Cecilia Anesi
Raffaele Angius
Ludovico Tallarita
«Questi documenti devono essere preparati all’interno della famiglia da un avvocato di fiducia e nessun altro deve conoscerne l’esistenza». L’email risale a pochi mesi dopo l’introduzione in Europa delle sanzioni alla Russia per l’annessione della Crimea, nel 2014. La “famiglia” è quella dei Rotenberg: Arkady e Boris, due imprenditori cresciuti nella Leningrado sovietica a cavallo tra gli anni Sessanta e Settanta. Arkady Rotenberg è tra i sanzionati.
I due fratelli non erano ricchi fino a quando il loro amico Vladimir Putin, con il quale condividono un’amicizia nata intorno alla passione per le arti marziali, non ha cominciato la sua ascesa politica sul finire degli anni Novanta. Con Putin al potere, i Rotenberg, fin dal 2008, hanno ottenuto commesse di Stato (come i lavori per la realizzazione degli impianti per le Olimpiadi invernali di Sochi, in Russia, nel 2014) e prestiti milionari dalle banche vicino al Cremlino. Secondo Forbes i patrimoni di cui dispongono i due fratelli, nel 2023 valgono ancora 4,9 miliardi di euro, nonostante le sanzioni.
L'inchiesta in breve
- Maxim Viktorov è un manager che almeno dal 2013 gestisce attraverso un sistema di società di comodo, fiduciari e prestanome i beni e le attività dei fratelli Arkady e Boris Rotenberg. Quest’ultimo è sotto sanzioni dal 2014, l’altro, invece, dal 2022. I Rotenberg sono considerati tra gli imprenditori più vicini alla cerchia ristretta degli oligarchi di Putin
- La gestione di Viktorov passa attraverso due società, Legal Intelligence Group ed Evocorp Management Company LLC. Cinquantamila documenti interni, ottenuti da iStories e OCCRP, svelano come funziona il sistema finalizzato ad evadere le sanzioni. Sono i #RotenbergFiles
- Tra i beni che per anni sono rimasti fuori dal circuito delle sanzioni ci sono una villa in Costa Smeralda, una villa in Austria, delle ville in Francia e un appartamento nel Principato di Monaco
- A gestire i beni della famiglia in Italia è un cittadino russo, Vitaly Khomyakov, diventato manager per i Rotenberg dopo un passato come gestore di servizi NCC a Cagliari. Nonostante non disponga di enormi fortune, risulta proprietario o socio di uomini vicini ai Rotenberg
- Aurora 31 srl è una società romana proprietaria di un albergo gestita fino al 2020 da Khomyakov. Dal 2014 il 50% delle sue quote è stato congelato. Ma ha continuato a ricevere prestiti da società cipriote dei Rotenberg
- L’hotel Mediterraneo di Cagliari non è mai stato congelato. Il nome dei Rotenberg non appare mai nei documenti ufficiali, ma la struttura societaria sembra sempre legata ai fiduciari dei Rotenberg
- Khomyakov è stato tagliato fuori dopo un contrasto con la Legal Intelligence Group. Ormai il suo nome è bruciato, ma il sistema a protezione dei Rotenberg deve proseguire
Il messaggio di posta elettronica in merito a documenti segreti della famiglia Rotenberg ha un allegato dal titolo «OBIETTIVO: RIMUOVERE LE SANZIONI». L’argomento è la proprietà della Helsinki Halli, un’arena utilizzata per ospitare eventi sportivi e concerti. Il mittente dell’email è Roman Rotenberg, il figlio di Boris. Dato che non appare ancora nella prima lista dei destinatari di misure restrittive sulla proprietà in Europa, Roman diventa nel 2014 il proprietario dell’arena di Helsinki. Per otto anni il cambio di titolare permette alla famiglia di mantenere il controllo del bene.
