Durante lo scoppio della pandemia nasce un’alleanza criminale inedita per assaltare portavalori: armi della ‘ndrangheta, base in Corsica, rapinatori dalla Sardegna, escavatori della camorra. L’obiettivo è la Toscana
Sardegna fantasma
24 Marzo 2023 | di Giacomo Zandonini
Sagre di paese, installazioni fotografiche, festival letterari, incentivi fiscali, e ancora: abitazioni in svendita, turismo esperienziale, pranzi comunitari. Da un decennio a questa parte, gli amministratori locali sardi, come prestigiatori, estraggono dal cilindro soluzioni e proposte per combattere la rapida desertificazione demografica dell’isola e attrarre turisti, lavoratori e nuovi residenti.
Nel 2014, l’allora sindaco di Tula, vendeva il borgo come fosse un paradiso fiscale. «Addio escamotage bancari e atolli oceanici, la soluzione è Tula», scriveva ironicamente il Comune, lanciando la campagna Vieni a vivere qui. Oltre a sgravi fiscali sulla proprietà delle seconde case e a un sostegno per trovare alloggio, il centro dell’entroterra sassarese offriva un generoso bonus bebè per i genitori di bambini nati nel Comune, sfruttando gli introiti di un vicino parco eolico.
Tra le proposte anti-spopolamento che più hanno riscontrato interesse, ben al di fuori della Sardegna, c’è poi la vendita di case alla cifra simbolica di un euro, proposta nel 2016 dai comuni di Nulvi e Ollolai, nel centro-nord dell’isola. La lunga lista di iniziative – a cui di recente si è aggiunto un Happy Village, borgo fatto a misura per pensionati abbienti, a Fluminimaggiore – testimonia sia la crescente urgenza del tema, sia il suo recente ingresso nel marketing politico.
In questo senso, non sono mancate le forzature: nel 2018, la giunta regionale di centro-sinistra, guidata da Francesco Pigliaru, presentava come antidoto uno stanziamento straordinario di 20 milioni di euro per dotare i piccoli comuni di videocamere di sorveglianza. Poco dopo, l’attuale presidente della Regione e già segretario del Partito Sardo d’Azione, Christian Solinas, riportava il governo regionale nelle mani del centrodestra facendo appello a una rinnovata identità sarda e impegnandosi ad affrontare i problemi del mondo rurale, ovvero di quelle centinaia di piccoli Comuni la cui popolazione si riduce costantemente da anni.
Trainato da un’alleanza allora vincente con la Lega Nord di Matteo Salvini, Solinas aveva sconfitto il Partito Democratico soprattutto nell’entroterra, dove le riforme della giunta precedente erano state spesso vissute come un ennesimo taglio di risorse. L’abolizione delle pluriclassi, cioè quelle classi che riuniscono alunni di età e gradi diversi, aveva penalizzato per esempio gli istituti d’istruzione periferici, costringendo a chiudere alcune sedi. La razionalizzazione del sistema sanitario introdotta dal centro-sinistra, aveva portato invece al taglio di servizi essenziali in aree poco abitate.
La lotta allo spopolamento diventa quindi un tema di consenso, tanto che nel 2022, chiusa la fase emergenziale della pandemia da Covid-19, Solinas e la sua giunta presentano una manovra finanziaria che «per la prima volta mette in campo risorse vere e certe necessarie affinché la Sardegna possa combattere con forza e decisione lo spopolamento dei territori e l’isolamento», secondo le parole del presidente.
Le tre misure al centro del piano presentato dalla giunta sembrano voler mettere a sistema alcune delle iniziative ideate nell’ultimo decennio da sindaci, consorzi e associazioni locali: offrire incentivi economici per chi trasferisce la residenza, erogare prolungati bonus bebè e prevedere sgravi fiscali per aziende e professionisti che trasferiscono la propria sede e assumono personale in loco. Obiettivo degli interventi è attrarre nuovi residenti e trattenere chi già vive nei 275 comuni – su 377 totali nella regione – con meno di tremila abitanti.
