#OpenLux
Lorenzo Bagnoli
Matteo Civillini
Gianluca Paolucci (La Stampa)
Aportare la fibra nelle case degli italiani è anche un’azienda al centro di un intrigo finanziario internazionale. Il nome, Solutions 30, dice poco al di fuori del mondo delle telecomunicazioni. Ma il gruppo lussemburghese, guidato da un imprenditore italiano e quotato alla Borsa di Parigi, ha un contratto da 210 milioni di euro con Tim per portare la fibra (Ftth, Fiber to the home) nelle case di piemontesi e valdostani. Uno analogo – ma molto meno ricco – con Open Fiber per una porzione del Sud Piemonte e per Abruzzo e Molise, oltre che a un accordo con Enel per le centraline di ricarica delle auto elettriche.
Il problema è che Solutions 30 ha anche i bilanci non certificati dal revisore (Ernst&Young), le azioni che hanno perso oltre il 75% dai massimi dello scorso anno, una serie di dubbi sulle performance dichiarate finora, oltre che a sospetti sempre più insidiosi sui legami con vicende di riciclaggio. Una storia che, per molti, ricorda da vicino quella di Wirecard, l’ex gioiellino tedesco della fintech scoppiato come una bolla di sapone dopo aver ammesso un clamoroso buco di bilancio.
Eppure, fino al 2020 Solutions 30 era a tutti gli effetti una stella dell’economia digitale. Il gruppo, presente in nove Paesi europei, si occupa di telecomunicazioni, IT, energia e pagamenti digitali. Stando ai numeri dichiarati, l’azienda vanta una crescita inarrestabile: negli ultimi 5 anni il fatturato è aumentato mediamente del 30% all’anno.
Una performance ampiamente premiata in Borsa. Dalla quotazione nel 2005 all’apice del valore di mercato (dicembre 2020), il titolo di Solutions 30 era cresciuto del 25000%. Il suo fondatore – nonché proprietario di circa il 16% delle azioni – Gianbeppi Fortis era arrivato ad accumulare sulla carta un patrimonio di oltre 350 milioni di euro.
Il report anonimo e le accuse ad Angelo Zito
Poi, l’8 dicembre scorso è comparso online un report anonimo che in 114 pagine snocciola una lunga serie di accuse pesanti nei confronti di Solutions 30: da collegamenti con personaggi già condannati per mafia a presunte operazioni di riciclaggio, e ancora a dubbie acquisizioni completate – secondo l’autore del report – per gonfiare artificialmente la crescita degli affari.
Titolo in picchiata
Il crollo del valore delle azioni di Solutions 30 dopo le accuse degli short sellers
A far scatenare i sospetti su Solutions 30 sono innanzitutto i rapporti dell’azienda con un commercialista originario di Bari ma trapiantato in Lussemburgo. Si tratta di Angelo Zito, condannato nel 2000 per mafia a Palermo in quanto definito “tesoriere” del clan di Brancaccio all’epoca guidato dai fratelli Graviano. Come riporta l’Espresso, dopo l’arresto Zito collaborò con la giustizia, ottenendo una pena ridotta di un anno e quattro mesi. Le tracce di Zito nel Granducato si allungano fino al 1995, quando fondò la Fiduciaire Beaumanoir, fiduciaria che si occupa di amministrazione societaria e pianificazione fiscale.
I numeri della Banda Larga in Italia
di Francesca Polizzi
Dal 3 marzo 2015, data di approvazione del Piano Strategico Banda Ultralarga da parte del governo italiano, a oggi si continua a lavorare per la connessione a banda larga su tutto il territorio nazionale.
Il 2020 era stato fissato come l’anno che avrebbe offerto internet veloce ai cittadini italiani, ma il Piano continua ad andare a rilento e le previsioni indicano che bisognerà attendere dicembre 2022 affinché il 100% delle regioni venga coperta dalla fibra.
