La costruzione di un porto temporaneo a Venezia per accogliere le grandi navi ha riaperto un dibattito che lacera la città da decenni, tra chi si batte per la salvaguardia della laguna e chi spinge per la crescita economica a tutti i costi
Le armi tedesche alla Russia
#EuArms
A lla fine del 2011, negli uffici di Dusseldorf di Rheinmetall, il colosso tedesco degli armamenti, c’era di che festeggiare. Una tanto attesa commessa era finalmente arrivata da Mosca, ed era stata accolta con grande entusiasmo. Era la conferma dell’ordine per la costruzione di un centro di addestramento per l’esercito russo nella città di Mulino, a circa trecento chilometri a est di Mosca, del valore di cento milioni di euro.
Una volta ultimato, il centro avrebbe potuto ospitare fino a 30mila soldati ogni anno, che avrebbero potuto addestrarsi, fra le altre cose, alla guerriglia urbana casa per casa.
Secondo la stessa Rheinmetall, in un comunicato stampa del novembre 2011, la commessa era di «particolare importanza strategica» perché era il primo passo per entrare nel mercato russo, il primo di molti, speravano i dirigenti.
In quel periodo il governo federale tedesco era particolarmente focalizzato sul sostenere le esportazioni e le forze armate tedesche stavano ancora cercando di metter su una specie di partnership con quelle russe. Dieci anni dopo, nell’autunno del 2021, l’armata rossa si stava allenando proprio in quello stesso centro per preparare la brutale invasione dell’Ucraina e per apprendere le tattiche adatte al tipo di guerriglia urbana che ha preso forma in città come Mariupol.
Purtroppo per Rheinmetall, le cose non sono andate come speravano. Dopo l’annessione della Crimea nel 2014, il gruppo di Dusseldorf ha dovuto rinunciare alle sue ambizioni, ma fino ad allora l’ingresso nel mercato russo era talmente importante per l’azienda tedesca che, secondo le ricerche fatte da Correctiv e Welt, potrebbero aver preso in considerazione di facilitare la firma del contratto con delle tangenti.
Un’indagine ufficiale infatti, condotta dalla procura di Brema, aveva messo sotto inchiesta due manager del gruppo Rheinmetall per il pagamento, tramite un’azienda “di carta”, di 5,38 milioni di euro diretti verso soggetti russi non meglio identificati.
I due sono stati imputati per malversazione, o uso illecito di fondi dell’azienda, nel luglio 2019.
A Brema, Rheinmetall ha una presenza importante, e costruisce componenti elettroniche per i centri di addestramento, oltre che simulatori per equipaggi di sottomarini e molto altro.
Il procedimento penale però si è fermato l’anno successivo senza riuscire a provare l’effettivo pagamento di tangenti, e i due manager hanno patteggiato l’accusa di uso improprio di fondi, costretti al pagamento di un’ammenda da 12mila euro a testa.
Rheinmetall non ha risposto per ora alle domande di Correctiv, spiegando che troppi impiegati erano assenti per via delle vacanze di Pasqua.
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RWM Italia è coinvolta in almeno due procedimenti penali. A Cagliari, il 25 marzo la Procura ha chiesto il rinvio a giudizio dei vertici di RWM Italia e dei tecnici che hanno lavorato a un piano di ampliamento della fabbrica che secondo le accuse sarebbe irregolare. L’indagine è scaturita da un esposto di diverse organizzazioni del mondo pacifista ed ecologista e il 29 giugno ci sarà l’udienza preliminare davanti al giudice Manuela Anzani. A Roma invece la Procura ha aperto da tempo un fascicolo a carico dei vertici di RWM Italia e dell’Autorità nazionale per l’esportazione di armamenti (Uama), unità che appartiene al Ministero degli Esteri. Secondo diverse organizzazioni non governative internazionali, ci sono elementi che farebbero ipotizzare l’uso di armi prodotte dalla fabbrica di Domusnovas nell’attacco aereo al villaggio di Deir al-Hajari, nel 2016. La Procura di Roma è stata incaricata di accertare le eventuali responsabilità dell’azienda in questo episodio ma poi per due volte ha chiesto l’archiviazione. La Giudice delle indagini preliminari Roberta Conforti a febbraio 2021 ha accolto il ricorso delle organizzazioni pacifiste a che entro sei mesi fossero raccolti gli elementi di prova per completare il rinvio a giudizio. A marzo 2022 però la Procura di Roma ha per una seconda volta chiesto che il procedimento venisse archiviato.
