#RussianAssetTracker
Cecilia Anesi
Raffaele Angius
ARomazzino, promontorio vista mare nel cuore della Costa Smeralda, lungo le siepi delle ville sventolano nastri blu e gialli, i colori della bandiera dell’Ucraina. Chi li abbia messi non è noto, ma certamente è una denuncia chiara: questa lingua di terra parla russo. È infatti tra le rocce della Gallura che si abbattono gli effetti più immediati e visibili delle sanzioni internazionali, con le quali l’Unione europea sta congelando i beni degli oligarchi per indebolire eventuali fonti di reddito della Russia di Vladimir Putin. L’obiettivo è di colpire la rete di ricchissimi imprenditori e uomini della finanza che controlla i punti chiave del sistema economico russo: risorse di ogni tipo – dal gas all’acciaio – sulle cui esportazioni il Cremlino ha potuto contare finora per finanziarsi. E oggi queste risorse sono ancora più indispensabili dati gli alti costi dell’invasione dell’Ucraina.
Tuttavia, l’implementazione delle sanzioni deve superare l’opacità che regna sovrana sulle proprietà degli oligarchi: in Costa Smeralda è stato infatti possibile tracciarne solo una parte. Basta un fondo alle Bahamas o una società cipriota, controllata a sua volta da una fiduciaria in Vaduz, per confondere le acque e salvare il patrimonio. Schiere di avvocati e asset manager sono già al lavoro da settimane per cambiare le holding societarie e permettere agli oligarchi di mantenere (o di vendere e muovere) i propri asset.
Spostando le società proprietarie sotto giurisdizioni come quella di Dubai, ad esempio, territorio finora neutrale che ha aperto le sue porte ai ricchissimi profughi russi. Peccato che il congelamento di queste proprietà alla fine non sia altro che un atto politico, sulla cui utilità più di un analista nutre dubbi.
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Il progetto Russian Asset Tracker
I 22 anni di governo di Vladimir Putin hanno prodotto enormi fortune per oligarchi, politici, funzionari della sicurezza e altri beneficiari del suo regime corrotto e clientelare. All’inizio del suo governo, Putin venne lodato per aver messo alle strette i magnati che avevano saccheggiato l’economia russa negli anni Novanta. Alcuni gli hanno giurato lealtà, assicurandosi così un posto nel nuovo ordine. Durante il suo governo è poi sorta una nuova generazione di ricchi magnati: sono i suoi alleati, amici, finanziatori.
Sulla scia del brutale assalto della Russia all’Ucraina, i governi di tutto il mondo hanno imposto sanzioni a molti sostenitori di Putin. Come gli altri oligarchi del mondo, però, questi ultimi hanno imparato a tenere nascosta la loro ricchezza in conti bancari segreti e strutture societarie offshore. Capire chi possiede cosa è difficile anche per gli investigatori più esperti.
Insieme a OCCRP e agli altri partner del progetto, IrpiMedia ha partecipato alla creazione di un database delle loro proprietà tracciabili: terreni, ville, aziende, barche, aerei. Il valore complessivo del patrimonio degli uomini di Putin scoperto finora da #RussianAssetTracker è di 17,5 miliardi di dollari.
Pit stop Punta Capaccia
È proprio qui, sulla punta più estrema di Capo Capaccia, tra gli scorci più famosi della Costa Smeralda, che i nastri gialli e blu segnano l’ingresso alla villa Rocky Ram, villa Muflone: una proprietà di 820 metri quadrati e 25 vani con piscine e giardini che si estende fino agli scogli. Il proprietario storico della villa, una delle più famose e discusse del jet set, era Carlo De Benedetti, imprenditore e in quegli anni editore di La Repubblica, che nel 2012 ha venduto il prezioso gioiello per la somma monstre di 110 milioni di euro. Ripercorrendo le cronache dell’epoca si riscopre la curiosità che aleggiava intorno all’operazione, con i giornali di gossip che tentavano di indovinare chi fosse l’acquirente. Una prima ipotesi era stata Alexei Mordashov, il re dell’acciaio degli Urali, allora proprietario delle acciaierie di Piombino, che lascerà quello stesso anno in un mare di debiti. Ma la stessa Repubblica aveva smentito questa notizia: l’acquirente era sì un russo, ma un altro.
