Pnrr, tre versioni per un piano poco trasparente
Il piano di ripresa è stato pubblicato dal Governo senza allegati. La traduzione inglese si discosta da quella italiana per voci di spesa traghettate da una “missione” all’altra. Alla fine a guadagnarci è sempre l’industria del gas

25 Maggio 2021 | di Francesca Cicculli, Carlotta Indiano

«Sono certo che riusciremo ad attuare questo piano: sono certo che l’onestà, l’intelligenza, il gusto del futuro, prevarranno sulla corruzione, la stupidità e gli interessi costituiti». Con queste parole il presidente del Consiglio, Mario Draghi, terminava il suo discorso di presentazione alla Camera dei deputati del Piano nazionale di ripresa e resilienza (PNRR), il 26 aprile 2021. Dopo la presentazione in Parlamento, il documento è stato sottoposto alla votazione di entrambe le camere, ottenendo la maggioranza dei consensi. Tre giorni dopo, il PNRR da cui dipende «il destino del Paese» è stato inviato alla Commissione europea, come avevano già fatto gli altri Paesi europei prima dell’Italia, mettendo a tacere quanti nelle settimane precedenti avevano paventato un ritardo del nostro Paese rispetto alla consegna imposta dall’Europa.

In ritardo, invece, compare una versione del PNRR corredata da allegati e approfondimenti in lingua inglese. Il 7 maggio, infatti, su Archive.org, l’associazione onData – gruppo che promuove l’accesso ai dati – rende pubblico un documento di più di duemila pagine ricevuto da Roberto Fico definito nel messaggio introduttivo firmato da Draghi come «il piano presentato il 30 aprile 2021 alla Commissione europea». Si tratta della terza versione diversa del PNRR: la prima, approvata in Parlamento, viene modificata in corso di votazione, senza avvertire deputati e senatori; la seconda, quella modificata, appare sul sito di Palazzo Chigi come versione «inviata alla Commissione europea», ma mancano gli allegati. Della terza sappiamo che non è stata pubblicata sui siti istituzionali italiani e europei e che non è una semplice traduzione del piano italiano, ma rileva dettagli significativi sui progetti che l’Italia vorrà attuare con i soldi europei.

Cos'è il PNRR

Per rilanciare l’economia europea dopo la crisi pandemica, il 18 dicembre 2020, Parlamento e Consiglio europeo hanno raggiunto un accordo per il Next Generation EU, un programma da 750 miliardi di euro da dividere tra gli Stati membri. All’Italia, in particolare, andranno 209 miliardi. Il primo 13% dei fondi dovrebbe arrivare a luglio, sbloccato proprio dal PNRR, il documento richiesto dall’Europa e contenente, nel dettaglio, la strategia di spesa dei soldi in arrivo da Bruxelles. Il piano di ogni Paese deve essere poi valutato e approvato dal Consiglio dell’UE. I singoli piani nazionali devono concentrarsi su alcune aree di intervento obbligatorie (flagship areas) investendo almeno il 37% della spesa per la transizione energetica e le questioni climatiche e almeno il 20% per la digitalizzazione.

Il piano presentato da Draghi rispetta le linee guida di Bruxelles, perché destina 59,47 miliardi di euro per la «rivoluzione verde» (il 40% delle risorse totali) e 40,32 miliardi di euro per la «rivoluzione digitale» (il 27% del totale). Gli altri miliardi disponibili sono ripartiti in altre quattro “missioni”: mobilità sostenibile (25,40 miliardi), istruzione e ricerca (30,88 miliardi), inclusione e coesione sociale (19,81 miliardi), salute (15,63 miliardi).

Per l’attuazione completa del piano, il Governo ha stabilito come termine ultimo il 2026. Il coordinamento per il monitoraggio e controllo, in contatto diretto con la Commissione europea, avverrà sotto l’egida del ministero dell’Economia e delle finanze con l’istituzione di un’apposita struttura. La gestione dei fondi sarà in capo anche ad altri tre dicasteri: quelli della Transizione digitale, della Transizione energetica e il ministero delle Infrastrutture e dei trasporti.