Il custode dei segreti: Maxim Viktorov
Il destinatario della missiva del 2014 sull’Helsinki Halli si chiama Maxim Viktorov. Nella prima decade degli anni Duemila è stato nominato consigliere di ministeri e fondazioni di Stato in Russia. È noto alle cronache per essersi aggiudicato nel 2009 un violino del liutaio settecentesco Giuseppe Guarneri per almeno 3,5 milioni di euro. Sebbene la notizia abbia fatto all’epoca il giro del mondo, l’origine della sua fortuna non è nota.
Nel 2001, Viktorov è stato tra i fondatori di Legal Intelligence Group, una società di consulenza legale e reputazionale, e dal 2017 è anche presidente di una società di gestione del patrimonio, la Evocorp Management Company LLC. Legal Intelligence Group ed Evocorp sono le società a cui si sono rivolti i Rotenberg almeno dal 2013 per evitare che le proprietà di famiglia finissero congelate. Sono il primo anello di una lunga catena di società di comodo attraverso cui fanno amministrare le proprietà, restando nell’ombra.
L'inchiesta
Il sistema per celare la proprietà della famiglia Rotenberg dal 2014 è diventato sempre più complesso. Grazie ai #RotenbergFiles – un leak di 50 mila documenti, 30 mila dei quali mail, ottenuti da iStories e Occrp proveniente da una società di asset manager – è possibile ricostruire come funziona il sistema di compagnie offshore, prestanome e professionisti che ha permesso ai Rotenberg di nascondere i loro beni alle autorità.
Avere una proprietà in Europa, per gli oligarchi russi, assume diversi significati: dall’ostentazione della propria ricchezza, fino alla garanzia di un futuro, a prescindere di quale sarà la situazione in Russia. Su IrpiMedia abbiamo raccontato spesso le vicende di oligarchi finiti in disgrazia fuggiti in Paesi europei dove avevano già proprietà e attività. Conservare una proprietà all’estero significa mantenere il proprio salvacondotto per una vita fuori dalla Russia.
«Studiando gli investimenti delle mafie nell’economia legale, abbiamo visto che la maggior parte sono investimenti immobiliari, i cosiddetti real estates. E vedo un parallelismo con gli investimenti degli oligarchi russi: c’è un’attrazione fatale tra investimenti di questo tipo, investimenti segreti e beni immobili. Perché sono beni facili da vedere, per chi investe, è difficile che te li rubino (rispetto a soldi investiti con complessi strumenti finanziari di cui non si capisce molto e che possono finire in perdite o truffe devastanti), mal che vada il bene è in perdita ma comunque è mio, è fisso lì», ha spiegato a IrpiMedia Federico Varese, professore di criminologia all’Università di Oxford e autore di libri sulla criminalità russa. «In Russia, c’è un connubio fortissimo tra imprenditoria e potere – prosegue -. Non è che Arkady Rotenberg diventa miliardario perché è un imprenditore particolarmente abile, ma piuttosto per il legame forte di fiducia tra lui e Putin, il legame che il presidente ha con i suoi amici d’infanzia. Gli oligarchi infatti non si ribellano alla guerra, nonostante la guerra gli faccia congelare le proprietà, perché sono ricchi per grazia ricevuta».
Dal punto di vista dei professionisti, il rischio che si corre è minimo: «Sono pochissimi i casi di persone aggiunte alle liste di sanzioni – e tanto meno perseguite – per aver facilitato l’evasione delle sanzioni», spiega Tom Keatinge, direttore del Centre for financial crime and security studies del Royal united services institute (Rusi) di Londra. «Per cambiare l’atteggiamento delle persone – conclude – abbiamo bisogno di teste sulle picche».
Khomyakov, l’uomo sul campo
Dal 2004 al 2020, i Rotenberg in Italia sono stati rappresentati da Vitaly Khomyakov, cittadino russo con un passato da fornitore di servizi NCC a Cagliari sposato con una sarda. Diciassette anni di lungo servizio, gli ultimi dei quali, a partire dal 2015, particolarmente burrascosi, a causa dei contrasti con i consulenti di Legal Intelligence Group.