Il progetto
All’interno della serie #LisolaCheNonCePiù sullo spopolamento delle isole europee, realizzata con la testata irlandese Noteworthy e il media d’inchiesta scozzese The Ferret, IrpiMedia è stata in due luoghi-simbolo del tentativo di arginare lo svuotamento dell’entroterra sardo: il Comune di Baradili, che con i suoi 78 residenti – a inizio 2023 – è il più piccolo dell’isola, e quello di Ollolai, che a partire dal 2016 ha ricevuto migliaia di richieste di potenziali nuovi residenti, dall’Australia al Canada passando per il Medio Oriente, incuriositi dalle case in vendita a un euro.
I Comuni in estinzione
Tra i primi a suonare un campanello d’allarme sulla demografia dell’isola, nel 2013, sono due sociologi sardi, Gianfranco Bottazzi e Giuseppe Puggioni, il cui studio sui Comuni in estizione contribuisce a portare il tema dello spopolamento nel dibattito pubblico. Il rapporto parte da un dato: tra il 1951 e il 2011, il 60% dei Comuni sardi ha perso popolazione e, per un terzo di questi, il decremento è stato superiore al 40%.
Costruendo statisticamente un indice di malessere demografico, basato su tendenze passate, e realizzando delle proiezioni, Bottazzi e Puggioni ritengono che, entro il 2086, la popolazione di 31 comuni sardi potrebbe azzerarsi. La scomparsa di Semestene (provincia di Sassari), il primo della lista, era prevista per il 2025, ma sembra finora rimandata. In un decennio, il Comune ha comunque perso un quarto dei suoi abitanti – da 171 nel 2011 a 129 a fine 2022 – e da anni la linea di telefonia mobile funziona a stento, a sottolineare una cronica mancanza d’investimenti, tanto pubblici quanto privati.
Bottazzi, ordinario all’Università di Cagliari, spiega che «per lo studio del 2013 abbiamo usato una tecnica giornalistica, forzando la mano per ottenere un effetto shock». Lo spopolamento della Sardegna, continua, «era oggetto di studio già dagli anni Novanta, quando ancora si poteva invertire la tendenza, ma per anni nessuno sembrava darci peso, a livello politico». Il titolo sensazionalistico del rapporto sembra funzionare, tanto che pochi anni dopo, un collettivo di architetti e urbanisti, Sardarch, pubblica il volume Spop, istantanea dello spopolamento in Sardegna, raccontando – paese per paese – quei 31 comuni a rischio di estinzione. Altri gridi d’allarme scuotono l’opinione pubblica sarda negli ultimi anni, innestandosi sulla popolarità dello studio del 2013. Guardando oltre agli allarmismi, i dati mostrano però una regione che invecchia e perde popolazione più rapidamente di altre aree in Italia e in Europa.
Popolazione in declino
In Sardegna il tasso di decrescita della popolazione è doppio rispetto a quello nazionale


Tra il 2011 e il 2022, si passa da 1,656 milioni a 1,577 milioni di abitanti, oltre 60 mila in meno. In un solo anno, tra il 2019 e il 2020, complice anche la pandemia di Covid-19, il numero di residenti scende di 21 mila unità. L’indice di vecchiaia, che mostra il rapporto tra abitanti nella fascia d’età 0-14 anni e chi ne ha più di 65, è uno dei più alti d’Italia. In più di 300 Comuni supera il 200%, arrivando a toccare il 400% in alcuni centri. E mentre l’età media cresce, la popolazione giovane si riduce. Se nel 2019 la Società Italiana di Pediatria metteva in guardia rispetto alla discesa sotto le 10 mila nascite all’anno in Sardegna, la soglia è oltrepassata già nello stesso anno. A inizio 2023, l’Istat ricorda infine come la Sardegna registri il dato più basso di nuovi nati tra le regioni italiane – 4,9 ogni mille abitanti – ben al di sotto di una media nazionale di 6,7. Nel 2050, titolava a dicembre 2022 il quotidiano La Nuova Sardegna, sarà «l’isola dei pensionati».
