Raffaele Angius
Lorenzo Bagnoli
Riccardo Coluccini
«#Ucraina: [inflitta] la prima perdita di un carro armato T-62M russo nel Sud». Il tweet del 6 luglio 2022 è stato pubblicato da Ukraine Weapons Tracker, un account che traccia l’uso degli armamenti ucraini durante il conflitto in corso. Allegato c’è un video, confezionato e capillarmente condiviso, girato con un drone. In questo caso, il velivolo senza pilota (unmanned aircraft vehicle, Uav in inglese) non solo offre la soggettiva del filmato. È anche lo strumento attraverso cui gli ucraini hanno distrutto il carro armato nemico.
Nella prima inquadratura, il vecchio mezzo militare di epoca sovietica sembra quasi un modellino, finché il drone non guadagna altitudine d’improvviso, mentre sgancia un ordigno artigianale, direttamente dentro il portellone aperto del carro. Il quadricottero, opportunamente modificato, ha sganciato una bait bomb – contenitore per esche a forma di piccolo siluro utilizzato tipicamente nella pesca alle carpe. All’interno dell’accrocco, al posto dei vermicelli, c’è una bomba a mano, sistemata in modo da attivarsi non appena la bait bomb urta una superficie aprendosi. Le immagini non sono delle più spettacolari: questo vecchio tipo di carri armati, che ha dato grane all’esercito russo fin dall’inizio del suo impiego sul territorio ucraino, non ha munizioni o sostanze esplosive esposte all’abitacolo e per questa ragione, al posto di una fragorosa esplosione, il video si limita a mostrare un tremore e poi del fumo fuoriuscire dal portellone del blindato. Ma chiunque fosse all’interno non può essere sopravvissuto.
I droni commerciali, oggetti che abbiamo tutti molto chiari in mente ora che sono venduti persino nei supermercati e a prezzi tutto sommato accessibili, hanno fatto breccia nel cuore di chi ha visto nel riadattamento di questi strumenti un simbolo della difesa ucraina che, come Davide contro Golia, ha tenuto testa all’armata russa. Questi velivoli senza pilota hanno contribuito concretamente a ottenere qualche risultato contro l’esercito russo, che si è dimostrato del tutto incapace ad affrontarli, almeno in una prima fase. Ma più ancora che come arma da guerra, hanno dimostrato di avere un grande effetto come oggetto di propaganda.
L'inchiesta in breve
- I droni sono spesso descritti nella stampa internazionale come degli strumenti che hanno cambiato il conflitto in Ucraina. Di certo hanno cambiato il ruolo di alcune organizzazioni della società civile
- Dignitas Foundation è una delle organizzazioni non governative ucraine che ha scelto di sostenere in tutti i modi l’esercito del proprio Paese. La fondazione sostiene l’acquisto di tecnologia civile, soprattutto droni, e partecipa alla creazione di un’industria manifatturiera di droni in Ucraina. Anche un progetto governativo, Army of Drones, ha lo stesso scopo
- Secondo due esperti di velivoli senza pilota, Ivan Zaccagnini e Kerry Chávez, oltre a un ruolo sul campo di battaglia, i droni sono serviti anche per scopi di propaganda: mostrare dei successi e incutere timore
- I droni si dividono in militari e commerciali. I primi sono molto più costosi e sono dotati di una tecnologia più particolare; i secondi sono molto semplici da usare ma possono servire a fare ricognizione sul territorio e, con opportune modifiche, possono anche diventare dei piccoli armamenti
- Se la scorsa campagna di raccolta fondi è andata molto bene, quest’anno i volontari temono che i numeri saranno molto più bassi
«A differenza dei moderni droni militari, apparecchi costosissimi e di grandi dimensioni, i droni commerciali hanno prezzi contenuti e una massa tale da essere difficilmente rilevabili dai radar», ha spiegato a IrpiMedia Ivan Zaccagnini, dottorando dell’Università LUISS e della Vrije Universiteit di Bruxelles, autore di numerosi articoli sull’impiego di droni in contesti bellici.
