La geopolitica del grano, dopo l’invasione dell’Ucraina
La guerra della Russia in Ucraina ha rafforzato lo status della Romania come esportatore di cereali e via di transito. E ne ha beneficiato anche l’Italia

25 Novembre 2022 | di Vlad Odobescu

Per un agricoltore con 1.400 ettari di coltivazioni, le giornate di lavoro sono pesanti. Eppure, la domenica, Nicolae Sofrone per rilassarsi va comunque a visitare i suoi campi. Settantatré anni, parlantina sciolta, è sopravvissuto alla caduta delle ideologie in Romania. Ha vissuto la collettivizzazione delle fattorie e il razionamento dei beni di prima necessità imposto dal regime di Nicolae Ceaușescu negli anni Ottanta. Dopo la rivoluzione del 1989 ha costruito le sue imprese agricole, un passo alla volta, sulle rovine del totalitarismo.

I suoi appezzamenti si trovano nel sud-est della Romania. La terra è nera come Nero è il Mar che bagna quella zona. È ricca di humus, fosforo e ammoniaca, perfetta per far crescere grano, mais e orzo. Per Sofrone è un piacere camminare tra questi campi, soprattutto in una tranquilla giornata estiva, prima del raccolto.

Il progetto I Signori del grano

I Signori del grano è una serie sul divario crescente tra Stati ricchi e poveri nella disponibilità di risorse agricole scatenato dalla guerra in Ucraina. La serie è realizzata in collaborazione con Scena9 e NOW, grazie al sostegno di JournalismFund.

Quando l’agricoltore sale in macchina per rientrare a casa, però, la sua mente torna ad affollarsi delle preoccupazioni di tutti i giorni: quali saranno i prezzi del grano quest’anno? Quanto costeranno domani il gasolio e i fertilizzanti? Come affrontare un’altra siccità? Quest’anno è soddisfatto della qualità del raccolto, ma l’aumento dei costi di produzione impone di venderlo a un prezzo alto: rispetto allo scorso anno, il carburante si paga il doppio, i fertilizzanti quattro volte tanto. Per ora Soforone non è in perdita, ma chi può sapere quali sfide porterà il prossimo anno? Gli stessi dilemmi che affliggono i tavoli più importanti della politica internazionale – dai cambiamenti climatici, ai prezzi dell’energia, alle guerre – pesano anche qui, nei campi vicino alla foce del Danubio.

A causa dell’invasione dell’Ucraina da parte della Russia, i prezzi del grano sono aumentati e gli agricoltori rumeni come Nicolae Sofrone hanno aumentato le vendite, ma hanno sofferto per l’aumento dei costi del carburante e dei fertilizzanti – Foto: Ioana Cîrlig

«La guerra ci ha avvantaggiato»

L’invasione russa dell’Ucraina si porta dietro conseguenze ancora difficili da immaginare per il mercato mondiale dei cereali. «Fino a quest’anno – spiega Sofrone – i prezzi del grano erano molto bassi, perché erano fissati da russi e ucraini». La guerra ha cambiato tutto: al netto del dolore che prova per i morti innocenti di questo conflitto, l’agricoltore rumeno riconosce che «in un certo senso la situazione ci ha avvantaggiato: i prezzi, infatti, sono aumentati. I russi hanno smesso di esportare [a causa delle sanzioni] e gli ucraini non sono più in grado di farlo». Il contadino, a pochi giorni dalla fine del raccolto, confessa che terrà il grado in magazzino, in attesa del momento migliore per venderlo sul mercato.

Un nuovo attore globale nel mercato del grano

Ucraina e Romania sono due Paesi produttori di cereali che condividono sia la stessa terra fertile, sia le stesse rotte per le esportazioni. Vendono i loro prodotti agli stessi mercati. L’invasione subita dalla Russia ha azzerato la capacità dell’Ucraina commerciare e raccogliere grano, trasformando la Romania – forte della sua stabilità politico-economica dettata dall’adesione a Nato e Ue – da esportatore di medie dimensioni in un attore di primo piano sullo scacchiere geopolitico dei cereali. Fra gennaio e aprile 2022 le esportazioni sono infatti cresciute del 41,6% rispetto al primo quadrimestre del 2021. Anche l’Italia ha comprato di più: il valore tendenziale dell’import dalla Romania indica per il frumento una crescita del 719%, per il grano del 48%. La percentuale sul totale è ancora bassa, ma indica comunque un cambiamento.

Nel 2021, la Romania è stata il quarto produttore di grano dell’Ue, dopo Francia, Germania e Polonia. Le 6,3 milioni di tonnellate esportate dalla Romania rappresentavano circa il 25% delle esportazioni dell’UE nella stagione precedente, secondo i dati pubblicati dalla Commissione europea.

