozzuoli: Coseco Srl. Un maxi-finanziamento quello dell’impresa edile, nonostante, come raccontato da Il Fatto Quotidiano, abbia subito un crollo degli affari, registrando una perdita di 340mila euro. Paolo Cosenza, a capo della Coseco, ha dichiarato al Fatto che per lui i 100mila euro alla Lega sono stati «un investimento». Un assegno da 30mila euro l’ha invece staccato Confagricoltura.
La lobby delle imprese agricole ha una peculiarità. Una sorta di par condicio di facciata che ha portato il sindacato degli agricoltori a distribuire donazioni da destra a sinistra, nonostante l’ammontare dei bonifici possa suggerire da che lato pende l’ago nell’emiciclo: detto dei 30mila euro alla Lega, altri 25 mila destinati sia a Forza Italia sia a Fratelli d’Italia, e 1.000 al Partito Democratico.
A contare sui grandi donatori privati sono innanzitutto i piccoli partiti spuntati sulla scena politica nell’ultimo anno. È così per Cambiamo!, la formazione fondata nell’agosto 2019 dal governatore della Liguria Giovanni Toti, insieme a un drappello di deputati e senatori fuoriusciti da Forza Italia. Al Comitato Change – l’associazione utilizzata da Toti per raccogliere finanziamenti – il contributo più consistente, 100mila euro, è arrivato da Moby Spa, compagnia di navigazione guidata dall’armatore Vincenzo Onorato e reduce da un anno turbolento che l’ha portata più volte sulle cronache dei giornali.
Prima per i 150mila euro elargiti alla Fondazione Open (collegata a Matteo Renzi), passati al vaglio dai pm di Firenze che indagano sulle sue attività. Poi, per ulteriori versamenti effettuati tra il 2018 e il 2019 in base a un contratto di partnership con la Casaleggio Associati e il blog di Beppe Grillo: bonifici segnalati come operazioni sospette dall’Unità antiriciclaggio della Banca d’Italia. Infine, lo scorso marzo la Commissione europea ha imposto a Moby la restituzione di 15 milioni di aiuti di stato erogati alla controllata Tirrenia e considerati illegittimi.
Ad alimentare le casse di Cambiamo! è stata poi la Black Oils Spa, società genovese attiva nei settori petrolifero e del gas metano con 250 impianti di rifornimento nel Nord Italia. Presidente della società è Mario Maria Costantino, che siede inoltre nel Consiglio d’Amministrazione dell’Ospedale Pediatrico Gaslini. Black Oils ha versato 50mila euro al Comitato Change, mentre 30mila sono arrivati da Diaspa Srl, azienda che si occupa di analisi di mercato.
Anche i finanziamenti al Comitato Change sono finiti sotto la lente della magistratura dopo che lo scorso gennaio Bankitalia ha attivato un alert per operazioni sospette. Il nodo da sciogliere sarebbe il presunto trasferimento di una parte dei fondi su un conto corrente intestato proprio a Toti. Il governatore ligure si è difeso dichiarando che «si tratta di regolari finanziamenti all’attività politica così come è previsto negli scopi statutari di Change».
Top manager e storici industriali la fanno da padrone nella lista dei finanziatori di Siamo Europei, movimento lanciato dall’ex ministro dello Sviluppo Economico Carlo Calenda dopo la sua uscita dal Partito Democratico. Il capofila è, con 100mila euro, Alberto Bombassei, storico fondatore e presidente della Brembo ed ex deputato di Scelta Civica. Molto vicino a Calenda già dai tempi del Ministero dello sviluppo economico, Bombassei si è speso in prima persona per il nuovo progetto organizzando a fine ottobre una cena con il gotha dell’industria bergamasca. Alcuni industriali hanno poi fatto donazioni al partito di Calenda: 30 mila euro li ha versati Gianfelice Rocca, presidente del gruppo Techint che racchiude, tra gli altri, le acciaierie Tenaris e gli ospedali privati Humanitas; altri 30mila euro sono arrivati da Gewiss Spa, società bergamasca di elettronica e sponsor dell’Atalanta. Tra i finanziatori di peso compaiono poi Maire Tecnimont, la multinazionale attiva nei settori oil&gas, petrolchimica e fertilizzanti, Lupo Rattazzi, rampollo di famiglia Agnelli e presidente della compagnia aerea Neos.
