Gli effetti delle sanzioni sugli oligarchi

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Gli effetti delle sanzioni sugli oligarchi

Giulio Rubino

In una conversazione con Ezra Klein nel suo podcast del New York Times “The Ezra Klein Show”, il giornalista russo-americano Masha Gessen, noto critico del governo Putin e attivista del movimento LGBT russo (lui stesso si definisce nonbinario e transgender) dice che «la narrativa che si propone riguardo le sanzioni ricorda la definizione della follia: è una strategia che non funziona, ma che l’Occidente si ostina a fare e rifare aspettandosi risultati diversi». Di sanzioni e delle loro conseguenze si parla moltissimo in questi giorni. L’obiettivo dichiarato, che non è affatto chiaro se si stia raggiungendo o meno, sarebbe quello di creare su Vladimir Putin pressioni tali da portarlo a riconsiderare i suoi piani in Ucraina, idealmente forzandolo a porre fine all’invasione.

La logica dietro questa strategia è abbastanza chiara e la scala delle sanzioni applicate questa volta è senza precedenti. Anche Gessen, nonostante il suo scetticismo, ammette che «forse la differenza quantitativa questa volta diventerà qualitativa, quando nel giro di alcuni mesi la vita in Russia cambierà del tutto». Ma ci sono almeno due limiti a questo approccio e ai risultati che può produrre: il primo ha a che vedere con la visione del mondo dei Paesi che stanno applicando sanzioni, e il secondo ha a che vedere con la reale efficacia della misura.

La guerra di Putin contro l’Ucraina, secondo le sue stesse dichiarazioni, non è tanto motivata dalla pressione a est della NATO, né da ragioni geopolitiche in senso classico. «L’Ucraina non è solamente un Paese confinante, ma una parte inalienabile della nostra storia, cultura e spazio spirituale», aveva dichiarato il presidente russo il 21 febbraio scorso.

La storia vista dal Cremlino

In una reinterpretazione personale della storia della “Grande Madre Russia”, dove colloca se stesso nella diretta discendenza di una serie di leader da Ivan il Terribile a Stalin, Putin sembra piuttosto considerare l’esistenza stessa dell’Ucraina come stato indipendente poco più di un “errore di percorso” commesso da Lenin, e ha invece predicato la sua visione di una Russia di stampo imperiale con tutta la forza della sua macchina propagandistica; fino al punto che la maggior parte degli analisti non riesce più a tracciare il confine fra quanto questa retorica sia uno strumento di manipolazione dell’opinione pubblica e quanto sia diventata, nel progressivo isolamento di un capo sempre più onnipotente e sempre più solo, una sua stessa radicata convinzione.

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È altrettanto difficile comprendere quanto efficace sia stata questa propaganda nel portare sostegno popolare a favore della guerra, che in Russia non è neppure permesso chiamare tale ma solo «operazione militare speciale». Gessen, che era a Mosca nei primi giorni dopo l’invasione, nota come già da subito si era creata una distanza incolmabile fra il tono del dibattito pubblico e le preoccupazioni espresse nel privato delle proprie case dai cittadini russi.

È comunque molto probabile, a giudicare dalla narrativa dominante sui media russi, che per l’opinione pubblica russa, le sanzioni siano lette semplicemente come una forma di ingiustificato attacco occidentale contro il loro Paese, e che abbiano l’effetto opposto di facilitare la propaganda di regime e stringere ancor di più il popolo russo attorno al suo leader. D’altra parte non è la prima volta che i russi sono costretti ad affrontare privazioni e difficoltà a causa delle sanzioni e se da un lato sono pronti ad affrontare un periodo difficile con molto più stoicismo di quanto non si veda in Europa, dall’altro per il momento si aspettano che questa “crisi” abbia una durata limitata e che la loro vita torni presto a quanto si sono abituati a pensare come “normalità”.

L’ondata di sanzioni che erano state emesse contro la Russia nel 2014 dopo l’invasione della Crimea, ad esempio, aveva lo scopo di contrastare l’avanzamento russo in quella regione, eppure oggi nessuno scenario di fine guerra sembra poter prevedere la restituzione di quella regione all’Ucraina.

Nelle ultime quattro settimane, da quando è cominciata l’invasione dell’Ucraina, si sono susseguiti quattro diversi pacchetti di sanzioni solo dall’Unione europea, oltre a quelle emesse da Stati Uniti e Gran Bretagna e un quinto pacchetto è allo studio mentre si scrive questo articolo. Anche diversi Paesi asiatici si sono uniti alle misure emesse dall’Occidente, incluso Giappone, Corea del Sud, Singapore.

Putin, dal canto suo, aveva risposto fin dal primo momento che la Russia era preparata a queste misure, e che non avrebbero avuto alcun effetto sul suo Paese. Il dato di fatto, almeno a oggi, è che l’invasione non si è fermata, che la pressione interna su Putin non sembra metterlo in difficoltà in alcun modo e che gli oligarchi stessi sembrano affrontare queste misure senza eccessive difficoltà.

