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Alice Facchini
Palestra, piscina, sala yoga, cinema, sala giochi, auditorium, ristorante, coworking e aule studio. Sono alcuni dei servizi esclusivi offerti dagli studentati privati che stanno nascendo in diverse città d’Italia: le stanze hanno un prezzo superiore rispetto alla media di mercato. Variano in base al tipo di residenza, ai servizi inclusi, alla dimensione: un posto letto può partire da poche centinaia di euro fino ad arrivare a più di mille. Ecco perché si parla di studentati «di lusso». A poterseli permettere sono studenti con disponibilità economiche oltre la media, soprattutto provenienti da altri Paesi.
A differenza degli appartamenti affittati sul libero mercato, qui gli studenti non devono interfacciarsi con le agenzie immobiliari o i proprietari privati, non devono affrontare le selezioni dei futuri coinquilini e possono prenotare una stanza direttamente dal sito dello studentato, senza dover essere presenti in loco. Gli alloggi sono completamente ristrutturati e dotati di molti comfort.
A investire nel settore sono soprattutto fondi immobiliari internazionali e fondazioni. Il mercato è nuovo in Italia, ma nel resto dell’Europa ha già una sua storia. Attualmente nel nostro Paese ci sono meno di 50 mila posti alloggio negli studentati convenzionati censiti dal ministero dell’Università e ricerca, cresciuti solo del 9,5% negli ultimi dieci anni: per portare questo numero a 100 mila entro il 2026, il Piano nazionale di ripresa e resilienza (Pnrr) mette a disposizione 960 milioni di euro, destinati all’housing per studenti. La novità è che la partecipazione al finanziamento viene estesa agli attori privati, in modo da riuscire a raggiungere gli obiettivi nei tempi stretti richiesti dall’Unione europea.
C’è un problema: la corsa alle residenze per studenti dovrebbe risolvere il problema abitativo anche dei meno abbienti. La legge, però, non fissa un tetto massimo alle tariffe di affitto e non mette paletti chiari su quanti nuovi alloggi dovranno essere riservati a studenti con basso reddito. E così sono i privati a stabilire il prezzo.
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«Il vantaggio finale è per gli studenti o per gli investitori?», si chiede in maniera retorica Federica Laudisa dell’Osservatorio regionale per l’università e per il diritto allo studio di Ires Piemonte. La risposta è chiara: «In Italia manca un registro pubblico dei soggetti che percepiscono i finanziamenti per l’edilizia per studenti, con dati aperti e liberamente consultabili, né esiste un ente regolatore che faccia i controlli. Questo finisce per agevolare i proprietari di residenze, invece che gli universitari che hanno bisogno di una casa».
L’inchiesta
La (fallita) assegnazione dei fondi del Pnrr
I primi 7.500 posti per i nuovi studentati finanziati con il Pnrr dovevano essere disponibili entro dicembre di quest’anno: il decreto 1046 del 2022 stanziava 300 milioni euro, puntando in particolare sul patrimonio immobiliare esistente e non utilizzato. Il testo prevede di destinare solo «prioritariamente» i posti letto a studenti capaci e meritevoli privi di mezzi (in base a quanto stabilito dal decreto legislativo 68 del 2012). Sembra invece venire dimenticato un altro decreto, il 937 del 2016, secondo cui almeno il 20% dei posti letto cofinanziati dallo Stato devono essere destinati «obbligatoriamente» – e non solo «prioritariamente» – a studenti in stato di necessità.
Comunque, il bando non ha ottenuto abbastanza candidature, e così sono stati assegnati solo 150 milioni, la metà dei fondi disponibili, arrivando a 4.478 posti letto distribuiti su 46 progetti. Tra gli assegnatari ci sono le università, gli enti per il diritto allo studio, ma anche fondazioni e società private. Per assegnare i rimanenti 150 milioni di euro, è stato emanato un secondo bando, con scadenza al 28 dicembre 2022.