All’inizio dell’anno le preoccupazioni suscitate dal conflitto in Ucraina hanno spinto alcuni Paesi della regione, come Ungheria e Bulgaria, a limitare le esportazioni di cereali. La Romania, al contrario, ha deciso di continuare a vendere.

Nel 2021, la Romania ha raccolto 11,3 milioni di tonnellate di grano, il risultato migliore da quando il Paese è diventato membro dell’Unione europea, nel 2007. Quest’anno il successo non si ripeterà. Secondo le prime stime, quest’estate la Romania avrebbe infatti prodotto 9,3 milioni di tonnellate di grano, a causa della forte siccità. Abbastanza per pensare comunque di esportare: il consumo interno si aggira intorno ai 3,5-4 milioni di tonnellate, afferma Gabriel Razi, analista del mercato agricolo e stima quindi che la Romania abbia circa 5,2 milioni di tonnellate da vendere all’estero. La cifra è tuttavia un quarto rispetto alle 20 milioni di tonnellate esportate l’anno scorso.

La ferrovia in disuso

La Romania, per l’Ucraina, non è solo un concorrente. In questo nuovo contesto geopolitico, è anche la porta d’uscita dei cereali ucraini verso il mercato globale. Svolge il ruolo di facilitatore per le esportazioni. Lungo il confine terrestre di 650 chilometri che divide i due Paesi, non ci sono mai stati grandi scambi commerciali dalla caduta dell’Unione sovietica in avanti. Il motivo principale è un’infrastruttura inadeguata per il trasporto su strada e su rotaia. Nemmeno le rotte marittime erano molto impiegate prima del conflitto provocato dalla Russia a febbraio 2022. La guerra ha imposto all’Ucraina un radicale cambio nella gestione della logistica.

«L’intero sistema ucraino di trasporto dei cereali è progettato per portare le merci dai luoghi di produzione, nel centro, nell’est e nell’ovest dell’Ucraina, ai porti sul Mar Nero», continua l’analista Razi. Solo che a maggio le forze russe hanno bloccato i porti dell’Ucraina, costringendo le merci a cercare altre vie per poter uscire. Il porto fluviale di Galați, città rumena sul Danubio che dista pochi chilometri da Moldavia e Ucraina, è diventato così un’alternativa. All’inizio, i treni ucraini passavano per la Moldavia e scaricavano le merci su chiatte, in modo che i cereali potessero prima raggiungere il Mar Nero e poi arrivare alle altre destinazioni, più a sud.

C’era però un problema: lo scartamento ferroviario impiegato in Moldavia e Ucraina, risalente ancora all’epoca sovietica, è più largo di quello che c’è in Romania e nel resto dell’Europa. Questo rendeva obbligatorio lo scarico della merce prima dell’arrivo al confine con la Romania. Per aggirare l’ostacolo, le autorità ferroviarie rumene hanno ricostruito una linea a scartamento largo dal confine con la Moldavia al porto danubiano di Galați, un percorso in disuso 22 anni.

Corsa al raccolto: da febbraio a fine ottobre 2022, 5,7 milioni di tonnellate di grano ucraino sono state trasportate attraverso Constanza – Foto: Ioana Cîrlig

Costanza, la guerra del grano sul Mar Nero

Nell’ultimo decennio il porto di Costanza, il più grande sul Mar Nero, è stato utilizzato per il flusso di merci provenienti o in partenza verso i Paesi dell’Europa centrale e orientale. Durante la precedente stagione agricola, circa 25 milioni di tonnellate di grano sono partite da Constanza. Quest’anno, il porto è diventato un punto di riferimento per le autorità rumene ed europee.

A metà luglio, momento della visita dei giornalisti, circa 700 mila tonnellate di grano erano già state lavorate e altre 400 mila erano stoccate nei silos. Camion ucraini incolonnati in file interminabili erano in attesa di arrivare ai depositi. L’area era in piena trasformazione per cercare di adattarsi ai nuovi volumi di merce. Dopo aver liberato la ferrovia dai vagoni arrugginiti, gli operai stavano riparando alcuni binari che portano sempre ai magazzini. Sopra, un ponte veniva riparato. Altrove, si stava costruendo un parcheggio per camion.

Da Ravenna alla contea di Timis

L’azienda italiana nell’elenco dei principali beneficiari di sussidi europei in Romania è la Emiliana West Rom. Il proprietario si chiama Luciano Martini, classe 1938. Martini è anche a capo di Unigrà, società del ravennate che opera nel settore della trasformazione e vendita di oli e grassi alimentari (producendo il 40% del suo fatturato da attività all’estero). Nel 2020 è stato nominato Cavaliere del Lavoro da Sergio Mattarella. Emiliana West Rom è in Romania dal 2000 e da anni è tra i maggiori beneficiari di fondi della Politica Agricola Comune UE in Romania, come già raccontava Osservatorio Balcani e Caucaso nel 2016.