Khomyakov svolgeva i suoi servizi attraverso la Aurora 31 srl. Formalmente è una società immobiliare ma in realtà è una società di comodo il cui unico scopo è gestire una proprietà (questa categoria in Italia ha un regime fiscale più severo delle immobiliari). Viene aperta nel 2003 da Arkady Rotenberg e dall’amico Konstantin Veniaminovich Goloshchapov, con lo scopo di acquistare un immobile di prestigio a Roma, in via Aurora 29-31, dietro alla lussuosa via Veneto.
I due oligarchi escono dalla proprietà di Aurora 31 srl l’anno successivo, sostituiti da due società offshore di Cipro, Olpon Investments Ltd e Logotax Development, ciascuna con il 50% delle proprietà. La cessione però, non avviene direttamente: prima di arrivare alle società cipriote, la società passa per la moglie di Khomyakov. Questo step intermedio non ha alcuno scopo commerciale: la moglie di Khomyakov non ottiene plusvalenze, non ci sono transazioni di denaro. La sua fulminea comparsa nell’elenco dei proprietari della società sembra avere il solo scopo di allontanare il nome dei Rotenberg.
Goloshchapov, l’oligarca caduto in disgrazia
Frequentatore di palestre da combattimento dei Rotenberg dagli anni Settanta, Konstantin Goloshchapov è noto alle cronache con il soprannome “il massaggiatore di Putin”, perché aiutava il presidente russo a sciogliere i muscoli dopo gli allenamenti. Fondatore di circoli religiosi e fondazioni frequentate dagli alti papaveri del Cremlino, ha costruito il proprio successo grazie a una banca costruita insieme ai Rotenberg, la SMP Bank. Ha diverse proprietà in Italia, tra cui una villa a Bari – città che gli è cara per la devozione che gli ortodossi tributano a San Nicola – e un appartamento di trecento metri quadrati in un palazzo signorile a due traverse da via Aurora, dove risultava domiciliato Khomyakov, secondo gli atti di società a lui intestate.
A giugno 2022 suo figlio Dmitry è finito al centro di un’inchiesta di corruzione in cui sono coinvolti anche altri storici soci della famiglia. È da allora che l’oligarca sembra essere caduto in disgrazia. Si vociferava che dovesse finire arrestato, ma il 25 giugno Dmitry Goloshchapov è stato invece trovato morto, in circostanze misteriose. Si esclude il suicidio: Dmitry, come il padre, era molto religioso. Konstantin Goloshchapov non ha partecipato ai funerali del figlio in Russia e non è chiaro se da allora sia mai risucito a rientrare nel Paese.
Vitaly Khomyakov dal 2004 è anche amministratore delegato di Aurora 31 srl, carica che manterrà fino al 2018. A lui si deve l’idea di trasformare l’immobile di via Aurora nel Berg Luxury Hotel (così chiamato in onore dei Rotenberg), che aprirà nel 2011. Oggi l’albergo ha cambiato gestione e nonostante il bene sia stato congelato continua ad operare. Si chiama Hotel Diva ed è gestito da una società che all’apparenza non ha nulla a che fare con i russi. A un isolato di distanza, si trova Palazzo Margherita, che dal 1931 è il centro nevralgico della diplomazia a Roma, l’ambasciata degli Stati Uniti d’America. La vicinanza alla missione diplomatica statunitense, secondo il professor Varese, non è casuale: «Ogni bene ha un suo scopo. Un bene come questo, potrebbe anche essere stato strategicamente piazzato per spiare un’ambasciata straniera».
