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L’ex console messicano a Barcellona e i legami con i cartelli del narcotraffico
Fidel Herrera Beltràn è uno dei politici più influenti del Messico. Console a Barcellona per due anni, secondo fonti dell’intelligence spagnola nel suo mandato è stato punto di riferimento per droga e riciclaggio
06 Dicembre 2020
*Antonio Baquero
Dana Priest
Nina Lakhani
Paloma Dupont de Dinechin

Nell’ottobre del 2015 Fidel Herrera Beltràn si insedia come nuovo console messicano a Barcellona. L’ambasciatrice del Messico in Spagna Roberta Lajous si è sempre rifiutata di farsi fotografare con lui e la sindaca della capitale catalana Ada Colau ha preteso di sapere dal ministero degli esteri spagnolo il motivo per cui avesse accettato le sue credenziali. Perché tutto questo scetticismo attorno a quel politico messicano di lungo corso eletto quattro volte al parlamento di Città del Messico tra gli anni ‘80 e ‘90 nelle file del PRI (Partito rivoluzionario istituzionale), e governatore dello stato di Veracruz per dieci anni dal 2004 al 2014?

Dal Messico a Barcellona

La risposta parte da lontano, ma può essere riassunta con tre concetti fondamentali: i cartelli della droga, in particolare uno dei più potenti e violenti, i Los Zetas, corruzione e riciclaggio. Tanto che nel 2015 quando Herrera giunge a Barcellona si è già guadagnato da due anni un posto nella poco onorevole classifica dei dieci politici messicani più corrotti di sempre. Una posizione che gli affibia il magazine Forbes citando proprio i suoi presunti collegamenti con il cartello dei Los Zetas. A Barcellona infatti anche l’intelligence catalana lo marca stretto.

In città, racconta una fonte di polizia, Herrera si muoveva con due auto di scorta che lo precedevano e lo seguivano. Al ristorante una delle guardie del corpo (che nel frattempo si erano guadagnate il nomignolo di “men in black”) ispezionava con cura il locale prima di entrare.

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The Cartel Project

The Cartel Project è un progetto d’inchiesta collaborativo coordinata da Forbidden Stories che ha coinvolto 60 giornalisti di 25 media in 18 paesi e copre vari aspetti dei cartelli messicani, inclusa la violenza e gli omicidi di molti giornalisti nello stato di Veracruz. IrpiMedia è l’unico partner italiano. Forbidden Stories è un centro di giornalismo nonprofit il cui obiettivo è continuare il lavoro dei giornalisti uccisi.

Più attivo nella convivialità delle mostre d’arte e negli incontri con uomini d’affari che nei consessi diplomatici Herrera viaggiava spesso verso Andorra o promuoveva instancabilmente iniziative commerciali, tra cui voli diretti Barcellona-Cancun. «L’avevano mandato a fare quello che sa fare meglio – racconta un altro uomo dei servizi di sicurezza spagnoli – costruire relazioni. Una macchina da “networking”». Pesano le accuse, mai formalizzate, dei contatti con i Los Zetas e i servizi di intelligence iberica: «Hanno ricevuto informazioni sul fatto che Herrera potrebbe essere collegato a giri di riciclaggio con potenti trafficanti in Catalogna», ha detto laconicamente un agente della divisione indagini sul crimine dei Mossos d’Esquadra catalani.

Nel 2017 l’uomo si è improvvisamente dimesso dalla sua posizione di console ed è tornato in Messico. Le forze di polizia spagnole hanno così interrotto il loro lavoro d’intelligence, ma il materiale raccolto non è andato perduto e ha dato il via a indagini che hanno portato all’arresto di personalità legate ad Herrera durante il suo soggiorno in Spagna.

Herrera nei suoi quarant’anni di politica attiva in pubblico in quel del Messico ha sempre espresso gli interessi del settore agricolo messicano, promuovendo sviluppo economico, acqua pubblica, trasparenza e riforma delle istituzioni del Paese. Dietro le quinte però le cose sembrano andare diversamente e negli anni in cui governa lo stato di Veracruz, già tra le regioni più violente del Messico e del mondo, vede un’escalation di violenza.