Poliziotti russi arrestano un manifestante con un cartello che recita "No alla guerra" durante una manifestazione pacifista in Piazza Manezhnaya, di fronte al Cremlino, il 13 marzo 2022 a Mosca - Foto: Getty Images

Poliziotti russi arrestano un manifestante con un cartello che recita “No alla guerra” durante una manifestazione pacifista in Piazza Manezhnaya, di fronte al Cremlino, il 13 marzo 2022 a Mosca – Foto: Getty Images

Vediamo quindi di cercare di analizzare la reale efficacia della “guerra economica” con cui si sta cercando di isolare la Russia, provando soprattutto a chiarire chi davvero soffrirà maggiormente di questi provvedimenti

Grazie anche al lavoro #RussianAssetTracker, che IrpiMedia ha svolto insieme a OCCRP, The Guardian e altri 24 media partner, abbiamo visto un’infinita galleria di yacht multimilionari, ville di lusso, beni e proprietà degne di monarchi d’altri tempi, tutti sanzionati, congelati, bloccati.

La strategia dell’Occidente: guerra economica

Ma in primo luogo bisogna chiarire che cosa sia di base un provvedimento di sanzione. Ne abbiamo parlato con Floris Alexander, avvocato esperto di reati finanziari che per il suo lavoro ha spesso dovuto confrontarsi con i meccanismi delle sanzioni internazionali.

«Le sanzioni – spiega – in generale servono a mandare un segnale a tutti quelli con cui si interagisce (dalla donna delle pulizie al provider di internet, fino alla banca) che non è permesso avere transazioni con il soggetto in questione. Quindi in un mondo perfetto un soggetto sanzionato non potrebbe effettuare neppure la più semplice operazione bancaria».

La sanzione non ha nulla a che vedere con un sequestro o una confisca. La proprietà del bene sanzionato infatti non è messa in discussione, ma è congelata in una situazione per cui, ad esempio, le aziende non possono pagare i dipendenti in Paesi che applichino la sanzione, il bene non può essere venduto, gli yacht non possono comprare carburante e le ville resteranno presto senza luce e gas perché il loro proprietario non può pagare le bollette.

Le sanzioni sono inoltre studiate per impedire le forme più semplici di “aggiramento” della misura. Spiega Floris Alexander: «Quando le sanzioni vengono evase, le stesse sanzioni vengono in teoria applicate anche al soggetto che ha aiutato a evaderle. Per esempio, se Visa offre servizi a un individuo sanzionato, allora Visa potrebbe finire sotto sanzione a sua volta». Purtroppo l’efficacia di questo aspetto, cruciale in teoria per garantire l’impatto delle sanzioni, resta estremamente difficile da applicare. Infatti le capacità “investigative” dei singoli Stati, su cui ricade la responsabilità di applicare le sanzioni, hanno dei limiti oggettivi, e ci sono fin troppe giurisdizioni e intermediari per cui pecunia non olet che possono offrire potenziali alternative.

«Ci sono sempre scappatoie [alle sanzioni] e questi soggetti hanno a disposizione eserciti di avvocati, gestori patrimoniali, consulenti fiscali, tutti molto ben pagati, che riusciranno di sicuro a trovarle»
- Floris Alexander, avvocato esperto di reati finanziari

Ma nonostante l’enorme valore economico del patrimonio sanzionato, quello che vediamo non è neppure la punta dell’iceberg della ricchezza, e di conseguenza dell’influenza, degli oligarchi russi nel mondo. Ne vediamo un sottoinsieme, all’incrocio di “quello che è stato possibile trovare” con “quello che gli oligarchi hanno ritenuto sacrificabile”.

Infatti l’applicazione delle sanzioni non è stata né immediata, né perfettamente coordinata a livello globale. «Ci sono sempre scappatoie – spiega Alexander – e questi soggetti hanno a disposizione eserciti di avvocati, gestori patrimoniali, consulenti fiscali, tutti molto ben pagati, che riusciranno di sicuro a trovarle».

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In breve, nei cinque sei giorni che sono passati dall’annuncio di probabili sanzioni all’applicazione delle medesime, c’è stato un febbrile lavoro da parte di questo esercito di asset managers a libro paga degli oligarchi, che hanno fatto il possibile per portare “fuori dal raggio” delle sanzioni gli asset più preziosi dei loro clienti.

Ne è un chiaro esempio il caso di Abramovich, riportato da Reuters, che il giorno dell’invasione dell’Ucraina ha trasferito il controllo di un’importante società di diritto cipriota, la Ervington Investments Limited, che a sua volta contiene investimenti in altre società per decine di milioni di sterline, a uno dei dirigenti del Chelsea, Eugene Tenenbaum, descritto sul sito del Chelsea stesso come uno dei più stretti collaboratori di Abramovich.

«Mentre si decideva se escludere o meno la Russia dal sistema Swift – prosegue Floris Alexander – i russi non sono rimasti in paziente attesa di essere puniti, hanno agito subito e trasferito le loro proprietà altrove». Chi aveva asset da proteggere si è mosso insomma molto più tempestivamente di Europa e Stati Uniti.

Cos’è il sistema Swift

Swift sta per Society for Worldwide Interbank Financial Telecommunication, ed è un’azienda cooperativa belga che offre servizi per transazioni finanziarie e pagamenti tra banche in tutto il mondo. I fondi trasferiti tramite Swift non “passano” per l’azienda in questione, che non gestisce i conti ma semplicemente trasferisce “i messaggi contenenti le istruzioni per i trasferimenti” tra i soggetti coinvolti nel pagamento.

