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Opl245: Nigeria contro JP Morgan, un processo da 875 milioni di dollari
Il processo comincerà a Londra nel 2022: la Nigeria contesta l’autorizzazione dei pagamenti verso Malabu. Ruolo chiave nell’approvazione lo gioca il discusso Adoke Bello
28 Settembre 2021

Lorenzo Bagnoli

A febbraio del 2022 comincerà la prossima saga giudiziaria europea collegata al pagamento della licenza Opl 245. Durerà sei settimane e avrà luogo presso la sezione commerciale della Corte suprema di Londra, dove la Repubblica federale della Nigeria contesta all’ufficio londinese di JP Morgan Chase di aver effettuato dal conto a suo nome alcune transizioni dal valore complessivo di 875 milioni di dollari tra il 2011 e il 2013. Destinataria dei pagamenti in Nigeria era la Malabu Oil & Gas. Gli avvocati del Paese africano ritengono che la banca abbia approvato i pagamenti nonostante fosse consapevole dell’impiego dubbio dei soldi. «I pagamenti richiesti – scrivono i legali nigeriani – erano parte di uno schema corruttivo attraverso il quale il governo nigeriano sarebbe stato derubato». L’azione civile insiste sull’omesso controllo che sarebbe stato commesso da JP Morgan ai danni della Nigeria. La banca si dichiara innocente, ma non ha risposto alle richieste di commento di IrpiMedia.

La pena richiesta per la banca è la restituzione degli 875 milioni di dollari al Paese africano. «Nel periodo da settembre 2008 ad agosto 2013, l’imputato (JP Morgan, ndr) è venuto a conoscenza di fatti e questioni che avrebbero indotto un banchiere ragionevole e onesto a ritenere che esistesse una reale possibilità che il querelante (la Repubblica federale della Nigeria, ndr) fosse stato truffato, e quindi (avrebbe dovuto, ndr) astenersi dall’effettuare il pagamento». Il procedimento contro JP Morgan è stato intentato dalla Nigeria nel 2017.

L’istituto di credito nel 2018 aveva chiesto un giudizio abbreviato oppure l’archiviazione, ma i giudici della Corte d’appello londinese a maggio 2021 hanno deciso per il rinvio a giudizio: «La banca imputata non è stata in grado di dimostrare che il ricorrente (la Repubblica federale della Nigeria, ndr) non ha possibilità di successo», ha dichiarato il giudice Andrew Burrows

Dato che il procedimento in Gran Bretagna non riguarda il reato di corruzione internazionale ma è una disputa civile, prosegue senza essere intaccato dall’assoluzione con formula piena che gli imputati del processo Opl 245 hanno ottenuto in primo grado a Milano. Il verdetto d’appello, richiesto dalla procura meneghina e dalla Nigeria, parte civile nello stesso processo, è atteso nel 2022.

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L’accordo risolutivo di aprile 2011

I negoziati per l’acquisizione (senza gara) della licenza decennale di prospicienza petrolifera Opl 245 valida per i giacimenti offshore di Zabazaba ed Etan, a largo delle coste della Nigeria, si è chiusa il 29 aprile 2011 con la firma di un accordo di risoluzione tra Eni, Shell e il governo nigeriano. 

Quell’accordo dell’aprile 2011 – il “FGN Resolution Agreement”, l’accordo di risoluzione con il governo nigeriano – ha sbloccato automaticamente il pagamento di 1,092 miliardi di dollari, di cui 112 milioni di dollari provenienti da Shell e 980 milioni di dollari da Eni, in favore della Repubblica federale della Nigeria. In questo modo, Eni e Shell sono diventate proprietarie, ciascuna al 50%, della licenza esplorativa, scaduta a maggio 2021, acquisendola da Malabu, società alla quale il governo nigeriano aveva riconosciuto la piena titolarità della licenza a luglio del 2010. Shell ha pagato meno di Eni in quanto aveva già investito circa 535 milioni di dollari per lo sviluppo del giacimento, durante le fasi precedenti in cui era stata proprietaria della licenza.

I negoziati per l’acquisizione (senza gara) della licenza decennale di prospicienza petrolifera Opl 245 valida per i giacimenti offshore di Zabazaba ed Etan, a largo delle coste della Nigeria, si è chiusa il 29 aprile 2011 con la firma di un accordo di risoluzione tra Eni, Shell e il governo nigeriano

Il resolution agreement prevede che NAE, la controllata nigeriana di Eni, entri in un vecchio escrow agreement (accordo di garanzia) tra SNUD, una delle controllate di Shell, e il governo nigeriano: il deposito a garanzia numero 2. JP Morgan, scelta da Shell, è la banca dove sia le compagnie petrolifere, sia il governo nigeriano hanno il loro conto deposito. La banca svolge il ruolo di garante terza del pagamento: schemi del genere sono molto utilizzati nei contratti internazionali, dove la presenza di giurisdizioni differenti potrebbe rendere più difficile risolvere contenziosi.

