#TheNigerianCartel
Lorenzo Bagnoli
Luca Rinaldi
Il processo OPL-245
Il 25 marzo, a Milano, avrebbe dovuto entrare nel vivo un’importante requisitoria dei pubblici ministeri Fabio De Pasquale e Sergio Spadaro. L’emergenza coronavirus ha imposto il fermo del Tribunale: udienze rinviate a data da destinarsi. Il processo in questione, cominciato a marzo 2018, riguarda il blocco petrolifero nigeriano Opl245. Secondo le ipotesi della procura, la sua assegnazione ad Eni e Shell sarebbe avvenuta nel 2011 attraverso il pagamento di una tangente di circa 1,1 miliardi di dollari, distribuiti poi tra intermediari, politici nigeriani e “retrocessioni” a manager dell’azienda italiana.
Eni e Shell hanno sempre negato ogni condotta illecita Eni ha aggiunto di aver versato il denaro su un conto corrente del governo e aver aderito alle procedure anticorruzione (qui la versione dell’azienda). Secondo quanto risulta agli investigatori milanesi, però, dai conti governativi i soldi sarebbero poi girati ad un’altra galassia di società riconducibili ad alcuni degli attori coinvolti in questa ingarbugliata vicenda. Da qui l’ipotesi di corruzione internazionale. Al centro del caso, la società fondata dall’ex ministro del Petrolio nigeriano ai tempi del dittatore Sani Abacha: la Malabu Oil&Gas di Dan Etete. Il processo è stato innescato dall’esposto depositato a Milano dalle ong The Corner House, Global Witness e Re:Common, con il supporto in Nigeria di Heda (questo il sito dal quale le ong seguono il processo). Indagini connesse al caso si sono svolte o sono in fase di svolgimento in Nigeria, Svizzera, Regno Unito, Paesi Bassi e Stati Uniti.
Lo sviluppo di Eko Atlantic City è iniziato nel 2013 e affidato senza gara a una controllata del gruppo Chagoury, impresa familiare cresciuta fino a contare oggi 20 mila dipendenti, guidata dai fratelli Gilbert e Ronald Chagoury. Il progetto è stato proposto dalla loro South Energyx Development, con sede negli Emirati Arabi. Nati a Lagos nella secondà metà degli anni Quaranta da genitori di origini libanesi, i fratelli Chagoury sono i promotori di Eko Atlantic. Se esiste questo sviluppo immobiliare è perché grazie alla loro rete di contatti tra politici nigeriani e internazionali sono riusciti ad ottenere una concessione della durata di 78 anni.
Secondo una relazione della Nigeria export processing zones authority (Nepza) l’investimento varrà complessivamente otto miliardi di dollari, coperti in gran parte da quattro istituti di credito nigeriani e da due banche internazionali pronte a garantire eventuale mancanze dei primi. Insieme agli Chagoury sull’area lavora un altro imprenditore, l’italo nigeriano Gabriele Volpi, noto in Italia soprattutto perché patron della storica società di pallanuoto Pro Recco e dello Spezia Calcio che attualmente milita in serie B. L’investimento di Volpi, attraverso tre società, Intels, Orlean Invest e Prime Property, ad oggi è di 150 milioni di dollari per la fase uno dello sviluppo.
Gli Chagoury e Volpi sono strettamente legati a pezzi del potere nigeriano, i primi alla famiglia Abacha, il secondo ad Abubakar Atiku. Entrambi sono finiti sotto la lente d’ingrandimento delle autorità americane per aver contribuito a portare fuori dalla Nigeria fondi pubblici di cui si erano indebitamente appropriati i loro padrini politici. Ricostruzioni sempre smentite dai diretti interessati. Tuttavia la commissione permanente del Senato degli Stati Uniti, che per un anno ha approfondito il tema della corruzione nella leadership politica nigeriana, ha messo nero su bianco come «per un periodo di otto anni dal 2000 al 2008» Atiku e la moglie fossero stati in grado di «portare oltre 40 milioni di dollari di fondi sospetti negli Stati Uniti soprattutto attraverso bonifici inviati da società offshore», molte di queste riconducibili allo stesso Volpi. Gilbert Chagoury invece, definito dall’analista esperta di affari africana Philippe Vasset «il guardiano della presidenza Abacha», in seguito alla morte di Sani Abacha nel 2009 ha accettato di restituire circa 300 milioni di dollari sottratti alla Nigeria dal dittatore proprio attraverso la sua rete di imprese.
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Eko Atlantic City, la città galleggiante crocevia di soldi e politica
Fine lavori 2047. Operatività a partire da subito. Una foresta di grattacieli. Fontane, vialoni, boschi verticali. Di fatto Eko Atlantic sarà una zona franca, in grado di produrre un miliardo l’anno di PIL per la Nigeria, ventiseiesima economia mondiale e prima in Africa se si guarda al solo prodotto interno lordo. Una città pienamente indipendente e prossima casa delle grandi compagnie petrolifere e dei ricchi della città, con appartamenti che vanno dai 1.800 ai 3.000 dollari al metro quadro e hotel esclusivi. Cinta da una muraglia protettiva di scogli questa penisola di 10 chilometri quadrati di sabbia dragata dal mare è la scommessa per cacciare la recessione che dal 2014, dopo anni di crescita, condiziona la vita economica del Paese. A questo progetto degno delle ambizioni degli emiri di Dubai ci credono in tanti, prima di tutto l’amministrazione dello Stato di Lagos, che ha dato alla società emiratina dei fratelli libanesi Chagoury una concessione di ben 78 anni sui terreni in gioco.