«Proprio mentre l’Ucraina è in guerra e le vengono fornite armi, il porto di Constanza è in guerra commerciale – spiega Florin Goidea, all’epoca direttore del porto – e abbiamo bisogno di fondi». La riparazione delle linee ferroviarie era di vitale importanza per poter lavorare i cereali supplementari e allentare la pressione sulle strade di accesso. Dall’inizio della guerra fino alla fine di ottobre, 5,7 milioni di tonnellate di grano dall’Ucraina sono state trasportate attraverso il porto di Constanza.

Treni in soccorso: il ripristino della linea ferroviaria verso i silos nel porto di Costanza è iniziato nel giugno 2022 ed è costato oltre 30 milioni di euro – Foto: Ioana Cîrlig

L’accordo sul grano tra Russia e Ucraina, firmato a luglio e rinnovato a novembre per altri quattro mesi, ha permesso il passaggio di importanti volumi attraverso il Mar Nero ma sembra ancora fragile. La Russia si lamenta ripetutamente per il modo in cui viene attuato, sostenendo che i cereali raggiungono i Paesi occidentali invece di quelli più poveri in Africa o Medio Oriente. In questo contesto, i governi francese e rumeno hanno firmato un accordo che consente a un maggior numero di esportazioni di cereali dall’Ucraina di raggiungere l’Europa e oltre.

Esportare conviene

A Topraisar, piccolo Comune a pochi chilometri da Constanza, si trova la sede della Cooperativa Dobrogea Sud, cooperativa di agricoltori che prenda il nome della regione in cui si trova. Conta 52 membri e un totale di 19.500 ettari di terreni coltivabili. Solitamente, circa il 60% del raccolto viene destinato all’esportazione. Quest’anno, tuttavia, una quantità molto maggiore è stata inviata ai magazzini del porto. Il passaggio del grano ucraino ha reso più difficile il normale flusso di merci. «Avevamo previsto il blocco [del porto], quindi il grano è stato immagazzinato», afferma Ionuț Lungoci, amministratore delegato di Dobrogea Sud.

Pascoli nuovi: Ionuț Lungoci preferisce esportare la sua produzione alle vendite sul mercato interno, perché i clienti stranieri pagano puntualmente – Foto: Ioana Cîrlig

Nicolae Sofrone, anch’egli membro della cooperativa, conserva 3.600 tonnellate nel proprio deposito e immagazzina il resto del raccolto insieme ad alcuni soci. Nel frattempo, Ionuț Lungoci cerca di capire il momento migliore per la vendita. «In altri Paesi, il 50% della produzione viene venduto subito dopo il raccolto – racconta – ma gli agricoltori hanno anche un prezzo minimo garantito». Per ora sa che la maggior parte della produzione, se non tutta, sarà destinata all’esportazione. Questo perché otterrà un trattamento migliore dagli acquirenti all’estero, dal momento che lo Stato rumeno non gli offre alcun vantaggio, come ad esempio le sovvenzioni, per vendere in patria o a chi lavora il prodotto – i trasformatori del grano – nel mercato locale. «Per di più il trasformatore rumeno non paga in 24 ore – dice Lungoci -ma la multinazionale sì».

Se la Romania vuole conservare una quantità maggiore di prodotto, deve aiutare gli agricoltori e i produttori alimentari locali, afferma Lungoci. La crisi ucraina ha evidenziato molti di questi problemi e ha trasformato la Romania da Paese produttore di medio livello a hub strategico per l’intera regione. Si tratta solo di un cambiamento temporaneo o sarà duraturo?

Nuovi ruoli per vecchi magazzini: i magazzini Anghel Saligny nel porto di Constanza sono stati costruiti all’inizio del XX secolo e hanno una capacità di 30mila tonnellate ciascuno – Foto: Ioana Cîrlig
La guerra ha anche mostrato un’opportunità per lo sviluppo di nuove industrie tra Ucraina e Romania, sostiene Gabriel Razi. «L’Ucraina è ricca di beni a cui non abbiamo avuto accesso finora e potremmo invece sviluppare molte cose – afferma – come ad esempio un’industria dell’etanolo e lo sviluppo della zootecnia basata sull’enorme eccedenza di mais in Ucraina [per i mangimi]». Se la Romania riuscirà a trovare il suo ruolo strategico, potrebbe diventare un grande centro industriale per la lavorazione primaria dei cereali ucraini. «Penso – conclude Razi – che vedremo un flusso di merci a lungo termine dall’Ucraina».

Foto di copertina: Una nave per il trasporto di grano nel porto di Costanza a giugno 2022 – Ioana Cîrlig
Traduzione e adattamento: Paolo Riva
Editing: Lorenzo Bagnoli
Con il supporto di: Journalismfund.eu

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