«Sebbene si usi generalmente lo stesso nome per tutte e due le tipologie, occorre distinguere nettamente le apparecchiature militari grandi quanto una stanza e che costano milioni di dollari l’uno, dai più innocui droni commerciali. Questi ultimi sono apparecchi molto più piccoli ed economici che possono essere impiegati in grandissime quantità a fronte di una spesa complessivamente contenuta. E anche se non costituiscono una rivoluzione, hanno un effetto moltiplicatore delle forze già in campo. In sostanza, è difficile immaginare che l’impiego di droni civili possa decidere l’esito di una battaglia, ma di certo il loro impiego ha un effetto anche psicologico sia nei confronti della forza avversaria sia nei confronti di chi osserva questo conflitto».
Le operazioni di successo fatte con i droni, sono infatti più facili da condividere sui social, al duplice scopo di unire chi sostiene la causa ucraina e intimorire il nemico russo.
L’esercito dei volontari
Liuba Shypovych è vestita da militare e conosce l’esercito ucraino come se ne facesse parte. Eppure no. È la co-fondatrice di due organizzazioni umanitarie a sostegno dello sforzo bellico dell’Ucraina, il suo Paese. La prima si chiama Razom e ha sede negli Stati Uniti, dove Shypovych vive da anni. «Otto anni fa – spiega in un incontro a Kyiv organizzato a maggio dalla fondazione n-ost per permettere a un gruppo di giornalisti europei di incontrare alcuni volontari ucraini – l’organizzazione era specializzata in aiuti umanitari, supporto educativo, progetti culturali e formazione di medici».
Erano gli anni post invasione della Crimea e il fronte caldo dei combattimenti era il Donbass. Era l’inizio della prima fase della guerra, quella a più bassa intensità. Poi c’è stata l’invasione russa su vasta scala del febbraio 2022: «Abbiamo capito che non ci potevamo concentrare sull’aiuto umanitario, ma dovevamo aiutare l’esercito, perché nel 2022 non era ancora professionale. Era composto da persone normali come tutti noi che cercavano di difendere il proprio Paese». Da Razom è così nata la seconda fondazione di Shypovych, Dignitas, il cui scopo è «dare dignità a uomini e donne che difendono l’Ucraina sul campo di battaglia», si legge sul sito.
Oltre all’acquisto dei droni, Dignitas si occupa di addestrare i dronisti, coloro che manovrano i velivoli senza pilota. «Abbiamo formato circa 50 mila persone all’uso delle tecnologie civili in tempo di guerra: droni, radar, smartphone, tablet», prosegue la fondatrice di Dignitas. Lavorare direttamente con un esercito nazionale, per quanto composto in larga parte da volontari, è una scelta difficile per una ong: «Stiamo vivendo la più grande guerra dai tempi della Seconda guerra mondiale e non penso che nessun Paese sia in grado da solo di resistere alla Russia – spiega -. La Russia ha una popolazione 8-10 volte maggiore dell’Ucraina; economicamente e militarmente è più potente. […] Se non ci fossero stati civili pronti a prendere le armi volontariamente, a muoversi per fornire all’esercito tactical medicine (l’assistenza medica d’urgenza fornita ai militari, ndr), strumenti di comunicazione e persino armamenti, non avremmo potuto resistere. Possiamo tutti testimoniare che all’inizio dell’invasione su vasta scala, nessun Paese europeo era pronto a una guerra di queste dimensioni».
In Ucraina esistono diverse strutture come Dignitas. All’incontro, in rappresentanza del settore, hanno partecipato anche Comes Back Alive e Serhii Prytula Foundation. Si definiscono charity, parola che in italiano si potrebbe tradurre «enti caritatevoli», concetto che in Italia si lega spesso anche alla dimensione delle organizzazioni non governative. Da febbraio 2022 le charity ucraine sono diventate collettori di equipaggiamento e formazione per chi sta al fronte. Mentre Dignitas si è concentrata solo sulla tecnologia civile che si può adottare in guerra, altre fondazioni hanno fatto scelte diverse.