Il figlio di Susanna Agnelli è stato ben più generoso con l’altro partito formato da transfughi del Pd, ovvero Italia Viva. Alla formazione di Matteo Renzi, Rattazzi ha versato 100mila euro, tre volte tanto rispetto all’assegno staccato a Calenda. Stessa cifra elargita anche dall’amministratore delegato della Venchi, Daniele Ferrero, che della nota società di produzione di cioccolato è anche primo azionista e presidente. Il “re italiano della City”, l’italiano naturalizzato britannico Davide Serra, nonché fondatore del fondo Algebris ha invece versato un contributo di 90mila euro. Ad alimentare le ambizioni del partito di Matteo Renzi contribuisce, indirettamente, anche la famiglia reale britannica: la Quintessentially Concierge Srl, società per servizi di concierge di stampo british ma con un ufficio anche a Milano, ha versato 20mila euro. Tra i cofondatori figura Ben Elliot, attuale presidente del Partito Conservatore britannico nonché nipote di Camilla Shand, duchessa di Cornovaglia e seconda moglie del principe Carlo.
Il Partito Democratico ha invece fatto affidamento sui contributi versati dai propri deputati e senatori: una quota mensile da 1.500 euro come prevede il regolamento del partito. In aggiunta, una fetta consistente del bilancio (2,3 milioni circa) viene dalla liquidazione dei fondi dal gruppo Pd alla Camera della legislatura precedente e trasferiti a quello attuale. Finanziamenti proveniente da singoli cittadini e società private pesano solo per circa il 3,3% del totale. L’importo più corposo, 30mila euro, l’ha versato l’avvocato Demetrio Battaglia, ex consigliere della Regione Calabria ed ex deputato Pd. Tra le aziende spicca con 20mila euro Energas Spa, azienda napoletana leader in Italia nella vendita di Gpl. La società si è resa protagonista negli ultimi anni di uno scontro proprio con il Partito Democratico, nella sua declinazione locale di Manfredonia, per il progetto di costruzione di un maxi-deposito costiero di Gpl nella città pugliese. Due finanziamenti da 10mila euro ciascuno sono poi stati erogati da Aboca, azienda specializzata in agricoltura a piante medicinali, e la Cooperativa Angel.
Forza Italia ha assistito a una drastica riduzione delle entrate rispetto al 2018. Il partito di Silvio Berlusconi è infatti passato dai 4,9 milioni dello scorso anno ai 2 milioni del 2019. I versamenti più importanti arrivano naturalmente dall’universo familiare e imprenditoriale dell’ex Cavaliere. La Fininvest ha contribuito per 100mila euro, la stessa somma elargita da Paolo Berlusconi, fratello di Silvio. Da Alfredo Messina, senatore e tesoriere di Forza Italia nonché vicepresidente di Mediolanum, sono arrivati invece 70mila euro. Tra i numerosi enti privati figurano il colosso alimentare Cremonini Spa (30mila euro), il quale conta anche una donazione di 10mila euro al Partito Democratico, e la Società delle Scienze Umane Srl, azienda promotrice dell’Università degli Studi Niccolò Cusano, istituto di istruzione incentrato sulla formazione a distanza.
Nella Destra italiana non sono solo i contributi alla Lega ad aver subito una cura dimagrante. Fratelli d’Italia è passata da 1,6 milioni del 2018 a 1,1 milioni nel 2019. Un ruolo di particolare rilevanza per le casse del partito di Giorgia Meloni lo ricopre Ylenia Lucaselli: un lungo trascorso nel centrosinistra, ha cambiato casacca nel 2018 quando finalmente riesce a diventare deputata grazie a Fdi. Nel 2019 ha versato 26mila euro nelle casse del suo neo partito, che si aggiungono ai 90mila elargiti l’anno prima. Anche suo marito, l’americano Daniel Hager, ha portato un contributo non da poco nel 2018, con un versamento di 95mila euro. Sempre nel 2018, la coppia, tramite la loro società di logistica H.C. Consulting, ha infine contribuito con un assegno da 15mila euro, ergendosi così a player cruciale per le casse della Meloni. Vincenzo Onorato, titolare della società navale Moby, ha bissato l’impegno profuso nel 2018 con una donazione da 20mila euro a titolo personale e rilanciando con una da 5mila per conto della sua società.
È degno di nota, infine, il balzo di +Europa. Il partito fondato da Emma Bonino è passato dai 10mila euro raccolti nel 2018 ai 417mila nel 2019. A sostenere il partito con vocazione europeista sono principalmente il miliardario George Soros e la moglie Tamiko Bolton. Insieme hanno versato poco meno di 200mila euro. Con un passato da hedge fund manager, Soros oggi si occupa di filantropia attraverso la Open Society Foundations.