#FraudFactory

La Fabbrica delle frodi non chiude mai e online diventa “virale”
La selva di società e sigle che si contende il mercato delle frodi con i bitcoin a colpi di pubblicità sui social
30 Novembre 2020

Lorenzo Bagnoli
Lorenzo Bodrero

Èl’8 settembre quando a Gunzenhausen, cittadina della Baviera, si presenta la polizia svedese, insieme ai colleghi di Europol. Sequestrano i server del Milton Group, alias la Fabbrica delle frodi, la società multiservizi con base a Kiev e uffici in Albania e Georgia attraverso cui un gruppo capitanato dall’imprenditore israeliano Jacob Keselman ha incassato milioni di euro vendendo finti prodotti d’investimento agli utenti, una vera e propria truffa. L’indagine giudiziaria è scattata a marzo dopo che un gruppo di giornalisti, di cui fa parte anche IrpiMedia, ha svelato il sistema, partendo da un whistleblower, una fonte interna anonima, che si è rivolta ai colleghi del quotidiano svedese Dagens Nyheter. Il Milton Group è uno degli attori di quello che il criminologo dell’Università di Leeds David S. Wall chiama «il cybercrimine dis-organizzato», gang che hanno poco a che fare con la criminalità mafiosa tradizionale.

Già ai tempi della prima inchiesta, un altro dipendente di uno dei call center ha descritto al consorzio di giornalismo di inchiesta Occrp il modo in cui il Milton Group utilizzava banner che reclamizzavano “bitcoin revolution” per recuperare i dati di potenziali clienti. Le pubblicità avevano come testimonial inconsapevoli volti di personaggi famosi, differenti a seconda del Paese a cui era destinata la pubblicità. Secondo quanto emerso con la Fabbrica delle frodi, le pubblicità conducevano a siti in cui i clienti potevano scaricare software per il trading. Del tutto simili alle app per l’home banking, restituivano falsi risultati sui rendimenti degli investimenti in modo da indurre i malcapitati utenti a investire sempre di più. I dipendenti del Milton Group erano quelli che chiamavano quei clienti registrati dopo aver acquisito, a seguito della registrazione, i loro dati.

Le pubblicità fasulle che rimandano a piattaforme di trading finte utilizzando i volti di personaggi famosi a seconda del Paese in cui sono pubblicate e a loro insaputa, tra cui Flavio Briatore, Barbara D’Urso, Jovanotti, Marcus Rashford e Adele

All’inizio del 2020 i colleghi del Dagens Nyheter sono entrati in possesso di un nuovo database, condiviso con IrpiMedia, con 800 mila false sponsorizzazioni, 15 mila delle quali aventi per oggetto bot di trading con testimonial famosi in tutto il mondo, in undici lingue diverse. Le ha prodotte una società americana, di cui riparleremo: AdsInc.

Il trading online, in particolare via bitcoin, è un settore in cui il mercato pubblicitario è diventato virale a seguito del tentativo di allargare il bacino di utenza anche ai non addetti ai lavori attraverso sistemi programmati per investire in automatico. Le pagine di pubblicità fraudolenta, infatti, sponsorizzano questi software con la promessa di risultati strabilianti e garantiti. Robot che si chiamano “bitcoin evolution”, “bitcoin revolution”, “bitcoin trader”, “bitcoin era”, “bitcoin code”, “bitcoin future” e l’elenco potrebbe andare avanti a lungo.

Questi siti pubblicitari, di solito di una pagina sola e con pochissime informazioni rispetto alla proprietà, funzionano come un amo con il quale pescare nuovi utenti, attratti dalla promessa di guadagni assicurati anche per i principianti. Lo step successivo alla registrazione è cominciare a lavorare su vere piattaforme di trading dove utilizzare il rivoluzionario sistema d’investimenti automatico. Spesso in queste piattaforme i broker offrono la possibilità di investire online sia “manualmente”, in modo tradizionale, sia appunto attraverso i software per principianti.