I restanti 660 milioni del Pnrr confluiscono poi in un nuovo Fondo per l’housing universitario, istituito dall’articolo 25 del cosiddetto decreto aiuti ter (ossia il decreto legge 144 del 2022): a differenza dei precedenti bandi, queste risorse saranno destinate esclusivamente a soggetti privati, che possono eventualmente stipulare convenzioni con le università e gli enti per diritto allo studio (anche se non vi è nessun obbligo). Nel testo di legge si chiarisce che i posti letto sono comunque «destinati agli studenti fuori sede individuati sulla base delle graduatorie del diritto allo studio, ovvero di quelle di merito», ma non si specifica in quale percentuale e soprattutto chi è incaricato dei controlli.
Le leggi sugli studentati
Decreto legislativo 68/2012: prevede una revisione della normativa in materia di diritto allo studio e valorizzazione dei collegi universitari riconosciuti.
Decreto ministeriale 937/2016: definisce procedure e modalità per la presentazione dei progetti e per l’erogazione dei finanziamenti relativi agli interventi per strutture residenziali universitarie. All’art. 4 stabilisce che «per gli interventi cofinanziati vige l’obbligo di destinare i posti alloggio a studenti capaci e meritevoli anche se privi di mezzi idonei al conseguimento della borsa di studio […] in percentuale non inferiore al sessanta per cento del totale, ridotta al venti per cento (per determinati soggetti privati, ndr), a condizione dell’esistenza di una domanda da soddisfare per tale categoria di studenti, a pena di revoca del cofinanziamento».
Decreto ministeriale 1046/2022: avviso pubblico per l’accesso al cofinanziamento di interventi per mettere a disposizione nuovi posti letto per studenti universitari entro dicembre 2022. Lo stanziamento è di 300 milioni di euro.
Decreto ministeriale 1252/2022: nuovo avviso pubblico per l’accesso al cofinanziamento di interventi per mettere a disposizione nuovi posti letto per studenti universitari entro dicembre 2022. Si assegnano le risorse non ancora assegnate (150 milioni di euro).
Bologna, un esempio della privatizzazione del mercato dello student housing
Bologna, città frequentata dagli universitari dal 1088, è testimone di questa tendenza alla privatizzazione dell’edilizia per studenti: il mercato dell’affitto è saturo, mancano alloggi e così diversi attori privati stanno fiutando nuove possibilità di guadagno. La prima a muoversi in città è stata Camplus, che a Bologna ha anche la sua sede centrale. Nel settembre 2020 è poi arrivata la catena olandese The Social Hub (fino a ottobre 2022 The Student Hotel). Né Camplus, né The Social Hub si rivolgono esclusivamente agli studenti: anche «giovani professionisti e viaggiatori», si legge ad esempio nella brochure di Camplus, sono i benvenuti in queste strutture. L’ultimo arrivato a Bologna, a ottobre 2022, è il britannico Beyoo Laude Living mentre nel 2025 aprirà anche uno studentato della società iberica Livensa Living.
Attualmente a Bologna tutti gli studentati privati sono pieni, prova del fatto che esiste un target disposto a pagare anche cifre elevate pur di avere una stanza. Da un lato, queste strutture rappresentano un valore aggiunto per la città: mettono a disposizione nuovi alloggi e creano posti di lavoro, sia nella fase di costruzione e ristrutturazione, sia nella fase di gestione. Dall’altra parte, però, la presenza di residenze di lusso può avere effetti deformanti sul tessuto urbano e sociale dei quartieri: il rischio è che i prezzi vengano trainati verso l’alto, portando alla gentrificazione di alcune aree e a operazioni di speculazione immobiliare.