Fidel Herrera Beltràn – Foto: Proceso

All’insediamento di Herrera nel 2004 si contavano 9 omicidi ogni 100 mila abitanti, mentre sei anni dopo si toccano le 23 vittime ogni 100 mila abitanti (per avere un termine di paragone l’Europa ne conta una e l’Italia 0,57). Tra loro c’è anche Luis Daniel Méndez Hernández, un giornalista radiofonico ucciso il 23 febbraio 2009.

I legami con i Los Zetas

Nel 2007 la procura centrale del Messico e la DEA (Drug enforcement administration) statunitense accusano Herrera di aver favorito l’ascesa del cartello dei Los Zetas. Nelle carte si citano quattordici diversi testimoni sotto protezione e le due autorità ricostruiscono i rapporti tra il governatore e i narcotrafficanti, scrivendo come lo stesso Herrera avesse intimato alla polizia di non infastidire gli Zetas.

Il cartello è un gruppo paramilitare nato dal braccio armato del più antico cartello del Golfo negli stessi anni in cui quest’ultimo ha visto lievitare enormemente le sue fortune. Dopo violente guerre fra clan nel 2008 gli Zetas hanno preso il controllo del territorio nello stato di Veracruz, in particolare dell’aeroporto internazionale, un eccellente snodo di partenza per spedire cocaina e droghe sintetiche tanto verso gli Stati Uniti d’America quanto verso l’Europa.

Il ruolo di Herrera è talmente rilevante che a un certo punto viene ritenuto dai media e dalle associazioni per la tutela dei diritti umani la figura apicale del cartello. Per usare il linguaggio caro agli Zetas, che chiamano in codice i loro membri con un numero rispondente alla gerarchia interna, Zeta n. 1. Questa circostanza viene però smentita dalle autorità stesse. «È ormai un detto popolare che Herrera fosse lo Zeta n. 1 – spiega Jorge Rebolledo, consulente per la sicurezza con oltre dieci anni di esperienza a Veracruz – ma è altrettanto vero che senza il permesso del governatore il cartello non avrebbe potuto operare come ha fatto».

Nelle carte si citano quattordici diversi testimoni sotto protezione e le due autorità ricostruiscono i rapporti tra il governatore e i narcotrafficanti, scrivendo come lo stesso Herrera avesse intimato alla polizia di non infastidire gli Zetas

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Il cartello fa affari, lo stesso Herrera, spiega ancora Rebolledo «ha beneficiato economicamente della loro presenza, e in alcune situazioni li ha pure utilizzati per mantenere l’ordine in certe regioni. Ci sono molte indicazioni in merito – specifica l’esperto – ma nessun documento o registrazione, così come è chiaro che mai abbia dato ordini diretti agli uomini del cartello. Anche i membri del cartello che hanno parlato dopo essere stati arrestati – conclude Rebolledo – e che hanno fatto il nome di Herrera hanno ammesso di aver contribuito alla sua campagna elettorale, ma negano che lo stesso mai avesse chiesto loro di fare qualcosa».

A proposito dei benefici economici, la ricchezza di Herrera è immensa. Una inchiesta del settimanale Proceso ha ricostruito il suo patrimonio che vede la proprietà di un jet privato, 22 auto compresa una blindata, diversi ranch, un albergo e uno yacht. Alle domande su come avesse accumulato i suoi beni ha risposto di essere stato fortunato, di aver vinto per ben due volte la lotteria nazionale incassando 6,8 milioni la prima volta nel 2008 e 3,6 milioni l’anno successivo. Il tutto mostrando le sue foto con gli assegni.