Poca trasparenza nei passaggi parlamentari

Le criticità del piano riguardano il suo iter parlamentare che è stato poco trasparente. «Le commissioni hanno lavorato e espresso pareri sulla bozza vecchia, quella preparata dal governo Conte. Poi questo documento è andato al governo (Draghi, ndr) che ha preso un po’ di cose, l’ha assemblato, e quando è ritornato da noi, non c’è stata nessuna discussione particolare», racconta a IrpiMedia Alessandro Fusacchia, deputato di FacciamoEco, componente ecologista del Gruppo Misto nata a inizio maggio 2021. Camera e Senato infatti, il 26 e il 27 aprile sono stati chiamati a votare la risoluzione che concede al governo la possibilità di trasmette il documento alla Commissione europea, ma non il piano vero e proprio. «Ancora una volta quello che ci verrà raccontato oggi è un piano già scritto, sul quale non c’è una vera possibilità di incidere: il pacchetto verrà chiuso, verrà mandato in Europa e anche di questo non riusciremo a discutere». Ha dichiarato Ylenja Lucaselli di Fratelli d’Italia, nella discussione parlamentare che ha preceduto il voto.

L’opposizione ha poi contestato anche il poco tempo a disposizione concesso ai parlamentari per leggere il documento: «Il testo del PNRR è stato votato e licenziato dal Consiglio dei Ministri sabato notte (24 aprile, ndr) alle 22, per cui lei si immagini come si possa discutere in 48 ore un documento banale, che va, tutto sommato, a investire 222 miliardi di euro», ha commentato con sarcasmo Alessio Butti di Fratelli d’Italia, nella stessa discussione.

I deputati non sapevano che mentre erano riuniti per la votazione del PNRR questo veniva ulteriormente modificato. Il 5 maggio, infatti, sul sito del governo, viene caricata una versione differente da quella votata alle camere, da 273 pagine si passa a 269 pagine. Come denuncia Openpolis, questo documento è stato creato proprio il 26 aprile. Quest’ultima versione è quella consultabile sul sito della Commissione europea.

La versione inviata a Bruxelles, oltre che un numero diverso di pagine contiene alcune differenze di contenuti: 400 milioni di euro sono stati spostati dalla digitalizzazione alla transizione verde e alla mobilità sostenibile. Compaiono poi modifiche ad alcune riforme che sono diventate abilitanti e cioè indispensabili per attuare il Piano, tra queste: la riforma fiscale e quella relativa ai pagamenti della pubblica amministrazione. Per entrambe sono stati specificati tempi e modalità di attuazione. Anche la riforma giudiziaria ha subito delle modifiche.

Cosa contengono gli allegati (mai resi pubblici dal Governo)

Ma la storia non finisce qui. Il 7 maggio, Alessandro Fusacchia, con un tweet denuncia l’arrivo ai deputati di un altro documento di 2.487 pagine. È la versione contenente gli approfondimenti del piano in inglese, da negoziare con la Commissione, e gli allegati riguardanti gli scenari macroeconomici, i cronoprogrammi e altri elementi tecnici.

Questo terzo documento non è stato reso pubblico, non appare sul sito del Governo, né su quello della Commissione europea. IrpiMedia è riuscita a consultarlo grazie all’associazione onData che l’ha resa disponibile su Archive.org.

Se la versione italiana fissa gli obiettivi che la transizione verde deve perseguire, la versione inglese specifica le modalità di attuazione e delinea la strategia che l’Italia starebbe considerando per raggiungere tali obiettivi. Seppur non esplicitando i progetti, che saranno frutto di una manifestazione di interesse a parte, è evidente che la direzione presa vada a favore ancora una volta dell’industria del gas.