In quanto cooperativa di diritto belga, è di base a La Hulpe, vicino a Bruxelles, ma è di proprietà di circa 3.500 aziende sparse in tutto il mondo. Gli azionisti eleggono un board di 25 direttori indipendenti, che rappresentano banche di tutto il mondo, che a loro volta controllano l’operato del management dell’azienda.

Swift è anche sotto il controllo delle banche centrali del G-10 (Belgio, Canada, Francia, Germania, Italia, Giappone, Olanda, Regno Unito, Svizzera e Svezia), oltre che della Banca centrale europea.

Swift, per quanto aderisca a tutte le sanzioni emesse nei confronti della Russia, non controlla le singole transazioni che si appoggiano al suo sistema, la cui responsabilità resta a carico delle istituzioni finanziarie che le gestiscono.

Essendo usato per la maggior parte delle transazioni globali, essere tagliati fuori dal sistema Swift può avere conseguenze molto serie, anche perchè la maggior parte delle carte di credito mondiali, inclusa Visa e Mastercard, operano tutte tramite Swift.

A seguito delle sanzioni applicate dagli Stati Uniti alla Russia dopo l’invasione della Crimea nel 2014, la Russia aveva già però sviluppato un suo sistema alternativo, lo SPFS (Sistema peredachi finansovykh soobscheniy, o Sistema di trasferimento di messaggi finanziari), al momento usato solo nei trasferimenti finanziari interni al Paese.

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Dalle stalle alle stelle, il miliardario prestanome di Putin

Eduard Khudaynatov ha iniziato la sua carriera allevando maiali per poi entrare nel settore energetico. Ha una reggia a Mosca e Villa Altachiara a Portofino, tre yacht da capogiro, incluso la Scheherazade fermo a Massa Carrara

Costa Smeralda, per servirla

Da luogo di villeggiatura, la Costa Smeralda è diventata un’enclave per gli oligarchi russi, che da qui possono gestire i loro affari nella massima riservatezza, nel cuore dell’Europa

Ma anche a sanzioni già emesse, restano ancora discreti margini di movimento. «Il sistema Swift copre l’80% delle transazioni mondiali – continua Floris – ma resta comunque aperto quel 20% rimanente, le transazioni con l’Asia, e altre vie ancora».

Quindi, possiamo immaginare, gli asset che l’Occidente sta mettendo sotto sanzione in queste settimane sono quelli che gli oligarchi non sono riusciti a proteggere. Alcune proprietà, ovviamente, sono più difficili da nascondere, più evidenti, ma forse anche più “sacrificabili” di altre, soprattutto nella misura in cui ulteriori provvedimenti, come un divieto di espatrio o di viaggio, renderebbe comunque quei beni un po’ difficili da godere.

Ecco perché, forse, la Costa Smeralda ha visto un’enorme quantità di ville e yacht messi sotto sanzione. Molti dei loro beni nel nord della Sardegna infatti, sono noti a giornalisti e autorità locali già da molti anni. Per quanto il congelamento di questi beni possa rappresentare decisamente un fastidio a soggetti abituati a certi livelli di lusso, certamente non si tratta di un danno sostanziale. È, per gli oligarchi, una specie di piccola esperienza di lockdown, del tipo di quella che abbiamo vissuto tutti negli anni passati: non possono andare nelle loro case vacanza, non possono viaggiare in Europa con la stessa comodità di un tempo.

Pacchetti azionari e matrioske

Più complessa e rischiosa è la questione del congelamento di pacchetti azionari o quote di società. Gli oligarchi russi hanno da sempre cercato di esercitare la loro influenza tramite il controllo di quote significative di società, anche quotate in borsa. «La cosa più furba da fare, per un oligarca, è comprare pacchetti di maggioranza (anche tramite prestanome e fondi di investimento, nda) in aziende del loro stesso settore di interesse. Per esempio, comprare abbastanza azioni di un’azienda come FIAT per far sì che resti legata all’uso del gas russo», precisa Alexander. Ma il congelamento di pacchetti azionari così importanti può portare rapidamente al collasso completo di quell’azienda. Infatti, una volta che una quota significativa del capitale di un’azienda è sanzionato, il valore delle azioni rimaste comincia a crollare, e gli altri azionisti cercherebbero di vendere il prima possibile, innescando una svendita che porta alla bancarotta tutto il gruppo.

Negli anni passati, uno degli strumenti più efficaci per evitare sanzioni e confische è stato certamente quello dei cosiddetti “golden passports” o “golden visa”. Grazie a programmi che offrivano la residenza, o addirittura la cittadinanza, europea in cambio di investimenti, molti oligarchi si sono infatti assicurati la stessa protezione legale di cui godono i cittadini europei. Ma stavolta i Paesi sembrano agire in modo molto più coordinato. Sia il Portogallo che Cipro, due dei Paesi dove i sistemi di “vendita di passaporti” sono più sviluppati, hanno dichiarato che applicheranno comunque le stesse sanzioni ai loro “cittadini”, se questi sono sulle liste delle sanzioni europee.

