Come i pesticidi potenzialmente pericolosi restano legalmente sul mercato

#PesticidiAlLavoro

Come i pesticidi potenzialmente pericolosi restano legalmente sul mercato

Edoardo Anziano
Francesco Paolo Savatteri

In Italia, secondo gli open data forniti dal governo, i pesticidi ri-registrati – cioè quelli tuttora utilizzabili – sono 1.085 (a fronte di 1471 prodotti autorizzati e mai ri-registrati, e più di 12 mila prodotti revocati). Sulla carta il processo di ri-registrazione è perfettamente razionale. Man mano che la conoscenza scientifica avanza, le indicazioni d’uso di alcuni pesticidi cambiano e gli agricoltori, leggendo le nuove etichette, si adeguano. Tuttavia, la vita reale è molto diversa da ciò che viene scritto sulle etichette.

A dimostrarlo per primo è uno studio durato più di vent’anni sulle condizioni di lavoro degli agricoltori esposti ai pesticidi. Si chiama Pestexpo e si è concentrato soprattutto sulla Normandia. Ne abbiamo parlato nel primo episodio di questa inchiesta. In sostanza, i risultati a cui arriva – confermati poi da altre ricerche – sono due. Il primo è che i lavoratori agricoli molte volte non seguono le prescrizioni indicate nelle etichette o nei regolamenti, anche perché spesso queste sono irragionevoli e richiedono un livello di attenzione simile a quello di un’operazione chirurgica. Il secondo è che paradossalmente gli agricoltori che utilizzano i dispositivi di protezione individuali (guanti, tute ecc.) sono più esposti alle contaminazioni da pesticidi rispetto a chi non li usa.

Oltre a questo, le carte di alcuni processi giudiziari in corso mostrano come in Italia in alcuni casi vengano tuttora utilizzati pesticidi vietati, senza alcun riguardo per le condizioni di sicurezza dei lavoratori.

Il processo di ri-registrazione delle sostanze rischia di essere inutile nella migliore delle ipotesi; nella peggiore, un modo per tenere sul mercato prodotti fitosanitari che potrebbero danneggiare la salute degli agricoltori. Esempi di questo genere non mancano: il mancozeb è una sostanza attiva revocata dalla Commissione europea a fine 2020. Diversi studi suggeriscono che un’esposizione prolungata a questo composto può concorrere alla comparsa di malattie neurodegenerative come il morbo di Parkinson. Eppure è stato definitivamente pensionato solo dal gennaio 2022.

Il sistema di autorizzazione dei pesticidi

La legge che definisce i principi di base dell’immissione sul mercato dei pesticidi in Europa è il regolamento 1107, approvato dal Parlamento europeo nel 2009. A questo sono seguiti diversi decreti e provvedimenti attuativi. Le sostanze attive, cioè i composti chimici che permettono a un pesticida di svolgere la sua funzione, sono approvate a livello europeo. Invece i singoli prodotti fitosanitari sono approvati o revocati a livello dei singoli Stati membri. Per questo esiste un database europeo delle sostanze attive approvate in Ue e allo stesso tempo un database italiano dei pesticidi approvati.

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Una protesta contro la multinazionale Ferrero di fronte alla sede di Federalimentari a Roma il 17 aprile 2018. Coltivatori dall'Italia, Georgia e Turchia lamentano la strategia aziendale - secondo cui i contratti riducono gli agricoltori a meri lavoratori - e l'utilizzo intensivo di fertilizzanti e pesticidi - Foto: Stefano Montesi/Corbis-Getty

Una protesta contro la multinazionale Ferrero di fronte alla sede di Federalimentari a Roma il 17 aprile 2018. Coltivatori dall’Italia, Georgia e Turchia lamentano la strategia aziendale – secondo cui i contratti riducono gli agricoltori a meri lavoratori – e l’utilizzo intensivo di fertilizzanti e pesticidi – Foto: Stefano Montesi/Corbis-Getty

Le sostanze ammesse in Europa hanno una data di scadenza. Infatti, le autorizzazioni rilasciate dalla Commissione europea durano un tempo limitato, solitamente intorno ai 10 anni. Alla fine di questo periodo, la sostanza viene riesaminata sulla base delle nuove evidenze scientifiche emerse e si decide se rinnovare l’autorizzazione o meno.