Per approfondire

La partita dell’idrogeno, le lobby in campo per orientare il Green Deal

Il Recovery plan europeo orienterà le nuove strategie energetica e industriale del continente. Una partita in cui le grandi aziende del gas e dell’energia non rinunciano a cercare di tracciare la rotta

Il documento ufficiale fa riferimento soltanto all’idrogeno verde, specificando che l’Italia investirà sullo sviluppo delle rinnovabili. Gli allegati riprendono l’idrogeno verde come obiettivo finale, includendo però, nella fase di transizione, altri combustibili, incluso l’idrogeno blu, prodotto da gas. Nelle pagine in inglese si legge che, per ridurre le emissioni di Co2, l’Italia pensa di seguire tre strade: ridurre la domanda di energia, in particolare per la mobilità e i consumi privati; modificare il mix energetico a favore di una più ampia disponibilità di rinnovabili, combinate con la produzione di idrogeno; e sfruttare i rifiuti forestali, accompagnandoli con l’uso della CCS-CCU (cattura, stoccaggio, e riutilizzo dell’anidride carbonica). La tecnologia obsoleta e già fallita di CCS, che dalla versione italiana sembra essere uscita, in quella inglese è considerata come strumento di decarbonizzazione.

La cattura e lo stoccaggio del carbonio si lega alla produzione di idrogeno blu, possibile solo con questa tecnica. Negli allegati in inglese si legge infatti che: «Per la decarbonizzazione, il passaggio progressivo all’idrogeno a basse emissioni di carbonio (blu, ndr) sarebbe una valida alternativa, come step intermedio verso l’idrogeno verde». Nella versione italiana non è mai citato l’idrogeno blu.

Un confronto tra passaggi in inglese e in italiano delle due diverse versioni del Pnrr. Nella versione in italiano si fa riferimento alle strategie da seguire per perseguire la produzione e lo sviluppo dell’idrogeno. Nella versione inglese si esplicita una lista di poli industriali fornita da Confindustria dalla quale partire per il perseguimento di questo obiettivo

Per il PNRR italiano, l’idrogeno verrà prodotto in siti industriali dismessi già allacciati alla rete del gas esistente e poi trasportato ad altre industrie che lo utilizzeranno – si parla soprattutto di industrie chimiche, petrolchimiche e raffinerie, settori non elettrificabili – tramite blending, cioè in miscela al 2% con il metano. Le pagine in inglese, specificano che una prima lista di questi siti dismessi è stata fornita da Confindustria e che l’idrogeno potrà essere trasportato nei gasdotti, in miscela fino al 10%.

I progetti di trasporto verranno sviluppati insieme alle Transmission System Operator (TSOs), ovvero le aziende che possiedono le infrastrutture del gas, come l’italiana Snam. Proprio queste ultime, però, secondo uno studio dello IEEFA ripreso nel report dell’ong Re:Common L’ingiusta transizione, sono responsabili di una bella quota di emissioni inquinanti di gas naturale che però non riportano. Nel caso di Snam le emissioni sono 70 volte superiori a quanto dichiarato dall’azienda. A loro l’Italia pensa di affidare il trasporto di idrogeno.

Il settore del gas ne esce ancora di più rafforzato perché mentre nel PNRR italiano viene descritto in poche righe, gli approfondimenti in inglese per la “missione due” dedicano ampio spazio al biometano, ovvero al gas prodotto da rifiuti, considerandolo «strategico per la decarbonizzazione». «Se incanalato all’interno delle infrastrutture del gas – si legge nei documenti in inglese – contribuirebbe al raggiungimento degli obiettivi europei per il 2030».

Non sappiamo quale versione diventerà operativa perché a differenza di altri Paesi che hanno pubblicato i loro piani di ripresa e resilienza con gli allegati e gli approfondimenti sul sito della Commissione, l’Italia ha consegnato solo il documento in italiano. Non è chiaro se e quando verranno resi pubblici gli allegati in inglese. Lo abbiamo chiesto a Palazzo Chigi ma non abbiamo ricevuto risposta.
La trasparenza su questi documenti è necessaria perché i dettagli inseriti negli allegati chiariscono cosa verrà finanziato con i fondi del Next Generation. Si tratta di progetti che avrebbero potuto modificare anche le intenzioni di voto dei parlamentari.

Infografica: Lorenzo Bodrero | Foto: governo.it | Editing: Lorenzo Bagnoli

IrpiMedia è gratuito

Ogni donazione è indispensabile per lo sviluppo di IrpiMedia

Share via
Copy link
Powered by Social Snap