Ma è nel 2013 che il rapporto di Herrera con gli Zetas diventa materia di dibattito pubblico quando in Texas finisce a processo Pancho Colorado Cessa, uno dei riciclatori dei capitali del cartello. Stando alle carte del processo e secondo quanto dichiarato durante il dibattimento dall’agente dell’FBI Scott Lawson «Colorado Cessa era l’intermediario tra il cartello e il governo di Veracruz. Tramite lui sono arrivate a Herrera le tangenti per facilitare il narcotraffico e gli aiuti per le sue campagne elettorali». Sulla stessa linea il professionista José Carlos Hinojosa, considerato il “commercialista degli Zetas”, che ha confessato di aver versato a Herrera 12 milioni per la sua campagna elettorale.

Nel 2010 Herrera ha lasciato il suo posto di governatore a Veracruz, dopo aver sostenuto il suo successore del PRI Javier Duarte de Ochoa, poi condannato a nove anni per corruzione. Herrera ha invece negato sempre ogni addebito e le accuse nei suoi confronti sono finite in un nulla di fatto. Nel 2013 prende corpo l’ipotesi di un suo invio come ambasciatore in Europa, dove arriverà effettivamente due anni più tardi in quel della Spagna.

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Il politico ed ex console messicano a Barcellona Fidel Herrera – Foto: dal profilo Twitter di Herrera

Colletti bianchi e appalti

«Negli Stati Uniti abbiamo le multinazionali a finanziare i politici – dice l’ex agente dell’FBI Arturo Fontes, oggi titolare di una società che opera nel campo della sicurezza in Messico – qui lo fanno i narcos. Herrera ha intascato milioni di dollari attraverso i colletti bianchi del cartello per permettere loro di agire nell’impunità». E non solo nel mondo del narcotraffico.

Lo stesso Fontes sottolinea come una volta eletti i governatori favoriscono i cartelli anche tramite la concessione di appalti pubblici a imprese riconducibili agli stessi clan, inquinando così anche l’economia legale a fronte di ulteriori tangenti. In questo modo i cartelli centrano un duplice obiettivo: operare in assenza di controlli e portare propri uomini dentro i governi. Durante la presidente Herrera a Veracruz il debito è esploso di cinque volte e la spesa pubblica è spesso finita nelle casse di imprese riconducibili agli Zetas.

Torna così il nome del riciclatore Colorado Cessa che ha beneficiato di contratti pubblici a Veracruz per un totale di 1,7 milioni di dollari con la sua ADT Petroservicios. Quest’ultima è entrata in altri appalti come subappaltatrice della Pemex, l’azienda petrolifera di Stato del Messico, assicurandosi contratti per 170 milioni di dollari.

Torna così il nome del riciclatore Colorado Cessa che ha beneficiato di contratti pubblici a Veracruz per un totale di 1,7 milioni di dollari con la sua ADT Petroservicios. Quest’ultima è entrata in altri appalti come subappaltatrice della Pemex, l’azienda petrolifera di Stato del Messico, assicurandosi contratti per 170 milioni di dollari

«Herrera ha intascato milioni di dollari attraverso i colletti bianchi del cartello per permettere loro di agire nell’impunità».
Arturo Fontes

Ex agente FBI

L’arrivo in Spagna e i contatti sospetti

Il 19 ottobre del 2015 Herrera si insedia come console messicano in Spagna. La nomina arriva direttamente dall’allora presidente del Messico Enrique Peña Nieto, che in passato aveva descritto lo stesso Herrera come «migliore amico». La scelta di una figura così in vista e controversa per un ruolo apparentemente minore fa notizia su entrambe le sponde dell’Oceano, e anche una parte di stampa spagnola si interroga sull’opportunità della nomina. Per prassi il posto di console a Barcellona va a diplomatici in carriera, ma Nieto, che in seguito è fuggito dal Messico per evitare accuse di collusione coi cartelli, aveva cambiato i requisiti per la posizione evitando così di dover passare dall’approvazione del Senato.