Sul tablet di un soldato del 252esimo battaglione Tempesta – parte della 112esima brigata indipendente delle Forze territoriali di difesa – si apre una campagna brulla, solcata da due strisce di alberi. Attorno, macchie nere e bianche la percorrono per tutta la sua ampiezza. Sono segni di esplosioni, bombe e colpi di artiglieria. In quello scenario desolato, nascosti e ignari degli occhi che li stanno osservando, ci sono dei soldati russi – Foto: Marco Cremonesi
Maksym Lymansky fa parte dell’ufficio stampa di Come Back Alive Foundation, la più grande fondazione che sostiene l’esercito ucraino. A giugno 2022 è stata la prima a ottenere dallo Stato ucraino la licenza per l’acquisto diretto dai fornitori di armamenti militari. Funziona, in sostanza, come un ufficio gare d’appalto del ministero della Difesa. Ha contatti diretti con chi produce gli armamenti, soprattutto in Ucraina. «Ci siamo sempre concentrati sui sistemi tecnici di supporto ai droni militari: stazioni radio, smartphone, tablet – spiega -. Abbiamo comprato anche circa 1.500 mitragliatrici per l’esercito ucraino e 200 mortai per le forze territoriali di difesa».
La trasformazione delle ong ucraine in fornitori di strumenti per combattere, che secondo i diretti protagonisti è necessaria in tempo di guerra ed è avvenuta in totale sintonia con il governo, è stata resa possibile soprattutto grazie al fatto che tanta tecnologia civile si è dimostrata utile sul campo di battaglia. «Chi c’è dietro il rifornimento di queste tecnologie civili all’Ucraina è la vera novità di questo conflitto», spiega ancora Zaccagnini.
I droni sono stati uno strumento che ha aiutato i cittadini ucraini a resistere all’invasione. Non sono solo aerei kamikaze senza pilota, come sono stati spesso percepiti in guerre del passato. Sono anche mezzi per la ricognizione del territorio, strumenti che possono sganciare piccoli ordigni, mezzi che possono aiutare l’esercito a raccontare i propri successi. Almeno, questa è la versione che racconta Kyiv. Non è la prima volta che si discute dell’apporto fondamentale dei droni ma, secondo Ivan Zaccagnini, è un’esagerazione considerare i droni come strumenti in grado di cambiare le sorti di un conflitto. Il dottorando è coautore di un paper in inglese il cui titolo in italiano suonerebbe Perché i droni non hanno rivoluzionato la guerra.
Il fotoreportage
Il fotoreportage che accompagna questo articolo è stato realizzato da Marco Cremonesi, fotografo del collettivo Memora. Cremonesi, a febbraio 2023, ha seguito un gruppo di piloti di droni in Donbass, nel Nord Est dell’Ucraina. Nella prima metà di giugno, l’Ucraina ha cominciato una controffensiva nel Sud del Paese.
Fronte del Donbass. Sono da poco passate le 7:00. Un giovane soldato si veste in una stanza utilizzata come dormitorio e ripostiglio comune. Oltre le giacche mimetiche, i caschi e le tracolle che ricoprono i muri, si vede una carta da parati decorata con macchinine del celebre film animato Disney Cars. I battaglioni si dividono in squadre che trovano alloggio e riparo nelle case dei civili evacuati dalla zona dei combattimenti – Foto: Marco Cremonesi
L’armata dei droni
I droni ucraini sono utilizzati sia dai battaglioni delle Forze territoriali di difesa, un corpo auto-organizzato di combattenti, sia dal resto dell’esercito ucraino. Sono entrati a far parte persino dell’immaginario cinematografico in Ucraina: Butterfly Vision è un film del regista Maksym Nakonechnyi che racconta le vicende di una dronista, Lilya, rilasciata dai russi (ne abbiamo parlato sul numero di Digest del 15 maggio 2023). Nei messaggi del governo e nei video in cui si raccontano le imprese compiute dai droni spesso li chiamano uccelli.
