14 Luglio 2023 | di Laura Carrer, Matteo Civillini
Il 4 maggio, a Milano, una studentessa del Politecnico ha dormito in tenda, di fronte all’ingresso dell’università. Quel gesto ha dato l’avvio alla protesta contro il caro-affitti, che per qualche settimana ha riempito i giornali di tutta Italia. Oggi la contestazione, che a Milano si è conclusa con la smobilitazione delle tende il 7 luglio, ha lasciato il posto al nodo politico intorno alle promesse del governo Draghi, che rischiano di rimanere disattese dal governo Meloni. Entro il 2026, data in cui scadrà il Recovery Fund, i posti letto per studenti universitari dovranno passare da 40 mila a 105.500, grazie all’intervento di costruttori privati sovvenzionati con 960 milioni del Piano nazionale di ripresa e resilienza (Pnrr). L’Italia deve ancora ricevere dalla Commissione europea 191 miliardi di euro totali, in più rate: per ottenere la terza (19 miliardi di euro), il governo avrebbe dovuto raggiungere 55 traguardi e obiettivi entro il 30 dicembre 2022. Il Ministro per gli Affari europei, le politiche di coesione e il Pnrr Raffaele Fitto durante una conferenza stampa tenutasi l’11 luglio ha sostenuto che l’Italia non ha accumulato ritardi, eppure il bonifico non è ancora partito.
L'articolo in breve
- A maggio in Italia era partita una protesta degli universitari per il caro-affitti. La risposta del governo è stata promettere nuovi studentati con il Piano nazionale di ripresa e resilienza (Pnrr)
- Tra i possibili motivi dei ritardi nell’erogazione di Bruxelles dei fondi europei che compongono il Pnrr ci sono probabilmente anche dei problemi legati alle promesse sulla realizzazione di 7.500 posti letto per studenti. Il Governo però non fa chiarezza in merito
- Secondo Savills, centro studi sull’immobiliare, il mercato degli alloggi per studenti è in piena crescita: l’occupazione degli alloggi è praticamente garantita. Il peso maggiore in Europa lo ricopre la Gran Bretagna, dove Anthony Nicholas Porter ha “inventato” le soluzioni abitative private per universitari
- Porter ha sfruttato una legge che metteva in competizione le università inglesi, facendo anche dei posti letto uno dei criteri di scelta di un ateneo. Non propone più stanze, ma esperienze a 360°. Il successo attrae banche e fondi di investimento. Possiede strutture abitative anche in Cina, Australia, Medio oriente e Stati Uniti
- Gli studentati garantiscono grandi profitti per gli investitori privati ma non risolvono il problema abitativo: a Londra una stanza costa in media 12.370 euro l’anno e mancano oltre 200 mila posti letto
Tra i motivi dell’impasse ci sono i lavori per 7.500 posti letto. Alcuni di questi i lavori (a carico delle università) sarebbero ancora in corso e, secondo diverse ricostruzioni giornalistiche, a seguito di controlli puntuali la Commissione avrebbe scoperto errori grossolani nella documentazione fornita (numeri di matricola sbagliati degli studenti beneficiari, numeri civici errati in qualche indirizzo delle residenze, strutture già adibite ad alloggi per studenti). I funzionari di Bruxelles avrebbero dubbi anche sui cambi di destinazione d’uso vincolanti di alcuni immobili, per esempio trasformati da hotel a studentati. Ai primi di luglio Il Corriere della sera ha ricostruito un surreale scambio epistolare tra la Commissione e il ministero dell’Università per verificare che i posti creati dai privati vengano davvero assegnati agli studenti e non affittati ad altri. Il Ministero avrebbe inviato le graduatorie dei beneficiari ma per Bruxelles sarebbe una garanzia insufficiente.
OpenPnrr, il portale della Fondazione Openpolis che permette di tracciare l’erogazione dei fondi, riporta che sono stati conclusi 4.661 posti letto nel febbraio 2023. L’11 luglio è scaduto il nuovo bando di gara per identificare nuovi immobili da convertire in studentati con la capacità minima di venti posti letto ciascuno.
