Dagli anni Ottanta, un gruppo di imprenditori calabresi vive in Lussemburgo. I figli, oggi, possiedono pub e ristoranti. Secondo un’indagine della Dda di Reggio Calabria, però, sarebbero legati a una cosca di Mammola
I “furbetti” di Lussemburgo
#OpenLux
Lorenzo Bagnoli
Matteo Civillini
C’è una palazzina a nord-ovest della città di Lussemburgo, capitale del Granducato, che unisce varie stagioni e uomini noti del capitalismo d’assalto all’italiana. Dalle scalate dei “furbetti del quartierino”, alle squadre di calcio usate come matrioske per altri affari, passando per finanzieri, consulenti, investitori immobiliari, faccendieri e fiduciari. Nomi, schermati dietro complessi sistemi societari, che si rincorrono da almeno vent’anni tra economie arrembanti e inchieste giudiziarie. Da Roma a Milano, Cagliari, Brescia, La Spezia e Leeds. Comun denominatore: il Granducato.
A stringere ulteriormente il legame tra queste vicende è il nome di un fiduciario poco noto in Italia, ma molto conosciuto in Lussemburgo, Gianluca Ninno, e una serie di società i cui soci sono migrati dallo studio Mossack Fonseca di Panama al Granducato, in coincidenza con i Panama Papers.
La perquisizione negli uffici del Brescia Calcio
Alla vigilia della partita con la Cremonese, il 19 febbraio scorso, la Guardia di Finanza è entrata negli uffici del Brescia Calcio per una perquisizione. La procura bresciana ipotizza i reati di omessa presentazione delle dichiarazioni dei redditi, evasione fiscale, sottrazione di beni al pagamento delle imposte e autoriciclaggio. Gli accertamenti giudiziari «sono riferiti alla mia persona e non alla Società Sportiva», ha scritto il presidente Massimo Cellino per tranquillizzare i tifosi. Una settimana più tardi la procura ha chiesto perfino gli arresti domiciliari per Cellino, la moglie e tre collaboratori del Brescia. Una richiesta per ora rigettata dal gip del Tribunale di Brescia, che ha spinto i pm a presentare ricorso al Riesame.
Ci sono due motivi per cui Massimo Cellino è conosciuto. Il primo è l’amore per il calcio: dal 1992 siede al vertice di una società, prima il Cagliari (città dove è nato), poi il Leeds United in Inghilterra e ora il Brescia. Poi è noto per le vicende giudiziarie che riguardano i suoi rapporti con il fisco. Secondo l’ultima inchiesta, riporta il Giornale di Brescia, Massimo Cellino avrebbe sottratto all’Erario due milioni di euro solo nel corso dell’anno 2020. Gli accertamenti riguardano operazioni cominciate nel 2015. Avrebbe nascosto gli utili delle sue società italiane dentro scatole all’estero, in regimi fiscali agevolati. Il reato si chiama esterovestizione e ha lo scopo di evadere il fisco. La madre delle sue società, rintracciabile grazie al database di OpenLux, ha sede in Lussemburgo. Soci, amministratori e fiduciarie, riconducono di frequente a banchieri e immobiliaristi che nel 2005 sono stati protagonisti della scalata ad Antonveneta. Relazioni che non invecchiano mai, nonostante siano passati 15 anni.
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#OpenLux
#OpenLux è un’inchiesta collaborativa, di cui IrpiMedia è partner, che parte da un database raccolto da Le Monde, reso ricercabile da Occrp sulle 124 mila società che popolano il registro delle imprese lussemburghese. Ha permesso di analizzare i nomi dei proprietari delle società registrate nel Granducato, finora schermati da prestanome e professionisti.
Da rue Schneider al parco di Torbole Casaglia
Limpertsberg è un distretto residenziale a nord-ovest della città di Lussemburgo, capitale del Granducato. Al civico 12 di rue Guillaume Schneider, dentro una palazzina color sabbia, ha sede la prima delle matrioske del sistema Cellino: la Iland Holding sarl. È una Soparfi, ossia una società finanziaria: il suo scopo è amministrare quote di altre società.