La tendenza sembra dominare il panorama regionale, con poche eccezioni. La decrescita è più ridotta nella provincia di Cagliari, la più urbanizzata dell’isola, e in alcune aree costiere, mentre pochi comuni vedono la propria popolazione salire. Tra i centri di medie dimensioni, per esempio, quelli di Arzachena e Olbia guadagnano abitanti, grazie all’indotto del fiorente mercato turistico della Costa Smeralda così come alla recente crescita della componente straniera della popolazione, che qui tocca il 10% degli abitanti, mentre la media regionale è del 3,2%.
Nuovi nati
Il calo di natalità in Sardegna è molto più accentuato rispetto alla media nazionale: sull’isola, nel 2021 sono nati 8.232 bambini contro i 12.650 del 2011


Il sociologo Bottazzi sostiene però che quelle della legge di bilancio 2022, finanziate anche nel 2023, «non sono vere misure anti-spopolamento, ma programmi costosi e poco efficaci». Il contributo – fino a 15 mila euro – per chi acquista o rinnova casa, trasferendosi in un piccolo comune per almeno cinque anni, non affronta una mancanza strutturale di servizi, sostiene il docente. «Pur essendoci degli incentivi, chi si trasferirebbe in un paese in cui non c’è la farmacia, manca il medico, la scuola è lontana?», si chiede Bottazzi.
Della stessa opinione, seppur più cauto, è il consigliere regionale Francesco Agus, all’opposizione con la lista Campo Progressista. Per Agus, «sono soldi che arriveranno a pioggia e qualcuno ne beneficerà, ma fino a fine 2022 non era stato speso un euro». A febbraio 2023 la Regione ha fatto sapere che 1.400 famiglie, residenti in comuni con meno di tremila abitanti, hanno ottenuto il bonus bebè, un mini salario di 600 euro al mese per il primo figlio e 400 per i successivi, che la Regione si è impegnata a corrispondere fino al quinto compleanno dei bambini, stanziando per il momento 106 milioni di euro per tre annualità. La norma si pone come obiettivo di incrementare del 20% le nascite, ma per il momento non si sa quanti tra i beneficiari si siano trasferiti nei piccoli comuni perchè incentivati proprio dal nuovo sussidio.
Call of Duty a Baradili
A Baradili (provincia di Oristano), il Comune meno abitato della Sardegna e tra i 31 a rischio estinzione, secondo lo studio di Bottazzi e Puggioni, l’amministrazione ha cercato di attrarre nuovi abitanti tramite dei contributi per l’acquisto di terreni edificabili, fino a 10 mila euro a famiglia stanziati già dal 2018, e ha sostenuto con 30 mila euro la costruzione di una piccola falegnameria industriale, che impiega giovani del paese e di quelli circostanti.
Marianna Camedda, la sindaca, conosce uno per uno i 78 abitanti, comprese le tre famiglie insediatesi negli ultimi anni nei terreni edificabili di proprietà del Comune. Fermo al centro della piana dell’Alta Marmilla, tra le due giare – termine che indica altipiani basaltici – di Gesturi e Serri, Baradili è un reticolo di poche strade, che si prolungano verso la campagna, puntellata da uliveti e mandorli. La popolazione qui era esplosa nel XVIII secolo per poi decrescere senza sosta, con un ultimo esodo nel secondo Dopoguerra. «Ci si spostava verso la costa, lasciando agricoltura e pastorizia per diventare operai a Cagliari, con un sentimento di riscatto ma anche di vergogna verso le origini paesane», spiega Camedda. Settant’anni fa, i residenti erano circa 200.