Grazie al leak, si evince che Aurora 31 srl tra il 2004 e il 2011 riceve prestiti da società cipriote riconducibili ai Rotenberg per un totale di 19 milioni di euro, il più importante dei quali da 14,7 milioni per acquistare il palazzo dove ha sede il Berg Luxury Hotel. Per gestire l’albergo, Khomyakov crea una società ad hoc di cui è anche l’amministratore, Sealget srl, alla quale affitta l’immobile a un canone notevolmente più basso rispetto al valore di mercato dell’albergo. Nonostante i bilanci non depositati e un’unica entrata – quella dell’affitto dato alla sua stessa società Sealget srl – Aurora 31 srl per anni è stata lo scrigno dei Rotenberg per la custodia dei loro immobili, principalmente in Italia.
Un investimento in odore di Rotenberg
Gli affari sembrano andare bene: il magnate mette i soldi, Khomyakov mette la gestione dell’albergo e sua moglie si fregia di essere stata la designer dietro l’opulenta struttura alberghiera di via Aurora. Tanta è la fiducia tra loro che la moglie di Khomyakov, come detto, funge da veicolo nel passaggio di quote dai Rotenberg alle società cipriote. Khomyakov è però alle dipendenze degli oligarchi, non un loro pari: secondo i dati che emergono dal leak, per la sola gestione delle ville in Costa Smeralda, Khomyakov incassa 70 mila euro l’anno.
La catena di comando dei Rotenberg
Il patrimonio di immobili che deve gestire in Italia, nel 2013, aumenta con l’hotel Mediterraneo di Cagliari, uno storico edificio con un lato rivolto verso il Golfo degli Angeli e l’altro che guarda al colle e alla Basilica di Nostra Signora di Bonaria. Lo stesso Khomyakov è coinvolto direttamente nell’acquisto: all’atto di compromesso, «agisce come procuratore di una persona o di un’entità da definire successivamente». Si tratta di Konstantin Goloshchapov, l’amico con il quale Arkady Rotenberg ha anche acquistato Aurora 31 srl, che a settembre 2013 risulta proprietaria del 60% dell’hotel Mediterraneo, mentre il 40% appartiene direttamente, almeno sulla carta, a Khomyakov.
Sull’albergo grava un debito di 16,5 milioni di euro, che secondo l’accordo di compravendita, avrebbe dovuto essere estinto dai nuovi compratori. L’attività di gestore di immobili di lusso di Khomyakov sembra incompatibile con le risorse richieste a un socio al 40% di un bene del genere, con una tale situazione debitoria. Khomyakov, raggiunto tramite il suo legale Antonio Liguori, non ha voluto fornire spiegazioni. L’avvocato Liguori ha però assicurato che il suo cliente è «un imprenditore», «socio di Goloshchapov in quest’opera» a tutti gli effetti.
Nella stessa operazione, Khomyakov e Goloshchapov comprano insieme anche la Reiservice srl, la società che ha l’incarico di gestire la struttura e portare avanti i lavori di ristrutturazione di cui ancora oggi rimane traccia sotto forma di uno scheletro di acciaio: l’ampliamento del bar che per tutti gli anni Settanta era stato uno dei salotti buoni di Cagliari. Alcuni mesi prima dell’apertura del cantiere, Khomyakov e Goloshchapov vendono le proprie quote della società proprietaria dell’immobile, la Reistar srl, al figlio di quest’ultimo, Dmitry, allora ventenne. I lavori di restauro che iniziano nel 2014 non verranno mai conclusi: dopo due mesi le ditte incaricate non ricevono più i pagamenti. «Avevamo un esposto di 800 mila euro e a quel punto volevo solo avere i soldi e lasciare il cantiere», spiega uno dei titolari.
A capo del progetto c’era Khomyakov, conferma l’attuale vicesindaco della città e assessore all’Urbanistica, Giorgio Angius, che dice di non aver mai incontrato «i proprietari» e di essersi rapportato solo con i tecnici. Il manager, dopo lo stop dei lavori, querela Goloshchapov perché lo considera responsabile e sostiene che a causa dei problemi con il Mediterraneo abbia perso tutto, denaro e reputazione. Fine del rapporto tra i due? Forse. O forse un nuovo stratagemma per alzare un’ulteriore cortina di fumo sulla reale proprietà dell’albergo e guadagnare tempo. Fino a che il contenzioso non è risolto, l’udienza finale è prevista a settembre di quest’anno, l’hotel Mediterraneo resta così com’è e la sua proprietà non cambia.