Negli anni passati, i sistemi di vendita della residenza e della cittadinza in vigore in numerosi Paesi europei hanno garantito agli oligarchi la stessa protezione legale di cui godono i cittadini europei

Certo, delle scappatoie ci sono sempre, e nascondere la proprietà di beni e aziende non è poi così difficile. «Le strutture societarie usate nei paradisi fiscali sono come matrioske con moltissimi livelli- afferma Alexander – il beneficiario reale di una società potrebbe essere nascosto alla fine di decine di “scatole” societarie una dentro l’altra. Come i Panama Papers e molte inchieste del genere hanno rivelato, moltissimi ultra-ricchi, oligarchi inclusi, hanno a disposizione strutture di questo tipo, e quindi le loro operazioni offshore quotidiane non sono colpite più di tanto. A lungo termine, certo, perdono accesso a qualche centinaio di milioni, che sono comunque cifre considerevoli per loro».

Chiaramente, questo sistema “segreto” che protegge le loro operazioni più importanti non può essere usato per riconquistare le proprietà più visibili che già sono state sanzionate. Pagare, ad esempio, il capitano del loro yacht tramite una società offshore invece che direttamente rischierebbe di esporre tutta la loro struttura societaria.

Un effetto, quindi, le sanzioni certamente lo stanno avendo. Spiega Alexander: «L’effetto delle sanzioni può essere assimilato a quello di una crisi, e nelle crisi i primi a pagare sono sempre quelli che devono lavorare giorno per giorno per mettere il cibo sulla tavola». A soffrire delle sanzioni, per davvero, sarà in primo luogo quindi la classe media e medio-bassa russa, la stessa che, contemporaneamente, è priva anche di informazioni obiettive su quello che sta succedendo, priva della possibilità di protestare, priva, soprattutto, della possibilità di esercitare un’influenza efficace sul potere.

Perché le sanzioni comincino a fare effetto veramente sugli oligarchi quindi, sono necessarie o misure più severe e dirette, come confische vere e proprie, oppure tempi molto più lunghi, che la popolazione comune difficilmente potrà affrontare. Al contrario, la classe media russa presto si troverà a subire il pieno impatto delle sanzioni, che tutti gli analisti concordano sarà ben più terribile di quanto si possa immaginare in Europa.

Il presidente russo, Vladimir Putin, durante il comizio del 18 marzo 2022 allo stadio Luznkiki di Mosca per le celebrazioni dell'anniversario dell'annessione della Crimea - Foto: Getty Images

Il presidente russo, Vladimir Putin, durante il comizio del 18 marzo 2022 allo stadio Luznkiki di Mosca per le celebrazioni dell’anniversario dell’annessione della Crimea – Foto: Getty Images

Il prezzo del grano, l’accesso a pezzi di ricambio per auto, treni, aerei, tutte le commodities in Russia diventeranno sempre più care e razionate. «Quando quello che prima costava 10 euro arriva a costarne 20 chi ne soffrirà per primo? Chiaramente coloro che hanno solamente 10 euro in tasca – sottolinea Alexander -. Le sanzioni sono un sistema che colpisce prima alla base e poi via via sempre più in alto. Alla fine è normale che i più ricchi ne siano colpiti meno, ma è anche vero che questi hanno più influenza sul potere, almeno nelle strutture democratiche. Quindi a lungo termine sono questi che eserciteranno le pressioni maggiori sui soggetti che davvero vorremmo colpire, e la gente comune ne pagherà il prezzo. Purtroppo è sempre così».

Un braccio di ferro mondiale

Nelle prime settimane dell’invasione, racconta Masha Gessen al New York Times, era difficile per i cittadini russi anche rendersi conto della gravità della situazione che si andava delineando. Mentre il rublo già crollava, non si vedevano le scene di panico di fronte alle banche che ci si aspetterebbe in Occidente. Ma, in modo meno evidente, alcuni già cominciavano a muoversi. Gessen racconta che era diventato impossibile trovare schede di memoria o hard disk nei negozi di elettronica. I cittadini più informati, infatti, avevano chiaro che avrebbero presto perso l’accesso a grosse parti della rete, e si preparavano a fare backup di tutti i loro dati.

In conclusione, la strategia delle sanzioni resta come «una prova di forza tra Europa, Russia e Stati Uniti», commenta Floris Alexander, prova di forza che però forse nessuno vuole portare alle conseguenze più estreme. Infatti anche solo far ricadere le stesse sanzioni su qualsiasi soggetto che tratti ancora con i sanzionati rischia di spingere tutti i Paesi che già sono sotto sanzione ad agire come un conglomerato, un nuovo “blocco economico” che, fra l’altro, contiene una buona parte dei maggiori produttori di petrolio e gas.

Ma le potenziali conseguenze possono essere ancora più gravi: «Se il mondo continua ad attaccare il rublo – commenta Floris Alexander – la Russia prima o poi finirà in default. Ora, ovviamente ci sono riserve auree russe e altri asset fuori dalla Russia. Ipoteticamente l’Occidente si potrebbe rifare dei debiti russi su quelle riserve, ma allora ci sono buone possibilità di “svegliare l’orso dal suo letargo”. «La mentalità russa – conclude – è difficile da capire per l’Occidente. La Russia non ha paura del costo da pagare, anche in vite umane, per questa guerra. L’orgoglio nazionalista prevale e il prezzo della vittoria appare irrilevante».

