#RussianAssetTracker
Cecilia Anesi
Lorenzo Bodrero
Ha iniziato da un allevamento di maiali nella remota città siberiana di Nefteyugansk, arrivando poi a dirigere il colosso dell’energia Rosneft. Una scalata incredibile, possibile solo grazie alla lealtà e vicinanza al presidente russo Vladimir Putin. Ecco Eduard Khudaynatov, l’uomo che oggi viene indicato come prestanome diretto di Putin nelle strutture proprietarie di una serie di yacht da capogiro.
In primo luogo, la Scheherazade, ormeggiata al cantiere Italian Sea Group a Massa Carrara, e congelato con un decreto del Ministro dell’Interno italiano del 6 maggio 2022 in una misura d’emergenza. Sembrava che lo yacht stesse per salpare e lasciare il Mediterraneo, con a bordo il suo equipaggio marziale, che custodisce il più grande dei segreti: chi sia davvero il proprietario.
Perchè Eduard Khudaynatov, sanzionato dall’Unione Europea solo successivamente, il 3 giugno, per quanto ricchissimo non lo è abbastanza da avere tre dei mega yacht più lussuosi al mondo: la Scheherazade – considerato lo yacht personale di Putin – l’Amadea e il Crescent.
L’Amadea, uno yacht da 106 metri, è stato fermato alle isole Fiji e congelato il 7 giugno dopo una battaglia legale durata un mese e che ha dimostrato come lo yacht fosse posseduto da Khudaynatov, sì, ma come prestanome per l’oligarca sanzionato Suleiman Kerimov, imprenditore dell’oro.
Secondo il Dipartimento di Giustizia degli Stati Uniti d’America, Khudaynatov avrebbe agito come un «prestanome, in quanto non sanzionato» possedendo le navi su carta e nascondendo così i veri proprietari ai quali le autorità degli USA o Europee avrebbero immediatamente congelato le navi per effetto delle sanzioni emesse dopo l’invasione russa dell’Ucraina.
Il consorzio giornalistico Russian Asset Tracker, coordinato da OCCRP, di cui fa parte anche IrpiMedia per l’Italia, ha scoperto che Khudaynatov è anche il proprietario-prestanome dello yacht Crescent, il cui vero beneficiario è il presidente della Rosneft, Igor Sechin.
I tre palazzi galleggianti valgono, secondo gli esperti di VesselsValue, un totale di almeno 1.2 miliardi di dollari.
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Il progetto Russian Asset Tracker
I 22 anni di governo di Vladimir Putin hanno prodotto enormi fortune per oligarchi, politici, funzionari della sicurezza e altri beneficiari del suo regime corrotto e clientelare. All’inizio del suo governo, Putin venne lodato per aver messo alle strette i magnati che avevano saccheggiato l’economia russa negli anni Novanta. Alcuni gli hanno giurato lealtà, assicurandosi così un posto nel nuovo ordine. Durante il suo governo è poi sorta una nuova generazione di ricchi magnati: sono i suoi alleati, amici, finanziatori.
Sulla scia del brutale assalto della Russia all’Ucraina, i governi di tutto il mondo hanno imposto sanzioni a molti sostenitori di Putin. Come gli altri oligarchi del mondo, però, questi ultimi hanno imparato a tenere nascosta la loro ricchezza in conti bancari segreti e strutture societarie offshore. Capire chi possiede cosa è difficile anche per gli investigatori più esperti.
Insieme a OCCRP e agli altri partner del progetto, IrpiMedia ha partecipato alla creazione di un database delle loro proprietà tracciabili: terreni, ville, aziende, barche, aerei. Il valore complessivo del patrimonio degli uomini di Putin scoperto finora da #RussianAssetTracker è di 17,5 miliardi di dollari.
Dalle stalle alle stelle
Khudaynatov è nato nel 1960 a Shymkent, una cittadina al confine tra Kazakistan e Uzbekistan storicamente punto d’incontro tra mercanti nomadi, quando il Paese era ancora parte dell’Unione Sovietica. Dopo aver ottenuto un diploma in una scuola di Shymkent, ha lavorato in una fattoria statale vicino a Odessa, in Ucraina, per poi passare al servizio di leva per tre anni. Il suo primo lavoro nell’industria petrolifera e del gas è stato l’installazione di impianti per la compagnia petrolifera Yuganskneftegaz nella remota città siberiana di Nefteyugansk, di fatto una città mineraria fondata negli anni ‘60. Khudaynatov ha poi trascorso quattro anni presso il Ministero del Petrolio e del Gas Sovietico nella vicina Surgut, prima di tornare a Nefteyugansk nel 1989 per gestire un allevamento di maiali..
Il vero cambio di rotta arriva quando inizia a lavorare per la campagna elettorale di Putin nel 2000, per la precisione quando viene mandato come inviato presidenziale in una remota regione del circolo articolo. Un primo segno di lealtà che verrà ripagato bene.