La stessa domanda, a dieci anni di distanza, se la pongono le forze dell’ordine, che devono eseguire i congelamenti disposti in seguito alle sanzioni internazionali, che già si sono abbattuti su diverse altre ville a Romazzino, nome dell’area che comprende capo Capaccia. IrpiMedia è in grado di rivelare il reale proprietario: Dmitry Arkadievich Mazepin, amministratore delegato della Uralchem, una delle più grandi industrie russe, specializzata nella produzione di un’ampia gamma di prodotti chimici, tra cui concimi inorganici, ammoniaca e nitrato di potassio, e fidatissimo di Putin.
Insieme ad altri 36 imprenditori e diversi dirigenti del governo russo, il 24 febbraio, Mazepin partecipa a una riunione convocata con Putin poche ore dopo l’invasione dell’Ucraina. Scopo del meeting è di discutere delle attese sanzioni che l’Occidente potrebbe imporre sugli oligarchi russi, come prevedibile risposta all’azione militare.
La base è un regolamento approvato dal Consiglio europeo del 2014, all’indomani dell’invasione russa della Crimea, che dispone il «congelamento di tutti i fondi e le risorse economiche appartenenti a, posseduti, detenuti o controllati, direttamente o indirettamente, da qualsiasi persona fisica o qualsiasi delle persone fisiche o giuridiche, delle entità o degli organismi» di volta in volta decisi dai Paesi dell’Unione.
«Maggiore produttore di nitrato di ammonio nonché il secondo produttore di ammoniaca e fertilizzanti azotati in Russia, Dmitry Arkadievich Mazepin opera pertanto in settori economici che costituiscono una notevole fonte di reddito per il governo della Federazione russa, responsabile dell’annessione della Crimea e della destabilizzazione dell’Ucraina», si legge nelle sanzioni decise dall’Unione europea, dove a ogni individuo soggetto a sanzioni viene associata una descrizione del suo ruolo nella tenuta del Cremlino.
Inserito nella lista dei sanzionati il nove marzo, a tredici giorni dall’inizio ufficiale dell’invasione, Mazepin è comunemente considerato un patriota. Non a caso nel 2021 porta i colori della bandiera russa – rosso, blu e bianco – sulle piste della Formula 1. Mazepin è proprietario della Uralkali, azienda russa produttrice ed esportatrice di potassio, con la quale diventa sponsor della scuderia statunitense Haas, nella quale otterrà di far correre suo figlio Nikita, come pilota di Formula 1.
Ma torniamo in Costa Smeralda: Rocky Ram risulta di proprietà della Ferimod Investments Limited, società di diritto cipriota fondata nel 2009 che però dagli elenchi telefonici risulterebbe domiciliata in un’improbabile campagna dell’entroterra gallurese. In realtà si tratta di una società i cui capitali sono costituiti da prestiti milionari ricevuti sia da Dmitry Mazepin in forma privata (88 milioni di euro nel 2018), sia da alcune aziende a lui riconducibili: la CI Chemical Invest, di cui è direttore (53 milioni) e la Quinlan Management Limited, per 3,8 milioni di euro nello stesso anno. Nei documenti, Dmitry Mazepin è identificato come «titolare effettivo» della Ferimod stessa, la quale risulta avere un unico azionista: la Bergton Management Limited. Questa stessa società controlla il pacchetto azionario di Mazepin nella Hitech Grand Prix, scuderia britannica della Formula 2 e Formula 3. Queste azioni sono state recentemente cedute da Mazepin a Oliver Oakes, presidente della società, riporta la stampa sportiva specializzata: era il 15 febbraio 2022, nove giorni prima dell’inizio dell’invasione. A oggi, secondo quanto appreso da IrpiMedia, Rocky Ram non risulta congelata.
Dmitry Mazepin e la villa a Romazzino
Affari di famiglia
A zoomare indietro dalla villa Rocky Ram su via Capaccia, si trovano quattro complessi immobiliari uno vicino all’altro: villa Capaccia, villa L’Aldiola, villa Mimosa, Li Nibani. I nomi sono incisi su dei massi accanto ai cancelli di legno lavorato, i quali seguono la forma di un’onda. A fianco, muretti a secco. Come fossero delle fortezze, a proteggerle ci sono telecamere ovunque: sono installate su pali coperti da corteccia per farli sembrare alberi. Poi, per metri e metri, corre la siepe a dividerle dalla strada, nascondendole alla vista.