È curioso un dato: il Tribunale di Roma, dove si svolge la causa civile, ha dissequestrato il bene, e pertanto Reistar potrebbe continuare la ristrutturazione. Solo che non c’è un proprietario: Dimitry Goloshchapov, il figlio di Konstantin, è morto in circostanze poco chiare dopo essere stato coinvolto in un’indagine giudiziaria in Russia e la società ancora non ha trovato il suo successore.
Le email dei #RotenbergFiles non arrivano a chiarire del tutto i motivi dell’interruzione dei pagamenti per i lavori di restauro dell’hotel Mediterrano. Oltre ai dubbi sulle capacità finanziarie di Khomyakov, legato direttamente ai Rotenberg nell’acquisto di Aurora 31 srl, c’è un altro fatto: pochi mesi prima dello stop ai lavori, Arkady Rotenberg si è trovato con fondi e beni congelati a causa delle sanzioni. Investire in Italia era difficile: il Paese, da sempre considerato «amico» da Putin e dalla sua cerchia, stava adottando misure molto stringenti nei confronti dei soggetti sanzionati. Il nome di Rotenberg non appare mai nero su bianco nelle strane vicende dell’hotel Mediterraneo, ma tutti gli indizi portano alla famiglia di oligarchi.
Le proprietà dei Rotenberg sfuggite alle sanzioni
Oltre all’albergo di Roma, Khomyakov gestisce per conto dei Rotenberg anche altre proprietà. Ci sono, ad esempio, tre ville in Costa Smeralda, nel complesso de Le Pleiadi a Porto Cervo. Khomyakov ne acquista due per conto dei Rotenberg nel 2005, come dimostrano documenti dei leak. Sono intestate a Olpon Investments e a Logotax e da marzo 2022 sono entrambe congelate. La terza invece viene acquistata due anni dopo usando un’altra entità cipriota: la Palmoto Holdings Limited. Dal suo bilancio si trovano nel 2021 debiti per 60 milioni di euro, dovuti a prestiti ricevuti da società cipriote dei Rotenberg. La villa, la numero 12 de Le Pleiadi, stando ai bilanci Palmoto vale 10,4 milioni di euro e non risulta congelata. Per quanto Palmoto sia collegata ad altre società dei Rotenberg, lo schermo costruito dalla fiduciaria cipriota ufficialmente proprietaria della società è sufficiente a impedirne il congelamento, almeno per ora.

In primo piano, le due ville di Olpon e Logotax, in secondo piano in alto a destra la villa intestata a Palmoto Holdings, a Porto Cervo – Foto: YLE TV
Grazie al leak, è stato possibile ricondurre ai Rotenberg anche altre proprietà in Europa, sfuggite per ora ai congelamenti. Si va da ville sulla costa francese, una a Villefranche-sur-Mer e altre in Costa Azzurra (a Mouans-Sartoux, Grasse ed Eze), a terreni e hangar per aerei sempre in Francia, arrivando fino a un lussuoso chalet nella località sciistica di Kitzbühel, sulle Alpi austriache, acquistato con un prestito di un’azienda cipriota dei Rotenberg. Infine ci sono anche due appartamenti, uno a Riga, in Lettonia, e uno nella prestigiosa Sun Tower del Principato di Monaco, acquistati il primo tramite un’impiegata della Legal Intelligence Group e il secondo tramite una donna lettone considerata l’amante segreta di Arkady Rotenberg.