L’analista politico ed ex consigliere di Veracruz, Hector Velasquez Sosa, ha confidato che Herrera avrebbe voluto un più prestigioso posto da ambasciatore, ma che si è accontentato del ruolo di console dopo l’opposizione del secondo partito del Paese. «Fare Herrera ambasciatore sarebbe stato uno scandalo», dice Velasquez Sosa. «Un ruolo di grande potere con un “costo politico” troppo elevato, considerato che erano già noti i suoi legami col narcotraffico».

Al suo arrivo in Europa Herrera ha dimostrato chiaramente che quello spagnolo non era affatto un buen retiro. «A Barcellona – spiega un uomo dei servizi di sicurezza spagnoli – ha portato avanti una frenetica attività in cui è difficile dire dove finisse il suo lavoro come console e dove iniziasse quello di rappresentante dei cartelli».

Il 19 ottobre del 2015 Herrera si insedia come console messicano in Spagna. La nomina arriva direttamente dall’allora presidente del Messico Enrique Peña Nieto

L’insediamento al consolato messicano in Spagna di Fidel Herrera nell’ottobre del 2015 – Foto: profilo Twitter di Fidel Herrera

Parte dei suoi impegni apparivano del tutto innocenti, anche se costantemente lontani da quelli diplomatici che evitava accuratamente. Spesso presente agli incontri culturali organizzati da Mexcat, un’associazione culturale Messico-Catalana, organizzava incontri mondani con diverse aziende, in particolare con quelle specializzate nel packaging di prodotti farmaceutici. Tuttavia chi lo teneva d’occhio sospettava che le motivazioni di quegli eventi fossero ben altre e dirette a stringere rapporti per favorire i viaggi dei carichi di droga con prodotti legali.

«Del resto – continua l’agente spagnolo – se vuoi far passare un elefante per la Diagonal (una affollata strada di Barcellona, ndr) senza che nessuno lo noti la copertura migliore è farlo passare assieme al circo». Così le autorità spagnole hanno controllato Herrera mentre intesseva fitte relazioni con personaggi che in seguito sono stati accusati di riciclaggio e narcotraffico.

Tra loro Simòn Montero Jodorovic, ritenuto il capo di una delle più attive reti di spaccio della città. L’uomo è stato arrestato quest’anno con le accuse di narcotraffico e riciclaggio nell’ambito di una inchiesta che ha coinvolto anche i consoli del Mali, dell’Albania e della Croazia. La polizia catalana ha ricostruito un diagramma dettagliato dei contatti di Herrera in Spagna. Fra questi ci sono diverse figure riconducibili ai Los Zetas e a una curiosa casa editrice, la Malpaso Ediciones, il cui titolare è il messicano Bernardo Dominguez Cereceres.

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Il report “L’eredità di Fidel Herrera a Barcellona”, commissionato dal consiglio cittadino della capitale catalana, cita fonti confidenziali che indicherebbero una libreria e un ristorante come le principali aziende in città riconducibili a Herrera». Non sembra che Herrera avesse effettivamente quote in queste attività. Entrambe le aziende sono attive ma non presentano bilanci da due anni, oltre a non avere capitali significativi. Si sa però che molti scrittori, traduttori e impiegati si sono lamentati per i mancati pagamenti da parte di Malpaso.

Cereceres ammette di aver incontrato Herrera diverse volte nei due anni in cui il console è stato a Barcellona. E di averlo raggiunto anche in Messico, per andarlo a trovare in ospedale dopo che Herrera era stato colpito da un ictus. Cereceres nega però qualsiasi rapporto d’affari con Herrera e con i cartelli: «Non accetto accuse infondate di legami con la criminalità organizzata. Non ho nessun rapporto col governo messicano, né con quello di altri Paesi».

A luglio però l’uomo è stato accusato di riciclaggio proprio attraverso la Malpaso. Un riciclaggio che avrebbe favorito alcuni parenti dell’ex presidente catalano Jordi Pujol. L’accusa parla di prestiti fittizi ottenuti da Cereceres in Messico per nascondere bonifici in favore dei figli di Pujol. Le autorità spagnole fanno sapere che il denaro è transitato da Andorra.