CREDITI

Autori

Giulio Rubino

Editing

Lorenzo Bagnoli

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Oligarchi d’Italia

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Oligarchi d’Italia

Cecilia Anesi
Matteo Civillini

Dalle lussuose mega ville nei luoghi più esclusivi del turismo italiano agli yacht ormeggiati nei porti pronti a navigare attraverso il Mediterraneo. Per arrivare poi agli investimenti strategici, alle relazioni politiche e diplomatiche di primissimo livello, fino alle più alte onorificenze di Stato. È capillare il modo in cui gli uomini di Vladimir Putin si sono infiltrati nel tessuto del Belpaese da un decennio a questa parte. Oligarchi miliardari, parlamentari della Duma e megafoni della propaganda del Cremlino hanno trovato in Italia uno dei tanti approdi sicuri per le proprie smanie di espansione. Spesso con l’avallo, quantomeno implicito, dei potenti locali.

Oggi l’Unione europea cerca di colpire questo sistema con le sanzioni emanate all’indomani dell’invasione russa dell’Ucraina. La mano dura promessa dai governanti europei ha scatenato la caccia in Italia, come nel resto del mondo Occidentale, ai preziosi beni di chi ha dato manforte alla campagna di Putin. Nelle ultime settimane diverse ville e imbarcazioni sono finite sotto sequestro. Ad altri asset potrebbe toccare la stessa sorte di qui a breve, mentre gli inquirenti ricostruiscono le spesso complicate catene di controllo.

In questa guida ricapitoliamo i legami noti con l’Italia di alcuni degli uomini vicini a Putin finiti sulla lista nera di Bruxelles.

Gennady Timchenko

Gennady Timchenko (1952) è riconosciuto come uno tra i più stretti confidenti di Putin. Un rapporto sbocciato nei primi anni Novanta, quando Putin – all’epoca dirigente del governatorato di San Pietroburgo – concesse a Timchenko una licenza per l’esportazione di petrolio.

Gennady Timchenko

Gennady Timchenko

Oggi Timchenko controlla il Volga Group, una holding con un portafogli di investimenti nei settori dell’energia, dei trasporti e delle infrastrutture. Le posizioni più consistenti sono quelli in Novatek, produttore di gas, e Sibur, colosso petrolchimico con interessi anche in Italia.

Bloomberg stima l’attuale patrimonio di Timchenko in poco più di 10 miliardi di dollari, ammontare che si sarebbe piú che dimezzato con il crollo del valore dei propri investimenti per effetto delle sanzioni.

Già sanzionato dagli Stati Uniti fin dal 2014, Timchenko è stato inserito nella black list dell’Ue il 28 febbraio scorso in quanto ritenuto «responsabile di fornire sostegno finanziario e materiale ai decisori russi responsabili dell’annessione della Crimea e della destabilizzazione dell’Ucraina». Cinque giorni più tardi la Guardia di finanza ha sequestrato a Sanremo il suo yacht “Lena”, un’imbarcazione da 52 metri con un valore stimato in 50 milioni di euro.

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Petr Aven

Petr Aven

Petr Aven

Petr Aven (1955) è uno dei principali azionisti di Alfa Bank, la più grande banca d’affari privata in Russia. Insieme all’oligarca Mikhail Fridman, Aven ha inoltre fondato LetterOne, un fondo d’investimento lussemburghese. Aven ha lasciato i propri incarichi da amministratore in entrambe le aziende dopo essere stato inserito nella lista delle sanzioni europee il 28 febbraio scorso.

Il motivo del provvedimento nei confronti di Aven è la sua vicinanza con Vladimir Putin, la quale avrebbe portato benefici economici alle sue società. «[Aven] non opera indipendentemente dalle richieste del presidente», riporta il documento dell’Ue. Aven fu inoltre Ministro degli Affari Economici Esteri nel ‘91-’92, quando alla presidenza c’era Boris Eltsin.

Il 16 marzo il Nucleo special polizia valutaria ha sequestrato un complesso immobiliare in località Punta Sardegna, vicino a Porto Cervo, riconducibile ad Aven. Si tratta di Villa Maureena, residenza costruita negli anni ‘60 che si affaccia sull’arcipelago della Maddalena. Aven possiede un terzo della proprietà per un valore di 4 milioni di euro.

Alisher Usmanov

Alisher Usmanov (1953) è un imprenditore di origine uzbeka naturalizzato russo. È il fondatore di USM Holdings, gruppo che controlla diverse aziende di rilievo, tra cui Metalloinvest, produttore di acciaio, Baikal Mining, che si occupa di estrazione di rame, e Mail.ru, il principale operatore russo di servizi internet. Usmanov è inoltre proprietario di Kommersant, il più noto giornale economico-finanziario russo. Secondo l’Unione europea – che ha sanzionato l’oligarca lo scorso febbraio – «da quando Usmanov ha assunto il controllo del quotidiano la libertà della redazione è stata limitata e il giornale ha assunto una posizione manifestamente favorevole al Cremlino».

