#DaphneProject
Cecilia Anesi
Lorenzo Bagnoli
Giulio Rubino
Jacob Borg
Ivan Martin
Il 21 luglio scorso Malta si è svegliata nel timore che il testimone chiave del caso Daphne Caruana Galizia finisse in silenzio per sempre. Melvin Theuma era in una pozza di sangue con la gola tagliata. Ricoverato d’urgenza, due settimane più tardi dal letto d’ospedale ha dichiarato di avere tentato il suicidio per via del rimorso. A novembre aveva ammesso di essere l’intermediario nell’omicidio, il cardine tra i mandanti e gli esecutori. Theuma, un tassista con un oscuro giro di amicizie, ha deciso di collaborare con la giustizia dopo l’arresto e ha rivelato come il più ricco uomo d’affari di Malta, Yorgen Fenech, sarebbe stato il mandante dell’omicidio. E, nonostante abbia ricevuto la grazia dall’allora primo ministro Joseph Muscat, il tassista teme che la sua testimonianza non sia presa seriamente a processo. È per questo che, dal letto d’ospedale, ha scritto «qed jidħku bija». Ridono di me.
D’altronde puntare il dito contro Yorgen Fenech non è uno scherzo. Nato nel 1981 nella principale famiglia d’imprenditori di Malta, da ragazzo sognava di diventare come Silvio Berlusconi: ricco, potente, e abbastanza carismatico da farla franca contro quasi qualunque accusa.
Oggi Fenech ha connessioni ovunque sull’isola: dalle alte sfere ai bassifondi, dalla Castille (il palazzo del governo) alle baracche sui moli dove prosperano i trafficanti. Ma è anche l’uomo su cui pesa l’accusa più pesante di un processo la cui posta sembra essere diventata l’anima stessa dell’isola. È formalmente accusato di essere il mandante dell’omicidio di Daphne con il supporto dell’entourage dell’ex primo ministro Joseph Muscat. L’accusa si basa sulla testimonianza di Theuma: ha dichiarato sia stato Fenech a dargli istruzioni per assoldare i killer Vince Muscat, Alfred e George Degiorgio. «Yorgen mi ha coinvolto in tutto questo», ha scritto su un foglio di carta dal letto d’ospedale, quando ancora non era in grado di esprimersi a parole. Mentre a valutare le prove ci penseranno i giudici, quello che certamente è emerso finora dalle udienze è una preoccupante amicizia tra politici di spicco, imprenditori influenti e il “mondo di sotto” della criminalità organizzata maltese. Fenech può anche avere desiderato silenziare Daphne per sempre, ma questo non sarebbe potuto avvenire senza il supporto di criminali professionisti, i fratelli Degiorgio.
I Degiorgio erano considerati degli esperti, molto affidabili in quel tipo di lavoro e con una lunga esperienza con le autobombe, usate spesso da una rete criminale che gestisce i principali traffici loschi dell’isola. Al comando di questo gruppo ci sarebbero due fratelli, Adrian e Robert Agius, conosciuti con il soprannome del padre, Maksar. Gli “intoccabili” hanno conquistato una posizione di comando dopo che quasi dieci anni di faide tra i gruppi criminali dell’isola avevano spazzato via i principali boss. Gli Agius sono stati astuti e sono riusciti a sfruttare la situazione a loro vantaggio guadagnando un posto d’onore nei traffici del Mediterraneo e il rispetto di mafie straniere, compresa Cosa Nostra di Catania. I Degiorgio lavoravano per loro, ecco perché anche gli Agius sono diventati persone d’interesse nel caso Daphne. Ma c’è di più.
«Porta il messaggio a Maksar che lui (Vince Muscat, il socio dei fratelli Degiorgio ora in carcere, ndr) ha già detto che la bomba è stata assemblata nel loro garage a Zebbug [cittadina dell’entroterra maltese]», scrive Fenech a Theuma in un messaggio. Un messaggio che suggerisce come Maksar, leggasi gli Agius, abbiano qualcosa a che fare con la bomba che ha ucciso Daphne, o quantomeno che Fenech si preoccupava di proteggerli.