Tra queste c’è la Eleonora Immobiliare Spa che a sua volta detiene le quote di una società inglese, Eleonora Sport Limited, proprietaria della Brescia Holding Spa, società a sua volta proprietaria della Brescia Calcio Spa, ossia la squadra. È la matrioska più piccola, l’ultima in fondo alla catena. Arrivato a Brescia con grandi promesse, Cellino ha immediatamente cercato di dare alla squadra una casa degna di un club di serie A, dove il presidente ambisce a tornare (per quanto i risultati, per ora, siano più che deludenti) dopo la retrocessione della stagione 2019-2020. La scelta è ricaduta su un terreno di Torbole Casaglia, paese di 6.500 anime nella bassa bresciana. Solo che il terreno inizialmente doveva essere dedicato a verde pubblico e a un centro sportivo comunale.
Il 30 ottobre 2017 al Comune è pervenuta una manifestazione d’interesse firmata da Massimo Cellino a nome del Brescia Calcio per l’acquisizione dell’area: 86 mila metri quadrati – 75 dei quali del parco – al prezzo di 800 mila euro. Marco Mosca e Antonio Terna, membri del Comitato cittadino No vendita Area 467, spiegano: «Per quanto non attrezzato, lo spazio verde è sempre stato frequentato sia dalle vicine scuole, sia dai cittadini. È un corridoio naturale che collega per altro le due frazioni del paese, Torbole e Casaglia, un tempo staccate». Un bene da tutelare, quindi, dal loro punto di vista. Per impedirne la vendita hanno raccolto 900 firme dei loro concittadini. Non è stato sufficiente: la manifestazione d’interesse è stata accolta dall’amministrazione comunale (eletta a novembre dell’anno precedente) con l’inserimento di una variante nel piano di gestione del territorio.
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Da lì è cominciata una guerra di ricorsi tra Comune e comitato cittadino – insieme a Legambiente – in merito alle procedure di alienazione del parco e ai permessi di costruzione. Battaglia che si è spostata al Consiglio di Stato dopo che, a giugno 2020, il Tar ha contestato una procedura con cui il Comune ha concesso il permesso di costruire, ma ha respinto, in sostanza, le altre richieste del comitato. La sindaca Roberta Sisti è iscritta nel registro degli indagati insieme ad altri membri della giunta. Al Corriere di Brescia ha dichiarato di sentirsi «sorpresa e amareggiata», puntando il dito contro i ricorsi del comitato: «Dal primo giorno in cui la giunta si è insediata, qualcuno ha cercato di gettare fango su di noi. Per mesi siamo stati costretti a difendere la nostra onorabilità da attacchi politici, sfociati in ben sei ricorsi avanti al Tar».
Il bando di vendita del terreno è stato pubblicato a marzo 2018, quando secondo il comitato la variante del piano di gestione del territorio ancora non era stata approvata. Le perizie del comitato dei cittadini avevano valutato il terreno a un prezzo minimo di 2 milioni di euro, ma alla fine la gara è partita da 1,35 milioni di euro. Cellino, unico partecipante, è riuscito ad aggiudicarsi il lotto con un rialzo di 135 euro. Il proprietario del Brescia ha affidato i lavori alla sua Eleonora Immobiliare, la quale a dicembre 2018 è diventata anche la proprietaria di 75 mila degli 86 mila metri quadri terreno.
In pratica, quindi, la controllata Brescia Holding spa ha venduto alla sua controllante Eleonora Immobiliare Spa il terreno. A un prezzo maggiorato, per giunta: 2,5 milioni di euro, quasi il doppio di quanto Cellino non abbia versato al Comune di Torbole Casaglia. Il motivo dell’operazione si legge nell’atto di compravendita: «Svolti i primi investimenti, (Brescia Holding, ndr) ha rappresentato di non essere in grado di portare avanti il Progetto e ha offerto alla nostra Società (Eleonora Immobiliare, ndr) nuovamente l’opportunità di acquisirlo (riferendosi al terreno, ndr) e di portare avanti Essa direttamente il Progetto».
