#29Leaks
Lorenzo Bagnoli
Matteo Civillini
Gianluca Paolucci
«Alle organizzazioni criminali non serve andare offshore oltreoceano. Basta spostarsi in Europa per nascondere il volto dei beneficiari ultimi di una società e rendersi difficilmente rintracciabili. È sufficiente sfruttare i controlli inadeguati di società come Formations House e le difficoltà investigative che impediscono collaborazioni tra polizie europee per continuare a fare affari indisturbati».
L’osservazione è di Michele Riccardi, senior researcher di Transcrime, centro studi dell’Università Cattolica che si occupa di criminalità organizzata e del suo impatto economico. «Sicuramente le mafie stanno sperimentando l’estero perché ormai in Italia si sequestra e confisca tutto e facilmente, mentre all’estero è molto più difficile», afferma. Eppure, a guardare l’analisi massiva svolta da Transcrime in questi anni su aziende sequestrate, interdittive antimafia e indagini delle nostre forze dell’ordine il quadro che emerge sembra diverso, a un primo sguardo: «L’estero non emerge in maniera preponderante, tutt’altro».
Delle spiegazioni però ci sono: i tempi troppo lunghi per portare a termine un sequestro, i vincoli giuridici che rendono più complessa congelare beni e aziende all’estero, la collaborazione tra polizie ancora poco sviluppata, persino entro i confini dell’Unione europea. Elementi che rendono quasi impossibile quantificare l’evoluzione all’estero delle società “legali” riconducibili a interessi mafiosi. Per questi motivi il leak di una società di servizi di Londra, il cuore finanziario dell’Europa, assume una grande rilevanza, soprattutto dal punto di vista dell’Italia: la Gran Bretagna è nella top 5 dei Paesi esteri coinvolti negli ultimi 20 anni in operazioni di riciclaggio dove compaiono organizzazioni criminali italiane (dopo Svizzera, Spagna, San Marino, Romania e Germania).
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Lorenzo Bagnoli
Matteo Civillini
Gianluca Paolucci