A volte però può capitare che una certa sostanza non venga totalmente vietata ma solamente che ne vengano modificate le indicazioni d’uso. Per fare un esempio, può essere che al momento della revisione si scopra che una certa sostanza può essere letale se viene ingerita. Dieci anni prima, al momento della sua approvazione iniziale, si pensava potesse arrecare danni ma senza portare alla morte. A quel punto, la Commissione può decidere che si possono continuare a utilizzare i pesticidi a base di quella sostanza ma che da ora in poi sull’etichetta deve essere scritto «Attenzione: letale se ingerito». A questo punto la palla passa agli Stati membri, che devono fare in modo che ciò accada per ogni singolo pesticida coinvolto.

Questo è quello che si chiama un processo di “ri-registrazione” di un prodotto fitosanitario.

Il processo, è opportuno specificarlo, non è sempre così lineare. Può capitare che un singolo stato ri-registri alcuni pesticidi solamente a causa di nuove disposizioni nazionali o altro.

La ri-registrazione di Ziram e mancozeb

Un esempio può aiutare a capire nel concreto cosa questo processo comporta. L’autorizzazione del prodotto Crittam WG, a base della sostanza attiva Ziram, dovrebbe scadere il 30 aprile di quest’anno ma nel 2020 è stato ri-registrato con una nuova etichetta. Sebbene l’etichetta subito precedente all’ultima ri-registrazione non sia rintracciabile su internet, si trovano facilmente quella del 2012 e quella attuale. È probabile che in questo lasso di tempo ci siano state varie ri-registrazioni del prodotto e quella del 2020 è solo l’ultima di una serie. Vale la pena comunque di vedere le differenze tra le due.

Innanzitutto vengono aggiunti due simboli di pericolo. In particolare uno che indica che il prodotto è corrosivo e un altro che segnala che può provocare danni gravi se inalato o ingerito. Cambiano anche le indicazioni di pericolo. L’inalazione del pesticida diventa da «molto tossica» a «letale», e anche le procedure da seguire in caso di incidente cambiano: nel 2020 si specifica che in caso di inalazione l’infortunato deve essere portato all’aria aperta e messo in una posizione che favorisca la respirazione; nel 2012 invece si riportava solamente che bisognava allontanarlo dalla zona contaminata e «mantenerlo a riposo». Il lavoratore che utilizza questo pesticida oggi dovrebbe fare quindi decisamente più attenzione una volta notate queste modifiche.

In Italia se un lavoratore agricolo sviluppa il morbo di Parkinson dopo un’esposizione ripetuta per diversi anni a un pesticida a base di mancozeb, l’Inail considera automaticamente tale patologia come un caso di malattia professionale (a patto che si siano sempre rispettate tutte le norme di sicurezza, cosa non affatto scontata). Attualmente questa è l’unica sostanza per cui le cose funzionano in questo modo oltre al maneb – una sostanza molto simile alla prima, revocata molti anni fa. Prima di essere finalmente revocati, i prodotti a base di mancozeb sono stati ri-registrati varie volte. Secondo la banca dati del Ministero della salute, le scorte di alcuni tra questi prodotti potevano essere smaltite fino a circa due mesi fa.

La scappatoia delle emergenze fitosanitarie

Il regolamento europeo del 2009 contiene anche una normativa che permette a ciascuno Stato membro di consentire l’uso di fitofarmaci in deroga alle norme sulla sicurezza sanitaria e ambientale. Questo significa che, per un periodo limitato di tempo – al massimo due mesi – possono essere venduti e usati pesticidi al di fuori dei limiti entro cui erano stati originariamente approvati.

Si tratta dell’articolo 53, che regolamenta l’utilizzo di pesticidi per «situazioni di emergenza fitosanitaria». Secondo questa norma, i cosiddetti «portatori di interesse» – organizzazioni agricole o enti locali – possono segnalare la presenza, su un determinato territorio, di un fungo, un parassita o un insetto che non può essere combattuto con altri mezzi se non con l’approvazione in deroga di un determinato prodotto. Il costo di ciascuna richiesta è di 4 mila euro.

La procedura dell’approvazione in emergenza, però, solleva molti problemi.