Alisher Usmanov

Alisher Usmanov

Usmanov ha un rapporto molto stretto con l’Italia, dove ha accumulato un piccolo impero immobiliare. Secondo il Dossier Center di Mikhail Khodorkovsky, Usmanov avrebbe comprato negli anni almeno otto ville nel Belpaese per un valore totale di qualche centinaio di milioni di euro. Nel 2012 comprò a Romazzino, in Costa Smeralda, la villa dell’industriale Antonio Merloni. Sempre in Sardegna Usmanov è proprietario di una villa da 17 milioni di euro che si affaccia sul golfo del Pevero. Quest’ultima finita sotto sequestro a inizio marzo dopo l’inserimento dell’imprenditore nella black list. Nelle Cinque Terre, invece, Usmanov ha acquistato Villa Maramozza, 1.200 metri quadrati più ampio bosco con piscina e campi da tennis.

In Italia, Usmanov ha anche fatto incetta di onorificenze grazie alle sue opere di filantropia e mecenatismo: il comune di Arzachena gli ha conferito la cittadinanza onoraria nel 2018, titolo che il sindaco non vuole ritirare nonostante le sanzioni; nell’ottobre 2016, invece, la Presidenza della Repubblica (su proposta dell’allora governo Renzi) l’aveva insignito del titolo di Commendatore. Il motivo era il contributo di Usmanov per progetti di restauro di edifici dal valore storico.

Alexey Mordashov

Alexey Mordashov

Alexey Mordashov

Considerato l’oligarca russo più facoltoso di tutti, Alexey Mordashov (1965) è il principale azionista e presidente di Severstal, colosso siderurgico che dall’inizio di marzo ha smesso di vendere acciaio in Europa. Mordashov è stato sanzionato dall’Unione europea a causa del suo istituto di credito, Rossiya Bank, «considerata la banca personale degli alti funzionari della Federazione russa». Mordashov viene inoltre accusato di essere «responsabile del sostegno ad azioni e politiche che compromettono l’integrità territoriale, la sovranità e l’indipendenza dell’Ucraina».

Il magnate è stato tra i primi oligarchi a sperimentare le conseguenze delle sanzioni sui propri beni: il suo yacht da 65 metri, “Lady M”, con valore stimato in 65 milioni di euro è stato “congelato” nel porto di Imperia lo scorso 4 marzo. Una decina di giorni più tardi, invece, la notifica di congelamento è stata fatta a un complesso immobiliare da 105 milioni di euro in località Portisco, in Costa Smeralda.

Andrey Melnichenko

Andrey Melnichenko (1973) è il fondatore di EuroChem, uno dei principali produttori di fertilizzanti al mondo, e di Suek, un’azienda carbonifera. Dopo essere finito sotto sanzioni da parte dell’Unione europea, il 9 marzo Melnichenko ha rassegnato le dimissioni dal CdA delle due società e non ne è più il titolare effettivo.

Andrey Melnichenko

Andrey Melnichenko

Bruxelles reputa Melnichenko parte della «cerchia più influente di imprenditori russi con stretti legami con il governo russo». Tanto che il 24 febbraio, all’indomani dell’invasione dell’Ucraina, Melnichenko è stato invitato, insieme a 36 imprenditori, a incontrare il presidente Putin per discutere dell’impatto dell’offensiva militare e delle conseguenti sanzioni.

Con Melnichenko le autorità italiane hanno centrato il bersaglio più grosso nella loro caccia ai beni riconducibili ai russi sotto sanzioni. L’11 marzo, infatti, la Guardia di finanza ha congelato il “Sy A”, considerato lo yacht da navigazione più grande al mondo. Un trialbero lungo quasi 143 metri e con otto punti, l’imbarcazione di Melnichenko è un vero e proprio colosso del mare. Lo yacht era ormeggiato per motivi di manutenzione all’arsenale di Fincantieri, nei pressi di Trieste, quando è stato sottoposto al provvedimento di «congelamento amministrativo».

Oligarchi, le proprietà congelate

I beni riconducibili a oligarchi russi posti sotto fermo amministrativo dalle autorità italiane alla luce delle sanzioni Ue, e il loro valore stimato

L’oligarca russo ha fatto sapere al The Guardian, tramite un portavoce, di essere pronto a far partire una battaglia legale contro il provvedimento. Il portavoce dice che Melnichenko «non ha alcun collegamento con i tragici eventi in Ucraina. Non ha alcuna affiliazione politica. Non c’è alcuna giustificazione per inserirlo nella lista delle sanzioni europee».

Igor Sechin

Re indiscusso del petrolio russo, Igor Sechin (1960) è l’amministratore delegato di Rosneft, uno dei principali produttori mondiali di greggio. È considerato uno dei più stretti confidenti di Vladimir Putin con il quale intrattiene rapporti dai primi anni Novanta, quando entrambi lavoravano nell’amministrazione cittadina di San Pietroburgo. Nel 2014 ha siglato il contratto per l’ingresso di Rosneft nel pacchetto azionario di Pirelli.

Igor Sechin

Igor Sechin

Sanzionato dall’Ue il 28 febbraio «per aver sostenuto materialmente la destabilizzazione dell’Ucraina», Sechin non ha subito provvedimenti in Italia. Il suo yacht “Vero Amore” è stato invece sequestrato nei cantieri navali francesi in cui si trovava per opere di manutenzione. La barca – prima chiamata “Princess Olga” in onore dell’ex compagna – è stata spesso avvistata nei punti nevralgici del turismo VIP italiano, tra la Sardegna, Capri e Venezia.