A rivelare la grandezza di questi possedimenti – un totale di quasi tremila metri quadri – sono le visure catastali. Valgono almeno 41 milioni di euro stando al valore commerciale di 14.500 euro a metro quadro stimato dall’Agenzia delle entrate per questa zona della Sardegna.
Queste ville si appoggiano su una lingua di terra di una bellezza unica, con il mare ai due lati, e l’accesso privato alle spiagge, con piscine di varie forme e dimensioni, giardini tenuti come gioielli (non c’è la forma di un cespuglio fuori posto), e architetti che hanno progettato su misura seguendo i gusti dei proprietari: in questo caso una parte di villa stile piccolo castello, le altre simili a tutte le altre ville della Costa Smeralda: muri bianchi, tetti rossi, comignoli bianchi stondati. Si parla quindi di ville che potrebbero valere fino a cento milioni l’una, e che sono tutte riconducibili all’oligarca russo Alisher Usmanov.
La differenza tra valore commerciale e catastale
Il valore catastale delle proprietà di Romazzino si aggira attorno ai quattromila euro a metro quadro, esclusa Rocky Ram – l’ultima villa del promontorio – che sale a quasi novemila euro a metro quadro. I valori catastali però, non danno il vero senso del valore dell’immobile. Infatti, la rendita catastale che si trova sulle visure catastali, è un valore necessario a effettuare i calcoli ai fini fiscali di beni immobili. Per i tecnici che invece devono calcolare il reale valore commerciale di un immobile (ai fini di una compravendita o di una ristrutturazione, per esempio) l’Agenzia delle entrate ha previsto delle quotazioni immobiliari che, di solito, sono almeno il doppio rispetto ai valori di rendita catastale. Questo è il numero che più rappresenta il valore sul mercato di un immobile.
Per fare un esempio, la villa Rocky Ram che ha rendita catastale di 8.800 a metro quadro, vale almeno 14.500 euro a metro quadro perché questo è il valore commerciale standard per la zona di Romazzino. Qui il valore commerciale a metro quadro per «ville e villini» è uno dei più alti della Costa Smeralda. In altre zone si aggira tra i 3.800 e i 6.500 euro a metro quadro. In generale, la Costa Smeralda ha le case con il valore commerciale più alto d’Italia, sopra Cortina d’Ampezzo, che si tiene appena più bassa. Ma il valore può subire variazioni al ribasso o al rialzo a seconda della posizione e delle condizioni (se è fatiscente, se è appena ristrutturato, ecc.): in questo caso essendo Rocky Ram l’ultima villa del promontorio, e quindi gode di una vista unica rispetto alle altre case della zona Romazzino, la rendita catastale quasi del doppio ci suggerisce come anche il valore commerciale possa salire in proporzione. E difatti, il valore commerciale calcolato in base alla metratura e alle quotazioni viene 12 milioni di euro, ma dalla stampa si apprende che la villa potrebbe essere stata pagata anche 100 milioni di euro.
I valori degli immobili stimati in questo articolo sono quindi al ribasso, perché si basano solo sulle quotazioni ufficiali dell’Agenzia delle entrate: una villa può essere stata pagata molto meno, oppure molto di più. Nel caso degli oligarchi russi, ciò che si acquista è chiaramente non solo un immobile, ma un posto al centro del jet set della Costa Smeralda, circondati da ogni comfort e dalla massima privacy.
Usmanov è un imprenditore di origine uzbeka naturalizzato russo che ha acquistato queste ville dall’industriale Antonio Merloni di Fabriano, fondatore della Antonio Merloni Spa, azienda che nel corso degli anni Novanta divenne il più grande contoterzista d’Europa nel comparto degli elettrodomestici. Da quando Usmanov ha acquistato le dimore di Punta Capaccia sono stati in visita, tra gli altri, le figlie di Vladimir Putin e Silvio Berlusconi.