Accanto alle antiche case in stile campidanese del centro storico, il paese ospita tre pizzerie – una delle quali è aperta tutto l’anno e gestisce una scuola di cucina – un piccolo parco acquatico che impiega una dozzina di giovani nella stagione estiva, un pastificio artigianale e un vivaio. Per bar, scuole, farmacie, banche, uffici postali bisogna prendere l’auto e arrivare nei paesi vicini o nel capoluogo di provincia, Oristano. L’unico alimentari ha chiuso nel 2010 e il medico di base non è più attivo dal 2019. Tra i progetti lanciati dal Comune per arginare lo spopolamento, c’è un percorso con una società di consulenza di Oristano, Nabui, che nel 2019 ha proposto di formare un ambasciatore di comunità, scelto tra i giovani del paese, per facilitare le relazioni tra residenti e capirne i bisogni.
Stefano Piras, che a 22 anni lavora come fornaio nella vicina Baressa e dal 2020 è ambasciatore di comunità, racconta con entusiasmo come, in piena pandemia, i pochi giovani di Baradili siano riusciti a portare migliaia di persone in paese, per lo meno virtualmente. Tra 2020 e 2021, insieme alla società Nabui, hanno infatti promosso dei tornei di e-sport, lo sport su piattaforme online. «C’erano milioni di persone online in quel periodo e così abbiamo deciso di fare un torneo qui, nel paese più piccolo della Sardegna», racconta. La sfida di Call of Duty: Warzone, popolare gioco di combattimento, a cui ha preso parte anche uno dei campioni mondiali, registra quasi 80 mila spettatori, tutti online ma ospitati virtualmente a Baradili. Il sogno, spiega Piras, è aprire una sede fisica, con postazioni di gioco, per fare del paese un riferimento per i cosiddetti e-tournaments che, ricorda l’ambasciatore, potrebbero presto diventare discipline olimpiche.
La modalità di gioco scelta per il torneo si chiama Island Rebirth, ovvero la rinascita dell’isola. Se i videogiochi possono rappresentare un inedito collante sociale in una comunità minuscola, a preoccupare l’amministrazione è però la mancanza di servizi di base, che accelera l’esodo. «Ci sono politiche che non si materializzano, amplificando la sensazione di essere un’isola dentro un’isola, lontano da tutti», dice la sindaca Camedda.
A deludere è stata soprattutto la Strategia nazionale aree interne (Snai), nata nel 2013, su spinta dell’Unione europea, per rispondere ai bisogni delle zone più remote d’Italia, dalle valli alpine e appenniniche alle campagne del centro-sud, con un approccio strutturale, intervenendo cioè su servizi mancanti, spesso chiusi per tagliare le spese. Quattro le aree di intervento: sanità, istruzione, trasporti e sviluppo locale.
Per la Sardegna, proprio l’Alta Marmilla, il territorio attorno a Baradili, è scelta come “area prototipo” in cui sperimentare l’uso dei nuovi fondi, gestiti dalla Regione e da diversi ministeri, come parte della Politica di coesione dell’Unione europea. Per Baradili e gli altri 18 paesi dell’Unione dei Comuni dell’Alta Marmilla, è un’occasione unica per evitare, in extremis, una «resa incondizionata» allo spopolamento, come riportato nel documento di adozione della Strategia.
Tra la scelta dell’Alta Marmilla nel 2014, la trasmissione di un documento di Strategia d’area nel 2017 e l’adozione di un Accordo Quadro di Programma con il governo nazionale, nel 2019, nessun progetto prende però il via per anni. I primi, timidi segnali e il via libera ad alcuni stanziamenti arrivano all’inizio del 2023. «Abbiamo elaborato le proposte per la Snai quasi dieci anni fa e ora che finalmente prendono il via, si basano su analisi e indicatori già superati», sostiene Marianna Camedda. Dei 15 milioni di euro impegnati, 6,5 provengono dal Piano straordinario di edilizia scolastica della Regione, lanciato nel 2015, e servono ad accentrare in due poli scolastici il sistema d’istruzione dell’Alta Marmilla, evitando che gli alunni debbano muoversi tra quattro comuni, come avviene oggi. «Da quando il progetto è stato proposto, nel 2015, il numero di alunni è crollato, da oltre 500 a circa 420 in tutta l’Alta Marmilla, numeri che potranno ancora abbassarsi quando i lavori saranno terminati», spiega Camedda.
