Giulio Rubino
Quando lo scorso sei gennaio la miniera di nichel “Fénix” – che corre dalle foreste alla sponda del lago Izabal in Guatemala e gestita dal gruppo russo-svizzero Solway – ha ripreso le attività, è stato un sospiro di sollievo per i proprietari e una dura sconfitta per la popolazione locale. La licenza estrattiva era stata bloccata nel 2019 dalla Corte costituzionale del Guatemala, che aveva accolto le istanze delle proteste nate nelle comunità indigene attorno alla miniera, nella località di El Estor. Secondo la legge guatemalteca infatti, e secondo la convenzione 169 dell’Organizzazione internazionale per il lavoro (ILO) sui diritti dei popoli indigeni e tribali, le comunità locali hanno diritto di essere opportunamente consultate prima che si possano avviare attività di sfruttamento delle loro terre ancestrali. Ma fino a febbraio 2021 il Ministero delle miniere del Guatemala non aveva ratificato la decisione, e così Solway aveva continuato a scavare e processare ferronichel.
Poi, a gennaio 2022, il Ministero dell’energia e delle miniere (MEM), dopo che le consultazioni erano state, almeno formalmente, effettuate, ha deciso in favore di Solway e delle sue controllate locali: Pronico e Compañía Guatemalteca de Níquel (CGN), che gestiscono direttamente la miniera.
A giudicare dai comunicati stampa delle aziende le consultazioni, seppur svolte con quasi dieci anni di ritardo da quando Solway ha acquisito la miniera nel 2011, si sarebbero svolte nel massimo dell’armonia. Lo ribadisce anche Oscar Perez, vicepresidente del dipartimento sostenibilità del MEM: «La cosa importante è che il processo è partito dai leader delle comunità, grazie ai contributi raccolti da tutti gli abitanti dell’area interessata».
Ma le informazioni contenute nel leak ricevuto da Forbidden Stories e condiviso con 65 giornalisti di 20 media partner, tra cui IrpiMedia, danno una prospettiva molto diversa di come il processo di consultazioni si sia svolto davvero dietro le quinte.
Infatti, tramite una fondazione registrata in Guatemala, Raxché, finanziata quasi al 100% dalle controllate di Solway, i proprietari della miniera hanno strategicamente distribuito denaro e doni per comprare il favore dei capi Maya, a partire almeno dal 2020, dopo lo stop ordinato dalla Corte costituzionale ma un anno intero prima che iniziassero le consultazioni ufficiali.
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La miniera Fenix.
I regali di Solway costituiscono un vero e proprio tentativo di influenzare il processo delle consultazioni. «È del tutto contrario agli standard internazionali sulle consultazioni e al principio di buona fede», spiega a Forbidden Stories Quelvin Jiménez, avvocato che difende i diritti delle comunità Maya nel sudovest del Guatemala. «La cooptazione dei capi indigeni, i negoziati paralleli o fatti con gruppi di interesse specifico non dovrebbero essere permessi dallo Stato», ha concluso Jiménez.
Le cifre messe in campo dal gruppo russo-elvetico non sono enormi per gli standard di una grossa multinazionale, ma sono abilmente mirate per garantire il massimo impatto possibile, e sono comunque cifre considerevoli in un Paese dove il salario medio si attesta sui 3.700 quetzales, circa 440 euro.
Secondo i documenti contenuti nel leak, la fondazione Raxché ha trasferito, da ottobre 2020 a gennaio 2021, 38.500 quetzales al mese (4.600 euro) all’Associazione nazionale per lo sviluppo mutuale (ANADE), un’associazione delle comunità Maya locali, per “rinforzare” i due consigli indigeni che hanno poi votato a favore della riapertura della miniera. Altri pagamenti da 10.000 quetzales (1.200 euro) sono invece arrivati come “supporto economico” diretto a quattro membri dei consigli indigeni.
In risposta al team di Forbidden Stories, Solway nega ogni accusa. «Solway Investment Group opera pienamente in linea con le leggi nazionali e internazionali», scrive l’amministratore delegato Dan Bronstein. «Rigettiamo ogni accusa priva di basi fattuali».