«Il Comune sta interloquendo con diversi attori privati interessati ad aprire nuovi studentati – spiega Raffaele Laudani, assessore all’urbanistica del comune di Bologna -. Ad oggi, quando l’amministrazione chiede a questi sviluppatori che una quota di posti letto venga riservata a studenti in stato di necessità, in cambio loro vorrebbero più volumi per costruire edifici più grandi. Ma non sempre questo è possibile».
Questi progetti solitamente hanno una destinazione d’uso turistica invece che residenziale: ciò comporta per la proprietà maggiori oneri fiscali, ma anche una gestione più flessibile, che permette di mettere a disposizione le stanze anche ai turisti e ai nomadi digitali, specialmente in estate, quando i corsi universitari e gli esami sono finiti e i fuori sede tornano a casa.
«Anche se hanno una destinazione d’uso ricettiva, di fatto queste strutture svolgono funzioni abitative – afferma Laudani -. È una scelta assolutamente legittima, ma l’effetto è in parte distorsivo e questo toglie una leva di intervento ai Comuni per promuovere l’equità sociale nelle politiche abitative della città».
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Oltre agli studentati di lusso, a Bologna stanno nascendo anche nuove agenzie che prendono in affitto la casa direttamente dai proprietari, la ristrutturano e la arredano e poi la mettono a disposizione degli studenti (e non solo) per periodi più o meno brevi. Anche qui, per una stanza si arriva a pagare anche diverse centinaia di euro al mese. Tra le più utilizzate c’è Housing Anywhere, Spota Home e Dove vivo, che ha dato vita anche a Dove vivo campus, la quale gestisce nove strutture in sette città italiane: a Bologna c’è il campus Panigale e il campus Mover, composti da diversi appartamenti autonomi e da spazi comuni come sala studio, palestra, sala seminariale, lavanderia, patio e garage.
Insieme ai nuovi attori che si stanno affacciando sul mercato, esiste poi una rete di residenze cattoliche universitarie già radicata da anni in città. Ci sono quelle “per entrambi i sessi”, quelle esclusivamente maschili e quelle femminili: sul sito del comune di Bologna FlashGiovani se ne contano ben 29. Ognuna ha le proprie modalità di accesso, le proprie regole, e anche i propri prezzi. Ad esempio, nello studentato maschile Duns Scoto, una camera singola costa 450 euro al mese e la doppia 330, mentre nelle residenze femminili della Fondazione PISP (Pio Istituto Sordomute Povere) la singola parte da 500 euro e la doppia da 420, ma i prezzi arrivano fino a 800 euro per i mini appartamenti.
Da Bologna al resto d’Italia: lo strapotere di Camplus
Tra i progetti finanziati attraverso il Pnrr in tutta Italia, ben 15 sui 46 che abbiamo nominato in precedenza fanno capo a Camplus, che oggi è il primo provider di housing per studenti in Italia. Il gruppo Camplus è composto dalla Fondazione Camplus, da Camplus International s.r.l. e dalla loro controllante, la Fondazione Centro europeo università e ricerca (Ceur), quest’ultima costituita nel 1990.
Il marchio Camplus è nato nel 2007 dalla partnership tra Fondazione Ceur e Fondazione Falciola, nata nel 1995 «per la promozione di opere di assistenza ispirate agli insegnamenti della dottrina sociale della Chiesa», si leggeva sul suo sito. Nel 2017 la Fondazione Falciola si fonde con la Ceur. Oltre alla Fondazione Ceur, nel 2015 è nata anche la società Camplus International s.r.l. e a ottobre di quest’anno la Fondazione Camplus. Sommando i finanziamenti ricevuti dalle tre entità, si arriva a quasi 64 milioni di euro, il 43% dei 150 milioni fin qui erogati attraverso il Pnrr.
Nella nativa Bologna, Camplus ospita circa duemila studenti tra appartamenti, residenze e collegi di merito: negli ultimi anni i prezzi delle sue stanze sono cresciuti progressivamente e oggi una singola può arrivare a costare anche oltre 1.300 euro al mese, mentre per una doppia il prezzo può superare i 1.100 euro (con bagno privato e comprese le utenze, la biancheria, le pulizie e gli alcuni servizi extra che dipendono dalla struttura).