Pnrr, quello che il Governo non dice
di Francesca Cicculli, Carlotta Indiano
Sul Pnrr il Governo continua a non rispondere. L’11 luglio, durante una conferenza stampa, il ministro Raffaele Fitto ha negato l’esistenza dei ritardi nel completamento dei lavori e i problemi nell’erogazione della terza (19 miliardi di euro) e quarta rata (16 miliardi di euro) del fondo da parte di Bruxelles, lasciando aperti molti punti di domanda.
Solo grazie al lavoro giornalistico – per IrpiMedia attraverso la serie #LeManisullaRipartenza – sono emerse ipotesi sulle criticità che potrebbero aver fatto slittare il pagamento dei fondi europei. Inizialmente pareva che Bruxelles contestasse il rinnovamento degli stadi di Firenze e Venezia, previsti da un decreto interministeriale di aprile 2022, in quanto non rispondenti a criteri e requisiti necessari per ottenere i nuovi fondi previsti dal Pnrr. Successivamente, fonti giornalistiche hanno sostenuto che l’Europa avesse bloccato i fondi sugli asili – di cui si è occupata anche IrpiMedia in questo articolo – perché mentre per i comuni italiani che devono realizzarli era sufficiente ampliare quelli esistenti, Bruxelles avrebbe preteso la costruzione di nuove strutture. Entrambe le ricostruzioni sono state smentite dalla Commissione. Ora sul banco degli imputati ci sono i ritardi sugli studentati.
Di sicuro c’è un fatto: al 30 giugno non tutti i target del Pnrr sono stati completati. Per gli asili, ad esempio, andavano aggiudicati tutti gli appalti (valore 660 milioni) ma su Italia Domani, sito che raccoglie gli aggiornamenti sul Pnrr, l’obiettivo è definito ancora «in corso». Mancano inoltre gli appalti pubblici per l’installazione di stazioni di ricarica veloci e ultra-veloci per veicoli elettrici, 2.500 in autostrada e quattromila in zone urbane; un impianto previsto per l’Ilva di Taranto; intere tratte ferroviarie. Obiettivi che forse non sarà possibile raggiungere neanche entro il 2026, visti i ritardi.
Come annunciato da Fitto, d’ora in avanti per evitare che i tempi di ottenimento delle rate del Pnrr si allunghino ancora, l’Italia condividerà prima con Bruxelles eventuali modifiche agli obiettivi da raggiungere. Il Ministro ha ottenuto dalla Cabina di regia del Pnrr, l’organo di indirizzo politico presieduto da Giorgia Meloni che decide in sostanza come usare i fondi del Pnrr, l’approvazione per la modifica di 10 obiettivi su 27 previsti per il 30 giugno 2023, in modo da considerarli già raggiunti. Attualmente sul portale OpenPnrr è possibile osservare che dieci scadenze relative al primo semestre del 2023 sono state completate mentre 17 sarebbero in ritardo. Le modifiche agli obiettivi riguardano sei ministeri: Imprese e made in Italy, Infrastrutture e trasporti, Ambiente e sicurezza energetica, Istruzione, Cultura e Politiche di coesione. Il settore più interessato è quello della transizione energetica, in particolare gli investimenti legati all’utilizzo dell’idrogeno, su cui IrpiMedia aveva già espresso dubbi a marzo 2021 e successivamente.