Usmanov è il fondatore di USM Holdings, gruppo che controlla diverse aziende di rilievo, tra cui Metalloinvest, produttore di acciaio; Baikal Mining, che si occupa di estrazione di rame, e Mail.ru, il principale operatore russo di servizi internet. Usmanov è inoltre proprietario di Kommersant, il più noto giornale economico-finanziario russo. Secondo l’Unione europea – che ha sanzionato l’oligarca lo scorso febbraio – «da quando Usmanov ha assunto il controllo del quotidiano la libertà della redazione è stata limitata e il giornale ha assunto una posizione manifestamente favorevole al Cremlino».
Usmanov ha un rapporto molto stretto con l’Italia. Oltre ad aver passato in Costa Smeralda gran parte della pandemia, l’imprenditore ha accumulato in Italia un piccolo impero immobiliare. Facendo anche incetta di onorificenze grazie alle sue opere di filantropia e mecenatismo. Il comune di Arzachena gli ha conferito la cittadinanza onoraria nel 2018, titolo che il sindaco non vuole ritirare nonostante le sanzioni. Nell’ottobre 2016, invece, la Presidenza della Repubblica (su proposta dell’allora governo Renzi) l’aveva insignito del titolo di Commendatore. Il motivo era il contributo di Usmanov per progetti di restauro di edifici dal valore storico.
A Romazzino, due dei quattro complessi congelati dalla Guardia di finanza di Sassari in risposta alle sanzioni europee, sono intestate a società italiane, la Delemar srl e la Punta Capaccia srl. Sono entrambe amministrate dal cipriota Serghides Demetrios, un avvocato conosciuto come l’uomo dell’oligarca sull’isola greca e che lì ha amministrato una delle società dell’energia di Usmanov, e Ruggero Tusacciu, il factotum di Usmanov in Costa Smeralda.
Tusacciu offre servizi di gestione di beni immobili turistici nonché servizi a tutto tondo come guardiania, bodyguard, affitto di veicoli e altro, con la società Sardegna Servizi per magnati come Usmanov. Appartiene sempre a Usmanov il trust delle Bermuda (Pauillac Property Ltd) che controlla il capitale delle tre società amministrate da Tusacciu. Lo stesso trust delle Bermuda, controlla una delle ville di Punta Capaccia – Le Mimose – attraverso una società omonima registrata nell’Isola di Man. Mentre il resto delle ville Usmanov a Romazzino sono intestate alla sorella Gulbakhor Ismailova, che l’oligarca ha usato come prestanome in più di un caso. Contattata da IrpiMedia, Sardegna Servizi non ha risposto a una richiesta di commento.
Un’altra sorella – Saodat Narzieva – dal 2013 è stata in diverse occasioni in vacanza in Costa Smeralda. Narzieva è una ginecologa con più di 30 anni di esperienza e secondo i dati di #SuisseSecrets, ha depositato negli anni circa 1,8 miliardi di franchi svizzeri in dieci conti correnti, di cui sette sono ancora attivi. Sui suoi profili social ha pubblicato diverse foto che la ritraggono in un giardino che si affaccia sul mare sardo, insieme alla sua famiglia. In alcune di queste si scorge all’orizzonte lo yacht Dilbar, l’enorme imbarcazione posseduta dal fratello Alisher.
Ricostruendo la posizione da cui sono state scattate le immagini, IrpiMedia è stata in grado di localizzare la villa. Si tratta di “Sa Pedra”, tra le più pregiate del golfo: il giardino dalle suggestioni giapponesi – con alberelli piegati dal vento e decorati come bonsai – arriva fino agli scogli tuffati nell’acqua color smeraldo.
Alisher Usmanov e le proprietà in Costa Smeralda
La villa è intestata a una fondazione del Liechtenstein, Villa Cento Anstalt. Due civici più in là, un’altra villa della galassia Usmanov: la villa Cormorano, intestata alla Klaret Properties Ltd, società cipriota di Usmanov. Sa Pedra e Cormorano guardano direttamente villa Sa Piantesa, dall’altra parte del golfo. Quest’ultima è una villa in ristrutturazione acquistata il 17 giugno 2020 proprio da Usmanov a suo nome, al prezzo dichiarato di 17 milioni di euro. Lo si evince dalla nota ipotecaria iscritta sul registro catastale dell’Agenzia delle Entrate l’8 marzo scorso, e che mette nero su bianco il congelamento avvenuto quattro giorni prima e notificato dalla Guardia di finanza in risposta alle sanzioni europee. Venerdì scorso, la GdF ha notificato anche il congelamento di Villa Cormorano e delle ville a Romazzino.