Il legame di Sechin con il nostro Paese è anche, e soprattutto, formato da relazioni di alto livello. Il magnate del petrolio è presenza fissa del Forum Italia-Russia, convegno organizzato dall’Associazione Conoscere Eurasia che ogni anno riunisce a Verona imprenditori, politici e diplomatici russi e italiani.

Igor Sechin si può fregiare, inoltre, del titolo di Commendatore al Merito della Repubblica Italiana, onorificenza conferitagli nel 2017 su iniziativa del Presidente della Repubblica.

Viktor Vekselberg

Viktor Vekselberg

Viktor Vekselberg

Viktor Vekselberg (1957) è proprietario di Renova Group, conglomerato russo con interessi in numerosi settori tra cui alluminio, energia, telecomunicazioni e immobiliare. Il suo investimento più notevole è in Rusal, il principale produttore di alluminio in Russia. Vekselberg siede inoltre nel board della Fondazione Skolkovo, centro d’innovazione creato dal Cremlino con l’intenzione di sviluppare un parco tecnologico alle porte di Mosca. In Italia, Skolkovo ha stretto partnership con Enel e le Università di Genova e Torino.

Proprio nel settore energetico Vekselberg ha tessuto una fitta rete di relazioni nel Belpaese. A partire dal 2007 l’oligarca promette di investire, attraverso la controllata Avelar Energy, un miliardo di euro nel settore fotovoltaico. Gli affari nel solare italiano vengono gestiti da un suo uomo di fiducia, Igor Akhmerov, che attraverso una serie di filiali controlla impianti energetici in Puglia e Basilicata. Un business che ha anche fatto finire Akhmerov nei guai con la giustizia italiana: secondo i magistrati milanesi, le società avrebbero indebitamente beneficiato, tra fine 2010 e aprile 2013, di ingenti contributi in conto energia erogati dal Gse. Condannato in primo grado a 4 anni e 6 mesi, Akhmerov è stato poi assolto in appello nel 2021.

Nel 2007 Vekselberg ha inoltre acquistato il Grand Hotel Villa Feltrinelli, un tempo dimora di Benito Mussolini durante la Repubblica sociale. Il resort di lusso avrebbe anche ospitato Vladimir Putin in occasione dei suoi viaggi in Italia. Oggi la villa sul Lago di Garda fa capo a una holding di Cipro.

Arkady e Boris Rotenberg

Arkadi Rotenberg[/caption]Arkady Rotenberg (1951) è legato a Vladimir Putin da uno stretto rapporto d’amicizia che risale a quando, in gioventù, frequentavano lo stesso club di judo a San Pietroburgo. Insieme al fratello minore Boris (1957), Rotenberg ha fatto fortuna mettendo le mani su appalti con cifre da capogiro per la costruzione di infrastrutture chiave in Russia. I due hanno fondato Stroygazmontazh (Gruppo SGM), costruttore leader nella posa di gasdotti e oleodotti. Inoltre, in occasione delle Olimpiadi invernali di Sochi le aziende dei Rotenberg si sarebbero assicurate appalti per circa 7 miliardi di dollari.

Arkadi Rotenberg e Boris Rotenberg

Arkadi Rotenberg e Boris Rotenberg

I fratelli Rotenberg vantano una lunga serie di investimenti in Italia, come è emerso anche nell’inchiesta internazionale FinCEN Files, sulle segnalazioni di operazioni sospette emesse dall’autorità antiriciclaggio del Tesoro statunitense. Oggi risultano proprietari di Tenuta Olmo, dimora pittoresca nel cuore dell’Argentario, e di una villa immersa nella pineta di Castiglione della Pescaia sulle rive del Mar Tirreno. In passato, però, il loro portafoglio immobiliare era molto più vasto: immobili di pregio a Tarquinia, Villasimius e Cagliari, e due lussuose ville a Porto Cervo.

Attraverso delle società cipriote, i Rotenberg gestivano inoltre il Berg Luxury Hotel, quattro stelle nel centro di Roma a due passi da Via Veneto. Queste ultime proprietà, tuttavia, sono state congelate dalla Guardia di finanza nel luglio 2014, dopo che il nome di Arkady Rotenberg era comparso in un pacchetto di sanzioni varato dal Consiglio europeo. Il fratello Boris, invece, era già stato sanzionato dal Tesoro americano. I provvedimenti furono presi all’indomani dell’annessione della Crimea da parte di Mosca.

Vladimir Soloviev

Vladimir Soloviev

Vladimir Soloviev

Vladimir Soloviev (1963) è giornalista e presentatore del canale televisivo Russia 1, noto principalmente per il talk show politico “Domenica Sera con Vladimir Soloviev”. Considerato uno dei più influenti propagandisti del Cremlino, Soloviev da voce alle ambizioni militari di Putin sostenendo l’invasione dell’Ucraina. «Oggi è il giorno in cui è stata fatta partire una legittima operazione per de-nazificare l’Ucraina», ha dichiarato Soloviev allo scoccare dell’offensiva russa.