Secondo la Relazione del Parlamento sullo stato di attuazione del Pnrr pubblicata a giugno 2023, il governo ha richiesto numerose modifiche proprio in seguito ad alcune difficoltà incontrate nell’implementazione del piano. Relativamente alla missione due “Rivoluzione verde e transizione ecologica” ha richiesto di modificare i target della sperimentazione di idrogeno per trasporto stradale, riducendoli. Per il governo «l’evoluzione della dinamica del mercato sembrerebbe indicare una minore attrattiva del vettore idrogeno nel trasporto stradale». Sulle infrastrutture di ricarica elettrica, il Parlamento ha evidenziato «alcuni ritardi» dovuti secondo il governo «alla necessità di consultare i diretti interessati» e per cui è stato richiesto il supporto tecnico del Gestore servizi energetici (Gse). Sempre in materia di risparmio energetico, è a rischio anche la missione relativa alla ristrutturazione di edifici per scopi antisismici, tanto che sono stati attivati due tavoli tecnici al ministero dell’Ambiente e della sicurezza energetica (Mase) ed è stato richiesto dal governo di eliminare il Sismabonus sostituendolo con l’Ecobonus. Le altre modifiche riguardano le caldaie a gas, gli asili nido, le tecnologie satellitari, la creazione di imprese femminili.
Fitto comunque ha rassicurato che le modifiche non pregiudicheranno il finanziamento dell’intera rata, che è confermato, ma non si sa con che tempi, come per la terza. Le modifiche, si legge in un documento approvato dalla cabina di regia, sono «riferite ad errori nella Cid», ovvero Council Implementing Decision, il documento di applicazione del Recovery, «e a circostanze oggettive che non consentono la rendicontazione delle misure». Questo restyling è stato messo a punto anche con la Commissione europea, ma per l’erogazione delle risorse servirà il via libera formale dopo una verifica, una volta che l’Italia avrà inviato la richiesta di pagamento, che dovrebbe avvenire a giorni.
Al netto dei ritardi, come ci hanno raccontato fonti interne alle varie task force create per il Pnrr, quello che l’Italia rischia di scontare è la mancanza di progettualità. Il Piano di ripresa e resilienza sta mettendo a nudo le bugie che ci siamo raccontati fino alla pandemia, ovvero che il nostro è un Paese pieno di progettualità ma privo di finanziamenti. Ora che abbiamo i finanziamenti, ci rendiamo conto che a mancare è la progettualità e parte dei soldi del Pnrr andranno restituiti se non riusciremo a creare ricchezza investendo in progetti ambiziosi, come ambiziosi sono gli obiettivi richiesti dalla Commissione europea per erogare i fondi. In questo modo, restituire il debito che creeremo, sarà ancora più difficile, se non impossibile.
Quello che richiede l’Europa con i suoi controlli minuziosi è un’idea di sviluppo, che però sembra mancare. Al momento il nostro unico obiettivo è quello di spendere i soldi per tempo, per ottenere altri soldi, apportando modifiche che non ci facciano perdere neanche un centesimo, ma rinunciando alla creazione di sviluppo e a quei miglioramenti di cui invece l’Italia ha bisogno.
Studentati: confronto Italia-Europa
Gli studentati sono strutture abitative per universitari che saranno realizzati con partenariati tra pubblico e privato (Ppp), cioè forme di collaborazione tra enti pubblici e soggetti privati: l’ente pubblico cofinanzia, la gestione della nuova struttura è affidata al soggetto privato. Ad aggiudicarseli sono alcuni grandi attori del mercato di cui abbiamo scritto nelle puntate L’industria degli studentati e Bologna, dove gli studentati privati dettano legge.
«Il Comune può non costruire, ma dare condizioni di favore a chi fa studentati, in termini di oneri di urbanizzazione, possiamo ragionare su tutto quello che è nelle nostre mani», dichiarava l’8 maggio Giuseppe Sala, il sindaco di Milano, la città che da qui al 2026 crescerà di più in Europa in termini di alloggi per studenti. A ingrossare le tasche dei privati finora, più di 26 milioni di euro.