Il quadro sulle spese militare e i numeri di RWM Italia
Il fatturato di RWM Italia tra il 2019 e il 2020, secondo i dati dell’osservatorio Top Aziende del Quotidiano nazionale, è passato da 116 a 140,7 milioni di euro. Anche la produzione ha registrato un aumento. La tendenza del mercato degli armamenti è a livello globale in crescita. Lo Stockholm International Peace Research Institute (SIPRI), il più importante centro di ricerca che si occupa di spese militari a livello globale, osserva che la spesa mondiale ha raggiunto nel 2021 la cifra complessiva di 2.113 miliardi, ossia lo 0,7% in più del 2021 e il 12% in più del 2011. Quindici paesi totalizzano l’81% delle spese militari. Tra questi compare anche l’Italia, che si trova all’undicesimo posto della classifica con 32 miliardi di euro (+4,6% contro una media dell’Europa occidentale del +3,1%).
Il 31 marzo è stato licenziato e convertito in legge quello che i giornali hanno chiamato “il Decreto Ucraina”, un pacchetto di misure attraverso cui il governo italiano incrementerà le spese militari fino al 2% del Pil allo scopo di aiutare l’Ucraina a opporsi all’invasione della Russia. «Il decreto legge prevede la partecipazione, fino al 30 settembre 2022, di personale militare alle iniziative della NATO per l’impiego della forza ad elevata prontezza, denominata Very High Readiness Joint Task Force (VJTF)», si legge nella scheda con le Disposizioni urgenti sulla crisi in Ucraina pubblicata sul sito della Camera. «Si prevede, inoltre, fino al al 31 dicembre 2022 la prosecuzione della partecipazione di personale militare al potenziamento dei seguenti dispositivi della NATO: a) dispositivo per la sorveglianza dello spazio aereo dell’Alleanza; b) dispositivo per la sorveglianza navale nell’area sud dell’Alleanza; c) presenza in Lettonia (Enhanced Forward Presence); d) Air Policing per la sorveglianza dello spazio aereo dell’Alleanza». Tra gli altri punti chiave del Decreto legge c’è «la cessione di mezzi ed equipaggiamenti militare all’Ucraina, a titolo gratuito non letali di protezione».
Non è raro che in Germania, come anche in Italia, le indagini per corruzione internazionale arrivino a un punto morto, con conseguenze minime o nulle per i soggetti indagati. Lo conferma anche un’ulteriore analisi fatta da Correctiv, assieme Die Welt e Ippen Investigativ, su tutti i casi di questo tipo finiti nelle corti tedesche fra il 2015 e il 2020.
Mascherare il pagamento di tangenti nel caso di contratti internazionali è infatti una prassi molto ben “testata”, e dimostrare che i fondi trasferiti siano effettivamente finiti in mano a un pubblico ufficiale straniero è estremamente complesso e difficile da investigare, anche nella piena collaborazione fra forze di polizia di diversi Paesi. È per questo che spesso i procuratori preferiscono procedere per uso improprio di fondi, per poter almeno sanzionare i flussi di denaro diretti verso destinatari non identificabili con chiarezza all’estero. Purtroppo molte di queste indagini finiscono archiviate con il pagamento di ammende relativamente basse.
I casi giudiziari analizzati contengono oltre 80 casi di sospetta corruzione internazionale, incluso quello di Brema contro Rheinmetall. Negli ultimi anni, la procura di Brema è infatti fra quelle che più di tutte le altre in Germania si è impegnata a indagare casi di questo tipo.
Sospetti di corruzione a Rheinmetall
Gli investigatori di Brema avevano avuto maggior successo in un altro caso, precedente, che non era arrivato all’attenzione della stampa: nel 2013 e nel 2014 impiegati di Rheinmetall nelle Filippine avrebbero corrotto il capo dell’accademia navale del paese per ottenere una commessa per un simulatore per il centro di addestramento degli equipaggi navali.
A dicembre 2018, Rheinmetall ha negoziato in merito un’ammenda di circa tre milioni di euro, più o meno equivalente all’intero profitto che avrebbe ottenuto illegalmente tramite questo accordo sottobanco.
Nel 2014, la procura di Brema aveva già multato il colosso degli armamenti tedesco per ben 37 milioni di euro, in connessione a una commessa da parte della Grecia, che nel 2000 aveva comprato da Rheinmetall 134 milioni di euro di armamenti antiaerei. Nonostante ci siano voluti ben 14 anni, alla fine i magistrati sono riusciti a dimostrare che l’azienda non aveva fatto abbastanza per prevenire la corruzione dei funzionari greci che hanno gestito il contratto.