Inserito nella lista nera dell’Ue per il suo «atteggiamento estremamente ostile nei confronti dell’Ucraina», Soloviev ne ha subito risentito finanziariamente. I finanzieri hanno congelato due ville di sua proprietà sulle sponde del Lago di Como. I due immobili, situati rispettivamente a Menaggio e Pianello del Lario, hanno un valore stimato in otto milioni di euro. Il collegamento tra le due ville e il conduttore russo ero stato rivelato per la prima volta dall’oppositore politico Alexey Navalny nel 2019.

Dopo aver appreso delle misure prese nei propri confronti, Soloviev se ne è lamentato in diretta TV: «Mi era stato detto che l’Europa è una cittadella dei diritti, che tutto è permesso…Conosco per esperienza personale i cosiddetti “sacri diritti di proprietà”. Ad ogni transazione portavo documenti che dimostravano il mio reddito. Le ho comprate [le ville], ho pagato una quantità pazzesca di tasse, ho fatto tutto. E all’improvviso qualcuno decide che questo giornalista è nell’elenco delle sanzioni. E subito colpisce il tuo immobile. Aspetta un minuto. Ma ci avevate detto che in Europa il diritto di proprietà è sacro».

Oleg Savchenko

Oleg Savchenko

Oleg Savchenko

Politico di lungo corso di Russia Unita, il partito di Vladimir Putin, Oleg Savchenko siede tra i banchi della Duma, il Parlamento russo. L’Unione europea l’ha inserito nel primo round di sanzioni, risalenti al 23 febbraio scorso, per aver votato a favore della risoluzione volta a riconoscere le repubbliche popolari di Donetsk e Luhansk, i due territori a sud-est dell’Ucraina contestati tra Kiev e Mosca.

In Italia, Savchenko è stato colpito dal primo provvedimento emesso dal Comitato di sicurezza finanziaria, l’organo del Tesoro deputato a coordinare l’attività di repressione nei confronti dei sanzionati. A finire sotto sequestro è stata la villa Lazzareschi, dimora storica del XVII secolo nelle colline di Capannori, alle porte di Lucca. Circondata da un parco di 10 mila metri quadrati, la villa ha un valore stimato in circa 3 milioni di euro.

Igor Shuvalov

Igor Shuvalov (1967) è il presidente della VEB, la principale banca pubblica russa, sotto sanzione dal 23 febbraio. Quella carica è di natura politica e la decide direttamente il presidente Vladimir Putin. In precedenza, tra il 2008 e il 2018, Shuvalov è stato il vice primo ministro, sia nelle amministrazioni guidate da Putin, sia durante la parentesi di Dmitry Medvedev (2008-2012), il quale è oggi vice presidente del Consiglio di sicurezza in Russia. In quella veste Shuvalov affermò che la Federazione russa avrebbe modificato le norme di bilancio per tenere conto degli abitanti aggiuntivi derivanti dall’annessione della Crimea.

Igor Shuvalov

Igor Shuvalov

In Italia, alla famiglia di Shuvalov è riconducibile una residenza in Toscana. Realizzata in stile liberty verso la fino dell’Ottocento, Villa Bengodi si trova a Orbetello (Grosseto), immersa nel verde e a due passi dalla spiaggia. È stata acquistata nel dicembre 2019 da una società austriaca, la Weitried Gmbh, controllata da un trust del Liechtenstein il cui beneficiario ultimo, fino al 2017, risultava essere uno dei figli di Shuvalov. Al momento la proprietà del trust è sconosciuta.

A febbraio 2020, una società italiana aperta a Bolzano pochi mesi prima, la Società Agricola Villa Bengodi srl, acquista i terreni agricoli attorno a Villa Bengodi a Fonteblanda. Secondo le visure catastali, sono circa 36 ettari. Ad amministrare la Società Agricola un commercialista di Torino che non ha voluto rispondere alle domande del consorzio, e un agronomo di Orbetello, Claudio Capitani.

Capitani spiega di lavorare come consulente agrario, gestendo aziende agricole e aiutando gli imprenditori nelle scelte aziendali. «Negli ultimi anni la struttura delle aziende agricole è molto cambiata, sempre meno sono le imprese individuali e sempre di più le società facenti capo a gruppi finanziari, fondi di investimento, l’agricoltura rappresenta un settore con poca redditività ma con alta garanzia patrimoniale». Spiega di sapere che la società è di proprietà austriaca, ma «non mi risultano corrette le informazioni» riferite da IrpiMedia, ovvero che il beneficiario finale sia l’oligarca Shuvalov.

Attualmente, spiega Capitani, la Società Agricola Villa Bengodi «produce cereali, olio di oliva ed è in procinto di implementare un’attività vitivinicola» biologica. L’intera tenuta, comprensiva di terreni e ville, secondo le quotazioni immobiliari e dei terreni agricoli ufficiali, dovrebbe essere di minimo 2,8 milioni di euro. La Weitried ha però dichiarato un patrimonio immobiliare di 13 milioni di euro, quindi la tenuta Villa Bengodi potrebbe valere tanto. Un jet privato posseduto da un’azienda riconducibile a Shuvalov l’estata scorsa è atterrato al vicino aeroporto di Grosseto, evento che suggerisce come la famiglia Shuvalov stia ancora utilizzando la villa.

CREDITI

Autori

Cecilia Anesi
Matteo Civillini

In partnership con

OCCRP

Infografiche

Lorenzo Bodrero

Editing

Lorenzo Bagnoli

Foto di copertina

IrpiMedia