Il salvadanaio finale è sempre lo stesso, la Iland holding lussemburghese, che ha in pancia sia Eleonora Immobiliare – e attraverso di essa – Brescia Holding. Fino al 2018 il nome di Cellino è stato schermato dietro un’ulteriore fiduciaria romana, la Melior Trust srl, che nel 2005 veniva utilizzata anche dal faccendiere Luigi Bisignani.
Lo schermo Melior Trust
Melior Trust Spa di mestiere gestisce aziende in conto terzi. Nel 2005, oltre Cellino, aveva tra i suoi clienti anche il faccendiere Luigi Bisignani. L’esistenza di un mandato a suo nome è nota grazie all’inchiesta P4 (2010) per la quale Bisignani ha patteggiato un anno e sette mesi di reclusione per dieci capi di imputazione, tra cui associazione per delinquere, favoreggiamento, rivelazione di segreto e corruzione. L’organizzazione, sotto la guida di Bisignani e dell’ex parlamentare Alfonso Papa (quota Popolo delle Libertà, con Berlusconi), stava cercando di infiltrare la macchina della pubblica amministrazione allo scopo principale di gestire appalti e nomine.
Proprietario al 50% dell’azienda è Giampiero Tasco, anche lui protagonista degli anni dei furbetti del quartierino e commercialista di fiducia del costruttore romano Francesco Gaetano Caltagirone. L’avvocato Tasco è colui che ha raccolto immobiliaristi intorno a Ricucci e Caltagirone – insieme al politico Vito Bonsignore, quota Silvio Berlusconi, e altri – in quello che all’epoca era stato definito il «contropatto», cioè una cordata di investitori rivali al Banco Bilbao Vizcaya Argentaria (Bbva), Generali e la Dorint di Diego Della Valle che per primi avevano cercato di acquistare la maggioranza della Banca nazionale del lavoro.
I segreti di Daedalus e Bright Global
Iland holding esiste dal 2005. L’anno di nascita non sembra un caso: quell’estate le cronache giudiziarie dei giornali italiani si sono riempite delle vicende legate ai gruppi di interesse che hanno cercato di mettere le mani su Antonveneta e Banca nazionale del lavoro. È la storia dei “furbetti del quartierino”, dal nome che uno dei protagonisti, l’immobiliarista Stefano Ricucci, aveva dato alla compagine degli investitori.
Due tra le società veicolo che ricorrono nell’indagine Antonveneta sono state proprietarie della Iland Holding sarl in Lussemburgo. Ancora oggi non si conosce il beneficiario ultimo delle due casseforti, Bright Global Sa (Isole Vergini Britanniche) e Daedalus Overseas Inc (Panama). All’epoca erano gestite dal noto studio legale Mossack Fonseca, poi travolto dallo scandalo Panama Papers.
Nel 2017, un anno dopo l’uscita dell’inchiesta, al posto di Daedalus e Bright Global sono apparsi Cellino e la moglie in qualità di azionisti. A dicembre 2019 Cellino si è nuovamente inabissato lasciando al suo The Mc Family Trust 1, gestito dalla fiduciaria Hawksford dell’isola di Jersey. Dal registro dei beneficiari ultimi, tuttavia, risultano ancora i nomi di Massimo Cellino, della moglie Francesca Boero e dei figli Eleonora, Ercole ed Edoardo.
Lo scandalo Bancopoli
Tra il 2004 e il 2005 c’è stato molto fermento nel mondo bancario italiano, con gruppi che stavano per passare di mano a istituti di credito estero. In questo clima, un gruppo di immobiliaristi e banchieri italiani ha cercato di ottenere il controllo di Antonveneta e Banca nazionale del lavoro. La procura di Milano ha indagato su queste operazioni finanziarie e sul ruolo avuto da Banca d’Italia, istituzione preposta alla vigilanza del mondo bancario.