Entra in Gazprom (l’azienda statale del gas che oggi chiude i rubinetti all’Italia), e poco dopo, grazie alla sua nuova posizione, acquista un’azienda con depositi di petrolio e gas in Siberia, la Severneft. Per l’acquisto, fatto tramite un’azienda svizzera, prenderà un prestito da 40 milioni di dollari da una banca lettone, che un anno dopo lievita a oltre 50 milioni di dollari secondo documenti trovati da OCCRP e Forbes. Nonostante i documenti lo provino, Khudaynatov ha negato di avere alcun legame con Severneft.
Khudaynatov non riesce a vendere il gas a Gazprom come sperava e si trova a chiedere un altro prestito milionario. Nel 2008 la banca collassa però sotto il peso della crisi finanziaria e viene acquistata dal governo lettone. Quello stesso anno, Khudaynatov lascia Gazprom per la vicepresidenza in Rosneft, il colosso petrolifero russo. È grazie all’amicizia con l’oligarca Igor Sechin che riesce a entrare a gamba tesa, e nel 2010 a diventare amministratore delegato.
Vladimir Putin e Igor Sechin in una foto del 2013 – Foto: Getty
Oggi, sulla base dei bilanci delle sue aziende a Cipro, Lussemburgo, Malta e Russia, la sua ricchezza si aggira attorno ai due miliardi di dollari.
L’economista e politico dell’opposizione russo Vladimir Milov, ritiene che «Khudaynatov gli ha tenuto calda la poltrona [a Sechin in Rosneft]. Sechin si è convinto che Khudaynatov fosse estremamente leale. E possiamo vedere come stiano facendo molte partnership».
La principale è sicuramente di dicembre 2020, quando NNK vende degli enormi campi petroliferi in Siberia a Rosneft per 11 miliardi di dollari, diventando così la settima più grande azienda petrolifera della Russia. I profitti permettono a Khudaynatov di saldare un’altro grande debito, contratto quando aveva acquistato un’azienda della famiglia Bazhaev, la stessa che a Cagliari possiede Palazzo Doglio e il Forte Village. Khudaynatov si lancia in un altro acquisto, meno fortunato: la marginale azienda Kondaneft, con campi petroliferi senza risorse certe. L’affare va male, ma ad aprile 2017 verrà nuovamente il suo ex capo Sechin in sua salvezza, acquistando Kondaneft con Rosneft per 700 milioni di dollari. E, come scrive Forbes, ha da lì continuato ad espandere il suo impero.
Un impero che non potrebbe funzionare senza una reggia e una regina. La regina si chiama
Marina Eduardovna Amaffi, e di regge ce ne sono due: una a Mosca, una tenuta costellata da palazzi signorili, per un totale di 6mila metri quadri e con tanto di giardini e stagni da fare invidia ai regali, e una in Liguria: Villa Altachiara, a Portofino.
Una villa maledetta, si dice, edificata nel 1874 da lord Carnarvon Henry Herbert per il figlio, appassionato di archeologia che scoprì la tomba del faraone egiziano Tutankhamon. Lord Carnarvon junior morì poco dopo il ritrovamento della tomba, mentre una nipote perse la vita precipitando dalla scogliera di Villa Altachiara. Stando alle dicerie di paese, tutti i seguenti proprietari furono sventurati, fino alla contessa Vacca Augusta, ultima proprietaria, morta anche lei scivolando in misteriose circostanze dalla scogliera. Dicerie che non hanno fermato Khudaynatov che ha acquistato all’asta la villa nel 2015 (dopo due aste andate deserte) per ristrutturarla e andarci in vacanza con la sua regina, Marina Amaffi appunto.
Una villa maledetta, si dice, edificata nel 1874 da lord Carnarvon Henry Herbert per il figlio, appassionato di archeologia che scoprì la tomba del faraone egiziano Tutankhamon. Lord Carnarvon junior morì poco dopo il ritrovamento della tomba, mentre una nipote perse la vita precipitando dalla scogliera di Villa Altachiara. Stando alle dicerie di paese, tutti i seguenti proprietari furono sventurati, fino alla contessa Vacca Augusta, ultima proprietaria, morta anche lei scivolando in misteriose circostanze dalla scogliera. Dicerie che non hanno fermato Khudaynatov che ha acquistato all’asta la villa nel 2015 (dopo due aste andate deserte) per ristrutturarla e andarci in vacanza con la sua regina, Marina Amaffi appunto.
A seguirne le orme anche la figlia di primo letto di Khudayantov, che come scritto dai partner svizzeri di Russian Asset Tracker – Tribune de Geneve – ha fondato a Ginevra il marchio di sigarette di lusso “Imperiali”. «Le più esclusive e prestigiose [sigarette] mai realizzate», poichè realizzate da tabacco avvolto in una cartina d’oro (vero). Un’azienda milionaria che ha il quartier generale presso un edificio Art déco di Ginevra, dove ha sede anche la maison di profumi della matrigna, Amaffi.
CREDITI