Nessuna traccia, per ora, degli interventi per migliorare l’accesso alla salute previsti dalla Strategia, come la costruzione di un ambulatorio specialistico con posti letto per degenze medio-lunghe. Per chi ha bisogno di cure specialistiche, spesso l’unica soluzione è andare in ospedale a Cagliari e a Oristano. «Mancano infermieri e specialisti e i pochi medici di base rimasti non sono incentivati a restare: per curarsi qui servono tanti soldi, altrettanta fortuna e un’automobile», spiega Camedda. Nel 2022, l’Unione dei Comuni dell’Alta Marmilla ha partecipato a un bando del Piano nazionale di ripresa e resilienza (Pnrr) riservato a Comuni e consorzi delle aree interne, per finanziare degli infermieri di comunità, a cui l’Unione è stata ammessa in riserva, ovvero senza copertura finanziaria. «Il problema del Pnrr – spiega la sindaca – è che introduce una competizione tra territori che hanno, tutti, bisogno di interventi rapidi: sembra un’occasione sprecata, lontana dai bisogni delle comunità».
I ritardi nell’adozione delle misure della Snai sembrano essere riconducibili a una serie di imbuti amministrativi, nel passaggio dai decisori locali a quelli nazionali. La relazione annuale sull’implementazione della Strategia, che il governo è tenuto a presentare ogni anno al Comitato interministeriale per la programmazione economica e lo sviluppo sostenibile, e potrebbe aiutare a capire ritardi e ostacoli, non è pubblicata dal 2020. Nel frattempo, altre tre aree interne della Sardegna sono state inserite nella Snai, che è stata rinnovata per il periodo 2021-2027: il Gennargentu-Mandrolisai, la valle del Cedrino e la Barbagia. Un totale di 24 milioni di euro, da distribuire sui quattro territori.
Il Sacro Graal delle politiche antispopolamento
Per Camedda come per altri amministratori dell’Alta Marmilla, l’idea di vendere le case a un euro non è che uno spot pubblicitario. «È segno di un legame con il territorio che si è perso: se vendi le case a un euro, a quanto vendi un intero quartiere?», dice la sindaca. A un’ora e mezza di auto da Baradili, il Comune di Ollolai ha puntato invece proprio su questa idea, lanciata nel 2016, sulla scia di un’iniziativa che ha attirato diversi piccoli comuni sparsi nel centro-sud d’Italia: la messa in vendita di case semi-abbandonate a un euro, proposta nel 2009 dalla giunta di Salemi, in Sicilia, allora guidata dal critico d’arte Vittorio Sgarbi.
A Ollolai, 1.200 abitanti distribuiti tra i vicoli e le campagne di quella che un tempo era considerata la capitale della zona montuosa della Barbagia, in provincia di Nuoro, l’esodo degli abitanti, dagli anni Cinquanta ad oggi, ha quasi dimezzato la popolazione. «I nostri emigranti hanno creato piccole Ollolai in tutto il mondo e oggi i 2.300 abitanti degli anni Sessanta sono un ricordo lontanissimo», spiega l’ex sindaco, Efisio Arbau.
Arbau, un avvocato che si sveglia prima dell’alba per occuparsi del suo ovile, come da tradizione di famiglia, ha lanciato il progetto delle case a un euro, racconta «come un volano per migliorare la qualità della vita delle persone, non necessariamente per attrarre nuovi residenti». D’altra parte, aggiunge, «la ricetta contro lo spopolamento è come il Sacro Graal: è utile cercarla anche se in realtà non esiste». Problema fondamentale è l’abbandono del patrimonio abitativo, che riguarda spesso i centri storici. In tutta la Sardegna, secondo stime dell’Istat relative al 2021, il 28% del patrimonio, composto da circa 920 mila case, non è utilizzato. Solo nel 2018, la Regione ha deciso di stanziare 25 milioni di euro per «il recupero e la riqualificazione del patrimonio immobiliare privato».
