Il gioco dell’usura

Il gioco dell’usura

Maurizio Franco
Filippo Poltronieri

Ogni parola ha dietro un ricordo ben preciso. Marco le tira fuori a fatica mentre resta seduto con le braccia incrociate su una seggiola di plastica. Il suo è un nome di fantasia: l’anonimato è condizione necessaria per permettergli di raccontare come abbia vissuto gli ultimi anni della sua esistenza, stretti fra l’usura e il girone infernale del gioco d’azzardo. «Si sono presentati come amici e poi si sono rivelati tutt’altro. Col tempo mi hanno chiesto il triplo degli interessi e non ce l’ho fatta più a pagare», dice stringendo le dita attorno ai fianchi. Marco aveva un’attività a Roma, crollata sotto il peso dei debiti. «Il locale non ingranava. Ho cercato di riprendermi scommettendo ai cavalli: più giocavo e più le cose andavano peggio. Ma non riuscivo a smettere per la speranza di vincere e ripianare così il buco».

Recuperare denaro è stato il pensiero costante della sua quotidianità. Prima ha chiesto soldi a tutti quelli della sua cerchia più vicina, svuotando le casse della famiglia. Poi, si è rivolto a dei conoscenti che avevano mostrato interesse riguardo alla sua situazione economica. «Ho capito dopo chi erano, pesone legate alla criminalità organizzata. Ma ormai ero finito nelle loro mani».

Da lì è iniziato il calvario: per finanziare il vizio aveva bisogno di continui nuovi prestiti. Lo sballottavano da un capo all’altro della città. «Ogni quartiere ha i suoi usurai. Tutti si conoscono e fanno rete tra loro. Quando uno non poteva darmi i soldi, mi indirizzavano da un altro. Se dovevo restituire il denaro, mentivo per prendere tempo e mi catapultavo dall’ennesimo usuraio». Una catena con innumerevoli maglie.

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Marco aveva costruito un’immagine di sé distorta, annebbiata dalle continue bugie che diffondeva a tutti coloro che gli stavano attorno. Continuava però a scommettere, usando anche il denaro sporco degli usurai. «Metà dei soldi tornavano a loro e metà, invece, al gioco», dice. E alla fine del mese, in tasca, non gli rimaneva più nulla. Le intimidazioni, le minacce e le botte sono venute dopo. «Non so dire quanti soldi ho dato e a quanti usurai ho chiesto. Ho dovuto sottostare al 30, al 40 o al 50 per cento di interessi mensili, senza intaccare il capitale iniziale», ovvero senza erodere il prestito contratto in partenza.

L’esasperazione e la paura hanno spinto Marco alla denuncia, con il sostegno dell’Ambulatorio antiusura onlus di Confcommercio, associazione che dal 1996 si muove tra le macerie sociali del denaro elargito “a strozzo”. Marco ha beneficiato di un fondo regionale specifico per le vittime di usura, ma la pandemia da Covid-19 prima e poi la crisi economica causata dall’inflazione e dal caro bollette hanno dato il colpo mortale alla sua attività. Oggi, dorme su un divano a casa di un amico. Non ha i requisiti per accedere al reddito di cittadinanza e alla casa popolare. Vive di lavoretti saltuari e se non ci fosse stato il contributo regionale – dice – sarebbe crollato definitivamente. «Non ho basi da cui partire. Onestamente, il futuro, adesso come adesso, non lo vedo».

I fondi antiusura

Nel corso degli ultimi due anni, le istituzioni hanno potenziato gli interventi per contrastare l’usura. Il inistero dell’Economia e delle finanze (Mef) ha rifinanziato il Fondo per la prevenzione del fenomeno: circa 33,68 milioni di euro da distribuire a 91 “enti gestori” – associazioni, consorzi per l’accesso al credito per imprese e fondazioni – che a loro volta avranno il compito di impiegare tali risorse nei territori. Dal 1998 ad oggi, il Mef ha stanziato circa 678 milioni di euro.

Il Fondo di solidarietà delle vittime di estorsione ed usura è gestito dal ministero dell’Interno attraverso un comitato interministeriale, composto da rappresentanti di vari dicasteri, e un commissario straordinario del Governo. Nel 2021, sono stati concessi oltre 21 milioni di euro per 1.881 posizioni esaminate.