Secondo il database Real Capital Analytics, che colleziona tutte le transazioni commerciali globali in campo immobiliare, i primi cinque Paesi che investono maggiormente nel settore delle residenze universitarie, e nei servizi correlati, sono Regno Unito, Germania, Olanda, Francia e Spagna. L’Italia, secondo i dati del centro di ricerche Savills, nel 2022 pesava lo 0,6% dell’ammontare totale degli investimenti nel mercato degli studentati europeo. La Gran Bretagna, da sola, vale invece più del 70%, con più 8,5 miliardi di investimenti: ha inventato questa forma di abitare ed è il Paese dal quale si possono scoprire i suoi effetti sulla crisi abitativa.
Il mercato degli alloggi per studenti, di certo, è sempre più florido: nel 2022, la società Student Root è stata venduta per 3,9 miliardi di euro ai fondi Greystar e GIC. Nel maggio 2020, in piena emergenza pandemia da Covid-19, il fondo immobiliare statunitense Blackstone ha acquistato per 5,22 miliardi di euro la società britannica di alloggi per studenti iQ Student accommodation. È considerata la più grande transazione nel settore della proprietà privata nel Regno Unito. A dicembre 2020 i primi cinque Paesi che registrano il più alto numero di transazioni nel settore degli studentati sono Inghilterra, Germania, Olanda, Francia e Spagna. I dati di Real Capital Analytics sottolineano come in Inghilterra il volume di transazioni (964) fosse all’incirca dieci volte maggiore rispetto a quello del mercato spagnolo (88). Nonostante il freno imposto dalla pandemia, il mercato degli studentati ha dimostrato una resilienza mancata ad altri settori immobiliari. Se dal 2021 in poi il rischio di investimento è ancor più giustificato, tutto fa pensare che il settore dello student housing non farà altro che aumentare di volume.
«Il settore – scrive Savills – ha continuato a dimostrare di essere anticiclico, con un gran numero di giovani che accedono all’istruzione superiore in periodi macroeconomici difficili». Quello post pandemia è uno di questi ultimi. Durante fasi storiche simili è sale anche la richiesta di alloggi. Solo che le università e il pubblico non sono in grado di rispondere alle esigenze di tutti coloro che vogliono studiare in atenei di pregio. Non hanno la forza, né la capacità di spesa di creare strutture ricettive convenzionate e con affitti calmierati. Così s’innesca il circolo vizioso della speculazione, sia dei piccoli, sia dei grandi proprietari.
La storia dell’industria degli studentati privati insegna che le acquisizioni, con lo scorrere degli anni, è cresciuto, segno che per gli investitori è un settore sul quale scommettere. La fame di alloggi, però, non accenna a placarsi, né in Italia, né altrove. Questo settore immobiliare è nato dall’intuizione di un 21enne inglese che ha saputo vedere prima degli altri e sfruttare a suo vantaggio una rivoluzione in atto nel mondo universitario britannico. Il suo nome è Nicholas Anthony Porter.
Chi acquista gli studentati
Tipologie di investitori – e relative fette di mercato – che hanno acquisito studentati tra il 2010 e il 2020 nel Regno Unito e Germania
Una riforma epocale
Nel 1991 Porter fonda a Bristol, sede di una delle università più rinomate in Inghilterra, la Unite group, prima azienda privata del continente che si occupa esclusivamente di residenze universitarie. Una novità, poiché per decenni erano state le università stesse a fornire gli alloggi ai propri studenti fuorisede. Trasformando una serie di uffici in disuso di Bristol in stanze per studenti, nel 1992 Porter segna l’inizio della sua trentennale attività nel settore.
L’iniziativa di Porter arriva in un momento propizio. Proprio mentre Unite muove i primi passi, il governo britannico vara una epocale riforma dell’istruzione terziaria. Viene eliminata una storica distinzione tra le università accademiche e i politecnici a vocazione professionale.