Come si è detto, gli Uav si dividono in militari e commerciali. I primi hanno funzioni di ricognizione o di attacco, somigliano ad aerei da guerra e si usano più o meno nello stesso modo. Un drone militare, secondo le nostre stime, ha un ciclo di vita di una settimana prima di essere inibito o abbattuto, cosa diventata ancora più facile quando la Russia ha portato in campo dei congegni elettromagnetici fatti apposta per sabotare il funzionamento dei Uav militari. Poi ci sono i droni commerciali, che stanno su una mano e possono essere acquistati con qualche migliaio di euro: hanno funzioni diverse ma un esercito di centinaia di questi ha comunque un impatto psicologico, soprattutto se vengono utilizzati anche per far cadere delle bombe. Lo svantaggio è che i droni commerciali hanno un ciclo di vita che si aggira intorno alle 24 ore di attività, prima che vengano abbattuti. Il lato positivo è che con questi costi un esercito di droni commerciali ha comunque un impatto economico più leggero di quello di un singolo drone militare catturato o distrutto dal nemico, spiega Zaccagnini.
Sono ovunque, sottolinea la ricercatrice del Department of Political Science at Texas Tech University Kerry Chávez. Gli analisti si aspettavano più droni militari nella guerra in Ucraina, invece per ora si vedono più consumer drones, droni commerciali. Secondo Chávez i droni commerciali «essenzialmente sono sistemi di ricognizione “tascabili” a disposizione di ogni unità di terra».
A fini propagandistici e militari, a luglio 2022 la presidenza ucraina ha lanciato Army of Drones, una campagna con la quale ha mobilitato la popolazione, sia dentro sia fuori l’Ucraina, da un lato affinché donasse i propri droni civili per poter essere modificati e impiegati sul campo di battaglia (effettuando una “dronation”) e dall’altro affinché contribuisse all’acquisto di droni da utilizzare in guerra, sia militari, sia commerciali.
A maggio 2023 Army of Drones aveva speso 116 milioni di dollari per acquistare quasi quattromila velivoli senza pilota dall’estero (militari e non), a cui si aggiungono quelli prodotti all’interno dell’Ucraina. La raccolta – di cui si è concluso il primo anno di attività – passa per la piattaforma online United24, collettore di ogni forma di donazione al Paese. Dovrebbe garantire la totale trasparenza rispetto al denaro raccolto e a dove verrà investito. Diverse stime ipotizzano che la Russia abbatta ogni mese circa diecimila droni civili ucraini.
Army of drones
Alcuni dei quadricotteri più diffusi in uso dall’esercito ucraino
«Ogni giorno – prosegue Shypovych – riceviamo dallo Stato richieste per centinaia di droni». In una prima fase del conflitto – terminata all’inizio della controffensiva nel Sud dell’Ucraina, a giugno 2023 – i droni erano impiegati essenzialmente a scopo difensivo. Quest’estate, invece, si sono registrati diversi episodi in cui i droni ucraini sono riusciti a colpire obiettivi all’interno dei confini russi, non solo nei territori occupati.
Secondo i dati diffusi via Telegram, Mykhailo Fedorov, ministro della trasformazione digitale dell’Ucraina, nella settimana tra il 20 e il 27 agosto i droni ucraini hanno colpito «31 carri armati, 46 mezzi corazzati, 65 accampamenti». «L’armata dei droni in azione», scrive.
I produttori ucraini di droni militari
La fondazione Dignitas ha due dipartimenti che si occupano di acquisti dei droni commerciali: uno compra in Ucraina, l’altro all’estero. All’inizio dell’invasione, la fornitura era solo dall’estero e ancora oggi le componenti non vengono dall’Ucraina. Motivo per il quale «dobbiamo continuare a fare advocacy per regole più semplici per l’importazione», dice Shypovych, e già da giugno l’esecutivo ha reso più semplice la tassazione e il sistema di licenze per l’import-export dei droni. Da questo punto di vista la Polonia si è dimostrata molto collaborativa: per l’esportazione di beni dual use – ossia tutti quelli che hanno una possibile applicazione sia militare, sia civile, inclusi droni, sistemi di sorveglianza e spyware – esiste una licenza cumulativa che un ente importatore deve ottenere una volta sola e vale almeno fino alla fine della guerra.