L’insenatura sulla quale si affacciano Sa Piantesa, Cormorano e Sa Pedra, ormeggio del Dilbar per buona parte dell’estate, si chiama Golfo Pevero ed è composta da due rade: Grande e Piccolo Pevero. Anche in questo golfo il valore commerciale a metro quadro per «ville e villini» è 14.500 euro, uno dei più alti della Costa Smeralda, ma ciò che Usmanov e altri oligarchi sono disposti a pagare per accaparrarsi ville qui è ben più alto dei prezzi di mercato. Infatti, quello che acquistano non sono solo mura e giardini in uno dei luoghi più esclusivi d’Italia, ma piuttosto la possibilità di costruirsi, villa dopo villa, un cortile privato dove “parcheggiare” yacht e incontrarsi con amici e familiari lontano da occhi indiscreti. «ll Pevero, si sa, è di Usmanov», riferiscono sottovoce le persone che hanno lavorato a vario titolo in queste ville.
Deripaska, l’oligarca senza sanzioni (europee)
Pochi chilometri più a nord, nella famosissima Porto Cervo, c’è la più prestigiosa delle tenute russe che IrpiMedia e OCCRP sono riusciti a tracciare. È Villa Walkirie, nota come «la villa di Putin» in zona: 600 metri quadri di villa, circondati da un terreno che occupa 40 mila metri quadri del promontorio. Per le quotazioni immobiliari ufficiali vale almeno 76 milioni di euro tra edifici e terreni. In questa zona di solito la rendita catastale non supera i settemila euro a metro quadro. In questo caso, Villa Walkirie vale 14.500 euro a metro quadro solo di rendita catastale. Quindi, si può immaginare un valore dell’intera proprietà di almeno il doppio rispetto alle quotazioni per il valore commerciale, ovvero anche 200 milioni di euro. D’altronde accanto alla villa c’è un eliporto, intestato a una anonima società di Vaduz (Liechtenstein) che possiede molti terreni a Porto Cervo.
A dispetto delle voci di paese, Villa Walkirie non è di Putin ma bensì di Oleg Deripaska. Uomo d’affari con interessi che vanno dalla finanza all’agricoltura, dall’estrazione mineraria alla metallurgia pesante, Deripaska è noto soprattutto come azionista di maggioranza del fondo En+, che controlla a sua volta il più grande produttore al mondo di alluminio: la Rusal.
Deripaska è considerato tra gli oligarchi più vicini a Vladimir Putin e tra gli uomini più ricchi della Russia. Nell’aprile 2018 è stato accusato dagli Stati Uniti di minacciare la vita di rivali in affari, intercettare illegalmente un funzionario governativo e prendere parte a estorsioni e racket e per questo è stato messo sotto sanzione, insieme alle sue aziende. Le sanzioni contro le aziende sono poi state sollevate, complice il timore per una potenziale crescita del prezzo dell’acciaio, ma sono rimaste quelle contro l’oligarca. A oggi l’Unione europea non ha sanzionato Deripaska, al contrario di Usa, Regno Unito, Canada e Australia.
L’8 febbraio 2021, Vladimir Ashurkov, direttore della Fondazione Anti-Corruzione guidata dall’oppositore politico russo Aleksey Navalny, ha raccomandato anche all’Ue di sanzionare i 35 individui considerati responsabili dell’avvelenamento e incarcerazione del nemico di Putin. Tra questi vi è Deripaska, considerato dalla Fondazione Navalny uno dei principali sostenitori della cleptocrazia di Putin e pericoloso proprio per la sua presenza in attività industriali chiave anche in Europa e Usa.
La definizione: Cleptocrazia
Cleptocrazia è un termine con cui si definiscono i Paesi governati da un’élite di uomini d’affari e politici che si è indebitamente appropriata di beni pubblici, lasciando il resto della popolazione in condizioni di maggiore povertà. Tra i rappresentanti di questa élite ci sono rapporti di reciproca dipendenza, che possono diventare anche molto conflittuali, come nel caso della Russia di Putin. Il termine è molto più comune in inglese, dove è correntemente utilizzato nella letteratura scientifica, piuttosto che in italiano.