Le indagini sulla scalata di Antonveneta della procura di Milano hanno indicato Bright Global e Daedalus come azioniste – ciascuna al 50% – delle quote di White Fairy Holding Sa, società nata nel 2002 per investire nel settore turistico. Dai tempi della fondazione, la società lussemburghese è riconducibile a Gabriele Volpi, il quale fino al febbraio 2021 è stato collega di Cellino in qualità di presidente dello Spezia Calcio. Volpi è un imprenditore che in Nigeria ha fatto una fortuna gestendo i terminal petroliferi e che in Italia mantiene interessi nel settore immobiliare, logistico e della ristorazione.
L’attuale amministratore del Brescia Calcio, Luigi Micheli, ha lavorato allo Spezia e per il gruppo Volpi fino a maggio 2020. Proprio in qualità di ad della squadra spezzina, Micheli è stato rinviato a giudizio nel processo per presunto favoreggiamento dell’immigrazione clandestina di baby calciatori nigeriani. Tra il 2013 e il 2018 arrivavano in Italia dalla scuola calcio nigeriana di Volpi con la promessa di studi e un programma di inserimento, quando in realtà – secondo quanto ipotizza la procura – lo scopo era evitare che li tesserassero altri, in modo poi da rivenderli già a prezzi milionari.
Secondo quanto scrive la Squadra mobile di La Spezia, l’affare dei calciatori nigeriani ha garantito profitti allo Spezia 6 milioni di euro. A febbraio 2019 Micheli è stato sanzionato dalla Lega Calcio con una sospensione temporanea di otto mesi dai suoi incarichi, notificata a novembre 2019. A luglio di quell’anno lascia la squadra per lavorare con il gruppo Volpi, fino a quando non parte definitivamente per Brescia.
Il tuttofare di Volpi è da anni Gianpiero Fiorani, il Giampy dei “furbetti del quartierino”, il banchiere del Banco Popolare di Lodi che è uno dei perni dell’intera vicenda giudiziaria, grazie all’amicizia con l’allora numero uno di Banca d’Italia, Antonio Fazio (condannato per Antonveneta, assolto invece per Bnl). Fiorani ha patteggiato una pena a tre anni e tre mesi di carcere per associazione a delinquere, truffa all’erario e appropriazione indebita nel 2008. Per l’altro capo d’imputazione, aggiotaggio, ha ricevuto una pena di un anno in appello, nel 2012. Nel caso Antonveneta, White Fairy Holding è stata identificata quale controllante di una società di costruzioni coinvolta nell’indagine e usata da Fiorani per spostare denaro di cui si era appropriato indebitamente.
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Nel 2011 la solita cordata di imprenditori legati a Volpi e Fiorani (insieme all’ex Bankitalia Luigi Grillo, all’epoca esponente del Popolo della Libertà, assolto nell’inchiesta su Antonveneta) ha dato avvio ad un’operazione immobiliare al porto di Santa Margherita ligure, dove oggi il gruppo partecipato da Volpi ha due ristoranti. Proprietaria della società incaricata dei lavori era la Recina Invest Sa, società lussemburghese figlia delle solite Daedalus e Bright Global. Il sistema a matrioska sembra quindi ripetersi.
L’elenco di operazioni dai contorni oscuri in cui finiscono Daedalus e Bright Global, però, va oltre. In alcuni casi, le vicende giudiziarie che le riguardano si sono chiuse con la piena assoluzione dei protagonisti. In altri però le ombre rispetto al loro utilizzo restano.
Alcune vicende giudiziarie che coinvolgono la Daedalus e la Bright Global si sono chiuse con la piena assoluzione dei protagonisti, ma in altre permangono molte ombre
Dicembre 2006: al solito modo “50 e 50” Daedalus e Bright Global hanno creato in Lussemburgo la società Allbest sa. La prima operazione compiuta dal veicolo è stata l’acquisizione del 2,95% dell’Ilva di Taranto, all’epoca saldamente nelle mani della famiglia Riva. La quota era appartenuta in precedenza alla famiglia Amenduni, in netto contrasto con gli azionisti di maggioranza in quella fase della storia. L’acquisto è stato reso possibile dalle Assicurazioni Generali che avevano sottoscritto un bond con Allbest da 180 milioni di euro per la quota azionaria. Del bond si continua ad avere traccia anche nell’ultimo bilancio disponibile, quello del 2019. I nomi dei beneficiari, però, restano avvolti nel mistero ancora oggi. Anche questa vicenda, per altro, ha innescato un’inchiesta giudiziaria sulle Generali.