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I soldi da Londra alla Nigeria

Il problema principale, però, era trovare il modo di compensare Malabu per la cessione della licenza Opl 245. Il pagamento è previsto ma al di fuori del resolution agreement, dove la società tanto discussa non è nominata tra le parti che si accordano. Tuttavia era già stato stabilito con il governo che un pagamento a suo favore ci sarebbe stato. Affinché il denaro arrivasse a destinazione, a dicembre 2010 la società nigeriana aveva stipulato il primo accordo di garanzia con la società di diritto canadese Petrol Service Co. Ltd. Quest’ultima avrebbe dovuto fare da garante terzo per il denaro che NAE doveva versare a Malabu. 

Proprietario della Petrol Service Co. Ltd, chiusa poi a pochi mesi di distanza, era il vice console onorario dell’Italia a Port Harcourt, Gianfranco Falcioni. L’accordo di dicembre 2010 è stato poi corretto il 19 aprile 2011: lo schema era stato infatti messo in discussione da una nuova causa in Nigeria circa la reale proprietà di Malabu, causa che non si è ancora chiusa. Nel lasso di tempo tra le due versioni dell’accordo di garanzia ci sono stati serrati negoziati in cui le compagnie petrolifere hanno discusso direttamente con il ministro della giustizia dell’epoca, Mohammed Adoke Bello, uno degli artefici dell’accordo conclusivo.

Tra il 24 e il 25 maggio 2011 i soldi sono finalmente arrivati al conto dello Stato nigeriano acceso presso la banca JP Morgan. Lo stesso 25 maggio il ministro delle finanze nigeriano dell’epoca ha disposto che l’intera cifra – 1,092 miliardi di dollari – venisse girata alla Malabu attraverso la Petrol Service. Quest’ultima si appoggiava alla Banca Svizzera Italiana, mentre Malabu avrebbe incassato su un conto della banca libanese Misr Liban Sarl

Il trasferimento di competenza della Banca Svizzera Italiana è stato rigettato perché la stessa banca temeva che il beneficiario ultimo dell’operazione fosse il pregiudicato Dan Etete. La condanna per riciclaggio del 2006 stabilita da una corte francese lo rendeva un soggetto con il quale la banca non poteva trattare in osservanza al proprio regolamento antiriciclaggio. Stesso esito quando il 4 agosto 2011 801 milioni di dollari – i denari liberi da contenziosi giudiziari – sono stati indirizzati direttamente al conto libanese di Malabu, senza passare dal garante Petrol Service. Anche in questo caso sono scattate le allerte dell’antiriciclaggio.

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Lo schema delle transazioni per il blocco petrolifero nigeriano OPL245

Sempre il 4 agosto 2011, a seguito della pubblicazione di un ordine di sequestro globale emesso dal giudice inglese Griffith Williams, sono stati congelati dalle autorità inglesi 215 milioni di dollari sugli 1,092 miliardi su richiesta di uno degli intermediari della trattativa, Emeka Obi. Si trattava della sua parcella per la consulenza a Malabu, reclamava Obi.

Il 16 agosto 2011 il ministro del Tesoro nigeriano dell’epoca ha poi chiesto a JP Morgan di versare 401 mila dollari a un conto della First Bank of Nigeria e altri 400 mila dollari a un conto della Keystone Bank Nigeria. Entrambi erano intestati alla Malabu Oil and Gas. Nell’ipotesi perseguita dalla pubblica accusa a Milano, entrambi sono riconducibili solo a Dan Etete, mentre il tribunale, nelle motivazioni, sostiene che una spiegazione possibile della “scissione” sia dovuta al fatto che una parte è destinata ad altri soci della società nigeriana, riconducibili all’ex dittatore Sani Abacha. Questo schema porterà, il 24 agosto 2011, 801 milioni di dollari da Londra alla Nigeria.

a seguito della pubblicazione di un ordine di sequestro globale emesso dal giudice inglese Griffith Williams, sono stati congelati dalle autorità inglesi 215 milioni di dollari sugli 1,092 miliardi su richiesta di uno degli intermediari della trattativa, Emeka Obi

Il fiume di trasferimenti, però, non è ancora concluso. Altri 74 milioni di dollari sono stati recapitati al conto Keystone di Malabu solo il 30 agosto 2013. È infatti in quel momento che si è chiuso in via definitiva il contenzioso giudiziario tra una società che ha fatto da consulente a Energy Venture Partners (Evp) – questa, come detto, aveva già invocato il congelamento di 215 milioni di dollari a Londra – e Malabu. Questo ulteriore congelamento era stato disposto negli Stati Uniti. Nel 2014 sorprendentemente il giudice inglese da ragiona a Obi e gli riconosce una parcella di 110 milioni di dollari, che l’intermediario sposta subito in Svizzera. Ma a quel punto interviene la Procura di Milano e con due rogatorie internazionali blocca la rimanenza dei soldi su Londra e quelli ricevuti da Obi. Alla fine, a seguito della sentenza di assoluzione in appello dello scorso giugno, è possibile che i due intermediari giudicati in abbreviato, Emeka Obi e Gianluca Di Nardo, ottengano un definitivo scongelamento dei loro beni.