A Ollolai, la giunta comunale guidata da Arbau ha individuato 150 abitazioni «diroccate ma potenzialmente utilizzabili», 17 delle quali poi sono effettivamente entrate nell’orbita del progetto. Dal 2016 al 2018, anno di chiusura di una prima fase di “case a un euro”, il Comune riceve più di duemila richieste d’informazione, in diverse lingue, e protocolla centinaia di domande di acquisto.
Nel 2018, quando entrano nel vivo i primi interventi di riqualificazione delle case acquistate, Ollolai diventa, per una breve stagione estiva, un polo di attrazione turistico e mediatico. Vito Casula, un costruttore sardo che è il primo acquirente di una casa a un euro, racconta di essere stato «intervistato dai media di mezzo mondo, dal Washington Post a canali televisivi australiani: a un certo punto ho dovuto dire basta».
A sancire il successo mediatico della proposta è Het italiansee dorp: Ollolai (Il villaggio italiano: Ollolai), un reality show girato interamente in paese e mandato in onda quotidianamente per sei mesi dal quarto canale della TV olandese RTL. Il programma seguiva cinque coppie olandesi, scelte da una giuria popolare di Ollolai, che dovevano ristrutturare un alloggio e relazionarsi con la comunità locale. Oltre alle 25 persone della troupe, nell’estate 2018 Ollolai è invasa da turisti dei Paesi Bassi, incuriositi dal programma.
Per i concorrenti dello show olandese, come per gli altri acquirenti, il sogno di una casa a basso prezzo in un paese immerso nella natura, si scontra – forse inevitabilmente – con diversi ostacoli. Le ristrutturazioni si rivelano più costose dei 25 mila euro per alloggio che il Comune aveva stimato e l’idea di avviare nuove attività lavorative in loco è complessa, anche per il limitato afflusso di turisti.
I giovani vincitori del reality show olandese, Marije Graafsna e Ovan Abdullah, spiegano che il progetto del comune di Ollolai «ha creato un’offerta a cui non sono stati in grado di rispondere». Tra ostacoli linguistici, una «burocrazia da incubo» e lavori di ricostruzione più lunghi e costosi del previsto, per una spesa finale di 150 mila euro, la coppia ha deciso nel 2019 di abbandonare il paese, lasciando la proprietà della casa al canale televisivo olandese. Dietro il successo mediatico, che – spiega l’ex sindaco Arbau, «ha fatto sentire meno sola la nostra comunità, ci ha dato autostima» – c’è insomma la difficoltà ad affrontare lavori costosi, in contesti che non si conoscono.
Invece che portare nuovi residenti, le otto case che sono state effettivamente ristrutturate a fine 2022 sono usate oggi come abitazioni per le vacanze o bed and breakfast. Nonostante le esitazioni della prima fase dell’iniziativa, in Comune difendono l’approccio di Arbau, che ha portato a nuovi finanziamenti: 2,1 milioni di euro sono arrivati nel 2019 per un Programma integrato di riordino urbano che parte dall’esperienza delle case a un euro, proponendo un percorso partecipato e gestito, in gran parte, dalla Cooperativa di comunità di Ollolai, nata nel 2020.
Al posto delle case a un euro, il nuovo Programma prevede degli affitti a un euro e dei luoghi di lavoro a un euro. La Cooperativa fa da mediatrice tra proprietari e fruitori, mettendo a disposizione case e spazi a costo zero, per chi vuole trasferirsi nel Comune ma anche avviarvi un’attività d’impresa. Nodo centrale sembra sempre essere l’assenza di servizi. Tramite i fondi regionali, amministrati dalla Cooperativa di comunità, nel dicembre 2021 è stato aperto il primo servizio per bambini tra zero e tre anni. Non un asilo ma una ludoteca, che a fine 2022 era frequentata da nove bambini. La sanità sembra emergere come uno degli aspetti più critici del territorio. Sono tre i medici di medicina generale che servono Ollolai per alcune ore alla settimana. Due di questi hanno già superato l’età pensionabile.