Villa Walkirie è intestata a una società delle Isole Vergini Britanniche, la Starmark Holdings Ltd riconducibile a Oleg Deripaska poiché controllata da un’altra azienda cipriota, la Advante Management Corp. A sua volta questa società possiede le aziende proprietarie degli yacht dell’oligarca (tra cui lo Sputnik da 60 metri e il Clio da 72, entrambi registrati alle isole Cayman), dell’hotel cinque stelle Aurelio Lech in Austria, delle ville in Montenegro e del suo elicottero privato. Secondo le ricerche del consorzio #RussianAssetTracker, Deripaska ha anche una magione a Washington del valore di oltre 15 milioni di dollari, due proprietà a Manhattan per un totale di 54 milioni di dollari e altre due ville milionarie in Francia e tre in Inghilterra, nonché alcuni grossi progetti immobiliari in Lussemburgo.
Oleg Deripaska e le ville a Porto Cervo
Villa Walkirie guarda il golfo di Porto Cervo, dove la Starmark possiede novemila metri quadri di terreno con campo da tennis assieme ad un’altra società delle Isole Vergini: la Adinlor Enterprises Ltd. A quest’ultima sono intestate altre tre ville: una circondata da un grande parco con campo da calcio e percorso salute a cui se ne aggiungono altre due più piccole poco distanti. Tutte con una posizione strategica: la vista su Porto Cervo e la collina di Villa Walkirie. La villa, al civico quattro, non ha un nome scritto all’ingresso: solo due grandi sassi lavorati dalle intemperie nei secoli, a fare da cornice ad un cancello di legno dello stesso stile di quello delle ville di Usmanov a Romazzino. E, sulla rampa d’ingresso, una rosa dei venti fatta a mosaico in pietra. Sul retro invece, un ingresso pedonale con porticina in legno e codice elettronico.
A differenza delle altre ville, non si vedono telecamere puntate. C’è solo una piastrella che recita: «I signori cani sono pregati di far cacare i loro padroni da un’altra parte. Grazie».
Gli effetti delle sanzioni sui lavoratori di Portovesme
Anche nel Sulcis, tra le province più povere d’Italia secondo gli indicatori nazionali, si temono i riflessi del conflitto tra Russia e Ucraina. È nel profondo sud-est della Sardegna, a 220 chilometri dal ricchissimo nord-ovest della Costa Smeralda, che dal 2009 si consuma il dramma di Eurallumina, azienda di Portovesme acquistata nel 2006 dalla Rusal di Oleg Deripaska, che chiuderà i battenti solo pochi anni dopo. Oggi le sanzioni internazionali gettano un’ombra sulla delicatissima situazione dei 220 lavoratori che ancora curano la manutenzione dell’impianto fermo, le cui sorti sono appese a un progetto da 300 mila euro che ne garantirebbe la ripartenza e per il quale la Rusal è in attesa delle dovute autorizzazioni da parte della Regione.
Il “villaggio” di Mordashov
È vari chilometri più a sud, in una zona meno “ricca” della Costa Smeralda, che Alexey Mordashov ha costruito la più sorprendente di tutte le tenute russe in Sardegna, alla fine di un labirinto di stradine di un villaggio turistico degli anni Settanta. Si è preso un’intera punta di terra: il “piccolo” promontorio di Portisco, che guarda l’omonimo isolotto. Sono quasi 2.400 metri quadri di proprietà, per un valore di almeno 35 milioni di euro, costruiti a “basso impatto visivo”: il “villaggio” di Mordashov è quasi invisibile. Un mega villaggio turistico che si staglia alle spalle, al contrario, impatta malamente nel quadro naturalistico di Portisco.
Le case del “villaggio” di Mordashov hanno i tetti coperti d’erba. Sono costruite seguendo le curve delle colline, sfruttando al massimo la copertura naturale degli elementi. Tutt’attorno, un giardino decorato da sculture di acciaio corten (un materiale che sembra arrugginito ma che in realtà è molto di pregio), lo stesso delle cancellate d’ingresso alla tenuta. Le stesse a cui hanno bussato i finanzieri il 18 marzo, per comunicare che anche tutta questa proprietà era, da quel momento, congelata. D’altronde Mordashov, a differenza di Usmanov, Mazepin e Deripaska aveva registrato tutta la proprietà a suo nome.