Comunità in vendita
A soli 30 chilometri dal Mar dei Caraibi, El Estor è un paradiso in terra. Si trova ai bordi di una riserva naturale, dove vivono molte specie protette, e sulle sponde del più grande lago del Guatemala, il lago Izabal. Le tribù Maya Q’eqchi, che vivono da sempre in quell’area, hanno tradizionalmente contato sulla coltivazione di mais, fagioli e cardamomo per la loro sopravvivenza. Ma fin dal 1960 una risorsa ben più preziosa per il commercio internazionale è stata scoperta sotto le loro terre: il nichel.
Solway acquisisce la miniera nel 2011 e comincia a lavorarla nel 2014. Le date sono importanti perché, in quegli anni, una grande quantità di denaro liquido, proveniente da operazioni sospette legate alla “laundromat russa” – uno dei più grandi casi di riciclaggio mai scoperti – era passato per i conti delle società del gruppo minerario russo-svizzero.
Solway nella Laundromat
Nel 2019 un memo interno alla banca svedese Swedbank rivela come il gruppo bancario avesse deciso di chiudere i conti delle aziende del gruppo Solway, e successivamente di scaricarlo del tutto come cliente, dopo che numerose aziende del gruppo avevano svolto transazioni sospette e successivamente rifiutato di fornire alla banca «una corretta documentazione sui proprietari», come scoperto da OCCRP, SVT e Eesti Ekspress.
Le operazioni sospette in questione facevano parte di quell’enorme flusso di denaro, oltre 200 miliardi di dollari, che sono arrivati dalla Russia all’Europa attraverso le sedi estoni di Swedbank e Danske Bank tra il 2007 e il 2015, in quella che è stata una delle più grandi operazioni di riciclaggio mai scoperte al mondo, la cosiddetta Laundromat.
I giornalisti di OCCRP hanno identificato 23 aziende che hanno mosso quasi 1,9 miliardi di dollari fra il 2007 e il 2015, attraverso una frequente serie di grossi bonifici a cifra tonda senza una chiara ragione commerciale, tutti elementi considerati dagli investigatori finanziari come caratteristiche tipiche di operazioni sospette. Nonostante molte di queste aziende fossero registrate in giurisdizioni ad alto livello di segretezza, si può provare come quasi tutte fossero legate al gruppo Solway o ai suoi fondatori nel periodo in esame. Non è chiaro invece da dove originasse l’enorme quantità di denaro movimentato, o perchè Solway avesse necessità di spostarlo da un’azienda all’altra, ma grazie all’archivio delle inchieste di OCCRP, è stato possibile scoprire come alcune delle aziende di Solway avessero spostato capitali verso e da altre aziende usate per evasione fiscale o riciclaggio in Russia.
Un ex impiegato di Swedbank, sotto anonimato, ha spiegato come al tempo l’Estonia fosse una specie di “porto di transito” per i capitali russi: «Oggi avere un legame col Cremlino è visto come un fattore negativo, ma al tempo era piuttosto una garanzia del fatto che quel cliente avrebbe avuto una carriera leggermente più lunga degli altri» spiega, dando un eccellente sintesi dell’atteggiamento un po’ ambivalente che la finanza europea ha spesso tenuto nei confronti dei clienti russi.
Swedbank non ha voluto commentare su specifici clienti o ex-clienti, ma sottolinea come la banca abbia già pagato una multa per insufficienti controlli anti-riciclaggio nelle loro filiali baltiche.
Per identificare i proprietari delle aziende in questione, sono stati utilizzati tanto i vecchi report annuali di Solway, che elencano molte delle controllate e delle “entità correlate”, quanto i documenti contenuti nel leak dell’inchiesta FinCEN Files di ICIJ e Buzzfeed News.
Almeno due delle 23 aziende erano legate a Aleksandr Bronstein, co-fondatore di Solway, e suo figlio Dan era direttore di altre due. Otto avevano invece come direttore il segretario del gruppo Solway, Andre Seidelsohn.
Un’altra azienda ancora della lista delle 23 era di proprietà di Christodoulos Vassiliades, un avvocato cipriota che era anche uno dei direttori di Solway Investment Group. Vassiliades è noto per aver lavorato con diversi criminali russi, compreso il boss Semion Mogilevich, sia con Sberbank, una banca russa sotto sanzione. Vassiliades non ha risposto alle domande di OCCRP.