Sul fronte ucraino, Dignitas ha contribuito a creare un mercato interno, anche militare. «Alcuni dicono che ci siano centinaia di produttori, più realisticamente penso delle dozzine», afferma Shypovych. Difficile riuscire ad avere un’idea del numero corretto: il ministro della Difesa ucraino Oleksii Reznikov ha detto a Reuters a marzo 2023 che il governo stava lavorando con 80 costruttori di droni ucraini. Il primo ministro Denys Shmyhal, parlando a una conferenza tenutasi a un anno dal lancio di Army of Drones (luglio 2023) parlava invece di 40 aziende con le quali il governo ha stipulato dei contratti per la produzione di droni, riporta Ukrinform. Almeno due produttori si sono visti assegnare dalla stampa il titolo di creatori di droni “game-changer”, capaci cioè di cambiare gli equilibri del conflitto: UA Dynamics (drone The Punisher) e One Way Aerospace (drone AQV 150 Scalpel).
Il comandante dell’operazione in passato è stato direttore di un media televisivo di informazione. Allo scoppio della guerra ha deciso di arruolarsi insieme al suo capo redattore, il quale prima del conflitto si occupava di pilotare i droni per il canale televisivo. Per questi motivi la squadra del 251esimo battaglione “Tempesta” prende il nome in codice di “Journalist” – Foto: Marco Cremonesi
Dentro UA Dynamics Ltd, società ucraina con una succursale in Polonia, il vicedirettore è Yaroslav Teklyuk, avvocato diventato famoso per aver vinto un importante arbitrato contro Gazprom nel 2017 con NaftoGaz dell’Ucraina, la società nazionale di oil&gas. Nel 2019, NaftoGaz ha ottenuto da Gazprom, che all’epoca riforniva i gasdotti dell’azienda, 2,9 miliardi di dollari in un accordo ottenuto attraverso la Corte arbitrale di Stoccolma. Amministratore delegato di UA Dynamics è il consigliere comunale Maksym Muzyka, membro del partito dell’ex presidente Petro Poroshenko Solidarietà Europea. Muzyka ha preso parte prima come volontario, poi come militare al conflitto con la Russia fin dal 2014 e ha partecipato fin dai primi anni del conflitto alla creazione di ong che supportano i militari.
One Way Aerospace è invece stata fondata dall’investitore Francisco Serra-Martins (fondo Serra de Estrela Investments Ltd, il cui portfolio si concentra su «energie rinnovabili, tecnologia e impatto sociale in Africa», sede nelle Isole vergini britanniche) insieme all’ex istruttore dell’Aeronautica inglese James Earl e l’ingegnere Roman Antonov. «Posso confermare che la One Way Aerospace collabora con il progetto Army of Drones, ma purtroppo non posso fornire dettagli specifici per motivi di sicurezza legati alla guerra in corso», spiega Francisco Serra-Martins via mail. Specifica che lo scopo di One Way è aiutare l’Ucraina a mantenere la sua «integrità territoriale» e che i bandi aperti dal ministero della Trasformazione digitale «garantiscono per tutti i partecipanti, a prescindere da precedenti affiliazioni politiche, pari opportunità e massima trasparenza».
Non sono uniche due società produttrici di cui si è occupata la stampa internazionale in questi mesi. Twist Robotics, di base a Leopoli, è stata citata dal Washington Post perché sta cercando di applicare l’intelligenza artificiale ai droni kamikaze in modo che possano colpire anche obiettivi in movimento. AeroDrone, invece, ha come socio al 50% una vecchia conoscenza della politica ucraina, Dmytro Shymkiv: tra il 2014 e il 2018, quando Petro Poroshenko era presidente dell’Ucraina, è stato vicepresidente dell’Amministrazione della presidenza dell’Ucraina, dopo essere stato per anni direttore generale di Microsoft in Ucraina. Fa parte del Consiglio di sorveglianza del fondo delle startup ucraine Kyivstar, fondato a suo tempo da VEON, internet provider di base nei Paesi Bassi dal quale l’oligarca russo Mikhail Fridman si è dimesso all’inizio del conflitto. Oggi VEON è di proprietà di investitori canadesi e statunitensi.