Considerato l’oligarca russo più facoltoso, Mordashov è il principale azionista e presidente di Severstal, un colosso siderurgico. Detiene inoltre partecipazioni importanti in Tui, tour operator con sede in Germania, in diverse società di estrazione mineraria e in Rossiya Bank, «la banca personale degli alti funzionari della Federazione russa», secondo le sanzioni Ue.
Costa troppo, paga poco
Se ci saranno nuove sanzioni contro la Russia le conseguenze per l’Italia «potrebbero essere irreversibili», ha tuonato negli scorsi giorni il direttore del primo dipartimento europeo del ministero degli Esteri russo, Alexey Paramonov, ricordando gli accordi e la vicinanza che negli anni hanno caratterizzato i rapporti tra Mosca e Roma. Un tema sentito anche in Italia, dove il governo fatica a tenere in equilibrio il costo di carburanti ed energia, senza tuttavia potersi tirare indietro dalle sanzioni internazionali volute da Unione europea, Regno Unito e Stati Uniti. Così sembra quasi una soluzione perfetta quella di aggredire principalmente i beni di lusso degli oligarchi, tra cui quelli in Costa Smeralda.
Ma tra giardinieri, imprese edili e custodi, le sanzioni rischiano di indebolire più il modello economico della Costa Smeralda che quello degli oligarchi. «Per loro queste case sono poco più di un vezzo», spiega a IrpiMedia Mirko Idili, segretario generale della Cisl Gallura: «Il timore iniziale era che a pagare sarebbe stata solo una parte dei lavoratori che lavorano direttamente nelle ville – spiega Idili – ma man mano che passa il tempo la dimensione assume un perimetro molto più preoccupante». Un pessimo modo per festeggiare i sessant’anni della Costa Smeralda, che proprio a marzo del 1962 prendeva vita dall’intuizione imprenditoriale dell’allora venticinquenne imam degli ismailiti nizariti, Aga Khan.
Oggi, secondo i dati di Federalberghi, le perdite derivanti dall’assenza delle 220 mila presenze di russi previste per il 2022 in Sardegna ammonteranno a 40 milioni di euro, con ulteriori 40 milioni sui servizi strettamente connessi richiesti dai clienti come escursioni, auto, ristoranti e shopping, per citarne alcuni. Tuttavia, il comune di Arzachena assicura che il flusso di russi «è minore per numero assoluto di arrivi, intorno al 2% del totale, mentre il mercato principale in termini di presenze è quello tedesco, svizzero, francese e del nord Europa in generale», spiega a IrpiMedia l’ufficio stampa del comune gallurese.
Tra i problemi attualmente sul tavolo di crisi aperto dal sindaco di Arzachena, Roberto Ragnedda, che ha convocato i sindacati, Confartigianato e Federalberghi, c’è quello dello status dei lavoratori a fronte dei congelamenti. Le sanzioni disposte non sono come i sequestri, infatti gli oligarchi sono solo temporaneamente impossibilitati di fruire delle ville e dei loro conti. Questo implica che «molti dei lavoratori non sono stati licenziati, semplicemente gli è stato detto che dal mese prossimo non avrebbero saputo come pagarli», spiega ancora Idili. «Un oligarca come Usmanov, giusto per fare un esempio, lascia sul territorio non meno di 250 buste paga dirette», spiega Idili: «Di queste, 96 sono solo quelle del Dilbar, yacht di Usmanov».
«Ma che le ville siano degli oligarchi rischia di essere una semplificazione – aggiunge Idili -, dal momento che le ville sono gestite da società, e molti dipendenti non sanno nemmeno realmente chi ci sia dietro. Il loro compito è di tenere le case efficienti, per i loro molteplici ospiti, in modo estremamente riservato». Con tanto di clausola di riservatezza. Che siano stati proprio i dipendenti a mettere i nastri dei colori dell’Ucraina non è dato saperlo. Di certo ora non sono pagati per rimuoverli.
CREDITI
Autori
Cecilia Anesi
Raffaele Angius
In partnership con
The Guardian
OCCRP
Infografiche/Illustrazioni/Mappe
OCCRP
Lorenzo Bodrero
Lorenzo Dessì
Editing
Lorenzo Bagnoli
Foto di copertina
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