Grazie alla documentazione sequestrata al commercialista, gli inquirenti erano riusciti a delineare un puzzle dell’operazione finanziaria di Velardo e della sua squadra. La descrivono come divisa in due fasi: la prima rappresentata dalla realizzazione di grandi guadagni con l’attività di intermediazione immobiliare per clienti stranieri in Calabria. In questa fase, ritengono, il gruppo guadagnava più del dovuto eludendo il fisco grazie ad «una serie di accorgimenti giuridico – contabili finalizzati ad evitare l’imposizione fiscale sul territorio italiano dei redditi». Nella fase due, questi soldi non tassati (e tenuti offshore) venivano investiti aprendo nuove società in Italia – Calabria, Roma, Milano, Como – per realizzare e poi vendere nuovi complessi immobiliari.
La rete transnazionale di aziende passava da varie giurisdizioni: Inghilterra,Tunisia, Russia con società controllate da fiduciarie in paradisi fiscali come Cipro e Delaware.
Una schermatura, quella delle fiduciarie, che Velardo aveva scelto di usare anche in Italia. Infatti, nel 2010 aveva dato mandato alla fiduciaria milanese EOS Finanziari Fiduciari S.p.a, posseduta da una banca svizzera, di rappresentare il suo azionariato nelle aziende calabresi.
A giugno 2021 Il Fatto Quotidiano ha dato la notizia che Eos è finita sotto la lente della procura di Milano, per avere aiutato clienti a nascondere ricchezze frutto di reati finanziari, soldi che venivano prima nascosti offshore e poi scudati e fatti rientrare in Italia ripuliti.
Sei manager apicali di Eos sono finiti sotto indagine a Milano perché «assumevano e gestivano nel tempo i mandati fiduciari mediante la diffusa e consapevole inottemperanza della normativa primaria in materia di adozione di efficaci presidi antiriciclaggio».
Anche Velardo si era servito di EOS per far gestire una parte dei suoi asset, aderendo allo scudo fiscale introdotto con un decreto legge di luglio 2009, che cercava di recuperare capitali italiani detenuti all’estero.
Tutto legale, o meglio legalizzato (salvo che accertamenti successivi non dimostrino che il denaro tenuto all’estero sia provento di attività criminale).
Ma poichè permesso, Velardo nel 2010 dà mandato a EOS di gestire il patrimonio scudato pagando la tassa di adesione allo scudo (del 5% sul capitale che viene fatto rientrare in Italia) e facendo investire lo stesso in operazioni finanziarie legate alle società che controllava tramite la fiduciaria.
A dicembre 2011 però, il governo Monti introduce un’imposta straordinaria di 1.5% facendo lievitare la tassa sui patrimoni scudati a 6.5%.
Velardo non ci sta. Decide di disinvestire parte dei suoi asset in Italia e gestiti tramite EOS, spostandoli nella Banca Julius Baer, a Lugano.
«La rinuncia allo scudo fiscale comporta ovviamente, il venir meno della causa di non punibilità», scrive il giudice per le indagini preliminari nell’ordinanza di custodia cautelare di Black Money.