L’attuale situazione mostra che i comuni completati sono in totale 2060 (382 nei primi quattro mesi del 2021) a cui, secondo i piani, ne dovrebbero essere aggiunti 763 entro giugno a fronte dei 6232 comuni con lavori completati a fine Piano.
A oggi si stima che il 23% delle province sia coperto da fibra. Tra le regioni più coperte c’è la Lombardia che detiene la percentuale più alta di unità immobiliari collegate alla rete, ma l’Italia si pone agli ultimi posti con 15,7 milioni di abitazioni coperte al 2022, contro i 36,9 milioni della Germania, i 25,7 del Regno Unito, i 24,5 della Francia, i 17,8 della Spagna.
Per accelerare la copertura ci si affiderà dunque anche ai nuovi bandi previsti dal PNRR che verranno assegnati nel 2022, dopodiché sarà necessario attendere fino al 2026 per l’avvio dei relativi progetti.
A rivolgersi a Zito è stata anche Solutions 30 quando nel 2013 decise di trasferire il proprio domicilio dalla Francia in Lussemburgo. Ad occuparsi dell’apertura della neonata azienda lussemburghese fu infatti la Fiduciaire du Kiem (altra fiduciaria di Zito), presso i cui uffici Solutions 30 mise inizialmente la propria sede. Il rapporto tra il commercialista barese e Solutions 30 si è formalmente chiuso nell’aprile 2016, dopo che il nome di Zito era stato citato nell’inchiesta giornalistica Panama Papers.
In replica alle accuse, Solutions 30 ha affermato di non essere stata a conoscenza del passato di Zito fino alla fine del 2015. L’azienda ha aggiunto che il commercialista barese «è un professionista contabile registrato regolarmente in Lussemburgo», dove per detenere quel titolo sono necessarie «una buona reputazione» e «una fedina penale pulita».
Dopo il trasferimento della sede legale nel Granducato, Solutions 30 ha fatto registrare una crescita esponenziale del proprio fatturato. È proprio su questo punto che si concentra il secondo filone di accuse mosse nel report anonimo. L’autore del report, infatti, sostiene che Solutions 30 abbia gonfiato artificialmente parte dei propri guadagni attraverso la creazione di filiali fittizie e una serie di acquisizioni opache. Alcune delle quali riguardavano aziende controllate da persone legate a Solutions 30.
Le manovre finanziarie del gruppo Solutions 30 secondo le accuse servivano in sostanza a dirottare i profitti verso il Lussemburgo garantendosi così un carico fiscale più basso. La controllata Solutions 30 Italia è uno degli snodi principali di questo sistema, finalizzato a scambiare denaro tra le diverse società del gruppo riducendo al minimo i costi.
Solutions30 Italia tra debiti e opacità finanziarie
I flussi di denaro sono sia in entrata sia in uscita da Solutions 30 Italia. In entrata, una delle voci più significative è quella dei prestiti fruttiferi, quindi con interessi. Arrivano in Italia dalle controllanti lussemburghesi. L’effetto è lo stesso di un dividendo, ma a differenza delle cedole sugli utili, gli interessi sui prestiti non sono tassati. In direzione opposta, dall’Italia verso il Lussemburgo, ci sono invece i diritti per «l’utilizzo del marchio» Solutions 30: vanno a Solutions 30 Lussemburgo e alle altre due controllanti Ww Brand sarl e Brand 30 sarl. Le «royalties», le concessioni, del marchio hanno fruttato a queste due 725 mila euro ciascuna.
Su 15 milioni di euro di debiti complessivi di Solutions 30 Italia, una parte molto consistente è verso altre società del gruppo. In particolare, ci sono 4,5 milioni di euro alle controllanti, di cui 2,4 milioni sono di un prestito fruttifero erogato dalla capogruppo Solutions 30 SE, che vanta anche un credito di 2,1 milioni per servizi tecnico-informatici, IT ed amministrativi sarl, stando al bilancio del 2019, l’ultimo disponibile. Poi ci sono 4,2 milioni di debiti con due ex controllate, Business Solutions Italia e Business Remote Solutions Italia.