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Come si casca nella Fabbrica delle Frodi

Le pubblicità fanno leva sull’emozione e le vittime sono il più delle volte già state bersaglio di altre truffe: ecco perché questo sistema è tanto difficile da interrompere

La fonte di Occrp ha raccontato al consorzio che tra le piattaforme di trading a cui si poteva accedere dalle pagine pubblicitarie gestite dal Milton Group c’era CryptoKartal, a maggio 2019 segnalata dalla Consob all’autorità giudiziaria per abusivismo e pubblicità ingannevole in seguito ad alcuni esposti di clienti truffati. Tra loro un italiano che ha dichiarato una perdita di circa 130 mila euro. Nella delibera nei confronti del sito, Consob stabilisce che la piattaforma è posseduta da una società con sede nel paradiso fiscale di St Vincent a Grenadine, in particolare alla suite 305 del Griffith Corporate Center, sede di società “bucalettere” per almeno 20 marchi, di cui almeno dieci segnalati a enti regolatori del mercato finanziario.

A giugno lo stessa società che gestisce Griffith Corporate Center ha scritto una nota in cui dichiara di aver ricevuto un numero esagerato di recensioni negative «ingiustificate». La stessa società tenutaria ha risposto a una nostra richiesta di chiarimenti specificando di non essere a conoscenza di nessuna società “bitcoin code” nell’edificio. Ha aggiunto che i clienti che mantengono quell’indirizzo come ufficio registrato «non operano da lì» e di aver scovato «individui/società che non erano clienti e usavano impropriamente il nostro indirizzo».

Il caso di Chiara, derubata di 20.000 euro

Invogliata da una pubblicità che raffigurava Jovanotti, a inizio dicembre 2019 Chiara, nome di fantasia, versa 10.000 euro a uno delle tante piattaforme di trading online. Il giorno successivo riceve una telefonata in cui il suo account manager, tale Alessio Ferretti, in maniera molto stringata la istruisce su come operare. E come spesso accade, gli operatori sfruttano notizie di cronaca per motivare i clienti a investire: «Mi ha proposto di aggiungere al versamento iniziale altri 15.000 euro, giustificando la richiesta con una possibilità di buoni guadagni su operazioni riguardanti le materie prime che, a seguito delle sanzioni americane sui prodotti cinesi, si sarebbero rafforzate», spiega Chiara. E così aggiunge altri 10.000 euro. Nei giorni successivi l’account manager le fa fare tre operazioni di vendita dei titoli acquistati. Altro che software automatico come diceva la pubblicità di Jovanotti. Le posizioni rimangono aperte per tre settimane (siamo a cavallo delle vacanze di Natale) e Chiara non sa che esistono rischi connessi a partite sospese poiché non è stata debitamente istruita dal suo operatore.

Al rientro dalle ferie le operazioni contano una perdita superiore ai 5.000 euro. Chiara si innervosisce e intende chiudere. Perde il conto dei messaggi WhatsApp e delle telefonate al suo operatore, il quale non risponde oppure è troppo impegnato per parlarle. Dalle numerose telefonate giornaliere di dicembre, i contatti tra i due a gennaio sono pressoché inesistenti. Poi a febbraio, senza alcun preavviso, Chiara nota che le tre operazioni si sono chiuse da sole, con una perdita di oltre 18.000 euro. L’account manager torna a farsi vivo e, come da manuale del truffatore online, propone a Chiara di fare ulteriori investimenti per recuperare le perdite. I contatti giornalieri riprendono ma, sottolinea Chiara, «riguardavano solo i nuovi ordini e mai la chiusura degli stessi nel caso fossero diventati pericolosi, perciò nell’insieme ci ho perso ancora». A fine marzo Chiara decide di chiudere definitivamente e prelevare tutta la disponibilità rimasta: poco più di 900 euro.

ForexTB e 24Option, sistemi della stessa galassia

Tra le mille piattaforme di trading attraverso cui ci si può imbattere registrandosi su siti di “bitcoin evolution”, c’è anche ForexTB, con sede a Cipro. Analizzando i dati Google AdSense (la pubblicità di Google) attraverso il software Semrush, si scopre che la società ha speso 9 milioni di dollari per essere associata nella ricerca online a parole chiave come “bitcoin trader”, “bitcoin jovanotti fazio” (motivo per il quale quando si cerca “bitcoin jovanotti”, tra i primi risultati esce un’intervista rilasciata a Che Tempo Che Fa dove però non si parla del tema), “bitcoin robert de niro”, “bitcoin barbara d’urso”. Prese singolarmente, le pagine non generano più di 14 mila click, ma le parole sponsorizzate solo in italiano sono 1.200. Dimensioni analoghe valgono per le altre lingue.