In solitaria, Daedalus è finita anche nel procedimento che riguarda alcuni veicoli lussemburghesi gestiti dall’ereditiera romana Angiola Armellini, ex compagna di Bruno Tabacci, appena nominato sottosegretario alla presidenza del Consiglio dal governo di Mario Draghi. Daedalus ne era la controllante. Nelle cronache dei giornali – siamo nel 2014 – Armellini era “Lady 1.200 case”, per il numero di immobili su cui non avrebbe pagato le tasse (2 miliardi di euro) secondo la Finanza. La vicenda si è poi chiusa con un accordo con il Fisco per 50 milioni.
L’amministratore Gianluca Ninno
Se i nomi degli azionisti restano un segreto fino al 2017, l’identità degli amministratori di Iland Holding sa è chiara fin dall’inizio. Si tratta di fiduciari italiani di nascita trapiantati da decenni in Lussemburgo.
Il più importante è Gianluca Ninno, numero uno della FGS Consulting, una fiduciaria con sede sia in Lussemburgo (sarl) sia a Las Vegas (llc) di discreto successo. Diverse decine di italiani si sono rivolti a loro per aprire società con sede nel Granducato, la cui unica attività è quella di holding di aziende che operano in Italia. Da qualche anno sembra meno presente: anche alla Iland Holding il suo posto è stato preso dalla sorella Angela Ninno, con la quale ha diverse società in Lussemburgo. Secondo Angela, Gianluca Ninno non fa nemmeno più il fiduciario. Rintracciarlo è difficile: «Penso che in molti abbiano problemi con lui, ormai», commenta da Lussemburgo la dipendente di una vecchia società contabile con la quale ha una causa in corso. «Era lui a tenere i rapporti», spiega un altro ex socio, che ha tagliato i ponti nel 2013, senza voler più sapere nulla di Ninno.
Per un lungo periodo, però, Ninno sembrava godere di fiducia quasi incondizionata. Nell’aprile 2016, il fiduciario di Cellino è stato indicato come beneficiario ultimo della Eleonora Sports Ltd, veicolo che ha controllato prima il Leeds United e ora controlla il Brescia Calcio. È sempre stata la matrioska di mezzo tra il club calcistico e la Eleonora Immobiliare in Italia.
Dall’Eni alla Lega, le società di Michele Scillieri, la fiduciaria con Gianluca Di Nardo
Da Ninno passa poi un’altra società lussemburghese che collega scandali del passato – e il mondo di Danilo Coppola – con scandali del presente. Si tratta della Européenne d’Investissement, amministrata dai fiduciari italiani dal 2010 e il cui beneficiario ultimo risulta essere Silvia Necci, ex compagna di Coppola.
I bilanci riportano come la società avesse debiti per diversi milioni di euro nei confronti di aziende del Gruppo Coppola, mentre vantava crediti nei confronti di Dacop, Sunrise 14, Seasi, Taurus Prima, 68 Galtier Prima. In Seasi e Dacop, a partire dal 16 gennaio 2018, l’amministratore è Michele Scillieri, il commercialista coinvolto nell’affare Lombardia Film Commission. È tra le piste al vaglio degli inquirenti che cercano i soldi della Lega in Lussemburgo.