 

La mail interna di Jp Morgan sui fatti relativi ai negoziati del blocco petrolifero OPL245
La telefonata di Adoke Bello a JP Morgan
«Sommario dei fatti», 24 giugno 2011. L’email scambiata tra manager di JP Morgan avente questo oggetto riassume i fatti collegati a Opl 245 di cui la banca era a conoscenza. L’email è divisa in una prima parte dedicata al background e una seconda in cui si delinea la timeline, dal 4 maggio al 24 giugno 2011. Il passaggio significativo riguarda un evento accaduto il 20 giugno 2011: Mohammed Adoke Bello, «l’ex ministro della giustizia della Nigeria» si legge nell’email, ha telefonato alla banca. In quel preciso momento Adoke è un cittadino comune, appena dimesso dalla carica di Guardasigilli, che gli verrà riassegnata il 2 luglio 2011. Nell’email si legge che Adoke si adopera per sbloccare il pagamento dal conto di JP Morgan Londra, visto che in quel momento non c’è un governo in grado di prendersi l’onere. La banca non prenderà alcun provvedimento, ma il dato è significativo perché smentisce la ricostruzione di Adoke Bello secondo la quale tra il 29 maggio e il 2 luglio 2011 l’ex e futuro ministro sia stato in vacanza come privato cittadino, disinteressandosi totalmente della vicenda Opl 245.

Le contestazioni della Nigeria e il ruolo di Mohammed Adoke Bello

Secondo la Nigeria, la normale prassi di “Know your client” (KYC) – una verifica dei requisiti di idoneità dei propri clienti, in gergo la cosiddetta “adeguata verifica” della clientela – è stata almeno parzialmente effettuata dopo che i primi pagamenti erano già stati effettuati. A questo si aggiungono altre contestazioni proprio in merito all’intestazione del deposito. JP Morgan infatti ha intestato il deposito al governo della Nigeria, quando invece è lo Stato il vero titolare. I documenti a cui si riferisce il governo nigeriano nella sua causa non fanno parte del fascicolo del processo milanese di Opl 245 perché trasmessi, si legge nelle motivazioni della sentenza di primo grado, «al di fuori di ogni procedura di rogatoria dall’autorità della Gran Bretagna a soli fini investigativi».

Sono state invece depositate a processo le segnalazioni di operazione sospetta (Sar), sei tra il giugno del 2011 e l’agosto del 2013. Le Sar sono segnalazioni di operazioni che presentano profili di rischio che un professionista che intermedia pagamenti – come ad esempio una banca – è costretto a condividere con l’ufficio che si occupa di riciclaggio nel proprio Paese. Nel caso della Gran Bretagna, l’agenzia preposta è la Soca, che si occupa di criminalità organizzata.

A seguito del primo diniego del trasferimento bancario verso Petrol Service (31 maggio 2011), JP Morgan si è rivolta alla Soca per chiedere l’autorizzazione a effettuare il pagamento per sei volte e sei volte ha ricevuto il via libera. Sebbene questo significhi, in sostanza, che JP Morgan non ha commesso reati di riciclaggio secondo la legge inglese, la banca resta passibile di sanzioni o condanne per altri reati, come ad esempio la corruzione internazionale, nel caso in cui venisse accertato. JP Morgan in effetti non è sottoposta a procedimenti penali, non è accusata di aver commesso corruzione o riciclaggio e la sola pendenza che ha in corso è quella civile con il governo della Nigeria.

Nell’udienza del 20 gennaio 2021 a Milano il procuratore Fabio De Pasquale ha ottenuto il deposito due email. La prima, del 23 giugno 2011, è tra due manager di JP Morgan. Secondo quanto si legge nello scambio, lo scopo è «ricontrollare i rischi legali se andassimo avanti con il pagamento come richiesto». Dal punto di vista del pubblico ministero, è importante in quanto dimostrerebbe una certa preoccupazione per le possibili conseguenze dell’approvazione del pagamento. La seconda email è precedente di due giorni: 21 giugno 2011. L’indirizzo del mittente è agrouproperties@yahoo.com. A Group properties Ltd è anche il nome di una società nigeriana riconducibile all’imprenditore nigeriano Aliyu Abubakar che ha ricevuto 157mila dollari da Malabu, la cui posizione è ancora pendente a Milano. Secondo i documenti del fascicolo giudiziario milanese, l’indirizzo email era stato usato dall’imprenditore Aliyu Abubakar per aprire un conto bancario in Nigeria.