Prima di tutto, possono essere approvati in emergenza anche pesticidi non autorizzati nell’Unione europea, a condizione che si forniscano «informazioni dettagliate […] sui possibili rischi per la salute umana e per l’ambiente» che hanno portato alla mancata approvazione. Non solo, la procedura può essere ripetuta per più anni consecutivi. La condizione è che il prodotto «non abbia comportato effetti negativi per l’ambiente e siano state fornite adeguate informazioni sanitarie relativamente ad operatori, astanti e residenti».

Tuttavia, come hanno dimostrato le puntate precedenti dell’inchiesta #PesticidiAlLavoro, nonostante lo spargimento di pesticidi richieda l’utilizzo di dispositivi di protezione personale, le reali condizioni di lavoro rendono questa prescrizione impossibile. Inoltre, studi scientifici hanno sollevato dubbi sulla reale efficacia di mascherine e tute durante i trattamenti fitosanitari.

La premessa, come descritto dal Ministero della salute, è che «le autorizzazioni in deroga per situazioni di emergenza fitosanitaria non dovrebbero essere reiterate». Al contrario, i dati mostrano che molti prodotti vengono approvati in deroga consecutivamente, anno dopo anno e, talvolta, anche più volte durante lo stesso anno, per diverse colture o avversità. Inoltre, in Italia l’utilizzo dell’approvazione in emergenza è in costante crescita: le 51 approvazioni del 2015 sono quasi raddoppiate (91) nel 2021.

I prodotti autorizzati in Italia per emergenza fitosanitaria

Il numero di decreti rilasciati in Italia tra il 2015 e il 2021 per estendere l’impiego di prodotti fitosanitari (già approvati) ad usi di emergenza fitosanitaria

Non è solo un problema di numeri, ma anche di trasparenza. Il sito del Ministero della salute riporta tutti i decreti di approvazione in emergenza. I dati sono disponibili dal 2015 ad oggi, ma solo per i primi due anni sono presenti i nomi di alcuni portatori di interesse che hanno presentato l’istanza, ad esempio il Consorzio Basilico Genovese D.O.P. o la Federazione Provinciale Coldiretti di Lecce. Dal 2017 al 2021, però, è presente solamente la generica indicazione «Alcuni portatori di interesse»; non è possibile quindi rintracciare l’associazione che ha presentato la richiesta, fra cui rientrano anche le «Organizzazioni di Produttori».

In risposta a una richiesta di accesso civico generalizzato presentata da Scomodo, il Ministero della salute non ha fornito la lista dei portatori di interesse. Inoltre, i dati disponibili mostrano solamente le istanze approvate, ma non il numero di quelle presentate. Non è noto, pertanto, se e quante richieste siano state rigettate. Anche su questo punto, nella sua risposta, il Ministero della salute non ha fornito informazioni, limitandosi a rimandare alla pagina web. In cui, però, compaiono solo le procedure che hanno avuto esito favorevole. Sul sito del Ministero non è disponibile alcun documento che menzioni approvazioni in emergenza con esito “contrario” o “sfavorevole”.

I prodotti autorizzati in Europa per emergenza fitosanitaria

Il numero di decreti approvati in emergenza sanitaria tra il 2016 e il 2021 nei Paesi Ue, e raffronto con l’Italia e la media europea

“Potenzialmente cancerogeni” eppure sul mercato

Nelle liste dei prodotti per cui è stato concesso l’utilizzo in deroga si trovano sostanze di ogni tipo. Ci sono «prodotti fitosanitari a base dei composti del rame» come la poltiglia bordolese, un antifungino naturale al quale è correlata l’insorgenza del morbo di Parkinson, a seguito di un’eccessiva esposizione.

Un altro prodotto approvato in emergenza dal 2015 al 2017 e poi nuovamente nel 2021 è l’1,3 Dicloropropene. L’Environmental Protection Agency statunitense lo inserisce nell’insieme dei prodotti potenzialmente cancerogeni, per quanto le informazioni a riguardo siano definite «limitate». Una ricerca del 2021 pubblicata sulla Critical Reviews in Toxicology, comunque, ha evidenziato che il potenziale cancerogeno di questa sostanza «non è rilevante a livelli di esposizione umana».