Questo cambiamento scatena una forte competizione per accaparrarsi il flusso di studenti in continua crescita. Oltre all’offerta di studio e alla reputazione degli atenei, tra i motivi che guidano le scelte degli studenti emerge con forza anche la qualità degli studentati. «Molte università erano reduci da un ventennio caratterizzato da scarsi investimenti nei loro alloggi per studenti. Per buona parte non erano più strutture adeguate, alcune cadevano a pezzi – spiega William Whyte, professore all’Università di Oxford e storico specializzato nell’evoluzione architettonica delle università -. Quello di cui avevano bisogno era un incremento massiccio del numero di alloggi e del loro livello qualitativo». Le università, però, non dispongono di abbastanza fondi per sistemare la questione. A proporre la soluzione arrivano gli operatori privati come Porter che hanno iniziato ad annusare l’affare.
Il business di Porter, da allora, si espande a macchia d’olio. Dieci anni dopo la sua nascita, Unite group entra nella borsa londinese e, nel 2001, gestisce già più di 10 mila posti letto in 18 città inglesi, tra cui Londra, Liverpool e Manchester. Numeri destinati a crescere in maniera costante anno dopo anno, parallelamente agli studenti universitari. Tanto che l’Inghilterra, a un certo punto, non basterà più.
2010-2017: si apre il mercato europeo degli studentati
Secondo stime dell’Unione europea, nel 2020 gli studenti universitari iscritti in un’università del continente erano 18 milioni. La Germania è il Paese che ne accoglie il numero più alto, 3,3 milioni. A seguire ci sono Francia (15,3%), Spagna (11,9%) e Italia (11,3%). Il mercato creato attorno al settore degli studentati si è sviluppato praticamente negli stessi Paesi.
A seguito dell’innalzamento della domanda di alloggi per studenti e della crisi finanziaria del 2008, nei primi anni Dieci del 2000 i prezzi delle stanze in affitto nelle città universitarie sono iniziati ad aumentare. Gli istituti di credito cominciano a fiutare possibili guadagni in un mercato immobiliare ancora acerbo, rendendosi disponibili a prestare denaro alle società. Una volta ottenuto il capitale iniziale lo schema di investimento viene poi assorbito da grandi player, che cominciano a finanziare a bassi tassi di rendimento. Così è successo alla società britannica di alloggi per studenti iQ, fondata nel 2006 e fusa dieci anni dopo con l’attività di alloggi per studenti di Goldman Sachs. Ora è di proprietà del fondo immobiliare statunitense Blackstone.
Nicholas Anthony Porter si spinge però oltre. Dal 2006 in poi, a sostenere le operazioni di espansione della Unite Group nel settore degli studentati è il fondo Unite UK Student Accommodation Fund (Usaf), il più grande veicolo di investimento specializzato in alloggi per studenti non quotato in Europa. Ad oggi gestisce un portafoglio di 76 strutture e ha un valore di mercato di quasi tre miliardi di sterline.
In aggiunta, l’aumento degli studenti universitari e la conseguente costante domanda di alloggi per frequentare l’università ha reso il mercato della student accommodation sempre più interessante agli occhi degli investitori. Il premio di rendimento garantito dallo squilibrio tra domanda e offerta di alloggi per studenti stava aumentando ed era allo stesso tempo più attraente rispetto ad altri comparti del settore immobiliare, come le attività residenziali. Gli investitori, nella maggior parte dei casi, sono fondi sovrani, fondi pensione e trust immobiliari. Soggetti che vedono gli alloggi universitari come una “scommessa sicura” per diversificare i propri portafogli, e che ne approfittano per investire prima che il settore cominci a rendere meno a seguito di una maggiore fiducia da parte del mercato.
Cos'è un trust immobiliare
I Real Estate Investment Trust (REITs) sono nati nel mondo anglosassone, e sono particolari aziende legate all’attività sul mercato immobiliare che offrono vantaggi per gli investitori. I REITs svolgono la funzione di mettere a frutto i fondi degli investitori (azionisti ai quali l’azienda garantisce un flusso di denaro stabile). Un trust è essenzialmente una relazione fiduciaria tra un’entità che deposita del denaro o altri beni (trustor) e un’altra entità che ha il compito di custodirli o impiegarli (trustee). In alcuni casi si stringe questo accordo per una terza parte, il beneficiario, al quale poi i fondi sono destinati. Nel caso dei trust immobiliari, il beneficiario e l’investitore sono solitamente la stessa persona. In Italia i REITs non hanno una forma giuridica.