Proprietario al 90% di ForexTB è un imprenditore polacco, Michal Andrzej Brzostowski. Negli anni si è fatto strada nel mondo del marketing online, con una rete di società che va dall’Estonia a Singapore e Panama, passando per Malta e le Isole Comore. Secondo un’inchiesta di Vsquare, un collettivo di giornalisti investigativi di Polonia, Repubblica Ceca, Slovacchia e Ungheria, Brzostowski ha creato un piccolo impero della truffa online tramite la Direct Group, una società registrata a Panama con cui gestiva una rete di aziende per la vendita di prodotti sanitari non omologati. La società panamense è stata messa sotto sanzione dall’autorità di vigilanza dell’Ungheria per pubblicità fraudolente. La sanzione, comminata ad agosto, è di 2,2 milioni di euro. La Global Group delle Isole Comore invece è stata segnalata a giugno di quest’anno dalle autorità a tutela dei consumatori in Slovacchia e in Repubblica Ceca.

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«Solo una pubblicità»

«Buongiorno, Federico? Piacere sono Ueda, ti sto chiamando da bitcoin code in merito a una richiesta che avete fatto poco fa». Il giornalista si è registrato al sito il giorno prima, con un nome di fantasia per fingersi cliente. Ueda, l’account manager, chiede se è la prima esperienza con una piattaforma di investimento. Lo è. «Nel momento in cui hai fatto la richiesta con il suo indirizzo email (sic), hai creato un conto sulla nostra società», dice. In questo caso si chiama Unitestocks, altre volte Fantex, ForexTB, Ubroker, CTXPrime, Excentral, Tradobit, Basel Capital Market, TradeLax. E il campione è ben lontano dall’essere significativo. «Noi siamo la società che andrà a poggiare su questo lavoro – prosegue Ueda, in un italiano spesso incerto, per quanto comprensibile -. Il lavoro si fa in automatico, lei avete visto anche sull’informativa (sic)».

Chiede se ci sono domande sul prodotto: «Cos’è esattamente bitcoin code?». «Bitcoin code, che lei ha visto, è il banner pubblicitario che parla per il servizio e logicamente anche per il bitcoin, la criptomoneta più conosciuta». La spiegazione prosegue, enfatizzando quanto il sistema garantisca il «profitto». «So che bitcoin code è stato segnalato dalla Consob: i siti facevano delle truffe», è la considerazione del finto cliente. «No, Federico, ti ho detto che è un banner pubblicitario, non è una società – replica l’account manager -. Succede che clienti che hanno avuto esperienze negative in questo settore lo segnano come bitcoin code perché non ricordano dove hanno fatto il versamento, non ricordano chi li ha chiamati». Ueda ha suggerito il modo automatico che richiede «5-10 minuti al giorno», perché Federico ha detto che era alla prima esperienza e quindi non sarebbe in grado di gestire la piattaforma «manuale». Ueda non smette mai di parlare, torna sul punto della registrazione della carta di credito – con cui avviene per davvero l’accaparramento del cliente e dei suoi soldi – e cerca di chiudere il contratto.

Federico mette giù improvvisamente ma continuerà a ricevere chiamate da numeri da prefissi di diversi Paesi, nonostante avesse palesato il timore che ci fosse una frode dietro al sistema. C’è uno script da seguire per le telefonate, un copione da replicare fedelmente – già emerso con la prima Fabbrica delle frodi – secondo cui a ogni scusa o tentennamento mostrato dal cliente corrisponde una controreplica già scritta. L’imperativo per Ueda è uno: bloccare sul nascere i dubbi di Federico. Tra le ultime novità dei siti-civetta per attrarre nuovi clienti, c’è CoronaMillionaireApp. «Investi ora nel tuo futuro!», si legge: in un inglese maccheronico, il sito promette uno strumento d’investimento automatico in grado di prevedere gli andamenti di mercato e con cui investire nel mondo scosso dalla crisi del Covid. Dal sito della recensione, si passa ai “classici” robot di bitcoin, con la solita grafica e la scritta “bitcoin evolution”.