Camplus dispone di circa 170 case all’interno di immobili in gestione. «Camplus si inserisce nel mercato degli appartamenti privati facendo da intermediario tra studente e proprietario e offrendo una garanzia di pagamento con certezza dell’incasso e nessun rischio di restituzione, una garanzia di manutenzione, vantaggi fiscali, un interlocutore professionale a cui rivolgersi», ha spiegato Federico Rossi, public relations manager di Camplus, in un’intervista a Idealista. Inoltre, ha precisato Rossi, un proprietario può affittare la propria casa a Camplus usufruendo di un contratto a canone concordato.
Poi ci sono le residenze, con camere singole o doppie e una serie di servizi aggiuntivi per facilitare una vita sociale all’interno del campus. Attualmente a Bologna queste ultime sono sei: Carpentiere, Mazzini, San Donato, San Vitale, Zamboni, Valverde. Infine, Camplus gestisce tre collegi di merito riconosciuti dal Ministero dell’università e ricerca (Mur): Alma Mater, Bononia e San Felice. Si tratta di strutture in cui gli studenti scelgono una soluzione all inclusive, con vitto e alloggio, e la possibilità di usufruire di servizi integrativi allo studio universitario come tutor, workshop e career service. I collegi di merito si distinguono dalle residenze universitarie proprio perché qui gli studenti seguono un percorso formativo ulteriore rispetto agli studi, prevalentemente orientato alla preparazione al mondo del lavoro: sono ammessi attraverso un concorso che ne valuta i meriti scolastici e le motivazioni, indipendentemente dal reddito.
Infine, vi è il nuovo servizio Camplus Guest, che mette a disposizione 60 camere per brevi permanenze non solo a studenti, ma anche a turisti e lavoratori. Le soluzioni vanno dalla singola alla quadrupla, e i prezzi arrivano anche a più di 100 euro a notte per una camera matrimoniale.
«In questo momento stiamo portando avanti una politica di potenziamento dell’offerta acquisendo nuovi appartamenti proprio per poter rispondere all’esigenza abitativa degli studenti e, allo stesso tempo, applicare canoni che rispondano al caro affitti», ha spiegato a Idealista Federico Rossi. «Ad esempio i nostri appartamenti privati accedono ai canoni concordati; ma anche gli studenti dei Camplus college possono ricevere riduzioni di rette o borse di studio».
Storia del fondatore di Camplus Maurizio Carvelli
L’amministratore delegato e fondatore di Camplus è Maurizio Carvelli, che oggi è sia consigliere delegato di Fondazione Ceur, sia presidente del consiglio di amministrazione di Fondazione Camplus. La sua carriera nel mondo degli studentati comincia con la Cooperativa Nuovo Mondo, fondata nel 1985. Carvelli proviene da ambienti cattolici, in particolare vicini alla Compagnia delle Opere e a Comunione e Liberazione. Frequentatore del Meeting di Rimini di Comunione e Liberazione, è fondatore nel 1997 della Conferenza dei collegi di merito italiani e nel 2008 dell’Associazione dei collegi e residenze universitarie (Acru): la prima raccoglie 53 collegi di merito , la seconda è un’organizzazione che promuove l’educazione in collegio e che lavora in comunicazione costante con la Conferenza episcopale italiana (Cei).
A maggio 2022 interveniva sul Sole 24 Ore con un commento sui fondi del Pnrr destinati alle residenze per studenti: «L’auspicio è quello di non incorrere in errori simili all’eco-bonus, dove vista la mole di denaro in ballo, anche operatori non qualificati si sono inseriti nel mercato, causando i problemi noti – scriveva -. E allora sarà importante preservare una logica di sostenibilità per lo studente dove qualità della vita, esperienze, formazione, crescita e diritto allo studio vengano tutelati».