All’epoca, l’azienda ha dovuto promettere di aggiornare il suo sistema di compliance interno e, in un’intervista di fine 2014, l’amministratore delegato di Rheinmetall Armin Papperger, aveva dichiarato che «infrazioni sistematiche non avverranno più in futuro»
Ma nonostante le promesse, Rheinmetall ha continuato a contare su transazioni opache nella gestione delle sue commesse, come Correctiv e Stern avevano già scoperto nel 2018. Il gruppo aveva infatti pagato al businessman libanese Ahmad El Husseini la sconcertante cifra di 15 milioni di dollari come “consulenza” per appianare un problema sorto riguardo il funzionamento dei cannoni per le navi della marina militare degli Emirati Arabi. El Husseini avrebbe usato i suoi agganci politici negli Emirati per trovare un accordo, e forse anche il denaro di Rheinmetall?
L’azienda nega con forza questa ricostruzione e anzi sostiene di essersi dotata di un moderno ed efficace sistema di “compliance”. Ogni sospetto è immediatamente analizzato, sostengono.
Un’industria bellica a rischio corruzione
Rheinmetall non è un caso isolato nel mondo dell’industria della difesa tedesca. Nel 2018 ad esempio, Airbus ha pagato 81,25 milioni di euro in connessione alla vendita di aerei da guerra Eurofighter all’Austria. Gli inquirenti di Monaco hanno a lungo indagato il caso, sospettando che si trattasse di una tangente, ma non sono riusciti a chiarire i movimenti precisi della somma di denaro in questione. Anche molti dei contratti del reparto navale di ThyssenKrupp sono stati indagati, fra cui una vendita di sottomarini a Israele e una di fregate all’Algeria.
Con la guerra in Ucraina inoltre, l’export di armi tedesche vedrà probabilmente un notevole incremento. I paesi dell’Est-Europa in particolare si stanno armando, e dovranno presto ricomprare quei materiali e mezzi che sono stati inviati in Ucraina. Anche prima della guerra in corso comunque, Rheinmetall aveva già ricevuto un ordine dall’Ungheria per mezzi di trasporto truppe “Lynx”, del valore di oltre due miliardi di euro. In futuro, questi stessi mezzi saranno prodotti direttamente in Ungheria, per altri clienti del gruppo tedesco.
In Germania, il governo federale riserva relativamente pochi fondi al suo stesso esercito, eppure ha sempre supportato con i suoi canali diplomatici l’esportazione di armamenti. L’allora ministro della difesa Thomas de Maizière nel 2011 andò a Mosca proprio per offrire all’esercito russo il know-how tedesco sugli armamenti. Poco più tardi, a Rheinmetall è arrivata la famosa commessa per il centro d’addestramento da 500 chilometri quadrati costruito a Mulino, che a sua volta è modellato su quello costruito per l’esercito tedesco in Sassonia.
«Abbiamo un interesse di sicurezza ad avere un esercito russo moderno e ben gestito» ha dichiarato De Maizière all’epoca. Raggiunto da Correctiv oggi, ha invece dichiarato che già allora era in realtà piuttosto scettico rispetto al contratto di Rheinmetall. «Il gruppo però voleva moltissimo quella commessa», ha dichiarato.
Nel 2013, cinque anni dopo l’invasione della Georgia da parte della Russia, a nove soldati russi era stato permesso di addestrarsi per alcuni mesi nel centro di addestramento Rheinmetall in Sassonia, a spese del Bundeswehr, l’esercito tedesco. Ufficialmente, la mossa doveva, secondo il ministero della difesa tedesco, rappresentare uno «scambio di esperienze e di valori». Come molte delle speranze un po’ ingenue di Berlino, anche questa sembra essere stata disattesa, almeno a guardare le immagini che arrivano da Bucha e da altri teatri di guerra in Ucraina.
È molto probabile che le truppe di Vladimir Putin si siano addestrate all’invasione dell’Ucraina proprio in quel centro di addestramento, inizialmente venduto alla Russia dalla Germania. Lo scorso settembre, il presidente russo l’ha visitato di persona, per partecipare agli addestramenti congiunti degli eserciti russo e bielorusso. Un programma di addestramento chiamato “Zapad 2021”, cioè “Ovest 2021”, un nome che già allora indicava la direzione in cui Putin voleva spingersi.
E Rheinmetall, dal canto suo, ancora non ha del tutto interrotto i rapporti con la Russia. Secondo l’ultima relazione annuale del gruppo, una joint venture messa in piedi dall’azienda di Dusseldorf a Mosca per la gestione del centro di addestramento sarebbe ancora attiva, registrando un profitto di 35mila euro nel 2020.
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CORRECTIV, Welt am Sonntag