Lo scontro tra manager
Dalle conversazioni dei #RotenbergFiles, si legge che già nel 2013, preoccupato dalla situazione geopolitica internazionale, Khomyakov si stava preparando all’ipotesi che le più importanti personalità russe vicine a Putin, tra cui i Rotenberg, potessero finire sotto sanzione anche in Europa. «Ho espresso i miei timori rispetto alle sanzioni – scriveva a Legal Intel in una email dell’ottobre 2014 in cui riprendeva i contenuti di un messaggio mandato già nel 2013 – e ho chiesto di riferire a AR (Arkady Romanovich Rotenberg, ndr) e BR (Boris Romanovich Rotenberg, ndr) che la situazione sarebbe potuta peggiorare e che dovevamo prepararci in qualche modo per gestire i loro “business”. Ma mi è stato risposto che “AR e BR non erano sulla lista [dei sanzionati], solo su quella Usa, e che in generale andavo troppo nel panico».
Ad aprile 2014 la previsione di Khomyakov si avvera: i beni della Olpon Investments in Italia vengono congelati dal Comitato di sicurezza finanziaria, l’organismo ministeriale che si occupa delle sanzioni. Da qui inizia un intenso scambio di email tra Khomyakov, e una pletora di personale dedicato alla gestione del patrimonio dei due fratelli: dipendenti della banca di famiglia, la SMP; dipendenti della Legal Intelligence Group e il suo proprietario Maxim Viktorov; avvocati inglesi e italiani; consulenti fiscali, commercialisti e fiduciari. È una corsa contro il tempo: da una parte si cerca di fare ricorso contro le misure di congelamento, dall’altra si cerca di preservare i beni e i fondi che ancora non sono stati aggrediti dalle autorità europee.
Le mail svelano grande preoccupazione dall’ufficio di Viktorov: si cerca di capire cosa succede in Italia, si fa la conta dei beni immobili e si cerca di ricostruire la gestione di Aurora 31, da cui è chiaro che sono passati gli interessi dei due fratelli oligarchi per pagare tutti gli investimenti italiani. È Khomyakov che detiene la chiave dello scrigno dei segreti, e adesso, dopo anni in cui era stato lasciato agire quasi senza rendiconto, gli si chiede di spiegare nei dettagli l’operato. Per anni Aurora 31 srl era stata gestita in modo “creativo”, senza ricavi reali e facendole arrivare milioni di euro grazie a prestiti dei Rotenberg a sé stessi (tramite società cipriote). Adesso che lo Stato italiano siede nell’assemblea dei soci di Aurora 31, lo scrutinio è totale.
Gli avvocati inglesi contrattati da Viktorov vogliono capire se ci sono indagini per riciclaggio, e se si rischia che la Guardia di finanza possa arrivare anche fuori dai confini, ad altri beni e fondi, alle società cipriote da cui girano il grosso delle finanze dei Rotenberg. È Khomyakov a tranquilizzarli, scrivendo direttamente a Boris Rotenberg: «Gli avvocati italiani lo hanno già spiegato chiaramente che questa è una detenzione amministrativa, non penale, ma gli avvocati inglesi non capiscono la differenza», chiosa. Khomyakov è anche molto preoccupato dalla cattiva pubblicità, per Arkady Rotenberg e per sé stesso. Sono entrambi finiti in prima pagina sui giornali italiani, al fianco di Goloshchapov. La Legal Intelligence ha fatto arrivare ai giornalisti una dichiarazione a dire di Khomyakov controproducente. «AR ha dichiarato di non avere niente in Italia», scrive il manager a Boris Rotenberg. Ma è falso, e Khomyakov suggerisce di sistemare la questione con un legale, Lucio Ruscio, che può anche occuparsi del ricorso contro i congelamenti.
I problemi tra Legal Intelligence Group e Khomyakov esplodono nel 2015, in occasione dell’approvazione del bilancio di Aurora 31 srl. Khomyakov chiede alla Legal Intelligence la procura per rappresentare le due società cipriote che la possiedono, Olpon e Logotax. Non le ottiene entrambe: Legal Intelligence, da Mosca, affianca a Khomyakov un consulente d’eccellenza, il console onorario per gli Urali Roberto D’Agostino, tutt’oggi di stanza a Ekaterinburg. A D’Agostino è affidata l’amministrazione della Logotax, l’azienda di Boris Rotenberg proprietaria della metà di capitale sociale di Aurora 31 srl che non viene congelato.