In un normale giorno di visite, il dottor Giuseppe Mastio vede fino a cento pazienti. «Sono spesso sette giorni su sette, per dieci-dodici ore al giorno», spiega Mastio, che a quasi 68 anni sperava di essere già in pensione. Un quarto dei suoi 1.500 pazienti ufficiali, il numero massimo consentito dalla legge regionale, è composto da ultra-settantacinquenni, spesso con problematiche complesse. A loro si aggiungono gli almeno 2.500 pazienti, secondo le stime di Mastio, rimasti senza un medico di base nei comuni vicini di Sarule, Olzai e Ottana.
«Siamo abbandonati e il primo ospedale è a 80 chilometri di curve da qui», lamenta il medico.
La sorte degli abitanti di Ollolai, come quella di gran parte degli abitanti dell’entroterra sardo, sembra essere sospesa tra lotta e fuga, come suggerito dalle biografie di due tra i cittadini più illustri della capitale della Barbagia: l’ex sindaco e quadro del Partito Sardo d’Azione Michele Columbu e il campione del mondo di bodybuilding Francesco Columbu. L’effige del primo campeggia nelle sale del Comune, ricordando una lunga marcia verso Cagliari che il politico aveva compiuto da solo nel 1965, per denunciare l’assoluta marginalità a cui il governo regionale aveva condannato il suo territorio. Una gigantografia di Francesco Columbu domina invece la piazza: amico intimo e collega di Arnold Schwarzenegger, con cui emigra negli Stati Uniti negli anni Sessanta, Columbu insegue il sogno americano lontano dalla Sardegna, dove morirà nel 2019, in ferie.
Sanità, trasporti, internet: politiche che mancano
A gennaio 2021, la Regione Sardegna stimava mancassero 242 medici di medicina generale. Un dato che sembra crescere rapidamente nei mesi successivi. L’Azienda regionale della salute (Ares) cerca di far fronte a questo vuoto di medici con una serie di bandi di concorso, che vanno in parte deserti. Nel luglio 2022, un bando per assegnare 338 sedi riceve poche candidature. Un secondo avviso, aperto a febbraio 2023, vede 151 candidature a fronte di un’offerta di 439 posti. Per l’assessore regionale alla Sanità, Carlo Doria, gli ultimi bandi dovrebbero soddisfare le necessità di tutti i residenti dell’isola. Per gli amministratori di Baradili e Ollolai, però, servono incentivi ad hoc, per attirare medici in sedi considerate disagiate. Un bando per reclutare chirurghi per le aziende sanitarie di Nuoro, del Sulcis e dell’Ogliastra, lanciato a gennaio dalla Regione con lo slogan «Cerchiamo medici sognatori. Il sogno si chiama Sardegna», ha visto solo tre candidati presentarsi, nessuno dei quali per l’Ogliastra.
Per il consigliere d’opposizione Francesco Agus «il problema non è solo il numero di medici, quanto il loro impiego, all’interno di una struttura della sanità ingessata e gestita male». I fondi del Pnrr promettono di migliorare la situazione. Un decreto di riforma, presentato dalla Giunta Regionale nel maggio 2022, definiva gli obiettivi da raggiungere entro il 2026, tra cui l’apertura di 50 nuove case di comunità per i servizi di prossimità, 14 case della salute e 13 ospedali di comunità. Una riforma che dovrebbe entrare nel vivo, secondo il calendario del governo regionale, nel corso del 2023.
Sia Baradili che Ollolai lamentano poi la lentezza nella diffusione delle connessioni internet cablate. Il Piano strategico per la banda larga, lanciato nel 2015 dalla giunta di centro-sinistra, ambiva a collegare alla fibra ottica tutti i comuni sardi, con priorità per quelli inseriti nella Strategia nazionale delle aree interne. Centoquarantotto milioni di euro di fondi stanziati in sette anni e un cronoprogramma che prevedeva una chiusura della prima tranche dei lavori, per i comuni più penalizzati, già nel 2017. Secondo un’indagine diffusa a marzo 2023 dai portali SOStariffe.it e Segugio.it, appena il 30% delle utenze domestiche sarde può usare i collegamenti via fibra. Cifre più incoraggianti sono raccolte dal sito Sardegnadigital, secondo cui il 67% dei Comuni isolani può collegarsi alla banda larga.