Destinatario è un manager di JP Morgan. Oggetto: «Blocco 245 Malabu accordo di risoluzione». Nel corpo della mail si legge: «Gentile signore, in allegato trova il documento per sua informazione e azione, se necessaria». In calce la firma è di Mohammed Adoke Bello. La sua è una figura chiave nell’abito di tutta la vicenda Opl 245, in quanto è stato il ministro della giustizia che ha permesso la finalizzazione dell’accordo di risoluzione. Ha svolto quell’operazione in qualità di ministro di un governo ad interim, nominato nell’aprile 2010 a seguito del decesso del presidente precedente.

Adoke Bello è imputato insieme ad Abubakar Aliyu in Nigeria per riciclaggio di denaro sporco e corruzione, in due procedimenti collegati alla vicenda Opl 245

Un anno dopo, nell’aprile del 2011, ci sono state le elezioni, vinte da Goodluck Jonathan, il presidente sotto il quale si è svolta la parte decisiva delle negoziazioni per Opl 245. L’amministrazione Jonathan – dopo una prima fase di governo ad interim – si è insediata ufficialmente a luglio 2011. Il periodo tra il 29 maggio e il 2 luglio 2011, quindi, Adoke Bello non era un pubblico ufficiale, ma un privato cittadino. Non uno qualunque, visto che comunque conosceva il dossier Opl 245 e aveva già precedentemente partecipato a meeting ufficiali in merito al caso.

Nelle motivazioni alla sentenza di primo grado, i giudici del tribunale di Milano hanno scritto che «i rapporti tra il Ministro Adoke e le società di Alhaj Abubakar Aliyu […] provano una commistione d’interessi economici gravemente indiziaria sotto il profilo della ricezione di utilità derivanti dai pagamenti a Malabu». In Nigeria, però, Adoke Bello ha immediatamente replicato alle accuse sostenendo che quell’email è un falso. Lo scrivono i suoi legali in un reclamo al Commissariato generale della polizia nigeriana in cui affermano che il loro cliente «è particolarmente scosso dal disegno criminale e dalla collusione con i pubblici ministeri di Milano […] di impegnarsi in atti illegali quali la falsificazione dell’e-mail datata 21/06/2011 in cui si afferma che il signor Mohammed Bello Adoke ha redatto il documento attraverso l’account di posta elettronica di A Group of Properties».

Autori del falso sarebbero «e persone che hanno avviato l’esposto, le indagini e il processo penale presso il tribunale di Milano» a cui aggiunge il nome di una giornalista che all’epoca lavorava a Report. Prova della congiura nei suoi confronti sarebbe, scrivono sempre i legali di Adoke Bello, il fatto che nel periodo tra la fine dell’incarico come ministro ad interim e il suo insediamento ufficiale «era in vacanza all’estero come privato cittadino». Ultimo elemento: «tutte le corrispondenze del nostro cliente, fisiche o elettroniche, sono firmate con il suffisso “SAN”», titolo che corrisponde circa al nostro “avvocato”. Mentre invoca la persecuzione giudiziaria in Italia (dove per altro, visto la carica di ministro che ricopriva all’epoca non può essere indagato in un processo per corruzione), Adoke Bello è imputato insieme ad Abubakar Aliyu in Nigeria per riciclaggio di denaro sporco e corruzione, in due procedimenti collegati alla vicenda Opl 245.

Opl245Papers

L’inchiesta che avete letto fa parte di “Opl Papers” un progetto di IrpiMedia online nella prima metà di ottobre, che per la prima volta fornirà accesso agli atti processuali scaturiti dall’accusa di corruzione internazionale della procura di Milano in cui sono stati imputati manager di Eni e Shell relativamente ai negoziati del blocco petrolifero Opl245. Il processo si è chiuso in primo grado con l’assoluzione di tutti gli imputati e al momento è attesa la decisione sul ricorso presentato dalla procura stessa dopo le assoluzioni.

La vicenda OPL245 resta controversa. Non si esaurisce con il procedimento penale italiano, perché nel mondo sono aperti procedimenti civili e amministrativi che riguardano le medesime vicende e in cui transazioni, mediazioni e risarcimenti si definiscono da alcuni anni, con tanto di somme recuperate e restituite a Paesi, governi ed entità che sostenevano di aver perso risorse.

CREDITI

Autori

Lorenzo Bagnoli

Editing

Luca Rinaldi

Infografiche

Lorenzo Bodrero

Foto

Jp Morgan