Uno dei suoi soci storici è Natale Capula, altro italiano da lungo tempo trasferitosi in Lussemburgo. «Non ho più rapporti con lui da quando mi ha licenziato, nel 2015», ricorda. Non lo sente più da allora. Eppure, nelle visure camerali lussemburghesi il suo nome compare nella galassia gestita da Ninno fino al 2017. Nel 2016, inoltre, è nominato direttore di Foxworth Finance, fiduciaria nota alla procura di Milano. Prima dell’arrivo di Capula, infatti, è stata coinvolta nella presunta maxitangente di Eni e Shell in Nigeria, il caso Opl 245 su cui il Tribunale di Milano dovrà esprimersi in una prossima sentenza. «Non la ricordo», confessa sempre Capula.
Proprietario della società è Gianluca Di Nardo, condannato in primo grado in rito abbreviato quale presunto intermediario della corruzione nigeriana, insieme al nigeriano Emeka Obi, per qualche tempo negoziatore anche per Eni nella trattativa per la licenza petrolifera. Le conversazioni tra Di Nardo e l’amico e sponsor Luigi Bisignani sono intercettate già nel corso dell’inchiesta P4. A ulteriore chiusura del cerchio, secondo gli interrogatori dell’accusatore e imputato Vincenzo Armanna, nell’estate del 2010 Luigi Bisignani gli aveva raccontato di voler andare in Nigeria per fare affari proprio con Gabriele Volpi.
Il momento storico in cui Ninno è diventato – sulla carta – socio di maggioranza della Eleonora Sports non è casuale. Cellino era infatti alle prese con la Federcalcio inglese. A dicembre 2016 l’imprenditore è stato squalificato per 18 mesi – con sanzione da 250 mila euro – per aver violato le normative sugli agenti durante il trasferimento di un calciatore. Il provvedimento è stato solo l’ultimo di una serie di contrasti cominciati con l’acquisto della squadra.
Alla fine, a maggio 2017, Cellino ha ceduto la proprietà del Leeds United ad Andrea Radrizzani – dominus dei diritti TV e attuale patron del club – e poi ha acquistato il Brescia Calcio, tornando in Italia dopo tre anni all’estero. A rilevare le quote delle Rondinelle è stata sempre la Eleonora Sports Ltd, il cui beneficiario ultimo risulta in quel momento essere ancora Gianluca Ninno. Solamente tre mesi più tardi il nome del fiduciario di stanza in Lussemburgo viene cancellato dal registro imprese britannico, senza essere rimpiazzato.
Oltre che per Cellino, Gianluca Ninno ha ricoperto il ruolo di fiduciario anche per Danilo Coppola, immobiliarista caduto in disgrazia che ci riporta nel bel mezzo dell’indagine dei “furbetti del quartierino”. Anche lui protagonista delle tentate scalate ad Antonveneta e BNL e all’epoca lautamente finanziato, senza che gli venisse chiesta alcuna garanzia in cambio, dal Banco popolare di Lodi di Gianpiero Fiorani. Alla fine, la Porta Vittoria spa è finita in bancarotta e Coppola è stato condannato a sette anni di carcere in appello poco più di un anno fa. L’imprenditore avrebbe dovuto riqualificare l’omonimo quartiere milanese, ma nel 2016 ha fatto un buco di 400 milioni di euro nel bilancio. Soldi che – secondo gli inquirenti – sarebbero stati distratti dal Gruppo Coppola per poi venire dirottati in una fitta rete di società in Lussemburgo.
In molte di esse compare il nome di Gianluca Ninno. Era il fiduciario lucano, infatti, ad amministrare Porta Vittoria Spa al momento del crack attraverso un veicolo lussemburghese, Estrella 27, costituito nel 2014 insieme alla ex moglie di Coppola, Silvia Necci. Un ultimo (fallito) tentativo di ripianare i debiti dell’impresa immobiliare con l’iniezione di nuovo capitale. Ancora prima era sempre stato Ninno a tenere le redini della Tikal Prima, altra holding lussemburghese che nel 2011 aveva assorbito gli affari dell’immobiliarista romano dopo la liquidazione della precedente capogruppo. Un continuo passaggio di proprietà, da una mano all’altra dello stesso soggetto, che alla fine non ha frenato il dissesto finanziario.
CREDITI
Autori
Lorenzo Bagnoli
Matteo Civillini