Sul fronte dei trasporti, il 2023 è iniziato con un conflitto tra governo regionale e nazionale, sul tema della continuità territoriale, ovvero di tutte quelle misure di sostegno alla mobilità dei residenti dell’isola, volte a rendere sostenibili i collegamenti con la terraferma, soprattutto per via aerea. Una misura adottata nel 2000, che fa riferimento a diverse norme, ricorrendo a finanziamenti statali ed europei, rivolti soprattutto alle compagnie aeree e di navigazione, tenute a mantenere tariffe agevolate per i residenti, per trasferte verso gli aeroporti di Milano e Roma.
L’Ue, per evitare distorsioni alla concorrenza, impone un tetto ai posti coperti dalle tariffe agevolate. Posizione che, secondo la giunta guidata da Solinas, isola ulteriormente i sardi. Anche perché i bandi annuali vincolano in modo limitato le compagnie. Nel periodo natalizio del 2022, l’esaurimento dei posti a tariffa agevolata, tra i 40 e i 70 euro più le tasse, unito a un taglio dei voli e all’aumento del costo del carburante, ha fatto lievitare i prezzi, con voli fino a 600 euro per un’andata e ritorno dal continente.
Se la continuità territoriale è da oltre un ventennio fonte di tensioni e strumento bipartisan di consenso elettorale, la recente mossa della giunta regionale, che a marzo 2023 ha annunciato di voler impugnare la manovra finanziaria nazionale di fronte alla Corte Costituzionale, sembra indicativa di una linea di difesa dell’insularità, su cui spingono sia il Partito Sardo d’Azione che alcuni dei suoi alleati.
Al centro della disputa ci sono innanzitutto gli stanziamenti per la continuità territoriale, che la finanziaria limita a 20 milioni di euro in due anni, a fronte di una spesa annuale in media più alta nelle scorse annualità – 46 milioni messi bando dalla Regione nel 2022, mentre un bando di febbraio 2023 metteva a disposizione dei vettori aerei 52 milioni di euro per coprire gran parte dell’anno. A non convincere la Regione è poi la mancata previsione del “tavolo tecnico-politico per la definizione degli svantaggi strutturali permanenti derivanti alla Sardegna dalla sua particolare condizione di insularità”, tra autorità regionali e ministero dell’Economia e delle Finanze. Il tavolo, previsto dalla finanziaria 2020 e avviato a inizio 2022, è stato interrotto poco dopo e ora, sostiene la giunta sarda, rischia di affossarsi definitivamente.
Se ottenere nuovi trasferimenti dallo Stato può aiutare l’economia e il tessuto sociale sardo, Nicolò Fenu, architetto e ricercatore, tra i fondatori del collettivo Sardarch, sottolinea come sia urgente un incontro tra politiche nate dal basso e interventi strutturali, per evitare che iniziative come quelle di Baradili e Ollolai rimangano isolate e senza seguito. «Per garantire servizi di base e sviluppo locale, serve legare politiche locali e interventi strutturali, cosa che la Strategia per le aree interne finora non è riuscita a fare», spiega Fenu, che con Sardarch segue i progetti di programmazione urbanistica di Ollolai. «Se penso a politiche strutturali per le aree interne – continua – l’unica che mi viene in mente, nelle ultime cinque legislature regionali, è l’elisoccorso per le evacuazioni mediche d’urgenza: un intervento che dovrebbe essere emergenziale e finisce per supplire a troppe mancanze».
Foto di copertina: Una vista del comune di Balardili, il più piccolo della Sardegna. Secondo uno studio dell’Università di Cagliari, rientra tra i 31 comuni sardi che spariranno entro il 2031 a causa dello spopolamento – Daniela Sala
Editing: Lorenzo Bagnoli
Infografiche: Lorenzo Bodrero
Con il sostegno di: Journalismfund