Il 4 dicembre 2017 Robert e Adrian Agius vengono arrestati a Marsa, l’insenatura del porto di Valletta dove avviene la maggior parte dei traffici, come Daphne Project ha già raccontato. Vengono sorpresi al molo Tal-Pont, presso il cosiddetto “potato shed” (un ex scarico merci per le patate), una baracca usata dai fratelli Degiorgio come base operativa. È un freddo giorno invernale, due mesi dopo la deflagrazione, e la polizia porta via in manette i Degiorgio, Vince Muscat, gli Agius, Jamie Vella e altri quattro soci. Il giorno seguente saranno tutti rilasciati su cauzione, tranne i Degiorgio e Muscat. Nella perquisizione, la polizia sequestra delle schede SIM, telefoni cellulari e altro materiale probatorio. La speranza, riportavano i media maltesi all’indomani dell’operazione, è che quei dispositivi potessero aiutare a risolvere anche cinque casi irrisolti di autobombe esplose negli anni precedenti, di cui anche Daphne aveva scritto.
Vince Muscat, Alfred Degiorgio e George Degiorgio presto vengono formalmente accusati di avere ucciso Daphne Caruana Galizia installando una bomba sotto il sedile della sua auto.
Le indagini sveleranno che l’ordigno era stato messo insieme con varie componenti. E il montaggio, scoprono gli inquirenti, è stato portato a termine in un garage a Zebbug. Le perquisizioni portano alla luce vari pezzi di ferro che vengono confrontati con quelli ritrovati all’interno dell’auto esplosa. È sempre in questo garage che sarebbero state attivate le schede SIM usate per detonare la bomba. Comprese le schede SIM usate da George Degiorgio durante l’esplosione.
La conferma che il garage sia stato il luogo dove è stato costruito l’ordigno e il fatto che lo stesso fosse nella disponibilità dei fratelli Agius e del loro socio Jamie Vella, uno del gruppo dei primi arrestati, arriva anche dalle udienze del processo. Melvin Theuma, l’intermediario che ha ammesso di essere la connessione tra i killer e il presunto mandante, Yorgen Fenech, ha dichiarato in Tribunale che la bomba è stata fornita dagli Agius.
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Maksar è stato nominato varie volte durante l’incidente probatorio nei confronti di Yorgen Fenech. Non solo il messaggio in cui Fenech avverte Theuma che Vincent Muscat ha già cantato sugli Agius: il 5 febbraio 2020 in aula viene fatta ascoltare la registrazione di una conversazione avvenuta tra Theuma e Fenech. L’audio prova come i Maksar abbiano giocato una parte e come Fenech ritenga vadano allertati del fatto che Vince Muscat stava rivelando che la bomba fosse stata preparata presso il loro garage.
«Lui lo ha mandato a mettere sotto pressione quelli di Zebbug [intendendo i proprietari del garage dove è stata prodotta la bomba, cioè la banda degli Agius]», dice Fenech a Theuma.
Theuma a processo fornisce un’interpretazione di questo messaggio: dichiara che Fenech intendesse che il capo di Gabinetto del governo, Keith Schembri, avesse mandato la guardia del corpo del primo ministro, Kenneth Camilleri, ad avvertire gli Agius. Perché, spiega, «Yorgen e Keith sono la stessa cosa».
E gli Agius? Fino ad ora non sono stati incriminati e non risultano iscritti nel registro degli indagati.
Eppure a gennaio 2020 c’è un’altra testimonianza che li inchioda. Vince Muscat confessa alla polizia durante un interrogatorio per ottenere la grazia (poi negata), che Robert Agius e Jamie Vella abbiano importato la bomba e gli abbiano mostrato come usarla.
Inizialmente – racconta sempre Muscat – gli avevano fornito tre fucili d’assalto con mirino telescopico per sparare a Daphne dalla finestra del suo studio. Muscat aveva indicato Alfred Degiorgio come la persona con l’esperienza giusta per maneggiare queste armi. Due dei tre fucili però «non funzionavano bene – Muscat ha dichiarato alla polizia – uno era arrugginito».
Si era quindi scelta la via dell’autobomba. Stando alle dichiarazioni dell’avvocato di Muscat, Marc Sant, gli Agius e Vella avrebbero anche provato a comprare il suo silenzio quando – a fine 2019 – avevano offerto alla sua famiglia 1500 euro al mese in cambio dell’omertà sull’omicidio di Daphne e su altri crimini.
La polizia sarebbe stata informata a gennaio ma, ha dichiarato Sant, ha mostrato poco interesse rispetto al tentativo di silenziare Muscat. Fonti qualificate sostengono che la polizia non abbia dedicato molte risorse a scoprire chi abbia fornito la bomba, poichè concentrata sui mandanti.