La Regione Lazio, invece, ha varato un fondo da 4,4 milioni di euro che prevede molteplici destinazioni. Circa 900 mila euro per le vittime di usura e per soggetti sovra-indebitati: fino a cinquemila euro a fondo perduto per ogni richiesta; garanzie per prestiti bancari fino a 50 mila euro da restituire in 10 anni: il tesoretto è da 1,6 milioni ed è funzionale a prevenire il ricorso al prestito usuraio. Su questo versante, ulteriori 650 mila euro sono messi a disposizione per consulenze legali e contabili; 770 mila euro, invece, per lenire i danni subiti dall’oppressione dei cravattari: per ogni domanda, un contributo fino a 20 mila euro a fondo perduto; 30 mila euro sono per il sostegno psicologico alle vittime; e, infine, 450 mila euro sono previsti per supportare il lavoro delle associazioni che operano nei contesti locali. Sono le stesse organizzazioni – iscritte all’albo regionale degli enti antiusura e a quello del Mef – a fare da tramite tra le istituzioni e le vittime per l’erogazione dei finanziamenti.

L’azzardo senza gioco

Un pizzaiolo che lavorava di notte e di giorno spendeva tutto il denaro in scommesse, chiedendo soldi in prestito. Alla famiglia diceva che il suo datore di lavoro non lo pagava. Quando la moglie si è presentata al locale per chiedere conto del mancato stipendio, è rimasta incredula nel constatare le menzogne che il marito le aveva propinato.

Un giovane che aveva sperperato i risparmi dei suoi giocando su un sito illegale. Il gestore era un usuraio che prestava denaro agli utenti per aggiogarli alla piattaforma, esortandoli a puntare.

Questi sono solo alcuni esempi di come il gioco d’azzardo sia strettamente correlato all’usura. La relazione annuale della Corte dei conti sulla prevenzione del fenomeno mette nero su bianco come la dipendenza da gioco (e il conseguente sperpero di ingenti somme denaro) sia un fattore determinante per innescare la trappola dello strozzinaggio. Secondo i dati diffusi dall’Istituto superiore di sanità, il gioco d’azzardo online ha trainato il settore durante la prima ondata della pandemia. Il comparto ha raggiunto poi il picco con il progressivo allentamento delle restrizioni. Nel 2020 sono stati attivati 4 milioni e 277 mila conti online e sui tavoli digitali sono stati puntati oltre 40 miliardi di euro, più di un’intera manovra economica. Ogni giocatore, in media, ha speso 670 euro.

L’Agenzia delle dogane e dei monopoli attesta che nel 2021 sono stati raggiunti i livelli pre-pandemici di esborsi: sul banco, 110 miliardi di euro. Dal vivo o da dietro lo schermo di un computer.

«Il mio gioco, forse, è stato quello più sbagliato. Correndo tutti i giorni dietro agli usurai, ero sempre alla ricerca di piccole somme di denaro. Dovevo dare 600 euro a uno, 1.000 euro ad un altro e preferivo quindi fare una scommessa. Se vincevo potevo incassare subito la vincita e colmare il debito», racconta Marco, esplicitando il carattere totalizzante della sua dipendenza, finalizzata, a suo dire, a soddisfare le richieste degli usurai.

«Abbiamo notato un aumento del 25 per cento delle richieste di aiuto rispetto al 2020. Soltanto l’anno scorso abbiamo preso in carico 280 persone. Tante altre ne sono passate ma poi non tornano», afferma Claudio Leonardi, direttore dell’Unità operativa complessa (Uoc) “patologie da dipendenza” dell’Asl Roma 2. Il timore di essere giudicati e la vergogna per la propria condizione sono un ostacolo, a volte insormontabile, per intraprendere un cammino di cura. Si stima che siano circa 40 mila le persone che si sono rivolte nel 2019 ai Servizi per le dipendenze. Numeri esigui rispetto alla reale entità del fenomeno, che fotografano le difficoltà ad intercettare questo tipo di fragilità. Ludopatia e sovraindebitamento diventano così gli estremi di un circolo vizioso che porta al prestito usuraio.

«Il giocatore dilettante è sotto di almeno 50, 60 mila euro e parliamo di una cifra minima», sottolinea Leonardi. «In molti casi, mettiamo in contatto i nostri pazienti con le associazioni del privato accreditato per comprendere l’entità del debito e agire di conseguenza» spiega, riferendosi agli enti del terzo settore attivi sul fronte antiusura. Avviene anche il processo inverso. «Sono le famiglie e gli affetti più vicini ad invogliare le vittime di usura a chiedere aiuto alla nostra associazione. Abbiamo un operatore che volontariamente assiste psicologicamente gli utenti. E indirizziamo i soggetti affetti da ludopatia nelle strutture idonee a determinate terapie», spiega Luigi Ciatti, presidente dell’Ambulatorio antiusura onlus. «Questo nome, ambulatorio, definisce il nostro approccio a 360 gradi, con interventi mirati e in sinergia con il pubblico».