Nel 2011, una filiale statunitense di Deutsche Bank ha segnalato a FinCEN (Financial Crimes Enforcement Network, agenzia governativa USA incaricata di combattere i crimini finanziari) una delle 23 aziende, la Solway Industries, per oltre 23 milioni di dollari di transazioni sospette, fatte con un conto a Danske Bank in Estonia.
In un ulteriore rapporto, la stessa filiale di Deutsche Bank ha segnalato altre 47 milioni di dollari di transazioni di altre controllate di Solway, tra cui l’azienda Raznoimport Holdings LLC. Secondo Forbes, Raznoimport era il principale esportatore e commerciante di alluminio dell’Unione sovietica, poi privatizzata e acquisita da Aleksandr Bronstein che ne ha diretto le operazioni dall’Inghilterra per molti anni.
La filiale inglese di Raznoimport è l’azienda che si occupa dell’importazione del nichel di Solway prodotto in Guatemala, presso la miniera di Fenix, fino all’Italia – fino al porto di Livorno. Da lì, come ha confermato IrpiMedia, il ferronichel viene poi consegnato alle acciaierie di Terni per essere lavorato nella lega inox acciaio inossidabile.
Nel 2011, quando Deutsche Bank ha segnato a FinCEN, l’azienda madre in Russia, la Raznoimport, era diretta da Sergei Khramagin – impresario che l’anno scorso è stato premiato con l’Ordine d’Onore (un cavalierato) dal Presidente russo Vladimir Putin per i successi nell’imprenditoria.
La Raznoimport Holdings Ltd, una filiale dell’azienda russa, è tra le 23 aziende identificate da OCCRP per le transazioni sospette. È però registrata nelle isole di San Vincenzo e Grenadines e non è quindi stato possibile verificare chi ne possiede il capitale.

Una delle bolle di accompagnamento del ferronichel di Pronico (Solway) spedito a Livorno e importato tramite Raznoimport UK Ltd.
Secondo Solway, la miniera dà lavoro a quasi duemila persone e porta investimenti nello «sviluppo delle infrastrutture sociali nelle aree in cui opera in Guatemala» con posti di lavoro, corsi professionali e altri progetti.
Ma quando, nel 2017, le acque del lago Izabal si sono tinte di rosso, l’inquinamento causato dalla miniera è diventato finalmente evidente a tutti, e i pescatori locali hanno guidato una serie di proteste culminate con l’uccisione di uno di loro, Carlos Maaz, per mano della polizia locale.
I giornalisti che seguivano le proteste, in particolare Carlos Choc del giornale locale Prensa Comunitaria, hanno subito minacce e intimidazioni da parte delle controllate locali di Solway, fino al punto che Choc ha dovuto abbandonare El Estor.
Nel 2019, con lo stop alle operazioni minerarie ordinato dalla Corte Costituzionale, i Maya pensavano di aver vinto una battaglia importante, ma il successivo svolgimento delle consultazioni ordinate dalla Corte ha di nuovo deluso le speranze dei locali.
«Il governo non ha alcun interesse a favorire un vero dialogo», spiega Lucia Ixchiu, attivista indigena e fondatrice del Festivales Solidarios, un collettivo di protesta contro la miniera. Infatti, a quattro delle autorità ancestrali – i consigli tradizionali Maya riconosciuti dalla Costituzione guatemalteca – è stata negata la possibilità di partecipare alle consultazioni. Lo ammette anche una delle aziende del gruppo Solway. «[La partecipazione delle autorità ancestrali] è stata negata per non danneggiare l’integrità del processo delle consultazioni comunitarie stabilito dalla Corte Costituzionale», scrive Marvin Méndez, direttore amministrativo della miniera per Pronico.
Ma la “selezione” di quali leader Maya abbiano potuto partecipare o meno alle consultazioni è stata molto più strategica di così.
Nel 2019 infatti, rappresentanti della miniera avevano chiesto a Guadalupe Xo Quinich, membro del consiglio indigeno di El Estor, di presentarsi come “amicus curiae” (espressione che fa riferimento all’intervento in giudizio di un soggetto terzo qualificato a fornire informazioni per assistere una corte) a favore della miniera in cambio di 3.000 quetzales (circa 480 euro).