Ci sono molti finanziamenti pubblici per l’edilizia dedicata agli studenti di cui Camplus è tra i beneficiari. Per esempio, quelli stanziati dalla legge 457 del 1978, che regola l’edilizia residenziale pubblica: Camplus li ha percepiti inquadrando le residenze per studenti come social housing. E poi ha ottenuto parte dei fondi messi a disposizione dalla legge 338 del 2000, che prevede il cofinanziamento da parte dello Stato di interventi rivolti alla realizzazione di alloggi per studenti universitari.
Ci sono poi i contributi per i collegi di merito accreditati, in base all’articolo 17 del decreto legislativo 68 del 2012, e i contributi straordinari erogati dal Mur per far fronte all’emergenza sanitaria, da utilizzare per l’acquisto di dispositivi digitali per la didattica a distanza, ma anche per l’ammodernamento strutturale e tecnologico delle infrastrutture. Infine, quest’anno sono arrivate anche le risorse del Pnrr: con quasi cinque milioni di euro stanziati tramite il decreto 1046 del 2022, a Bologna Fondazione Camplus aprirà 164 nuovi posti letto entro dicembre, mentre all’ente per il diritto allo studio Er.go sono stati assegnati solo 885 mila euro per 40 posti.
Maurizio Carvelli, fondatore e ceo di Camplus, non ha risposto alle domande di IrpiMedia sui nuovi progetti e sui finanziamenti pubblici percepiti, ma ha inviato una generica replica scritta nella quale afferma: «Sono diversi i progetti che stiamo seguendo in questo momento di grande fermento per l’edilizia universitaria. Crediamo che gli anni universitari siano i più belli, i più importanti. Per questo il nostro interesse principale sono loro, gli studenti, che attraversando una fase della loro vita cruciale sbocciano. E per loro lavoriamo con lo scopo di fornirgli strutture e spazi belli, ma anche servizi pensati per le loro esigenze che cambiano continuamente».
Il «modello ibrido» di The Social Hub
Con più di seimila stanze, la catena olandese The Social Hub è presente oggi in 16 città di sei Paesi europei: Spagna, Germania, Paesi Bassi, Francia, Austria, oltre che Italia. Nel nostro Paese è arrivata prima a Firenze poi a Bologna, dove a settembre 2020 ha aperto una struttura nell’edificio dell’ex Telecom, che era stato occupato nel 2014 per ospitare 280 persone senza casa (soprattutto famiglie con bambini), e poi sgomberato l’anno successivo. Nei prossimi anni sono già previste due nuove aperture a Roma e Torino: l’investimento totale del gruppo nel mercato italiano raggiunge così i 450 milioni di euro.
The Social Hub formalmente non è uno studentato, ma un hotel a 4 stelle che offre una varietà di camere per diversi target, tra cui turisti, professionisti, nomadi digitali, e anche studenti. Si tratta del cosiddetto «modello ibrido», che ha avuto un’ulteriore accelerazione con la pandemia, quando tanti lavoratori sono passati allo smart working, con la possibilità di collegarsi in remoto potenzialmente da ogni parte del mondo.
«TSH va oltre il classico concept di accoglienza turistica e lo ibrida verso un modello più al passo con la fluidità del tempo presente e delle persone che lo vivono – spiega il direttore di TSH Bologna, Michael Giuliano -. Il risultato è un ambiente in grado di ospitare studenti, freelance e viaggiatori: un melting pot di persone diverse accomunate da uno spirito giovanile, curioso e aperto».