Il carovita

I costi di luce, elettricità, gas e acqua stanno prosciugando i portafogli di migliaia di persone in Italia. La Caritas ha dato l’allarme a settembre scorso mettendo in relazione queste nuove povertà al rischio usura, e scagliandosi contro la figura dell’usuraio di “prossimità”, una figura di vicinato o di quartiere apparentemente insospettabile, pronta ad elargire denaro. «Magari inizia col darti 100 euro per pagare un pezzo della bolletta o per pagare una parte della spesa alimentare. Non te lo aspetti e poi ti ritrovi che ti chiede degli interessi», ha detto Giustino Trincia, direttore della Caritas capitolina, intervistato dall’agenzia stampa Lapresse.

L’usuraio di “prossimità” è una persona del quartiere all’apparenza insospettabile, pronta ad elargire denaro, ma quando meno te lo aspetti chiede gli interessi

Cittadini e imprese in crisi sono nella morsa della recessione economica. Secondo l’Ufficio studi della Cgia di Mestre, le famiglie in povertà energetica sono quattro milioni. Per Confcommercio i rincari sulle materie prime potrebbero far chiudere, soltanto a Roma e provincia, circa diecimila aziende entro la fine dell’anno. Urgono soldi e stavolta non per il gioco o altro, ma per spese che fanno riferimento alla mera sussistenza.

«Abbiamo registrato un aumento esponenziale di utenti che si rivolgono alla nostra associazione perché impossibilitati a pagare le utenze. Una questione che fino a pochi mesi fa era inesistente», dice Ciatti, mostrando una “scheda utente” con cui l’Ambulatorio elabora un profilo preliminare di chi bussa alla loro porta, così da individuare il percorso più adeguato di supporto. «Almeno il 70 per cento delle persone che vengono da noi, non è in grado di sostenere queste spese».

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Prima dell’invasione dell’Ucraina, le bollette, stando alle stime di Ciatti, rappresentavano circa il 20 per cento delle problematiche esposte. Un incremento del 50 per cento, quindi, in un periodo relativamente breve. Dati simili sono stati riscontrati da tutti gli altri centri antiusura sparsi per l’Italia. «Il ritardo nei pagamenti delle utenze determina una sanzione immediata. Se io non pago, dopo poco tempo mi staccano la luce o il gas. L’impatto sociale ed economico è enorme, con conseguenze disastrose per le famiglie e le imprese. Gli usurai e la criminalità organizzata hanno capito questo cortocircuito e ne approfittano», dice il presidente dell’Ambulatorio.

Così lo Stato arranca e interviene «a cose fatte», surclassato dalla velocità con cui il denaro sporco allevia, nell’immediato, le sofferenze economiche.

Nel 2021 la Regione Lazio ha stanziato 4 milioni e 400 mila euro per incrementare il fondo antiusura, unica istituzione “locale” ad avere nell’arsenale legislativo un finanziamento ad hoc per le vittime del denaro sporco. Esiste anche un fondo nazionale per la prevenzione del fenomeno, gestito dal ministero dell’Economia e delle finanze.

La Corte dei conti, sempre nella sua relazione, ha problematizzato gli effetti reali di questi strumenti, «poiché, in assenza di una affidabile quantificazione del fenomeno dell’usura, riesce difficile valutare le relative politiche di prevenzione», scrivono gli analisti. Il fenomeno, quindi, resta ancora in larga parte sommerso: «[…] Basti confrontare il numero dei reati in media denunciati ogni anno, con la potenziale platea di centinaia di migliaia di individui, famiglie ed imprese in palese stato di sovraindebitamento», scrive la Corte.

«Le banche capiscono prima di tutti che qualcosa non va, se un suo cliente non paga una rata del mutuo o ha il conto in rosso. Ciò che proponiamo noi è obbligare gli istituti di credito a comunicare a chi è in difficoltà l’esistenza dei fondi di prevenzione all’usura, rimandando al sito del Mef e alle nostre realtà sparse sul territorio», dichiara Ciatti. Una proposta che ha trovato il silenzio e l’indifferenza delle sigle bancarie. E che consentirebbe allo Stato, però, di arrivare prima del denaro criminale.

CREDITI

Autori

Maurizio Franco
Filippo Poltronieri

Editing

Giulio Rubino

Foto di copertina

Un sito di scommesse online
(Scott Wilson/Getty)