«Lo scopo dell’incarico affidatomi dall’azionista era valutare come riuscire a gestire le proprietà nella fase di congelamento degli asset e nel caso di Aurora 31 verificare la trasparenza della gestione precedente – spiega D’Agostino a IrpiMedia -. Non si trattava di arrivare a uno scongelamento, in quanto da subito comunicai questa prospettiva difficilmente perseguibile. Il regime infatti prevedeva il divieto di utilizzo da parte propria, cioè della persona fisica e relative società soggetta a sanzioni (assets freeze e travel ban) e trasferimento per vendita, ma non vi era un divieto di funzionamento, o di uso da parte di terzi, anche se risultava ancora non chiara la normativa a riguardo».
Secondo il consulente, la sua attività è stata sempre in accordo «con il ministero degli Esteri e ministero delle Finanze e relativo Comitato per la sicurezza finanziaria», l’organismo interministeriale che si occupa di sanzioni. Al contrario, nelle email dei #RotenbergFiles Khomyakov attacca D’Agostino: «Se ci sono problemi con l’Aurora 31- scrive a Boris Rotenberg – sono stati creati da D’Agostino».
Gli asset
ll 14 marzo 2016 Khomyakov ha ottime notizie: il ricorso al Tar contro i congelamenti, e portato avanti dall’avvocato Lucio Ruscio da lui contrattato, viene accolto. La vittoria, scrive in un’email a Elena Ruziak e alla Legal Intelligence, è anche grazie al suo impegno, non come i tentativi di «certi elementi [D’Agostino] che hanno ripetutamente e irreversibilmente danneggiato Aurora 31 e i suoi fondatori [Rotenberg]». La vittoria di Khomyakov dura poco: un nuovo congelamento viene applicato il 26 marzo 2016. Secondo D’Agostino non ci sono comunque più i termini per proseguire, stretto tra due fuochi (Khomyakov e la Legal Intelligence) in guerra, che hanno comunque uno scopo comune, togliere lo Stato italiano dalla gestione di Aurora 31: «Diversi soggetti coinvolti da parte russa, sia in Russia sia in Italia, perseguivano scopi propri e diveniva difficile se non impossibile concordare una linea di comportamento comune, in armonia con quanto concordato con le autorità italiane, motivo per cui rinunciai a proseguire l’incarico».
L’ultimo atto dello scontro per la gestione di Aurora 31 srl accade il 3 maggio 2018, quando i due soci Olpon e Logotax votano per rimuovere Khomyakov come amministratore delegato. Al suo posto viene nominata prima una dipendente di un’agenzia turistica di Mosca, poi un prestanome moldavo disponibile a «lavorare per una cifra modesta», si legge nelle mail. Sono tutte figure messe a disposizione da Legal Intelligence, nella speranza che la metà delle quote della Aurora 31 srl venga scongelata. Si verifica il contrario: le autorità italiane congelano anche il restante 50% di Aurora srl, intestato alla Logotax di Boris Rotenberg.
«L’Italia è stata particolarmente attraente per investire in beni per via del forte legame tra la politica italiana e russa, e tutt’oggi i russi ci vedono come un Paese amico per via di un substrato politico favorevole – commenta Federico Varese -. Sicuramente però i russi sono stati sorpresi quando ci sono stati i congelamenti nel 2014, e sono rimasti poi stupiti da Draghi e oggi dal governo Meloni, anche se sicuramente si continua a pensare che l’Italia sia più amichevole di altri Paesi e si continua a pensare che se crolla il fronte unito occidentale l’Italia sarà una delle prime a sfaldarsi dal fronte anti-russo».
CREDITI
Autori
Cecilia Anesi
Raffaele Angius
Ludovico Tallarita
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