La proprietà non è l’unico elemento che solleva dubbi intorno a ForexTB, marchio che è pienamente legittimato a operare sul mercato da una licenza cipriota. Sono infatti evidenti i collegamenti che portano dal gruppo ForexTB a un altro gruppo leader di questo “mercato”, 24Option. Quest’ultimo è proprietario di una piattaforma di trading che, in seguito alle segnalazioni delle autorità di vigilanza, non può più operare in Italia, Belgio e Regno Unito.

24Option è stato sponsor della Juventus dal 2014 fino, almeno a detta dell’Ansa, alla fine del 2019. Dall’ufficio stampa della squadra torinese hanno laconicamente confermato che il rapporto è cessato, senza però dare dettagli rispetto a quando e come. Sul sito di 24Option la foto dei campioni d’Italia ha campeggiato in homepage fino ad agosto 2020, mesi dopo la segnalazione alla Consob dello scorso dicembre.

ForexTB dichiara di far parte dello stesso gruppo di una società d’investimento del Belize, Arvis Capital, società con capitale autorizzato fino a 500 mila dollari. Quest’ultima, nata nel 2015, gestisce un’altra piattaforma da settembre 2020: InvestMarkets. Prima di quella data, InvestMarkets era di proprietà di un’altra società cipriota, legata ancora una volta al giro 24Option. I dati della piattaforma SimilarWeb per l‘analisi del traffico internet affermano che seguendo i link che partono da 24option.com, otto volte su dieci si finisce nel sito di InvestMarkets, a testimonianza di una stretta relazione tra i due siti.

La credibilità delle licenze

Per avere i documenti in ordine, ogni società d’investimento deve avere una licenza per operare come broker sul mercato. Gli organi di vigilanza europei tendono a ritenere quelle emesse da Paesi che si trovano in paradisi fiscali come il Belize, Panama o le Isole Cayman una spia del fatto che l’azienda di trading possa essere una truffa. Una fonte del settore spiega che la maggior parte di queste società truffaldine muoiono nel giro di pochi mesi ed è difficile mantenerne traccia. Aggiunge che anche le sedi legali in Europa possono essere di facciata: soprattutto a Cipro, uno dei numerosi Paesi dove una sede sull’isola è un prerequisito per ottenere una licenza dall’authority locale, la CySEC.

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Del gruppo 24Option fa parte anche 247traffic, sito alimentato da una società di marketing che ha sede a Hong Kong. Il sito offre la possibilità di diventare suoi “affiliati”: in sostanza, chiunque generi del traffico in rete può stringere un accordo con 247traffic allo scopo di pubblicare dei contenuti forniti dallo stesso sito. Si tratta di newsletter, pagine di atterraggio, video, ebook che promuovono piattaforme di trading online. Il pacchetto è definito “programma di affiliazione”. Le piattaforme che si appoggiano a 247traffic per trovare promotori dei loro marchi sono due del gruppo ForexTB (ForexTB e InvestMarkets), Ubroker e Investous.

Ogni volta che un utente che passa da siti di recensioni si registra effettivamente su una delle piattaforme di trading legate a 247traffic, quest’ultimo paga il sito recensore. È la prassi normale in qualunque campagna di affiliate marketing, che nel settore del bitcoin è diventata un business particolarmente redditizio, visto che il singolo utente ha una tariffa più alta che negli altri settori.

È la nuova frontiera dell’affiliate marketing, con cui aziende di comunicazione perfettamente legittime aprono un nuovo canale di introiti, se non illegale, quantomeno discutibile, dato che dirotta le vittime sulle proprie piattaforme attraverso presunti prodotti altamente sconsigliati da enti regolatori della Borsa.

Il giorno dopo la richiesta di commento mandata dai giornalisti del consorzio, il sito 247traffic è stato messo offline, senza fornire alcuna risposta. Nemmeno ForexTB e 24Option hanno mai risposto alle domande.

Per approfondire

Il glossario del truffatore online

Sono quasi tutti anglicismi, spesso utilizzati impropriamente dagli stessi “operatori” per creare confusione e trarre in inganno le loro vittime. Ecco quali

CREDITI

Autori

Lorenzo Bagnoli
Lorenzo Bodrero

Ha collaborato

Gianluca Paolucci

In partnership con

Dagens Nyheter
OCCRP
Helsingin Sanomat
Le Monde
Direkt36
The Guardian
Buzzfeed News
La Stampa

Infografica

Lorenzo Bodrero

Editing

Luca Rinaldi