Le autorità spagnole hanno controllato Herrera mentre intesseva fitte relazioni con personaggi che in seguito sono stati accusati di riciclaggio e narcotraffico

La tangente Andorrana

Il piccolo principato indipendente dell’Andorra, annidato fra Spagna e Francia sui Pirenei, ha giocato un ruolo chiave nelle attività di Herrera mentre viveva a Barcellona. Lo stesso Herrera ha detto scherzosamente di conoscere di persona tutti gli andorrani in Messico, e due diverse fonti hanno confermato a OCCRP che si presentava come console per quel paese anche se ufficialmente era al di fuori del suo mandato e della sua giurisdizione. La polizia catalana lega Herrera a Jordi Segarra, un consulente politico andorrano che ha lavorato con il PRI negli stati messicani di Coahuila, Nayarit e Mexico. La loro relazione è descritta con una sola parola: “Collaborano”.

A gennaio la procura generale del Messico ha confermato che Segarra è sotto indagine per riciclaggio, proprio per il periodo in cui lavorava con il partito di Herrera. I suoi conti bancari in Messico sono stati bloccati. Perchè Herrera abbia passato così tanto tempo ad Andorra è ignoto, ma il fatto che il paese sia un paradiso fiscale che offre grande segretezza ai clienti delle proprie banche, e che ha spesso accettato denaro di provenienza illecita potrebbe essere un indizio importante.

Andorra era nel mirino dell’unità anti-crimini finanziari del dipartimento del Tesoro americano (FinCEN) nel periodo del consolato di Herrera. Un anno e mezzo prima del suo arrivo, la FinCEN aveva definito “ad alto rischio” per riciclaggio la Banca Privada d’Andorra. La banca è accusata di aver riciclato almeno due miliardi di dollari provenienti dall’azienda pubblica del petrolio venezuelana, Petroleos de Venezuela, e di aver accettato soldi da gruppi di criminalità organizzata e da soggetti accusati di corruzione provenienti da Russia e Cina.

La polizia catalana lega Herrera a Jordi Segarra, un consulente politico andorrano che ha lavorato con il PRI in alcuni Stati messicani

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La mossa del FinCEN ha minacciato di scoperchiare l’intero sistema bancario andorrano, e ha costretto il governo ad attivarsi, il quale ha congelato i conti della banca e ne ha cambiato il management. Questa “pulizia” ha portato la FinCEN a ritirare la sua dichiarazione a marzo 2016. A gennaio 2017, Herrera di colpo rinuncia al suo posto da console e abbandona Barcellona. Nessuna motivazione ufficiale è stata rilasciata, ma solo pochi giorni prima una commissione d’inchiesta aveva rivelato come lo stato di Veracruz stesse pagando a prezzo pieno medicinali anticancro che in realtà non avevano alcun riconoscimento né efficacia. Herrera è sotto inchiesta per questa vicenda, assieme agli altri due precedenti governatori.

Herrera ha negato il suo coinvolgimento in questa vicenda è non è stato ufficialmente accusato. Mentre ha continuato, dopo il suo ritorno in Messico, a lavorare in politica, ha subito una serie di ictus, il più recente questo aprile. I media messicani riportano che stia passando la convalescenza nella sua casa a Veracruz. Raggiunto attraverso i suoi social media, il figlio di Herrera, Javier, ha detto che il padre è troppo debole per rispondere alle nostre domande.

CREDITI

Autori

Antonio Baquero (OCCRP)
Dana Priest (The Washington Post)
Nina Lakhani (The Guardian)
Paloma DuPont de Dinechin (Forbidden Stories)

In partnership con

Adattamento

Luca Rinaldi

Foto

Ibet Ibarra/Shutterstock

Traduzione

Giulio Rubino

Infografiche

Lorenzo Bodrero