Per gli investitori, spiega Whyte, «è un modo economicamente sicuro di fare soldi, perché non c’è mai stata finora abbastanza offerta per soddisfare in pieno la domanda e, quindi, l’occupazione degli alloggi è praticamente garantita». Tolto il periodo anomalo della pandemia, da anni gli studentati privati riescono a riempire la quasi totalità delle stanze a loro disposizione allo stesso tempo aumentando costantemente i canoni di affitto (l’indice di occupazione media è del 98% in Europa).
Secondo analisti che seguono il mercato, il numero di nuovi alloggi in costruzione o in progettazione non è comunque abbastanza per tenere il passo con la domanda. La conseguenza è un aumento dei canoni di affitto per gli studenti e dei profitti per gestori e investitori. In Regno Unito, dal 2006 a oggi il costo medio di una stanza è aumentato di quasi il 30% (tolta l’inflazione). L’affitto medio annuale per una stanza in uno studentato era di 7.300 sterline (8.300 euro) nell’anno accademico 2021-2022. Cifra che sale vertiginosamente a Londra, dove gli universitari devono sborsare in media 10.850 sterline (12.370 euro) all’anno. A fine 2022, il portale StuRents riportava un ammanco di 207 mila posti letto, comparato alla domanda.
L’attrattività dell’investimento nel settore degli studentati ha prodotto una serie di reazioni a catena: le banche, fiduciose di poter ottenere un margine di guadagno, hanno fornito capitale; le società immobiliari hanno consolidato la loro attività e acquisito sempre più alloggi e residenze per studenti. Per gli investitori i rendimenti del settore sono stati molto positivi.
GSA: la matrioska degli studentati europei
Spesso i trust immobiliari non investono da soli nello student housing: formano delle joint venture, associazioni temporanee di imprese attraverso le quali una o più imprese collaborano per raggiungere un determinato scopo o per eseguire un progetto. Nel luglio 2021 il CGP Student Living Plc, uno dei più grandi trust immobiliari che investe primariamente in proprietà destinate agli studenti a Londra e limitrofi, è stato acquisito da un consorzio che comprendeva il fondo pensione olandese APG Asset management e il più grande equity fund mondiale, Blackstone.
Il primo passo di Nicholas Anthony Porter verso la conquista del mercato al di fuori dell’Europa inizia però ben prima. Nel 2008 Porter crea Urbanest, gestendo otto studentati nella zona centrale di Londra dove hanno sede alcune delle più prestigiose università. Già al tempo l’idea di Porter è quella di offrire un servizio a 360°: non solo un alloggio per frequentare l’università, ma una vera e propria “esperienza”. Anche se è difficile definire con certezza l’evoluzione di un mercato così giovane, studiosi del settore affermano come la compravendita di proprietà immobiliari nel settore degli studentati avvenga all’incirca ogni cinque anni. Nel 2009, Porter esce da Unite Group ma non lascia il settore immobiliare per studenti.
Tra il 2013 e il 2014 le mire espansionistiche dell’imprenditore inglese infatti cambiano: Porter crea Global Student Accommodation group limited, GSA. È attraverso l’immobiliare britannica che il pioniere dello student housing moltiplica e inserisce una nell’altra, come in una matrioska, le società che operano nel settore e lo definiranno per gli anni a venire. Si spinge a Dubai, Dublino, Hong Kong e Pechino. Nella capitale cinese GSA inizia a gestire lo Schwarzman College che, grazie ai finanziamenti ricevuti da banche, assicurazioni, società di consulenza e multinazionali dell’oil&gas come British Petroleum, realizza un master di un anno per futuri leader negli affari.