A Bologna, riporta il Sole 24 Ore, la struttura mette a disposizione 350 stanze per oltre 600 posti letto: all’interno c’è una corte con la piscina, la palestra, cucine comuni, bar e spazio coworking. La proprietà è della società TSH Bologna Opco s.r.l., con sede a Roma, una delle controllate del gruppo The Social Hub. Durante il soggiorno in hotel, lo staff propone attività per favorire le nuove conoscenze: tour della città, laboratori creativi, lezioni di italiano, di fitness e di cucina. L’anno scorso sono stati 400 gli studenti accolti, passati quest’anno a 342: per loro i prezzi partono da 850 euro al mese per una stanza singola e 660 per una doppia, comprese le utenze, le pulizie, la biancheria, l’accesso a palestra, piscina e aule studio. Pagando di più, si possono avere comfort extra come il letto king-size o la cucina privata.
«A Bologna c’è un problema oggettivo sulla questione abitativa – commenta Michael Giuliano -. Siamo totalmente consapevoli della situazione di emergenza, ed è da tempo che vorremmo attivare un progetto ad hoc da sviluppare nel futuro prossimo. Ma per il momento non abbiamo ancora niente di concreto».
Al Beyoo Laude Living si sperimenta il microliving
A fine ottobre a Bologna ha inaugurato un maxistudentato che ha cambiato lo skyline della Bolognina, zona multietnica a nord della stazione: è il Beyoo Laude Living, un grattacielo di 16 piani per un totale di 513 posti letto e il cinema, la sala giochi, la palestra, la sala yoga e la lavanderia. Qui gli studenti pagano, si legge nel sito, dai 745 euro ai 995 euro al mese per una stanza, più gli extra per alcuni servizi. Il modello è quello del microliving, che prevede tante piccole abitazioni con una superficie ridotta, all’interno delle quali si trova tutto ciò che serve per vivere autonomamente: un letto, un angolo cucina, un bagno.
A sviluppare il progetto immobiliare è la britannica Stonehill, che sviluppa residenze per studenti in Austria, Germania, Ungheria, Spagna, Italia, ma soprattutto nel Regno Unito. A fine novembre Stonehill ha ceduto l’edificio a M&G Real Estate, il braccio immobiliare di M&G Investments, che a sua volta fa parte del gruppo d’investimento M&G Plc, con sede a Londra. L’operazione bolognese è stimata nel valore di 62 milioni di euro, ha scritto Bologna Today. Il gestore dell’edificio invece è Beyoo, un brand della società CRM Micro Living Services Italy s.r.l., con sede a Milano, che fa parte del gruppo britannico CRM Students Ltd, che gestisce studentati in Gran Bretagna, Italia, Spagna, Portogallo, Polonia. CRM Students a sua volta fa parte del gruppo internazionale Corestate, con sede a Lussemburgo.
Il 19 ottobre, pochi giorni prima dell’inaugurazione, il Beyoo Laude Living è stato occupato da un gruppo di studenti del Collettivo universitario autonomo (Cua), che chiedevano di avviare un protocollo d’intesa con l’università e con l’Er.Go, l’agenzia regionale per il diritto allo studio, per destinare parte dell’immobile agli studenti in stato di necessità. L’occupazione si è conclusa la settimana successiva, dopo aver raggiunto un accordo con la proprietà: finora, però, nessun posto letto è stato riservato a studenti con basso reddito. IrpiMedia ha chiesto un’intervista ai gestori e ai proprietari dello studentato, ma finora senza successo.
I nuovi studentati privati in arrivo in città
In pieno centro, vicino al Museo di arte moderna, c’è un complesso di 12 mila metri quadrati di proprietà di Asp, l’Azienda pubblica di servizi alla persona del Comune di Bologna: è lo storico palazzo dell’istituto materno e di assistenza ai lattanti, costruito a inizio Novecento e rimasto vuoto per diversi anni. Ora l’edificio è stato incluso in Reinventing cities, bando promosso dalla rete di città C40 (un network che ha l’obiettivo di promuovere la collaborazione tra le città per combattere i cambiamenti climatici) allo scopo di sviluppare progetti di rigenerazione urbana attenti all’ambiente e all’equità sociale: è lì che sorgerà un nuovo studentato con almeno 250 posti letto, il 30% dei quali dovranno essere destinati all’edilizia sociale.