Dal momento in cui sono nate, queste due società sono al centro di rapporti tesi con i sindacati dei metalmeccanici in Puglia, dove hanno una delle loro sedi italiane. La vicenda è cominciata con le prime trattative al tavolo con Confindustria Puglia nel 2018, quando le due nuove società all’epoca controllate da Solutions 30 hanno negoziato il subentro nella gestione del ramo d’azienda di Desk Service (l’assistenza ai clienti) di una società terza, la Dxc Technology, società legata alla Hewlett-Packard. Scopo dell’operazione, per la cessionaria, era liberarsi dei costi e del personale di una parte del lavoro a cui non era più interessata.
Fin da quel momento, Fim, Fiom e Uilm temevano che l’esito alla fine fosse una delocalizzazione in Est Europa, visto che, si legge in un comunicato del febbraio 2018, Solutions 30 ha «quattromila dipendenti in tutta Europa ai quali se ne aggiungono circa altri mille in sedi presso le quali sono allocate attività in siti low cost quali Marocco, Polonia, Moldavia e Romania». Da ottobre 2019 la proprietà continua a fare presente che il costo del lavoro è troppo alto e quindi ha aperto diverse procedure per il licenziamento di 99 persone. In quel momento, però, Business Solutions Italia aveva appena concesso due prestiti fruttiferi da 5,95 milioni di euro alla sua controllata, Solutions 30 Italia.
Tre mesi dopo l’inizio del braccio di ferro, la soluzione si trova sempre all’interno del gruppo: a rilevare le due sorelle Business Solutions si è presentato Federico Salmoiraghi. Indicato nei bilanci come «partner commerciale» di Solutions 30, secondo l’audit di marzo 2021 svolto da Deloitte, è in realtà l’uomo a cui sono «legate» due succursali del gruppo, in Romania e Moldavia, attraverso un suo gruppo di società. Sembrava che con l’arrivo di Salmoiraghi si presentasse anche una soluzione al rischio esuberi: la cassa integrazione straordinaria per un anno. A maggio, però, la crisi si è riaperta, con nuove minacce di licenziamenti collettivi.
Va anche detto che la filiale italiana di Solutions 30, cioè la prima proprietaria delle sorelle Business Solutions, è una delle più importanti del gruppo: il contratto con Tim nel quale Solutions 30 è capofila vale 210 milioni di euro su 819 milioni di fatturato totale registrato dal gruppo nel 2020. Mentre i due contratti di Open Fiber circa 5 milioni di euro. Secondo quanto si apprende da fonti vicine a Tim, le attività «assegnate al raggruppamento di coordinato da Solutions 30 Italia stanno procedendo regolarmente». Open Fiber fa sapere che il contratto per Abruzzo e Molise è già completato e che in quello relativo al Sud Piemonte il peso di Solutions 30 è «assolutamente marginale».
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Lussemburgo
A scatenare la nuova fuga degli investitori è la discesa in campo di Muddy Waters, noto fondo americano di vendita allo scoperto, che già da maggio 2019 aveva una posizione short in Solutions 30. Carson Block, fondatore di Muddy Waters, pubblica due lettere inviate all’amministratore delegato dell’azienda lussemburghese, Gianbeppi Fortis, nelle quali chiede nuovamente conto delle accuse di frode e riciclaggio contenute nel report.
Lo short selling è una operazione finanziaria con cui si “vende allo scoperto”: il venditore non vende titoli direttamente posseduti, ma presi in prestito dietro il versamento di un corrispettivo, con l’intento di ottenere un profitto a seguito di un movimento al ribasso in una borsa valori.