La polizia maltese, dal canto suo, ha richiesto il supporto delle sue controparti europee per cercare di rintracciare i fornitori dell’esplosivo che ha ucciso Daphne Caruana Galizia. La richiesta è stata fatta a Europol nel 2019, nella speranza di raccogliere sufficienti prove per inchiodare i colpevoli.
Il Daphne Project ha rilevato che i fratelli Agius sono ritenuti dalla polizia maltese a capo della criminalità locale e li ritiene «obiettivi di primo piano».
In risposta alle domande del consorzio, la polizia maltese ha dichiarato che le indagini sull’omicidio Caruana Galizia sono ancora in corso: «Non possiamo smentire né confermare certe informazioni, ma vogliamo essere chiari sul fatto che le indagini non si sono mai fermate e che vi sono dedicate tutte le risorse possibili».
Al di là delle dichiarazioni ufficiali, un commissario di lunga esperienza, in piccolo bar di Balzan, nell’entroterra dell’isola, ci mette qualche bicchiere prima di sciogliersi e cominciare a parlare degli Agius e della loro rete:
«Hanno contatti ovunque, con la politica, i magistrati, i giudici, la polizia».
«Potrebbero farmi uccidere se sapessero che sto parlando con voi giornalisti. Non scherzo», conclude la fonte guardando dritto negli occhi il giornalista di Times of Malta.
Ma non è sempre stato così.
Guerra tra bande
Nonostante anni trascorsi sul lato sbagliato della giustizia, i fratelli Agius hanno dovuto attendere l’omicidio di loro padre, nel 2008, per emergere nel mondo criminale.
Raymond Agius, padre di Robert e Adrian, era un noto contrabbandiere di sigarette chiamato Maksar. Si dice potesse contare su un proprio impianto di fabbricazione di sigarette ma come copertura investiva nel settore edilizio e nella rivendita di automobili.
Dopo la sua morte, i figli hanno preso il posto di comando nel business familiare ma, ambiziosi di farsi un nome di spicco nell’ambiente, passano dalle sigarette al traffico di droga.
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A fine 2011 a Malta scoppia un conflitto tra gang che finisce per creare un vuoto di potere offrendo un’occasione per l’ascesa ai vertici degli Agius.
Tutto comincia con un furto: tre uomini in passamontagna e armati fino ai denti, irrompono in un magazzino di Zebbug, di proprietà di un importante narcotrafficante. Senza sparare nemmeno un colpo, i ladri se ne vanno con un carico di cocaina che gli investigatori ritengono potesse avere un valore al dettaglio di 1,4 milioni di euro.
Il furto della droga è ritenuta la goccia che farà traboccare il vaso. Da quel momento, inizieranno una serie di violenti omicidi che scuoteranno profondamente l’isola.
Raymond Caruana, il primo proprietario della cocaina sottratta, sospetta del furto tre dei suoi uomini: Paul Degabriele, ex soldato dell’esercito conosciuto come “is-Suldat”, il Soldato; Joseph Cutajar, noto come ‘il-Lion’ il Leone e Alfred Degiorgio, il-Fulu, il Topo. Degiorgio, è lo stesso che oggi è accusato di aver azionato l’autobomba che ha ucciso Daphne Caruana Galizia.
È così che è iniziata una vera e propria faida, in cui hanno perso la vita is-Suldat (sopravvisuto a un’autobomba è stato poi freddato con un colpo di arma da fuoco), due suoi rivali e lo stesso Caruana. E qui entrano in gioco gli Agius.
Fonti di intelligence spiegano come i fratelli abbiano capitalizzato sulla faida. Quando questi hanno cominciato a tramare per uccidersi gli uni con gli altri, gli Agius avrebbero approcciato il-Fulu, Degiorgio, offrendogli protezione.
Sarebbe dunque questo l’inizio della relazione tra i fratelli Maksar e i fratelli Degiorgio. Da quel momento, gli Agius avrebbero usufruito dei servizi dei Degiorgio per far fuori gruppi rivali.
Ad esempio, nel 2016 un’autobomba ha ucciso Josef Cassar, un trafficante di gasolio. Un alleato degli Agius, ma che a causa di un dissidio finisce condannato a morte.