Foto: Forbidden Stories
Quando Guadalupe si è rifiutata, è stata sostituita da qualcun’altro.
Del resto, fra i documenti contenuti nel leak, sono stati trovati progetti esplicitamente denominati «compra de lideres», letteralmente “acquisto dei leader”. Solway ha risposto alle domande di Forbidden Stories in merito dicendo che nessun pagamento è stato effettivamente fatto a quei leader.
Ma nel leak ricevuto da Forbidden Stories le indicazioni di una precisa strategia corruttiva da parte di Solway sono moltissime. Nel 2021, altri documenti di Pronico e CGN (le controllate di Solway) riportano di donazioni da fare a «attori chiave e parti interessate» nel processo di consultazioni.
Uno degli attori che ha cambiato casacca nel corso delle consultazioni è l’associazione di pescatori Asociación Bocas del Polochic, che inizialmente aveva partecipato alle proteste contro la miniera, per poi esprimersi a favore di essa.
«Nei primi tre mesi del 2020, fare un pagamento da 34.000 dollari per l’acquisto di 10 pezzi di equipaggiamento da pesca per tenere come alleati i capi dell’Associazione Bocas del Polochic», si legge in un documento interno. «L’azienda ha trovato il punto debole della comunità nella sua povertà», spiega Cristobal Pop, un pescatore di El Estor che si è rifugiato a Città del Guatemala per paura delle ritorsioni.
Il piano di Solway: regali, incendi e calunnie
Nel villaggio di Las Nubes, una delle piccole comunità intorno a El Estor, i segni della povertà sono infatti ovunque. Tetti di lamiera e pavimenti di terra, le poche case del villaggio si trovano all’interno dei confini stessi della miniera. L’inquinamento e l’erosione del suolo hanno danneggiato irreparabilmente i campi di cardamomo, costringendo molti dei contadini ad accettare di lavorare per la miniera. La posizione strategica del villaggio ha portato Pronico e CGN a mettere in campo una serie di tattiche sempre più aggressive per mettere le mani sul prezioso sottosuolo di Las Nubes.
In un primo momento, Solway ha ricoperto la popolazione locale di denaro. Tramite la fondazione Raxché ha investito oltre 200.000 dollari nel villaggio. Ma quella che potrebbe apparire come “beneficenza”, aveva in realtà un secondo fine. I documenti del leak lo rivelano chiaramente: l’azienda ha ridipinto la chiesa del villaggio per «migliorare i rapporti con i leader religiosi locali», ha organizzato un torneo di calcio per «avvicinarsi ai leader locali importanti nei processi decisionali» e ha anche partecipato alla marcia per la festa della mamma, per «valutare il comportamento di gruppo».
Altre spese appaiono ancora più precise e mirate. In un documento del 2021 intitolato «Specific Plan» ci sono piani per trovare un posto di lavoro per il figlio di uno dei leader della comunità, e per comprare una sega elettrica nuova per un altro capo.
Azioni di questo tipo erano nei piani dell’azienda da tempo. Già cinque anni prima, nel 2016, i dirigenti progettavano la creazione di «lavori fittizi» per la comunità locale allo scopo di pagare «salari artificiali». Méndez ha negato che CGN o Pronico abbiano mai pagato questi «salari artificiali», dicendo che «l’informazione non corrisponde al vero». Ma lo scopo dichiarato in diversi di questi documenti interni, datati fra il 2016 e il 2019, era di «ottenere lo spostamento volontario della popolazione fuori dai confini della miniera il prima possibile».
Quando queste misure sono fallite, l’azienda ha messo in piedi piani più aggressivi. Un «piano di lavoro» datato febbraio 2020 e mirato allo stesso obiettivo proponeva di licenziare i lavoratori che rifiutassero di cedere la loro terra, e addirittura di contaminare le coltivazioni di cardamomo con sostanze chimiche. In un altro documento dello stesso mese si propongono misure ancor più brutali: diffondere voci di un epidemia di AIDS fra i leader della comunità, pagare criminali locali per dar fuoco ai campi, spargere voci che uno dei capi avesse accettato una casa come tangente. Gli autori di questo report annotano con freddo cinismo i pro e i contro di ogni idea: assoldare criminali locali avrebbe il vantaggio di «distruggere i loro [delle comunità indigene] mezzi di sostentamento» ma lo svantaggio che i criminali potrebbero finire per rivelare chi li avesse pagati. In ogni caso, una proposta risulta costante in diverse colonne del documento come soluzione ai problemi: «Pagare una tangente».