Il contrattacco di Solutions 30
Solutions 30 è immediatamente passata al contrattacco: a dicembre ha presentato un esposto alla procura francese che si occupa di reati finanziari denunciando la «disseminazione di informazioni false». Poi, nel 2021, ha annunciato di aver dato mandato a una società di revisione di realizzare un’analisi indipendente dei contenuti del report.
Le schermaglie tra Solutions 30 e Muddy Waters sono proseguite nei primi mesi di quest’anno a colpi di nuove lettere di accuse da parte dello short seller e repliche dell’azienda. Ancora una volta Carson Block accusa Solutions 30 di aver commesso attività di riciclaggio tramite l’acquisizione di “società veicolo” e di aver manomesso i valori di crescita organica dell’azienda – ovvero l’aumento del volume di affari grazie alle proprie attività interne, e non tramite acquisizioni.
L’audit di Deloitte di aprile
I risultati della tanto attesa revisione indipendente arrivano il giorno del pesce d’aprile. Per Solutions 30 sono buone notizie: Deloitte e Didier Kling, presidente della camera di Commercio di Parigi Ile-de-France, dicono di non aver trovato «prove che corroborino le accuse di riciclaggio, in connessione con la criminalità organizzata». Per Solutions 30 si tratta della conferma che le affermazioni contenute nel report sono «erronee e prive di fondamento». Il mercato apprezza, spingendo il titolo su di oltre il 30%.
Ma gli short seller – con Muddy Waters sempre in testa – non mollano la presa. Carson Block spedisce nuove missive all’azienda lussemburghese, imputando ai partner di Solutions 30 ulteriori legami con pregiudicati italiani. Attraverso una lunga lettera Gianbeppi Fortis spiega di non voler più rispondere pubblicamente a quelle che chiama «calunnie prive di fondamento».
Per qualche settimana la tensione scende. Il 10 maggio, però, un nuovo colpo di scena: con uno stringato comunicato di due righe Solutions 30 annuncia la sospensione delle contrattazioni sul titolo «fino a ulteriori comunicazioni». I motivi non vengono spiegati, ma tra gli osservatori comincia a circolare l’ipotesi che il blocco sia legato alla pubblicazione del bilancio annuale.
Titolo in picchiata
Il crollo del valore delle azioni di Solutions 30 dopo le accuse degli short sellers
Il titolo rimane fermo per dieci giorni, finché – sotto pressione dell’autorità francese dei mercati – Solutions 30 scopre le carte. Il problema? Ernst & Young (EY), revisore contabile di Solutions 30, si rifiuta di validare i conti del 2020 poiché dice di non aver ricevuto le informazioni necessarie dall’azienda. «In questo contesto – scrive EY, non siamo stati in grado di acquisire sufficienti ed adeguate evidenze a supporto della natura, della sostanza, del valore e della conformità a leggi e regolamenti di alcune operazioni del gruppo».
Solutions 30 attacca la scelta di EY e decide di pubblicare ugualmente i bilanci. I numeri sono ottimi: una crescita del fatturato del 18,5%, 819,3 milioni di euro da 691,4 milioni nel 2019. Ma, senza l’approvazione del revisore, valgono quanto carta straccia. E, infatti, gli investitori puniscono severamente l’azienda: il titolo di Solutions 30 arriva a perdere fino al 73% del proprio valore.
Per Muddy Waters è arrivato il momento di passare all’incasso, chiudendo le posizioni short con un ricco guadagno. Solutions 30 è invece costretta a interrogarsi sul proprio futuro. Già prima del crollo del valore azionario il gruppo lussemburghese si era detto pronto a valutare qualsiasi opzione compreso il delisting, ovvero il ritiro della società dalla Borsa. Solutions 30 dice inoltre di aver dato mandato a Didier Kling – già co-autore del report indipendente – di individuare un nuovo revisore contabile per rimpiazzare EY. Un compito che si preannuncia particolarmente delicato.
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CREDITI
Autori
Lorenzo Bagnoli
Matteo Civillini
Gianluca Paolucci