In Italia, dopo che l’1,3 Dicloropropene è stato riapprovato nel 2021, la Coldiretti ha criticato la necessità di rispettare un intervallo di due anni fra un utilizzo e un altro. Inoltre, l’associazione dei coltivatori ha sottolineato la mancanza dell’approvazione per alcune colture, sulle quali «l’impossibilità di impiego del dicloropropene rischia di avere ricadute economiche pesantissime».

L'utilizzo di pesticidi in una vigna a Franciacorta (Brescia) - Foto: m.bonotto/Shutterstock

L’utilizzo di pesticidi in una vigna a Franciacorta (Brescia) – Foto: m.bonotto/Shutterstock

C’è poi il Penncozeb Dg, un fungicida approvato quattro volte negli ultimi sette anni. Uno studio del 2021 ha evidenziato che il principio attivo contenuto in questo prodotto, il già citato mancozeb, è «potenziale causa di diversi problemi di salute, principalmente epatici, renali e genotossici». «Il deliberato uso di questo prodotto – conclude lo studio – […] è un problema di salute pubblica». Un’altra ricerca, condotta nel 2018 dall’Università di Milano, ha dimostrato come l’esposizione al mancozeb è bassa se gli agricoltori utilizzano i dispositivi di protezione personale. Una condizione che, in condizioni lavorative reali, difficilmente si realizza.

Fra i prodotti approvati in emergenza si trovano anche sostanze come il Reldan, un insetticida vietato dalla Commissione europea nel 2020, il cui nome – come avevamo già raccontato – compare nelle carte dell’inchiesta Job tax della Procura di Latina. Nonostante questo pesticida sia potenzialmente tossico per il Dna e per il tessuto nervoso, dalle intercettazioni emerge come fosse utilizzato da lavoratori senza formazione specifica né dispositivi di protezione personale. Nelle carte della stessa inchiesta viene menzionato un altro insetticida, il Karate, approvato in emergenza del 2017, 2019 e 2020. Una conversazione fra due indagati nell’inchiesta Job tax mostra come il prodotto fosse utilizzato in quantità superiori al consentito: «Ci è andato 120 ml di Karate in più» dice il proprietario dell’azienda agricola. Questo pesticida è potenzialmente cancerogeno e in grado di danneggiare gli organi in caso di esposizione prolungata.

Approvazioni reiterate

Il numero di volte in cui un prodotto è stato approvato e ri-approvato in emergenza in Italia tra il 2015 e il 2021

Alcuni pesticidi, poi, sono stati approvati in emergenza almeno una volta all’anno negli ultimi sette anni. Ad esempio il Devrinol (11 volte), un diserbante per cui le informazioni disponibili non consentono di escludere danni alla salute umana in caso di esposizione. Oppure l’insetticida Movento (9 volte): già nel 2012 uno studio del Norwegian Scientific Committee for Food Safety aveva mostrato come la sostanza attiva contenuta in questo prodotto «mostra effetti tossici in cani e ratti che potrebbero essere rilevanti per gli esseri umani». Una ricerca condotta in Iran nel 2016 ha concluso che l’esposizione al Movento può danneggiare il sistema riproduttivo.

Il sistema delle autorizzazioni di pesticidi in deroga alle norme di tutela sanitaria e ambientale, in conclusione, viene utilizzato in modo sistematico, come mostrano i numeri in crescita e le approvazioni reiterate. Come denunciato dall’Associazione dei consumatori europei, con questo meccanismo, «gruppi di interesse premono per ottenere deroga per presunte “emergenze” favorendo la diffusione di sostanze tossiche e nocive autorizzate per presunte “mancanze di alternative”». L’associazione Pesticide Action Network Europe ha denunciato come «nel mondo dell’agricoltura, scappatoie e porte di servizio sono le vie principali per consentire l’uso dei pesticidi». Una di queste porte di servizio è proprio l’approvazione in emergenza.

CREDITI

Autori

Edoardo Anziano
Francesco Paolo Savatteri

Infografiche

Edoardo Anziano

Editing

Lorenzo Bagnoli

Foto di copertina

L’utilizzo di pesticidi in una vigna a Franciacorta in provincia di Brescia
(m.bonotto/Shutterstock)