#29Leaks

Link University, gli affari a Londra con il falso arcivescovo
#29 Leaks, anche Scotti e i soci dell’ateneo privato tra i clienti della fiduciaria al centro dello scandalo. Il Dg: noi truffati.
13 Febbraio 2020
Lorenzo Bagnoli
Matteo Civillini
Gianluca Paolucci

C’era anche la Link University tra i clienti di Formations House, la società londinese al centro del caso di Number 29 Leaks. O meglio, i suoi soci e amministratori, da Vanna Fadini al presidente Enzo Scotti. E Massimiliano Muzzi, ex responsabile della Link Academy – divisione di arte e spettacolo dell’ateneo privato – nonché musicista, finanziere, Arcivescovo autoproclamato.

Dal 2005 in avanti, proprio Muzzi è stato un buon cliente di Formations House, la fiduciaria londinese che ha creato circa 400 mila società per conto (anche) di mafiosi, criminali e truffatori di mezzo mondo.

Tra le società registrate al numero 29 di Harley Street a Londra, sede di Formations House, c’è anche la Fers Limited. Direttrice e socia è Vanna Fadini, membro del consiglio direttivo della Link University e amministratrice unica di diverse società collegate all’ateneo in cui insegnava il misterioso professore maltese Joseph Mifsud, al momento irrintracciabile. Gli altri soci sono Pasquale Russo, Achille Patrizi e Vincenzo Scotti. I primi due sono rispettivamente direttore generale e manager della Link. Il terzo ne è il presidente, dopo un passato come ministro e parlamentare: tra il 2008 e il 2011, con la Fers operativa, era sottosegretario agli esteri del governo Berlusconi. Scotti è il primo socio di Fers Limited con 31%, mentre gli altri tre hanno il 23% ciascuno. Nei documenti di Formations House, i quattro risultano tutti domiciliati a Roma in via Nomentana 335: l’indirizzo della Link University.

La Fers Limited nasce nel 2005 e viene chiusa nel 2012. Nei suoi sette anni di vita, serve sostanzialmente a detenere il 51% della Link Academy, “divisione” di arte e spettacolo della Link University. L’altro 49% è della Producers Associated Limited, anche questa registrata al numero 29 di Harley Street e i cui azionisti sono Massimiliano Muzzi e Federica Tatulli. Marito e moglie, musicista lui e attrice e regista lei, fino al 2009 guidano la Academy. Il personaggio chiave di questa storia sembra proprio Muzzi. O meglio, l’Arcivescovo Abate Max di Montecristo of Strichen, XVII Barone di Strichen (Scozia), come amava presentarsi prima di finire in carcere, nel maggio di due anni fa, per una truffa multi-milionaria ai danni dei risparmiatori.

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Sarebbe stato l’Arcivescovo Abate, allora solo Massimiliano Muzzi, a “fare da tramite” tra i vertici della Link University e Formations House, secondo quanto ricostruisce il dg della Link Pasquale Russo interpellato da Irpi e La Stampa. Vertici che, spiega Russo, si sarebbero “fidati” dal fatto che Muzzi aveva una certa pratica con la costituzione di società all’estero. Perché due società a Londra, intestate alle persone fisiche e non alle varie “scatole” che compongono la galassia della Link, per controllare una “divisione” dell’Università? Una richiesta della University of Malta, dice il manager, ateneo che allora forniva la cornice giuridica per potersi presentare come un’università, dato che la Link in Italia non era ancora riconosciuta dal Ministero dell’Università e della Ricerca.

Come nelle altre vicende che riguardano l’ateneo, la storia è però ancora più ingarbugliata. Infatti dal 2009 il rapporto di fiducia di Muzzi con il board dell’ateneo si rompe. Lo testimoniano due denunce, una del 2009 e una del 2010, firmate da Vannini e Russo. Nella prima si accusa Muzzi di aver speso 235mila euro di campagna pubblicitaria con Mediaset contro il parere dei vertici. In occasione dell’invio della fattura della rete televisiva alla Link Muzzi è stato allontanato dall’ateneo. Nella seconda, Muzzi viene denunciato per il pagamento sospetto di una fattura del 2007 da 16mila euro all’Ente teatro italiano (soppresso nel maggio 2010) con due assegni da 8mila euro ciascuno.

Nel frattempo, dopo la Producers Associate, Muzzi ha costituito presso l’ufficio al numero 29 di Harley Street a Londra almeno otto società.

Una di queste, Wolf Alliance Limited è controllata da una società neozelandese dello stesso Muzzi, la Universal Gold Finance Ltd. I documenti che Muzzi nel 2008 manda a Londra per la registrazione – ottenuti dal collettivo Ddos e esaminati grazie a Occrp – vengono spediti da un fax della Link University. E indica come suo indirizzo di residenza ancora la sede della Link. La particolarità è che la Universal Gold Finance – registrata in Nuova Zelanda da un signore che indica come residenza la sede di un’università privata a Roma – aveva un codice Swift.

A portare in carcere Muzzi è stata invece, come detto, una “banale” truffa ai risparmiatori. Banale si fa per dire: tramite una serie di società domiciliate in paradisi fiscali, Muzzi vendeva quote di due fondi hedge registrati alle Mauritius, Pegasus Gold e Pegasus Royal, a risparmiatori danarosi. Nel 2016 la Consob si accorge che i fondi non erano autorizzati e interrompe il gioco, avvisando la Guardia di finanza. Nel frattempo, i soldi dei risparmiatori sono spariti: nel 2018 Muzzi viene arrestato e vengono sequestrati beni per 72 milioni di euro. Nel maggio scorso è partito il processo, che vede Muzzi imputato di truffa ai danni dei risparmiatori.

Prima del suo arresto nel maggio del 2018 Muzzi, nella sua veste di Arcivescovo Abate Max, si era autoproclamato capo della Chiesa Cattolica Ortodossa Ecumenica, frutto di uno scisma della Chiesa Cattolica Ecumenica dell’ex pastore luterano messicano David Kalke. Una congregazione pseudo-monastica con una decina di seguaci e sede in un castello preso in affitto nei pressi di Todi. La ‘setta’ guidata da Muzzi era già finita al centro di un intrigo: colpita dalla scomunica della Diocesi di Todi, sarebbe poi confluita nella Chiesa Ortodossa Italiana Autocefala dell’ex parlamentare forzista, psicologo e tra le voci di riferimento dell’attuale panorama del centrodestra, Alessandro Meluzzi.

Nel 2018 Muzzi, vestito da monaco e presentandosi come Arcivescovo, si è recato più volte all’Abbazia di Trisulti. Prima di Steve Bannon e dell’Istituto per la Dignità Umana, che avrebbero voluto realizzare nel monastero laziale una sorta di “accademia europea del sovranismo”, il musicista romano si diceva pronto a rilevare lui la gestione della struttura.

Nel 2006 Muzzi era stato protagonista di un piccolo caso mediatico, quando per una serie di concerti – è clavicembalista – era stato presentato come “organista del papa” Benedetto XVI. Finché due note del Vaticano non hanno smentito. In quel caso, Muzzi diede la colpa all’organizzatore dei concerti che aveva voluto rendere il proprio cartellone più “interessante”.

CREDITI

Autori

Lorenzo Bagnoli
Matteo Civillini
Gianluca Paolucci

In partnership con

La Stampa

Editing

Gianluca Paolucci

Foto

La Stampa