«Non si tratterà di un semplice studentato – spiega l’amministratore unico di Asp Stefano Brugnara -. Dopo essere stato efficientato dal punto di vista energetico, l’edificio ospiterà anche spazi per il lavoro, lo studio e la didattica. Sei cordate di investitori nazionali e internazionali hanno presentato al Comune le loro proposte: questo già è un successo, visto che sarà necessario un cospicuo investimento, nell’ordine delle decine di milioni di euro».
Al momento è in corso la procedura di valutazione da parte della commissione: entro fine dicembre verranno selezionati tre progetti, poi ci sarà l’assegnazione definitiva a metà del 2023. A quel punto si aprirà la strada verso la realizzazione, ma ci vorrà qualche anno prima che i lavori vengano ultimati.
Vi è poi un immobile privato di 17.500 metri quadri a ridosso della stazione, che è stato acquistato dalla società spagnola Livensa Living Sl per trasformarlo in una residenza universitaria. Il progetto è stato seguito da Bcn Capital Partners s.r.l., società con sede a Milano, che ha collaborato alla riuscita dell’operazione. L’inaugurazione è prevista nel 2025: ci saranno più di 520 camere, per un totale di circa 600 posti letto. La struttura sarà aperta agli studenti durante l’anno accademico e ai turisti durante il periodo estivo.
Livensa Living opera già in Spagna e Portogallo e sbarca così per la prima volta in Italia: dopo Bologna, nuove strutture dovrebbero aprire anche a Roma, Firenze, Milano e Torino. Il brand è di proprietà della Temprano Capital, il più grande proprietario di residenze per studenti della penisola iberica, con uno stock di oltre 10 mila posti letto. IrpiMedia ha provato a contattare la proprietà, che ha declinato rispondendo che per il momento non vengono rilasciate dichiarazioni.
Infine, c’è la palazzina di via Irnerio 13, vicinissima alla zona universitaria, già nota perché dal 2013 al 2016 è stata teatro di un’occupazione abitativa portata avanti dal collettivo studentesco Noi restiamo e dal sindacato di base Asia Usb. Lo stabile è tornato a fare notizia perché una cordata di imprenditori l’ha ristrutturato e ha deciso di destinare i 22 appartamenti agli studenti fuorisede, mettendo a disposizione 107 posti letto in quello che sarà una sorta di condominio universitario. A realizzare il progetto è una società bolognese: i soci sono ex manager del mondo assicurativo. Tra di loro c’è Giorgio Passeri, proprietario della storica discoteca Matis e gestore del locale Scuderie: «Potevamo ristrutturare il palazzo e metterlo a rendita con affitti brevi – dice a Repubblica-. Non lo abbiamo fatto perché riteniamo che l’università sia una risorsa per la città e che era più giusto dare una risposta alle difficoltà di chi viene a studiare a Bologna e non trova un alloggio».
«Avere in una stessa città diversi studentati privati comporta un innalzamento dei prezzi di mercato, che ormai sono talmente esorbitanti da obbligare le persone a fare sacrifici enormi per poter frequentare l’università – conclude Federico Antibo del Cua -. Ci sono studenti che fanno contemporaneamente due o tre lavori, per permettersi di pagare una stanza. Questa città non sta espellendo gli studenti, li sta selezionando: solo chi può permettersi di viverci ormai è il benvenuto».
Modificato il 22 dicembre. In una prima versione abbiamo indicato che il decreto 1046 del 2022 «stanziava 300 mila euro». Ci scusiamo per il refuso.
CREDITI
Autori
Alice Facchini
Editing
Con il sostegno di
Foto di copertina
Uno scorcio di Piazza Maggiore a Bologna
(NurPhoto/Getty)