Fonti di polizia spiegano come l’attentato «più truculento» a mano Degiorgio e ordinato dagli Agius sia avvenuto nel 2017.
Entrambe le gambe di Romeo Bone sono saltate in aria quando una bomba è esplosa sotto il sedile della sua auto.
In quel caso, gli Agius avrebbero ricevuto una soffiata da un ispettore di polizia che Bone, un vecchio amico di famiglia, fosse il centauro con casco che aveva sparato a loro padre nove anni prima, uccidendolo.
Come in un romanzo noir, uno dei fratelli Agius è andato a fare visita a Bone durante il ricovero in ospedale.
«Nella stanza c’erano nascoste delle cimici. Quando Maksar è entrato [da Bone] non è stata detta una parola. La registrazione è muta. Agius deve averlo solo guardato negli occhi, come a dire “sono stato io e so cosa hai fatto”», spiega il poliziotto che ha seguito le indagini sull’attentato.
La guerra delle autobombe
Dal 2014 c’è un leitmotif a Malta: la vendetta si serve via autobomba, specialmente tra trafficanti di gasolio. L’aveva notato anche Daphne Caruana Galizia, quando raccontava di questo mondo.
La prima autobomba a uccidere un presunto trafficante di gasolio esplode nel 2014 e toglie la vita a Darren Degabriele, proprietario del ristorante Gente di Mare a Marsaxlokk e attivo nel mondo del commercio di carburante. Gli inquirenti lo ritenevano un associato di Paul Degabriele alias is-Suldat, un altro membro del gruppo criminale di Zebbug. La famiglia di Darren ha negato però alcuna relazione tra i due.
Il picco degli attentati con autobomba si ha tra il 2016 e il 2017. Prima tocca a Josef Cassar, 35 anni, che perde entrambe le gambe. La sua Ford Transit esplode mentre guida lungo un’arteria del porto di Valletta. È il 26 settembre, alle 18. La bomba, posizionata sotto al sedile di guida, era riempita di viti e pezzi di metallo che lasceranno vari fori sul vetro del furgone. Le autorità non hanno dubbi che la bomba – fatta esplodere tramite un cellulare – sia stata assemblata con l’intenzione di creare il «massimo danno possibile», o morte o mutilazione.
Cassar è l’unico azionista di un’azienda di facchinaggio nel porto di Marsa, ma si ritiene partecipi al traffico di gasolio e all’organizzazione criminale dei Maksar. Daphne Caruana Galizia lo legava al pescatore Pierre Darmanin perché i due possedevano assieme la barca MV Silver King, al centro di vari casi di contrabbando.
Fino al 2013 il proprietario della Silver King era Martin Cachia, anche lui vittima di un’autobomba nel gennaio 2016. Anche lui era un trafficante di gasolio, attivo tra Malta e Egitto. A gennaio 2017 è la volta di Victor Calleja, ic-Chippy, fatto saltare in aria nella sua Opel Astra a Marsa. Fonti del sottobosco criminale indicano che a eseguire l’omicidio siano stati i Degiorgio, soliti frequentare il bar del figlio di Chippy a Marsa, ma non per questo pronti a fermarsi davanti ad un lavoro sporco.
Le relazioni con cosa nostra
Il gruppo criminale degli Agius è potente a Malta anche grazie alle connessioni internazionali sulle quali può contare. Informazioni confidenziali ottenute dal Daphne Project indicano come la cellula degli Agius sia attiva nel traffico di droga, armi e gasolio, con legami che portano a criminalità italiana, libica, romena e albanese. Sia gli Agius che i loro soci Alfred e George Degiorgio e Jamie Vella hanno diversi contatti che portano in Sicilia, in particolare a Catania, la città dove lo spietato clan Santapaola comanda sulle principali attività criminali (compreso il traffico di gasolio via Malta, come già documentato dal Daphne Project). Infatti i Degiorgio e Vella viaggiano molte volte a Catania e dintorni, almeno dal 2012, a dimostrazione di una storia di relazioni che i soci dei Maksar coltivano in zone conosciute per essere sotto il controllo e l’influenza delle mafie.