Alle domande specifiche rivolte a Méndez riguardo questi piani, la risposta è che «queste informazioni non corrispondono a verità» e che anzi «l’azienda non ha intenzione di sfrattare la comunità di Las Nubes, ma vi ha investito per contribuire alla sua maggiore prosperità»
La strategia messa in campo più recentemente dalle aziende minerarie nella seconda parte del 2021 è stata invece leggermente diversa: iniziare a comprare terra da chiunque accetti di vendere, avviando attività di scavo lì, e rendendo sempre più difficile la vita per quelli che ancora resistono, oggi letteralmente in mezzo alle attività di scavo.
Giudici e polizia a libro paga della miniera
Spulciando nei documenti contenuti nel leak, si trovano indizi che i metodi di Solway siano stati applicati anche all’esterno delle comunità Maya, e che tentativi di corruzione possano essere avvenuti su larga scala. In documenti e scambi di e-mail del dicembre 2016, i manager del gruppo Solway si scambiano una lista di nomi che dovrebbero ricevere regali di Natale da parte dell’azienda. La lista include anche giornalisti, preti, leader sindacali, giudici e sindaci di diverse zone intorno a El Estor.
In particolare la lista comprendeva anche la Corte criminale del lavoro di Puerto Barrios (città costiera non troppo distante da El Estor), al tempo guidata dal giudice Edgar Aníbal Arteaga López, che in seguito ha deciso a favore di Solway in una causa contro gruppi di pescatori e giornalisti di El Estor. Artega ha negato di aver mai ricevuto «regali di CGN-Pronico o chiunque altro», e lo stesso ha ribadito Marvin Méndez, direttore amministrativo della miniera, dichiarando che «i cesti di Natale non sono stati dati a giudici».
Una veduta aerea della miniera “Fénix”.
Foto: Forbidden Stories
Altre e-mail interne al gruppo minerario rivelano una serie di elargizioni fatte alla polizia guatemalteca, la Policía Nacional Civil (PNC), sia in maniera diretta (risultano tre donazioni da 40mila dollari passate da Pronico tramite la fondazione Raxché) che con regali ad agenti stazionati nella zona della miniera. La stessa polizia che associazioni di protezione dei diritti umani hanno condannato per «l’uso eccessivo della forza contro manifestanti e membri delle comunità Maya Q’eqchi, oltre che per atti di repressione contro giornalisti e media».
In una e-mail intestata al “Señor Director” (presumiblemente Dmitry Kudryakov, al tempo direttore della miniera) Roberto Zapeta, capo della sicurezza della miniera, commenta come pagamenti in cibo siano «più efficaci in termini di costo-beneficio rispetto a un supporto generico alla Policía». Secondo l’avvocato Jiménez, che assiste le comunità indigene, «queste donazioni potrebbero ravvisare il reato di traffico di influenze o corruzione, a seconda dei termini in cui sono state elargite e a seconda di cosa sia stato chiesto in cambio».
Solway, in risposta alle domande di Forbidden Stories, ha negato di aver mai fatto donazioni alla polizia durante le proteste a El Estor.
Nel frattempo, e nonostante gli scandali che l’hanno coinvolta, Solway non ha perso valore né fatturato, grazie soprattutto all’alta domanda globale di ferronichel. «Questi minerali hanno prezzi molto alti al momento», commenta Guadalupe Garcia Prado, ricercatrice all’Osservatorio per le Attività Estrattive «e Solway è pronta a continuare con la corruzione e la violenza per ottenere quello che vuole».
Solway è attiva anche in Ucraina, Russia, Macedonia e Indonesia. Nel 2020 ha comprato anche una miniera in Liberia, tramite una controllata. Anche in quel Paese, dove oltre mezzo milione di persone vive in estrema povertà, Solway aveva promesso scuole e ospedali, ma per ora sono rimaste solo parole al vento.
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Autori
Giulio Rubino
In partnership con
Forbidden Stories
SVT
Occrp
Eesti Ekspress
Editing
Cecilia Anesi