Nello scantinato l’odore della muffa è pregnante ma una leggera brezza scende le scale e ossigena la stanza immersa nel buio. C’è un silenzio tombale. Un vecchio banco da lavoro in ferro, con assi di legno incrostate dalla polvere, funge da tavolo per le attrezzature militari. Sull’ultimo pianale decine di barattoli di conserve raccontano una vita passata, diversa e più quieta – Foto: Marco Cremonesi
«In termini di aziende, qualcuna resterà in questo giro, soprattutto se diventa lucroso lo sviluppo dei droni», commenta Kerry Chávez. Più che per i droni impilati in depositi in giro per l’Ucraina, la ricercatrice è preoccupata del destino che avranno armamenti e munizioni tradizionali. L’aspetto nuovo che sottolinea, però, è il modo con cui mondo civile e mondo militare in Ucraina si stiano muovendo insieme per oltrepassare i limiti normalmente imposti all’industria bellica, in nome della necessità di rifornire i soldati il più possibile.
I modi di fare fundraising
I timori sul futuro
Sul piano economico, la spinta delle fondazioni all’acquisto di tecnologia civile e armamenti è stata decisiva nel corso del 2022. «Penso che il crowdfunding dell’esercito in Ucraina oggi sia parte dell’essere un buon cittadino – spiega Maksym Lymansky, della fondazione Come Back Alive – perché non è una questione di cosa il governo può fare per me ma cosa posso fare io per vivere un giorno in pace, non sotto la dominazione russa».
Dal 2014, Come Back Alive ha raccolto all’incirca 200 milioni di dollari per l’esercito attraverso donazioni. Ma il 2023 è più difficile. «Lo scorso anno fuori dall’Ucraina abbiamo raccolto 70 milioni di dollari, mentre oggi quella cifra è scesa notevolmente – aggiunge Liuba Shypovych della fondazione Dignitas -. Siamo passati a concentrarci sulle donazioni delle aziende ucraine perché i singoli privati sono esausti, hanno perso il lavoro, hanno perso la casa, sono spesso sfollati». Shypovych sostiene che il governo di Kyiv sia troppo entusiasta nel raccontare come si sta sviluppando la guerra. «All’estero c’è più concentrazione sulla ricostruzione post-bellica – dice – ma è troppo presto per ricostruire. Dobbiamo ancora proteggere il nostro Paese affinché resti qualcosa da ricostruire un domani».
I dronisti inviano le coordinate dei soldati russi. L’artiglieria le riceve e apre il fuoco. Calibra nuovamente il tiro e spara ancora. Poi si attende l’arrivo di altri soldati per l’evacuazione dei feriti, si richiama il drone, gli si cambia la batteria e lo si fa ripartire verso le stesse coordinate – Foto: Marco Cremonesi
L’intelligence russa utilizza differenti canali Telegram per ricevere immagini e correggere il tiro dell’artiglieria. Il prezzo per una foto di segnalazione si aggira intorno a 5 euro. In Ucraina è severamente vietato diffondere materiale fotografico di posizioni di forze armate e luoghi di bombardamenti. Il fatto, se compiuto da parte di civili, comporta fino a 15 anni di carcere. Il compito di veicolare immagini è riservato alla stampa e all’esercito ucraino
CREDITI
Autori
Raffaele Angius
Lorenzo Bagnoli
Riccardo Coluccini
Fotografie
Marco Cremonesi
Editing
Giulio Rubino
Infografiche
Lorenzo Bodrero
In collaborazione con
Privacy International