Secondo alcune stime di Real Capital Analytics, a partire dal 2015 gli investimenti in acquisizioni dirette nel mercato degli studentati a livello globale hanno raggiunto in media i 16,7 miliardi di dollari l’anno. Protagonisti sono banche, fondi comuni di investimento, compagnie di assicurazione e fondi speculativi, che dirottano i loro denari verso settori immobiliari alternativi; e in particolare i fondi sovrani, che tra il 2012 e il 2017 quadruplicano gli investimenti destinati agli studentati.
Gli investimenti di Porter non fanno eccezione. Nello stesso anno l’imprenditore acquisisce trust e proprietà immobiliari, come il portfolio di residenze universitarie inglesi University Capital Trust, un’entità registrata a Guernsey, nell’arcipelago delle Isole del Canale, un paradiso fiscale sotto la corona inglese. Sempre nel Regno Unito, GSA assorbe anche The Student Housing Company. Poi è la volta di Headquarter, un fondo che nel 2016 gestiva quattro proprietà in località universitarie (Dresda, Darmstadt, Francoforte e Münster) per un totale di mille alloggi. Con questa acquisizione la GSA di Porter entra anche nel mercato tedesco.
Attraverso GSA Coral Portfolio, fondo di investimento con sede in Lussemburgo nato dopo l’acquisizione da parte di Porter del Coral Student Portfolio Fund, nel 2017 l’imprenditore arriva nel quarto mercato più importante del settore: con un investimento di 140 milioni di euro acquisisce più di 2.000 posti letto a Barcellona e Madrid, strutture universitarie fino a quel momento in mano alla piattaforma Nexo Residencias e gestita dal fondo statunitense Oaktree.
Dall’Inghilterra all’Europa, fino a The Dot Group
Quando tutto il mondo è tenuto sotto scacco dal Covid-19, Porter fa il grande salto e approda oltreoceano. Il suo asset immobiliare negli studentati entra nel mercato statunitense direttamente dalla porta. Nel gennaio 2021, senza divulgare il costo dell’acquisizione, Porter aggiunge alle sue proprietà immobiliari ottomila posti letto in una transazione realizzata da Blackstone Real Estate Debt Strategies. È però con il fondo Morgan Stanley Real Estate Investing, della prestigiosa banca d’affari con sede a New York, che il fondatore e presidente esecutivo di GSA può dirsi davvero arrivato: creando una joint venture tra GSA e il fondo bancario porta un capitale di più di un miliardo e mezzo di dollari comprando 15 mila posti letto.
Dopo aver accumulato proprietà in Europa, Stati Uniti, Australia, e altri Paesi del Medio Oriente e asiatici, Porter unisce tutti i marchi operativi fino a quel momento gestiti sotto il grande cappello di Global Student Accommodation. Il nome tradiva già da tempo le mire di Porter, non solo oltreoceano ma globali. La nuova piattaforma, con la quale gestisce il suo patrimonio immobiliare nel mondo, si chiama Yugo e insieme a GSA gestisce The Student Housing Company, Nexo Residencias e Uninest Student Residents comprendendo quasi 100 spazi abitativi, e 45 mila posti letto.
Oggi per GSA uno dei mercati più promettenti è quello italiano dove si prevede una lotta per chi mette radici per primo. «Vediamo Paesi come l’Italia dove sicuramente esiste un vantaggio per chi si muove per primo visto che è così embrionale – ha detto ad aprile James Hunt, a capo del real estate di GSA, alla testata React news -. Ci sono città fantastiche che attraggono un sacco di studenti internazionali e c’è una domanda molto radicata».
A mettere un punto, per il momento, alle acquisizioni e all’espansione di Porter nel mercato degli studentati universitari – di fatto evolutosi di pari passo con la sua crescita imprenditoriale – è, nomen omen, The Dot Group. Un’altra matrioska in cui una dentro l’altra si sommano GSA, la neonata Yugo, il gruppo di investimenti immobiliari Kinetic capital, la piattaforma di case per studenti Student.com, Nexo Residencias e l’immobiliare The Student Housing company.