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A questo progetto degno delle ambizioni degli emiri di Dubai ci credono in tanti, prima di tutto l’amministrazione dello Stato di Lagos, che ha dato alla società emiratina dei fratelli libanesi Chagoury una concessione di ben 78 anni sui terreni in gioco
I ritardi si rintracciano non solo nella crisi dell’economia nigeriana ma anche nella paura che si ha nell’investire in Nigeria dopo la rinnovata attenzione delle autorità locali sul riciclaggio di denaro attraverso progetti immobiliari. Un filone quest’ultimo potenziato dalla campagna anticorruzione del presidente Mohammed Buhari che sguinzaglia con molta facilità gli organi inquirenti salvo poi arrivare a risultati modesti.
I dubbi intorno a questo progetto non sono pochi. Appare impossibile trasformare in un paradiso per ricchi investitori e turisti un’area che giace alla bocca di una laguna grigio-verde, continuamente solcata da petroliere e al centro di un fitto reticolo di oleodotti che pompano greggio verso terra. Per quanto la città stia cambiando a velocità forsennata, il sogno di diventare una nuova Dubai è ancora lontano dal realizzarsi. E quelli che rischiano restare esclusi, come gli sfrattati della comunità dalla parte opposta della laguna di Lagos, a Tarkwa Bay, sono la netta maggioranza dei 22 milioni di abitanti di Lagos: le disparità sociali sono evidenti.
L’irresistibile ascesa degli sviluppatori di Eko Atlantic
Sia i fratelli libanesi Chagoury sia l’italiano Volpi iniziano la loro ascesa negli anni in cui a guidare la Nigeria era il generale Babangida, insieme al suo vice, il generale Sani Abacha. Quest’ultimo nel 1993 diventò presidente con un colpo di Stato e la storia ha archiviato i suoi cinque anni di presidenza come una dittatura sanguinaria. Sotto di lui fu condannato a morte lo scrittore e attivista Ken Saro-Wiwa, anima del popolo Ogoni, che per primo denunciò lo scempio ambientale commesso dalle multinazionali petrolifere, Shell in cima, nella regione del Delta del Niger.
Gli Chagoury non solo sono vicini alla famiglia Abacha, ma sono anche finanziatori e membri della Clinton Foundation, che a sua volta ha creduto da subito al progetto Eko Atlantic City. «Sanno tutti che sono amico dei Clinton», ha detto Gilbert Chagoury ai giornalisti di Frontline nel 2010. La Fondazione nel 2009 si era impegnata a garantire il progetto Eko Atlantic City, favorendone l’accesso al credito per un miliardo di dollari. Ai Clinton la vicinanza è costata qualche critica in patria, soprattutto dopo che l’emittente conservatrice Fox News ha rispolverato la notizia di un accordo in pieno conflitto di interessi – che il Dipartimento di Stato americano, all’epoca guidato dalla stessa Hillary, aveva siglato per l’acquisto di un terreno a Eko Atlantic City.
I fratelli nel tempo hanno capitalizzato al massimo l’interesse statunitense nel progetto tanto che a maggio 2019, nonostante il cambio di amministrazione alla casa Bianca, Chagoury Group ha firmato un accordo tra Eko Atlantic, rappresentata da Ronald Chagoury in persona, e il governo americano per un nuovo consolato proprio sulla penisola. Del resto i due fratelli libanesi sono abili nel muoversi con la politica: da metà anni novanta fino al 2017 Gilbert è stato rappresentante diplomatico per l’isola di Santa Lucia, uno dei principali paradisi fiscali del mondo: prima come delegato UNESCO, poi come ambasciatore presso la Santa Sede. Un altro tratto in comune con Gabriele Volpi che gode ugualmente di buone amicizie in Vaticano.
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Ma è ancora una volta la famiglia Abacha a fare da trait-d’union tra i re di denari di Eko Atlantic, Ronald e Gilbert Chagoury e Gabriele Volpi. Mohammed Sani Abacha, figlio dell’ex dittatore, fonda nel 1998 e controlla – via prestanome – col ministro del petrolio Dan Etete, la Malabu Oil & Gas, società titolare della licenza petrolifera Opl245. Tale licenza, stando alle indagini della procura di Milano per cui è attualmente in corso il processo, sarebbe poi stata ceduta a Eni e Shell, dopo il pagamento di una tangente da 1,1 miliardi di dollari a funzionari pubblici nigeriani.
Volpi nel corso delle udienze per il processo Opl 245 è stato nominato solo poche volte, e non risulta fra gli indagati. È invece un personaggio chiave della seconda inchiesta su Eni condotta dalla Procura di Milano, quella sul falso complotto ai danni dell’amministratore delegato Claudio Descalzi. Secondo l’ipotesi accusatoria, l’ex consulente legale di Eni Piero Amara, insieme a collaboratori e magistrati compiacenti a Trani e a Siracusa, avrebbe ideato questa intricata strategia per bloccare il processo Opl 245 con una nuova indagine giudiziaria. Eni ha sempre respinto le ipotesi, sostenendo che Amara agisse per conto suo. Ma secondo la testimonianza dell’ex tecnico petrolifero Massimo Gaboardi uno dei presunti imprenditori che dalla Nigeria cercherebbe di abbattere Descalzi sarebbe proprio Gabriele Volpi, in collaborazione con uomini d’affari attivi in Italia, Nigeria e Stati Uniti. Circostanza curiosa: ad accomunarli è la vicinanza con la Fondazione Clinton, con la quale tutti collaborano.
La procura di Milano sta cercando di dipanare questo groviglio inestricabile di verità, menzogne e semplici coincidenze. Dalla Nigeria almeno una certezza c’è: Eko Atlantic City, il progetto degli amici dei Clinton, è l’affare immobiliare del secolo, a Lagos.
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