Tra il 2016 e il 2018 Giuseppe Verderame, 66 anni, è stato monitorato più volte in compagnia di Jamie Vella, il socio degli Agius arrestato con a loro al porto di Marsa, nel dicembre 2017, nell’ambito dell’indagine Daphne. Nel 2017 Vella ha viaggiato spesso a Catania, il 10 aprile e poi a maggio, giugno, agosto e settembre. Nello stesso periodo, Verderame era indagato dalla Mobile di Catania nell’ambito dell’operazione “Zeta” per associazione mafiosa, estorsione e possesso di marijuana. Negli anni Novanta è stato indagato anche per omicidio e detenzione di materiale esplosivo. Che genere di affari ha condotto Vella insieme a lui quando è venuto a Catania nel 2017? Una domanda che potrebbe restare per sempre senza risposta.
C’è un altro uomo collegato al clan catanese Santapaola, che ha varie attività imprenditoriali a Malta e che gli investigatori maltesi ritengono collabori con gli Agius nel narcotraffico. Dietro la facciata pulita di consulente fiscale, manager dei rifiuti e provider di servizi per pagamenti online, Rosario Militello ha condotto a Malta, che per lui è casa dal 2014, anche altri business. Infatti, nel 2014 è stato arrestato per possesso di tre chili di marijuana, mentre un anno più tardi è stato il terminale di un traffico di armi che dalla Slovacchia poteva arrivare al Nord Africa, passando per Catania e Malta. Nonostante parentele e collegamenti con gruppi mafiosi, la polizia maltese lo ha rilasciato senza indagare più a fondo sul suo conto. È stato sufficiente dichiarare di non avere nulla a che fare con la scatola piena di armi pervenuta al suo indirizzo.
Andiamo con ordine. È il 2015 quando i Carabinieri di Catania ricevono una chiamata da un corriere Tnt: «Abbiamo trovato un pacco con armi all’interno». La maggior parte dei carichi viaggia su ruote, senza controlli, ma quella volta i corrieri non riescono a rispettare i tempi di consegna e così, come a volte accade, trasportano il carico via aereo e il pacco viene scannerizzato ai raggi X. Il mittente del carico conduce i Carabinieri a Picanello, uno dei quartieri di Catania a più alta presenza mafiosa. E qui emerge che un certo Carmelo Piacente è colui il quale spedisce, a volta tramite prestanome, carichi di armi a Malta. Piacente non è un criminale di bassa lega: porta il cognome di una delle famiglie più potenti di Catania (il loro alias è Ceusi) alleato ai Santapaola, che adesso si sono espansi a tutta la Sicilia, dopo il declino dei corleonesi.
Piacente acquista fucili d’assalto “disattivati” dalla azienda slovacca AFG Security.
A causa di un vuoto normativo, le armi erano legalmente spedite con la classificazione di “armi disattivate” dato che AFG le bloccava con una traversina di ferro, che impediva la possibilità di sparare. Il blocco, però, era rimovibile e le armi potevano sparare. Piacente le “riattivava” rimuovendo manualmente la traversina in una bottega del quartiere Picanello. A questo punto, spediva il tutto a Malta tramite corrieri Tnt o Bartolini. In totale ha spedito circa 60 pacchi, 161 armi. Non molto tempo dopo il primo avviso di Tnt, un altro pacco viene fermato a Marsiglia, punto di raccolta dei carichi Bartolini. La polizia francese, in coordinamento con i Carabinieri, organizza una consegna controllata chiedendo ai colleghi maltesi di arrestare e identificare il destinatario a Malta. Il 30 giugno 2015 all’indirizzo di consegna si presentano due italiani, uno dei quali è Rosario Militello. Il siciliano però dichiara di non essere a conoscenza del contenuto del pacco e viene rilasciato. A Catania mancano elementi per incriminarlo, e Militello resta intoccato a Malta.
Dalle indagini emerge però chiaramente come l’uomo abbia gestito un hub logistico, dal quale queste armi potevano viaggiare ancora. D’altronde Militello non è uno sconosciuto per il trafficante d’armi Piacente, i due sono parenti, cresciuti entrambi nelle alte sfere di Cosa Nostra etnea. Militello infatti è imparentato ai Piacenti dal lato di madre – così anche ai Santapaola – mentre dal lato di padre, attraverso la nonna, al clan Laudani. In più, è anche il nipote di Orazio Militello arrestato nel 2016 nel corso dell’operazione Viceré contro il clan Laudani, per il quale aveva un ruolo di primo piano. Un biglietto da visita di tutto rispetto, quello di Rosario, che sull’isola dei pirati di Malta può significare molto.
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Cecilia Anesi
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